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Autore: Kristah    02/06/2013    0 recensioni
Una vita normale. Ecco cosa conduce la protagonista di questa storia. Certo, vi starete chiedendo come mai questa storia sia finita qui, nella sezione fantasy.
No, non è un errore.
Una vita normale non basta. Lupi mannari, creature mitologiche e fantastiche, profezie antiche e fate che vogliono aiutare il Re del Male a conquistare il mondo degli umani.
Quinn Evelyn Farrell, questo il nome della protagonista della mia storia, è una ragazza normale: frequenta il liceo di Albertville (Ohio), è la reginetta della scuola e la capo cheerleader, è fidanzata con il Quarterback della squadra della scuola.
Vi sto annoiando?
Se avrete un po' di pazienza vi mostrerò cosa sono in grado di creare e tirare fuori dall'idea per una storia nata per caso.
Le domande che vi pongo sono due:
-Avrete la pazienza di aspettare qualche capitolo prima della fantasia?
Ma quella più importante è....
Vi fidate di me?
Spero di avere tanti lettori, ragazzi!
Vi regalo un biscottino (?)
Tanto amore!
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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-quinn 26 gennaio.
Ore 7.50, Albertville High School,
Atrio.


E' passata ormai una settimana dal mio ritorno qui in America, e sono tornata senza troppi problemi alla mia vecchia vita. Beh, vecchia per modo di dire: è da un paio di sere che sparisco dalla mia camera per almeno un paio d'ore e vado in uno dei campi abbandonati in periferia per potermi allenare con le Muse e con Ade.
E' anche una settimana intera che non vedo Albie. In un modo o nell'altro, quando la voglia di andare in biblioteca per vederlo mi assale, accade sempre un contrattempo che mi fa desistere. Forse è un segno del destino: non devo più incontrarlo.
O forse sono io che evito di andarlo a trovare.


Un colpo di tosse dietro le mie spalle mi fa sobbalzare; mi volto e trovo davanti a me Kit.
Questa settimana allenamenti extra, prima della partita di domenica prossima, contro una delle squadre più importanti e più forti dell'intero campionato studentesco.
-Ehi, Kit!- la saluto sorridente, mentre ci dirigiamo verso la palestra.
Il preside Murray è stato tanto "gentile" da lasciarci usare la palestra, con il riscaldamento spento, ovviamente.
-Come va tra te e Lucas?- mi domanda, guardando a terra. Non ci vuole di certo un genio per capire che c'è qualcosa che non va.
-Kit...?-
-Mh?- mi guarda e sorride, ma scorgo un velo di tristezza, ma spero che non sia per il motivo che sto pensando io... Sarebbe troppo da gestire, in questo momento.
-C'è qualcosa che non va? Sai che a me puoi dire tutto...- affermo, sistemandomi i capelli nell'austera coda di cavallo.
-Oh... Beh, sai... Jack...-
Ovviamente era per quello. Inspiro profondamente, ma in modo silenzioso, per mantere la calma.
-Kit, lo sai che mio fratello è una testa di cazzo...-
Lo so, difficilmente sono volgare, ma se ripenso al comportamento di Jack sabato scorso, l'unica descrizione che mi viene per lui è proprio "testa di cazzo".
-Sì, lo so, ma... Pensavo che...-
-Che?-
E dento di me prego perché non dica: "sarebbe cambiato".
-Pensavo che sarebbe cambiato... Ecco tutto-
Appunto. L'unica cosa che non devi sperare è proprio che i ragazzi cambino; perché non funziona così: se il loro comportamento con le altre ragazze è un comportamento da idiota, nella loro testa tu non sei nessuno per farlo cambiare.
-Oh, Kit- mi avvicino a lei e l'abbraccio, cosa che non accade molto spesso; le accarezzo i capelli, che sanno di fragola e le do un bacio sulla guancia.
-Se mio fratello avesse un po' più di sale in quella zucca vuota, capirebbe che sei perfetta per lui!- esclamo, stringendola un po', per farle capire che ci sono.
D'accordo, non è esattamente quello che penso: non perché Kit non mi piaccia! Semplicemente il suo carattere e quello di Jack sono troppo diversi per poter andare d'accordo.
Jack è menefreghista, spaccone, è quel tipo di ragazzo che non riesce a stare fermo; invece Kit... lei è dolce, simpatica, carina, il tipo che arrossisce facilmente ai complimenti.
Non sono neanche opposti. Non si attrarrebbero neanche.
Chissà se poi è vero che gli opposti si attraggono...


Ore 15.30
Macchina di Quinn Farrell, sedile del guidatore.


Ho le mani strette sul volante, e guardo fisso davanti a me, la porta a vetri.
-D'accordo, Quinn... Non è niente di che, sei già entrata molte volte lì dentro...- sussurro a me stessa, a mo' di incoraggiamento.
Sono diventata tutto d'un colpo rincoglionita e anche pazza. Fantastico.
-Per Dio, sei Quinn Farrell! Non hai mai esitato a fare niente!-
E se questa volta, il fatto che io stia tentennando in questo modo per poter uscire dalla macchina, sia un chiaro segnale che finalmente sto crescendo e maturando?
Scuoto la testa: -No, non essere ridicola... Tu sei già matura! Di certo più matura di Jack!-


Afferro la borsa e sono in un attimo fuori dalla macchina: è inutile essere ridicoli. Prima o poi, per un motivo o per l'altro ci dovrò entrare in biblioteca.
Spingo lentamente la porta e sento la campanella tentennare.
C'è un silenzio sovrumano. Solitamente Albie è sempre alla cassa che gli fa anche da scrivania e accoglie tutti con un ampio sorriso. Oggi no.
-Al?- domando, incerta.
Probabilmente è andato da qualche parte a fare una commissione, e in questo caso potrei iniziare a pensare seriamente che il mondo non voglia farci incontrare dopo il nostro ritorno.
-Sono sul retro, arrivo subito!-
Oh, perfetto. Non è il destino avverso. Sono io che sono una codarda.
Mi guardo intorno, spaesata. Sembra che io venga qui da una vita... E l'ultima volta che ci ho messo piede ho incontrato il Re dei Morti.
-Oh, Quinn- dice Albie, con un tono a metà tra il sorpreso e il deluso.
-Ciao, Al-
-E' successo qualcosa?- mi domanda, incuriosito, ma senza l'ombra di un sorriso sul volto.
Okay, fantastico. Dov'è finito il bibliotecario che mi prendeva in giro perché passavo un sacco di tempo in biblioteca?
Scuote la testa, rispondendo alla sua stessa domanda: -A me niente di che. A te?-
Abbasso lo sguardo sulle mie scarpe da ginnastica e rispondo a voce bassa: -No, niente...-
-Ne sei certa? Io ho sentito il contrario- mi dice, quasi aggredendomi verbalmente.
Alzo la testa, con un cipiglio incerto: -Sentito?-
-La cittadina è piccola e le voci corrono, Quinn-
-Quali voci?-
-Pensavo che...- poi scuote la testa, di nuovo, questa volta con un sorrisino triste.
Mi avvicino a lui di un paio di passi, e invece lui indietreggia.
-Cosa pensavi?-
-Pensavo che Budapest avesse cambiato qualcosa! Invece a quanto pare non è così! Quanto sono stato stupido!-
Il tempo di realizzare a cosa si riferisce e lo sento sbattere la porta sul retro, quella che dà sul vicolo cieco.
-ALBUS!- urlo, correndogli dietro e spalancando la porta, trovandolo con la fronte poggiata contro il muro di mattoni rossi.
-Albie...- 
Sto cercando qualcosa di sensato da dire, ma non trovo niente; solo scuse alle quali aggrapparsi.
Ma io non voglio fornire scuse, né tanto meno spiegazioni. Voglio solo spiegargli come mi sento.

Sì, perché quando lui mi guarda, quasi non riesco a ragionare lucidamente;
perchè quando siamo vicini, il mio cuore batte all'impazzata;
perché quando sono in sua compagnia, il resto del mondo non esiste più.
Mi sento come se avessi cinque anni e il mio migliore amico mi avesse regalato una margherita strappata dal prato di fronte casa;
mi sento felice, perché lui è lì per me.
Felice, ma allo stesso tempo stupida, per tutte quelle occasioni che ho perso: avrei potuto baciarlo così tante volte...
E ogni volta, ogni singola volta, le nostre paure, le nostre ansie, ci fermavano.
Perché tutto quello che sento per lui,
io non l'ho mai sentito per nessun altro prima d'ora.

-Vattene, Quinn- mi dice, con voce ferma e autoritaria.
E invece io me ne sto lì, senza muovere un passo.
-No, Albus-
-Non voglio più avere niente a che fare con te, Quinn-
No, questa volta non mi farò fregare.
-No, non me ne vado. Ho smesso di sentirmi colpevole-
-Non sei tu quella che si deve sentire in colpa. Sono pericoloso, Quinn-
Posso sopportare tutto, ma non che lui si senta in colpa per qualcosa che non è assolutamente colpa sua.
-La vuoi sapere una cosa? Il fatto è che quando sono con te, non mi ricordo nemmeno che sei un lupo mannaro. Non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello. Perché tu sei Al. Tu sei...-
Mi sento una completa idiota, ma non è tempo per sentirsi delle bambine impacciate. E' tempo di dimostrare chi sono.
-Tu sei il ragazzo che scombussola completamente il ritmo del mio cuore. Perché tu non fai altro che stare lì, e fissarmi. E poi ti avvicini così pericolosamente, che quasi prego perché la tortura abbia fine.
Perché io non ce la faccio a guardarti mentre le nostre labbra sono a cinque centimetri di distanza. Perché i tuoi occhi sono come l'infinito e io mi ci potrei perdere dentro-
Prendo fiato e mi rendo conto di aver parlato a qualcuno che probabilmente non voleva sentire niente di quello che avevo da dire.
Me ne torno in biblioteca, in mezzo agli scaffali, senza nemmeno rendermi conto che la porta non si è ancora chiusa.


E poi mi ritrovo con il polso incastrato tra le dita di Albie, che sono calde, quasi bollenti.
-Sei logorroica- dice semplicemente, prima di spingermi con delicatezza contro uno scaffale colmo di libri e recuperare tutte le occasioni che abbiamo perso con un unico, inaspettato, atteso, perfetto, passionale bacio che mi fa fluire il sangue al cervello e che mi fa capitolare.
Le mie mani si incastrano nei suoi capelli mentre le sue sono sulla mia vita, come se avesse paura che io potessi sfuggirgli: che cosa stupida.


Proprio nel momento in cui le sue mani si insinuano lentamente e in modo dolce sotto la mia maglietta, il campanello della porta della biblioteca suona e quasi vorrei urlare a chiunque sia alla porta di andarsene.
Questo prima di sentire una voce fin troppo familiare: -Ehm... C'è nessuno?-
Mi irrigidisco e Albie se ne rende immediatamente conto; si stacca controvoglia da me, lasciandomi andare e mi metto l'indice sulle labbra, per fargli capire che io non sono in biblioteca.
-Arrivo subito, sto sistemando l'archivio...- mente, con nonchalance, guardandomi dritta negli occhi.
I passi del visitatore si fanno più vicini ed Albie, con uno scatto repentino, gli va incontro, dandomi il tempo di nascondermi.
-Oh, ciao... Ehm... Mi chiedevo se Quinn fosse qui. Ho... ho visto la sua macchina-
Per la prima volta nella mia intera vita mi ritrovo a maledire la mia Mini Cooper metallizzata. Ma cosa ci fa qui Lucas? Non doveva avere gli allenamenti di nuoto fino a questa sera?
Ascolto la conversazione ben nascosta tra i libri più vecchi che la biblioteca ospita: libri che nessuno ha mai consultato perché inutili; mi appoggio ad uno scaffale contenente i vecchi registri contabili di Albertville.
-Quinn?- domanda Albie in tono sorpreso.
-Ah, certo!- esclama, come se gli fosse sfuggito qualcosa do piuttosto ovvio: -Spesso la parcheggia e poi va a fare un giro in centro... Le piace camminare d'inverno-
Chiudo gli occhi e immagino che Albie pronunci questa affermazione mentre mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio; involontariamente mi passo una mano sul collo, smettendo di ascoltare lo scambio di battute tra Albie e Lucas.

Circa un quarto d'ora dopo,
sezione fantasy.


Io ed Albie siamo seduti con la schiena appoggiata agli scaffali che conservano molti libri che ho letto che mi hanno fatta emozionare. Le nostre mani sono intrecciate l'una con l'altra e ho la testa poggiata sulla sua spalla, mentre inspiro quel profumo che mi ha fatto tanto sognare ad occhi aperti.
-Cosa pensi che farà quando ti avrà cercata per tutta Albertville senza successo?-
-Se ne andrà a casa- gli rispondo, pensando che parlare di Lucas non sia una buona idea.
Ma lui non la pensa così: -Ero geloso di lui-
-Geloso?- ho un tono di voce incredulo: Albie, che ha accompagnato me, la vera me, a Budapest, geloso di un semplice nuotatore liceale che ha dato un bacio al mio clone?
-Sì, geloso. Geloso perché ho pensato che tutti i passi avanti che sembravamo aver fatto in Ungheria sarebbero andati perduti per colpa della tua doppelgänger-
Gli accarezzo il viso e lo faccio voltare, perdendomi nei suoi occhi che sono l'infinito per me.
-Tutti i passi avanti che abbiamo fatto, ci hanno portato ad essere qui, ora- gli dico con un sorriso sincero e alzando leggermente il collo per poter raggiungere le sue labbra speziate.


Ore 20.45,
casa Farrell.


-Ragazzi, il dolce!- grida mia madre dalla cucina, per radunarci tutti davanti alla torta che ha preparato nel pomeriggio.
Io e Jack guardiamo divertiti, da in cima alle scale James che scivola lungo il corrimano superando con una sonora pernacchia le gemelle.
-James! Non si scivola giù dal corrimano!- lo sgrida mia madre, senza cattiveria nella voce: chi mai potrebbe suonare minaccioso portando una torta farcita in tavola?
-Giusto, James, non scivolare giù dal corrimano- lo rimbeccano le gemelle, spostando le loro sedie.
Noi siamo gli ultimi a prendere posto, mentre ci rivolgiamo reciprocamente uno sguardo complice, perché quando eravamo piccoli, prima della nascita di Teddy, lo facevamo anche noi.
-Allora, Quinn, come va la scuola?-
Alzo le sopracciglia confusa: -Bene, mamma. Come al solito...- i suoi occhi si spostano velocemente su Jack: -E a te, Jack?-
Lui alza le spalle, come fa di solito, prima di mugugnare un: -Bene, grazie-
Ossevo mia madre alzarsi e recuperare una busta. Mio fratello spalanca la bocca, tenendo le mani come un bambino che vuole afferrrare qualcosa al di fuori dalla sua portata: -A me, a me, Robin! E' quello che penso che sia?-
-E' proprio quella- dice lei, porgendogli la busta.
La straccia come se fosse Natale; i suoi occhi corrono veloci le prime righe e si alza, con un sorriso vittorioso dipinto sul volto: -Ce l'ho fatta, mi hanno preso!-
Suo padre si aza, orgoglioso e con le lacrime agli occhi: -Sono fiero di te, figliolo-
Poco dopo, mia madre rientra in sala da pranzo con una bottiglia di champagne.
I quattro della casa che possono bere stanno svegli fino all'una di notte, parlando in continuazione del college e finendo la bottiglia in poco tempo.


























Angolino autrice:
Ero pienamente consapevole, quando ho iniziato a scrivere The Prophecy,
che sarebbe diventato il progetto più ambizioso che io abbia mai portato avanti:
non c'è solo la storia in sé, con i protagonisti principali, come nelle precedenti,
c'è anche l'intrigo, il mistero, le creature fantasy, i miti e le leggende greche...

Di certo non avrei mai pensato ad un così brusco calo di ispirazione per Quinn;
sembrava promettente, come storia, e mi sembra promettente tutt'ora,
ma, considerando la mia mancanza d'ispirazione sono costretta a tagliare molto;
quindi, d'ora in poi, il due di ogni mese posterò un capitolo di "The Prophecy", accorciando barbaramente le idee che mi erano venute all'inizio.

Spero che, nonostante tutto, continuerete a seguire la mia storia.
XOXO,
Kristah.
  
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