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Autore: _Juddy_    02/06/2013    3 recensioni
A Si99, per il suo compleanno.
Kageyama Reji, un freddo uomo il cui passato rimane un mistero. 
Yuuto, un bambino di sette anni adottato da Kageyama e trasformato in un soldato fedele sempre pronto ad obbedire al suo Comandante.
Haruna, sorella di Yuuto, costretta a rimanere in quella prigione chiamata orfanotrofio.
Ce la farà Yuuto a convincere il padre ad andarla a trovare per il suo sesto compleanno?
Un uomo, due ragazzi, sentimenti, ragione, freddezza e preghiere. Chi avrà la meglio?
A voi la storia e il giudizio.
Tanti auguri, Sissy!
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Celia/Haruna, Jude/Yuuto, Kageyama Reiji
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A si99, con i più sinceri auguri per un compleanno fantastico. Ti Voglio Bene! Ti dedico questa Fanfiction e la frase scritta qua sotto, piuttosto comune e che sicuramente conosci, ma  secondo me è la più adatta a una ragazza che vola sulle ali della fantasia.
Io voglio volare e te?
 Auguri.

“Ognuno di noi ha un paio d’ali, ma solo chi sogna impara a volare.”


- Posso tornare in orfanotrofio, Comandante?-

Ti mordi convulsamente il labbro inferiore e rimani in silenzio. Un silenzio amaro, deluso, sconfitto. Non riuscirai mai a trovare la chiave per aprire il cofanetto che contiene tutti i tuoi sentimenti. Probabilmente è destino che il tuo cuore rimanga così com’è: perennemente inghiottito dalle tenebre che lo circondano.

I tuoi occhi incrociano quelli cremisi del bambino che ti sta accanto. Non ha più di sette anni ma ha già avuto la sfortuna di incontrarti. Immagini di ricordi scorrono davanti ai tuoi occhi come in un film solo che, con tristezza, ti ritrovi a pensare che questa è la realtà.

Quando fu la prima volta che il tuo sguardo incrociò quello infuocato del piccolo davanti a te?

Un giorno. Un giorno normale, di quelli che passano velocemente e che, con altrettanta velocità si dimenticano.  Passeggiavi per le strade sperdute della periferia di Tokio con la mente, per una volta, libera da ogni pensiero e preoccupazione.

Improvvisamente arrivasti davanti a un cancello con una scritta intarsiata in un cartello di legno: “Orfanotrofio di Tokio. Questi bambini non hanno un cognome, potresti darglielo tu!” Se si potesse tornare indietro nel tempo forse avresti ignorato quella palla da calcio che rotolava verso di te invece, all’epoca, non potevi prevedere il futuro e la palla tornò al legittimo proprietario: un bambino che correva verso di te seguito a ruota da quella che doveva essere sua sorella.

- Scusi, mi ridarebbe la palla?-

Annuisti e gliela lanciasti, sicuro che l’avrebbe ripresa con le mani invece il ragazzino fece una rovesciata facendo finire la palla direttamente sulle mani della bambina accanto a lui che gli sorrise contenta, orgogliosa del suo fratellone.

Se qualcuno avesse visto la tua faccia avrebbe potuto affermare di vedere lo stupore fatto persona: eri estasiato... Mentre guardavi le due figure che si allontanavano realizzasti che tu volevi avere quel piccolo calciatore nella tua squadra, lo volevi con tutte le tue forze per farlo diventare un servo obbediente, un soldato fedele.

- Sei stato davvero bravo, lo sai? Come ti chiami?-

Dal tuo tono di voce trapelava una piccola nota di cattiveria. La stessa che ancora oggi ti perseguita e ti contraddistingue.

- Yuuto, signore. E questa è mia sorella Haruna.-

Il nome di sua sorella lo eliminasti presto. Infatti un mese dopo adottasti Yuuto separandolo dalla sua Imooto-chan. Malgrado le proteste e le raccomandazioni hai voluto fare di testa tua educando un bambino di sette anni non come un figlio ma come un soldato senza sentimenti, freddo, calcolatore.

Non ti ha mai chiamato “Papà” e forse non lo farà mai ma non ti importava più di tanto, a quel tempo. Ti bastava che ti chiamasse “Comandante”. Ora invece... Beh, ora sì. Senti qualcosa che si è aperto nel tuo cuore, qualcosa che sanguina e che non si cicatrizzerà mai più.

Sai che niente sarà più come prima ma nemmeno te riesci ad andare contro i princìpi che hai difeso per tutta una vita, la tua vita.

- Comandante, mi ha sentito?-

Cerchi di nascondere inutilmente un sussulto di sorpresa. Hai lasciato che la malinconia si impossessasse di te rievocando spiacevoli ricordi. Scuoti piano la testa in un segno di dissenso mentre i tuoi occhi, da dietro le spesse lenti scure, guardano il vuoto.

Yuuto sospira. E’ passato un anno da quando è stato separato dalla sua adorata sorellina ma a lui è sembrata un’ eternità. Lei è ancora in quel maledetto orfanotrofio ad aspettarlo, imprigionata dalle sbarre di ferro che circondavano la struttura, dalla legge e i suoi stupidi cavilli legislativi, da quell’uomo che si chiama Kageyama.

- Voglio tornare in orfanotrofio, Comandante. Domani è il compleanno di mia sorella e voglio passarlo con lei.-

La freddezza con cui il piccolo davanti a te pronuncia queste parole è disarmante: ti senti cadere il mondo addosso e il tuo viso si contrae in una smorfia di fastidio. Se potessi gli getteresti le braccia al collo, abbracciandolo, dicendogli che non c’è problema, che puoi adottare anche Haruna. Ma non puoi: non hai ancora la chiave per quel maledetto cofanetto dove sono racchiusi i tuoi sentimenti.

- Hai troppi desideri, ragazzo. Dimentica Haruna, sarà meglio per tutti.-

Ti senti un mostro. Sei un mostro. E’ dura da accettare ma è così. In realtà sei completamente diverso da come appari solo che Yuuto, il tuo Yuuto, non lo sa.  E’ questo il problema: la verità la sa solo il tuo cuore *.

Il bambino abbassa la testa sconfortato, distrutto dalle tue parole che lo hanno ferito più di un coltello. Come è il detto, Kegeyama? Ferisce più la penna della spada, no? Nel tuo caso è proprio così. Una lacrima spunta dalla base degli occhi color rosso fuoco del piccolo, il tuo cuore si stringe in una morsa d’acciaio; la piccola scende lungo la guancia candida di Yuuto, instancabile, infaticabile.

Le tue mani strette a pugno, le unghie conficcate nella carne: lotti inesorabilmente contro te stesso. Realizzi che è più doloroso del previsto, se ti separassero da un familiare come ti sentiresti?

E’ questo il problema. Non lo sai, e non lo potrai mai sapere. Hai solo una persona al mondo e quella persona è quel piccolo demone dagli occhi vermigli davanti a te, eppure... Ti duole ammetterlo ma anche lui ti rifiuta, quindi sei solo.

- Yuuto...-

Non riesci a finire la frase, le parole ti muoiono in gola. Cosa potresti dirgli per consolarlo? Dovresti dirgli che domani andrete all’orfanotrofio a trovare Haruna e resterete insieme a lei tutto il giorno ma non riesci a dar voce a questi pensieri.

- ... Ti ho detto mille volte di non piangere, specialmente per motivi tanto futili.-

Non potevi dire cosa peggiore, Kageyama. Sei stato superficiale in questa frase, non hai tenuto in considerazione le emozioni che agitano il cuore infranto di quel bambino. Ma come si fa a non ferire i sentimenti di qualcuno quando tu stesso non hai mai sperimentato la felicità, la gioia.

La reazione del piccolo Yuuto ti spaventa e non poco. Le lacrime cominciano a scendere copiose lungo il volto lasciando dietro di loro segni che non potranno mai essere cancellati, e questo tu lo sai bene. Improvvisamente però c’è il silenzio. Il bambino di fronte a te si lascia cadere sul freddo pavimento della casa avvolta dalle tenebre, rassegnato.

Non ti avvicini, non muovi un passo, anzi. Con passo tremante ti allontani, vorresti scappare, andartene, lontano da tutto e da tutti ma non puoi. Cosa è che ti frena? La risposta non tarda ad arrivare quando, seduto su una vecchia poltrona in pelle, osservi il tuo piccino che si rialza da terra e con passo lento, inesorabilmente lento, va in camera sua, sconfitto.
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- No, non andartene anche te! Non voglio rimanere solo... Ho paura!

Ti svegli di soprassalto, la fronte imperlata di sudore. Senti una vocina dalla stanza adiacente che sta parlando a bassa voce, timorosa di farsi scoprire.  Lentamente ti alzi dalla poltrona su cui ti sei addormentato pochi minuti prima.

Ti avvicini a quello spiraglio di luce che illumina il corridoio buio: Yuuto è ancora sveglio. Origliare è sempre stata una tua specialità e così, nascosto e protetto dalle tenebre che ti circondano, ascolti quelle frasi pronunciate con un’ insicurezza innaturale.

- Caro Bambino Gesù, te scolpisci il destino di ognuno di noi nel regno dei cieli ma, ti prego, fai che per me la strada da percorrere sia diversa. Voglio Haruna al mio fianco durante il viaggio della vita.

Senza di lei niente avrà senso e poi non posso abbandonarla in quella struttura dove dimora il diavolo...-


Il tuo cuore salta un battito in quella breve pausa di silenzio. Senti qualcosa di caldo che scorre lungo la tua guancia. Stai piangendo, Kageyama. Improvvisamente capisci: la chiave per quel maledetto cofanetto dei sentimenti è lì, in quella stanzetta. Ma, per una volta, non è un oggetto, è una persona: il tuo Yuuto.

- Per quanto riguarda l’uomo che dovrei chiamare “papà”... Beh, caro Gesù, potevi fare anche di meglio. Non solo i miei genitori sono morti in maniera tragica, ma  te hai avuto anche il sarcasmo di far adottare il tuo protetto da un mostro.

Lui si fa chiamare Comandante, mi obbliga a celare le mie emozioni e mi ha separato dalla mia Imooto-chan. Cosa devo fare?-

Dal tuo nascondiglio vedi qualcosa che luccica lungo entrambe le guancie del piccolo. Sono lacrime, lacrime che tu hai provocato scriteriatamente. La voce continua nella sua preghiera, ignara di essere spiata.


- Ti dico solo questo. Domani è il compleanno di Haruna e Kageyama non mi ha permesso nemmeno di andarla a trovare, per salutarla, abbracciarla. Se essere adottati vuol dire essere allontanati dall’unica persona a cui tengo allora preferisco tornare all’orfanotrofio.

Esaudisci la mia preghiera, Gesù, per... per favore....-

Il ragazzino si lascia cadere sul morbido materasso ormai profondamente addormentato, vinto dalla stanchezza, dalla fatica. Apri la porta cercando di non farla cigolare; ti avvicini al bambino e gli rimbocchi delicatamente le coperte rimuovendo con le mani le lacrime che ancora rotolano lentamente lungo il volto niveo.

Spegni la luce bisbigliando alle stelle che fanno capolino dalla finestra:

- Domani sarà un nuovo giorno, Yuuto tornerà a sorridere.-

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La faccia assonnata di Yuuto fa capolino dalla porta della cucina. Gli rivolgi un sorriso un po’ sghembo. Sembra che il tempo abbia cancellato la tua capacità di sorridere ed in effetti è vero.

Ti rivolge un’occhiata interrogativa mentre, accoccolato su una sedia di paglia a capotavola, dondola avanti e indietro i piedi che non toccano terra. I grandi occhi vermigli che ti osservano un po’ con diffidenza un po’ con curiosità.

Non sai come iniziare il tuo discorso. Che dovresti dirgli? Apri e richiudi più volte la bocca cercando di dar voce ai pensieri che si celano dentro di te. Nessuno ha mai pensato che fosse facile, Kageyama! Lanci una rapida occhiata all’orologio a pendolo fissato sulla grande parete della cucina. Ti fingi sorpreso.

Ecco, ecco una cosa che sai far bene Kageyama: fingere. Per una volta questa tua qualità si rivela utile. Una vocina tremolante rompe il silenzio che si è creato.

- Cosa voleva dirmi, Comandante?-

Questa volta sei tu ad arrabbiarti. Non avevi detto che da oggi si sarebbe cambiato musica? Ti alzi di scatto dallo sgabello su cui eri sinistramente seduto.

- Ascoltami bene, ragazzo. Oggi io e te dovremo fare un paio di cosette insieme ma prima ti devo chiedere una cosa...-

Osservi Yuuto mentre sembra mettersi sull’attenti in attesa di un ordine ben preciso. Lo avevi educato come un soldato sempre pronto ad obbedire al suo Comandante è naturale che queste siano le conseguenze.

- ... Non mi devi chiamare più, per nessun motivo, Comandante e la devi smettere di darmi del lei. Mi fai sentire vecchio!-

Scoppi a ridere senza un’apparente motivo. Ti senti molto più leggero adesso e ti stai comportando esattamente come il bambino che ti sta guardando allibito davanti a te. Sei curioso di sentire le sue prossime parole, che reazione avrà? Di sicuro non se l’aspettava un cambiamento così... così... veloce.

- Sei sicuro di sentirti bene? No, volevo dire... E’ sicuro...-

Annuisci piano in segno di conferma e questo sembra tranquillizzarlo non poco.

- Quindi... Oggi dove vuole... vuoi... andare?-

E’ ancora un po’ spaesato, l’hai capito, ma non te ne fai poi un grande problema. L’importante è che comprenda quanto è importante per te, quanto sia indispensabile per te.

Ti esibisci in un sorrisetto complice.

- Vedrai una volta arrivati a destinazione...-

Queste ultime parole sussurrate bastano a convincere il piccolo a seguirti mentre richiudi delicatamente la porta di casa dietro di te.

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Intanto in un orfanotrofio nella periferia di Tokio....

L’altalena continua a dondolare inesorabilmente in quel moto che sembra infinito. La piccola che ci è seduta sopra osserva, con i suoi grandi occhi cerulei, il vuoto di fronte a sé, incurante degli altri bambini che si rincorrono all’ombra degli alberi circostanti.

I capelli a caschetto perennemente spettinati si muovono leggeri scompigliati dal vento primaverile.

Una piccola lacrima scorre lungo le guancie della bambina che non ha più di sei anni.

Con un piccolo salto scende dall’altalena che l’ha cresciuta per quasi due anni, sua unica compagna di giochi. Inizia a girovagare con passo svogliato per il grande giardino circolare, la mente fissa su un unico pensiero che ormai la tormenta da più di un anno.

Osserva con odio le sbarre che circondano quella prigione. Non riuscirà mai ad uscire da lì, ora più che mai. Stringe convulsamente fra le mani un piccolo pendaglio a forma di cuore con dentro intarsiate due lettere.

Le lacrime cominciano a scorrere lungo il volto della bambina ancora più di prima mentre, sconsolata, si appresta a ritornare dentro la struttura che si erge davanti a lei.

- Sei un bugiardo! Avevi promesso che saresti rimasto sempre al mio fianco!

Le parole sussurrate si confondono con il vento che soffia violento intorno alla blu.

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- Che cosa?!-

Sorridi compiaciuto davanti all’ urlo di felicità di Yuuto. Non ce l’hai fatta a mantenere il segreto per così tanto tempo, ti sentivi uno strano peso nel cuore, non sopportavi l’idea di prolungare l’agonia del piccolo.

- Hai capito benissimo, ragazzo.-

Il tuo tono di voce conferma quanto hai già detto: il bambino è al settimo cielo. Gli occhi vermigli che brillano di felicità, una felicità che non ha mai provato prima. Iniziate a scorgere, da dietro l’angolo della via che state percorrendo, il vecchio orfanotrofio di Tokio.  Lanci un’occhiata fugace al piccolo demone che cammina con passo impaziente accanto a te.

Yuuto inizia a saltellare impaziente da una parte all’altra del marciapiede e per poco non finisce per andare a sbattere contro un muro spuntato, secondo lui, dal nulla.

- Haru-chan! Haru-chan! Haru-chan!-

Le parole sono pronunciate con foga, come se fosse una litania o una specie di formula magica per accelerare la comparsa della sorella.

Ti fa tenerezza quella piccola figura innocente che lotta contro se stesso per contenere la gioia che non gli permette nemmeno di pronunciare le parole con normalità.

Siete ormai arrivati al cancello dell’orfanotrofio. Un senso di desolazione s’impossessa del tuo cuore, inaridendolo. Come? Come hai potuto lasciare che la sorella del tuo prediletto rimanesse in un posto che è molto simile a un inferno terreno?

Lanci uno sguardo fugace al piccolo che guarda, con le lacrime che iniziano a solcargli il volto, il grande edificio davanti a voi.

Sono lacrime di felicità o di disperazione? Non lo vuoi sapere. La risposta ti ferirebbe in ogni caso.

Improvvisamente vedi Yuuto che corre verso il grande portone di legno massello urlando e ripetendo a squarciagola il nome di sua sorella nella speranza che lei potesse sentirlo.

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All’interno, Haruna...

- E dai, Haru-chan! Non puoi rimanere a guardare fuori dalla finestra per tutta la vita-

La piccola scuote piano i capelli blu facendoli ondeggiare dolcemente. La sua vocina tremolante riesce persino a inclinare la severità con cui le sta parlando l’istruttrice.

- Non posso! E se Yuuto passasse da sotto questa finestra proprio quando io non ci sono?-

La donna sospira guardando dritta negli occhi cerulei la bambina.

- Senti, oggi è il tuo compleanno e io non ti permetterò mai di stare qui ad aspettare qualcuno che probabilmente ti avrà già dimenticata-

Haruna la fulmina con lo sguardo. In questo è abbastanza simile a suo fratello. Sente una improvvisa fitta al cuore. Ricordo doloroso.

Rivolge un ultimo sguardo rassegnato al giardino ormai silenzioso e calmo in modo quasi innaturale.

E lo vede. Chi? Yuuto, il suo Yuuto. Suo fratello.

Sta ripetendo il suo nome con urla disperate: allora non l’aveva dimenticata.

La bocca si distende in un sorriso mentre le lacrime iniziano a scendere copiose lungo il volto.

- Arrivo, Onii-chan!-

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Te ne stai fermo, immobile, incapace di parlare o di muoverti. Dietro le spesse lenti scure i tuoi occhi osservano attenti Yuuto mentre ripete il nome della sua Imooto-chan con le lacrime agli occhi.

La morsa che si è impossessata del tuo cuore continua a tormentarti.

Improvvisamente però c’è il silenzio mentre una bambina esce dal portone mostrandosi alla timida luce del sole coperto da varie nuvole grigie. Non riesci a crederci, Kageyama! E’ lei!

- Onii-chan...-

Gli occhi cerulei bagnati di lacrime. Il piccolo a pochi passi da te si lascia cadere a terra, incredulo. Nemmeno adesso ti muovi, spezzeresti solo il momento magico che si è creato.

- Haruna? Sei davvero tu o sto sognando?-

La piccola annuisce piano e si avvicina al fratello, abbracciandolo.

- Sono io, fratellone. E non sai per quanto tempo ti ho aspettato! Credevo...-

Non riesce a finire la frase, prende un bel respiro e continua a parlare con una nota tremolante nella voce.

- ... Di averti perso!-

Yuuto annuisce, rialzandosi. Rimuove le lacrime con il dorso candido della mano e sorride, felice.

Ed ecco il lieto fine, ma adesso te non servi più, Kageyama. Te ne puoi anche andare e così fai. Ti giri lentamente ed inizi a camminare verso il cancello che rappresenta un addio.

- Dove sta andando?-

Una voce ormai sentita un’infinità di volte ti blocca mentre gli rispondi con un dispiacere mai provato:

- Me ne vado, Yuuto, ormai non sono più di alcuna utilità ed è giusto che te trovi una persona migliore di me. Te e tua sorella, ovviamente.-

Poche parole ma hai detto tutto. Non sei bravo a ricoprire il ruolo di genitore.

- Ma io la persona con cui voglio stare l’ho già trovata...-

Non hai il tempo di fare niente, di dire niente. Il piccolo si è già buttato tra le tue braccia, abbracciandoti, stringendoti, impaurito all’idea di poterti perdere. Una lacrima solca il tuo viso e tu lasci che compia il suo breve viaggio prima di cadere sul suolo freddo di un orfanotrofio di periferia.

- ...sei tu! Finalmente ho capito chi sei. Grazie di tutto, Papà-

E così finisce la storia del soldato e del suo Comandante. Lasciando il posto a due ragazzini puri come l’acqua di sorgente ed ad un uomo, non più schiavo delle tenebre e dei suoi sentimenti, libero e felice di vivere la vita.

Perché è così che tu sei, Kageyama Reiji.
 

 
Angolino degli auguri
Ciao, Ragazzi!
Vi ho un po’ sconvolto, neh?
Rilassatevi, fate un bel respiro e poi proseguite.
Innanzitutto volevo fare gli auguri a Si99 anche se il suo compleanno è tra 18 giorni ho voluto pubblicare oggi la storia per motivi d’esame e d’impegni.
Ti è piaciuta, Sissy-chan? Spero proprio di si! Mi sono impegnata tanto anche se non so quanto bene mi sia venuta.
E scusate anche il finale un po’ scontato e deludente ma non sapevo come far finire questa FF e quindi mi sono dovuta arrangiare. ;)
 Ok, perdonate se ci sono stati degli errori orrori di battitura o cose simili ma non ho avuto davvero tempo e mi sono messa a scrivere questa storia durante la notte.
Chiedo anche il permesso di utilizzare frase usata come titolo di una OS di Arinne96: non avevo proprio idee, Ari-chan, scusa.
Chiunque sia arrivato a leggere fin qua: Complimenti e ancora tanti auguri Sissy!
Lasciatemi una recensione se volete,
Baci,
Juddy
 

  
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