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Autore: Martin Eden    02/06/2013    1 recensioni
Seguito di "Una stella è per sempre".
"- Melcuan è scomparso.- annunciò con voce tremante- Non lo trovò da nessuna parte..nessuno l'ha visto? Ditemi che qualcuno l'ha visto!-
Nessuno rispose. Il silenzio era talmente palpabile da poterlo tagliare a fette:
- Dobbiamo cercarlo e trovarlo, assolutamente!- riprese Lilian, con il cuore in tumulto.
- Dividiamoci, allora, faremo meglio.- propose Elduin, risoluta."
Ultima avventura dedicata agli eredi di Legolas: cercherò di non deludervi! E voi....recensite!! :) grazie!!
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Compagni di Sventura'
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- AL BUIO -


Elduin guardò giù dal burrone e si chiese come avrebbero fatto, lei e sua sorella a scendere a valle.
Avevano superato da un pezzo le Colline del Vento, seguendo la strada verso nord, ed ora si trovavano davanti alle cosidette Grotte dei Vagabondi.
Nessuna delle due c'era mai stata, in quei posti sperduti, ma ora che avevano seguito quella via, dovevano anche andare fino in fondo, per ricongiungersi alla Maestra che passava per un'antica città elfica, Imladris.
Per arrivarci erano costrette ad attraversare quelle Grotte che si ergevano sotto di loro, cupe, con chissà quali pericoli pronti per gli ignari visitatori.
Elwen scese lentamente per la scarpata, sua sorella dietro di lei, stando ben attenta a dove metteva i piedi: lì, le rocce erano maledettamente friabili.
Intanto pensava al suo fratellino: chissà dov'era? Forse nascosto proprio in quelle Grotte che lei si apprestava a esplorare? No...troppo bello per essere vero.
Elduin, dalla fretta, scivolò su un sasso e capitombolò giù, aggrappandosi spasmodicamente alle pianticelle cresciute attorno alla terra nuda del burrone: finì contro un grande masso.
- Tutto bene, sorella?- chiese preoccupata Elwen, affrettando prudentemente il passo.
L'altra non rispose, ansimante com'era, si tirò su massaggiandosi la schiena dolorante e si appoggiò al macigno:
- Ahi...- gemette- perchè non sto mai attenta?-
Elwen le fu al fianco, preoccupatissima:
- Dove ti fa male, sorella? Posso aiutarti?- cercò di sorreggerla Elduin, ma lei si ritrasse con uno scatto iroso: troppo orgogliosa per permettere a qualcuno di aiutarla.
- Non perdere sempre tempo in cose del genere. Andiamo!- e si diresse a passo spedito verso l'entrata delle caverne.
Elwen la seguì, a testa bassa. Non poteva sopportarla quando faceva così, ma che poteva farci se quella era impulsiva, testarda, fiera mentre lei era semplicemente il contrario?
Solo nell'aspetto erano quasi due gemelle: stessi capelli color del miele, stessi occhi azzurri, due belle ragazze insomma, capaci di far girare la testa a qualunque aitante giovanotto.
Avevano solo diciotto anni, ma non erano state poche le volte in cui qualcuno aveva chiesto in sposa l'una o l'altra: Elduin aveva liquidato sdegnosamente tutti. Non era fatta per il matrimonio, i figli, i lavori di casa.
Nemmeno Elwen aveva accettato proposte, ma almeno si era preoccupata di dire ai suoi pretendenti il perchè di questa scelta: non era ancora pronta per un passo così grande.
E poi aveva già avuto una specie di figlio: Melcuan.
- E' buio pesto, qui dentro!- si lamentò Elduin, quando la luce cominciò a scarseggiare: la prima di una serie di caverne scavate in epoche remote si apriva davanti a lei, come un'oscura bocca spalancata.
Elwen racattò un pezzo di legno che intravedeva a terra, lo accese con un po' di magia insegna-tale da sua madre: subito l'interno della grotta si fece più chiaro.
Come prima cosa, le due sorelle videro uno scheletro lasciato in bella vista, appeso al soffitto, anzi, aggrovigliato su se stesso e incastrato tra le rocce sopra di lui. Elwen si premette una mano sulla bocca per trattenere lo schifo e un urlo di terrore; Elduin l'abbracciò prima che vomitasse.
- Non è niente, sorellina...non è niente...adesso passiamo e quello non ci fa niente, vedrai..- la tranquillizzò, avanzando lentamente, con la testa dell'altra sempre sprofondata nel petto.
Lì dentro doveva essere successo qualcosa, una lotta, qualunque cosa: il pavimento era cosparso di ossa e vecchie armi arrugginite.
Grotte dei Vagabondi. Così si chiamavano. Non era affatto un buon auspicio.
E se ci fosse stato qualcuno in agguato, dietro a una qualche roccia?
Una volta passato lo scheletro appeso, Elduin lasciò la sorella e le raccomandò di guardare sempre avanti, e mai voltarsi; Elwen obbedì prontamente, mordendosi le labbra per reprimere la voglia di urlare.
Era buio, lì dentro. Aveva paura. Armi. Ruggine. Puzzo di morte. E ossa. Ossa ossa ossa. Dappertutto.
La ragazza teneva la torcia in mano ma tremava come una foglia: nemmeno Elduin le infondeva coraggio, in un momento simile, nemmeno una briciola, benchè ne avesse da vendere.
Dopo molto camminare in silenzio, si ritrovarono a un bivio:
- Che strada prendiamo?- sussurrò Elwen, illuminando con la fiaccola le due tracce di sentieri che svoltavano uno a destra e uno a sinistra.
Elduin si guardò attorno, osservò le due vie poco convinta e decise:
- Sinistra.-
Avanzarono tra le rocce disseminate sul cammino, chiedendosi se ne sarebbero uscite vive, o meglio, se ne sarebbero uscite. Le Grotte davano l'idea di essere un intricato labirinto di cunicoli e gallerie erosi dagli anni, per niente rassicuranti; senza contare quante bestie avrebbero potuto esserci nascoste nell'oscurità.
- Perchè hai scelto di andare a sinistra?- chiese Elwen, tanto per dire qualcosa e rompere quel silenzio di tomba.
- Perchè dall'altra parte proveniva uno strano brontolìo sommesso...che non mi piaceva per niente..-
- Brontolìo?-
In quella rieccheggiò nell'aria uno strano suono, simile a un lugubre mugugno centuplicato dall'eco delle pietre: che fosse, nessuna delle due sorelle avrebbe saputo dirlo.
Il sangue si gelò nelle loro vene:
- Che...che era?- bisbigliò Elwen tremando da capo a piedi.
- Non...non lo so...ma muoviamoci di qui. Fammi strada, con quella torcia!-
L'altra allungò il fuocherello in avanti, per illuminare il sentiero che si perdeva confusamente fra le rocce della caverna: affrettarono il passo.
Lo strano rumore si fece risentire, più forte.
Erano arrivate in prossimità di una grotta laterale alla galleria che stavano seguendo: Elduin vi si avvicinò con cautela, sbirciando furtivamente che ci fosse dentro, arco alla mano, pronto per es-sere usato.
Elwen le rimase attaccata al fianco, con la fiaccola in mano, che disegnava ombre cupe sulle pareti scavate da abili mani:
- Che..che vedi?- s'informò preoccupata.
- Niente di niente. Il cunicolo fa un gomito..non posso vedere se non vado più vicino..-
- Elduin, non lo fare, ti prego...andiamo via..-
- Perchè? Forse c'è qualcosa che può aiutarci, che so, una vecchia mappa delle Grotte, magari..o Melcuan addirittura!- con rapidi balzi felini, la ragazza si avventurò nel buio, sparendo- Vieni, El-wen!-
Ma Elwen non si mosse. Di solito non aveva paura del pericolo, ma quelle caverne la spaventavano a morte. Le sembrava impossibili che qualcuno si fosse nascosto lì, che avesse portato il suo fratellino lì, per farne cosa, poi?
Il brontolìo sospetto si fece risentire, più ribombante che mai.
Elwen gemette per lo spavento, strinse convulsamente la fiaccola; guardò il punto dove era scomparsa sua sorella, poche secondi prima: dov'era adesso?
Non se la sentiva di stare lì da sola: aveva paura, e temeva che la sua magia non sarebbe valsa per salvarla daun possibile nemico.
Lentamente, avanzò nel cunicolo accanto a lei, schiena al muro, strisciando quasi, chiamando sommessamente il nome di Elduin: accidenti, dov'era finita? DOV'ERA?
(stupida perchè mi fai questi scherzi?! Ho paura ho paura dèi che c'è qui dentro chi..?)
D'un tratto, sentì muoversi qualcosa, nell'ombra, alla sua sinistra: tenne la fiaccola un po' lontana e tastò con un mano la parete che terminava in un buco:
- Elduin?- chiamò ancora.
- Sono qui...- una voce, molto simile a quella di sua sorella, uscì dal cunicolo che lei credeva vuoto.
A malincuore, decise di tentare: si staccò dalla parete, entrò di corsa del buco alla sua sinistra, e un sibilo si udì nell'aria.
Atterrita, Elwen indietreggiò di scatto, guardandosi attorno. Qualcuno le balzò addosso, facendola capitombolare da un lato: lei urlò come una forsennata, divincolandosi.
La torcia cadde a terra e si spense.
- Smettila, smettila, sorella! Sono io! Sono io!!- controbattè Elduin.
L'altra, nel buio totale, afferrò le spalle di chi le stava addosso e si liberò: con la magia, accese un'altra, piccola fiammella, che tenne alta in una mano.
Elduin era a terra, guardava sua sorella come se non capisse il motivo di tanto chiasso:
- Ah, sei tu...- si calmò Elwen.
- E chi vuoi che sia? Vedi altri qua dentro?-
- Che ti è saltato in testa, di venirmi addosso? Sei matta? Vuoi farmi morire di terrore?-
- Ti sono saltata addosso perchè se no saresti stata decapitata da quella...- e indicò una strana ascia che penzolava dal soffitto- C'erano anche altre trappole, se proprio lo vuoi sapere...ma le ho già fatte scattare. Non erano nascoste benissimo, per fortuna...c'è un'altra via per uscire da qui, se vuoi, penso che sia sicura..-
- Bene! Usciamo allora!-
- Aspetta, non ti guardi intorno? Fa' luce!-
Elwen deglutì faticosamente, pensando a quali stramberie dovevano essere così interessanti da meritare di essere riportate di nuovo alla luce: poi si concentrò, il fuoco divenne un po' più grande nella sua mano.
Nell'oscurità lentamente rischiarata, brillò qualcosa; e poi un'altra cosa, e un'altra, un'altra ancora. Elwen si guardò attorno stupefatta: la caverna dove si torvava era piena di oggetti, anfore, collane, altri monili, suppellettili, scrigni traboccanti. Ma tutti interamente lavorati in oro.
- Che cos'è tutto...questo?- balbettò sorpresa.
- La nostra fortuna...- rispose in tutta tranquillità Elduin, riempiendo una delle due bisacce che portava: non poteva lasciarsi sfuggire un'occasione del genere.
Elwen non parve sullo stesso avviso, ma non replicò nè cercò di fermare sua sorella: in fondo, un po' di soldi avrebbero fatto comodo a entrambe.
Si avvicinò un po' a un piatto decorato di pietre preziose, lo osservò a lungo: le piaceva  molto. Di solito era una ragazza onesta, non aveva mai rubato nulla a nessuno, nè amava farlo: però...
Rapida, riempì il piatto di monete d'oro lì intorno e fece per metterlo in un delle borse che portava: ma udì qualcosa che non la piacque affatto.
Il brontolìo che aveva sentito pochi minuti prima si fece risentire, più forte; e soprattutto, Elwen notò con spavento che i denari nel piatto avevano preso a tinitinnare sinistramente, come se dei passi giganteschi li stessero facendo muovere.
Ficcò il suo piccolo tesoro in borsa e, recuperata la sorella per un braccio, si nascose dietro a una montagna di scrigni.
Se ne stettero lì per un bel pezzo, in silenzio. Poi lo videro.
Dapprima era solo una massa informe e pelosa che entrava dal cunicolo senza trappole di sorta, poi, man mano che si avvicinava ruggendo, le due ragazze riconobbero in quell'essere un man-naro: una bestia gigantesca, dai grandi denti baluginanti nel buio.
Elduin ed Elwen lo osservarono tremanti mentre quell'animale raspava un po' a terra, annusava l'aria poco convinto, e si andava ad accucciare proprio accanto al loro rifugio, accoccolandosi sul-le zampe: aveva occhi neri e lucenti che brillavano maligni nell'oscurità.
(e adesso??)
Se lo chiesere entrambe. Come avrebbero fatto a sfuggire a quell'essere?
Il mannaro sembrava non avere voglia di andarsene: e poi, perchè avrebbe dovuto farlo? Magari era il guardiano del tesoro...
Le due sorelle aspettarono pazientemente. Elduin trasse l'arco e una freccia, pronta ad agire: un bel colpo mirato alla giugulare e sarebbe stramazzato a terra, ne era certa.
E se poi ce ne fossero stati altri? ALTRI??
- Non lo fare...- la pregò Elwen- non sei in una posizione adatta per attaccare, potrebbe evitarti e con questo buio non riusciresti a colpirlo in un punto vulnerabile...-
- Già...ma almeno vorrei tentare!-
- Elduin, non possiamo permetterci di sbagliare. Ci conviene sgattaiolare via appena ne avremo l'occasione...-
- Non puoi farlo secco con la magia?-
- Non sono abbastanza forte per uccidere un mannaro...-
- Neanche per imprigionarlo?
- Devo avere un contatto visivo, lo sai..-
-...e non possiamo farci vedere...certo..ma...guarda!-
Elduin indicò l'animale poco lontano: si stava stiracchiando pigramente.
- Vuole dormire?- chiese Elwen.
- Se si addormenta siamo salve!-
Il guardiano sbadigliò, spoalancando le fauci irte di denti aguzzi
(forza maledetto...dormi..dormi...dormi...)
e poi si acciambellò a terra; in un attimo, il brillìo dei suoi occhi svanì perso nell'oscurità.
Le due ragazze aspettarono ancora un po', per avere la certezza che si fosse addormentato: tendendo l'orecchio, lo sentirono ronfare beatamente, come un cuccioletto.
- Adesso o mai più Elwen!- incitò Elduin- Andiamo!-
Entrambe si alzarono dal loro nascondiglio, sbirciando i movimenti dell'animale poco lontano. In punta di piedi, lo superarono con il suo alito caldo che le investiva in pieno:
- Puzzeremo di morto per un pezzo!- si lamentò Elduin, infilando il cunicolo da cui era entrato il mannaro. Elwen la seguì senza fiatare: un passo falso e le gambe le avrebbero ceduto.
Avanzavano prive di torce, senza un minimo fuoco che mostrasse loro la via: fu per questo che non si accorsero di un'anfora d'oro rotolata per caso sul loro cammino.
Elduin la mancò per un pelo, ritrovandosi nella galleria da dov'erano venute. Elwen, purtroppo, la centrò con un calcio, e quella si fece sentire con un rumore metallico, mentre veniva ricacciata malamente tra i tesori.
Le due sorelle sobbalzarono per il colpo e si voltarono in direzione del mannaro che era ancora accoccolato in fondo alla grotta: non era più il dolce cucciolo dormiente.
I suoi occhi erano aperti e vivi.
Le due ragazze lo sentirono mentre si alzava da terra, mentre ruggiva, si metteva correre. E allora corsero anche loro. Urlarono.
Continuarono a correre senza mai voltarsi indietro: erano snelle e veloci, ma avevano sempre il fiato del mannaro sul collo. Corsero alla cieca, nel buio. Sempre dritto.
Dietro di loro, il guardiano le rincorreva a perdifiato, ruggendo arrabbiato per non riuscire a pren-dere quelle intruse: però le aveva quasi raggiunte. Ci era quasi.
Elwen ed Elduin non si fermarono mai, svoltarono un paio di volte, cercando di seminare il loro inseguitore, ma fu inutile: erano sole, contro un nemico che sulle Grotte dei Vagabondi ne sape-va certamente più di loro.
Nonostante ciò, non smisero di scappare e si sperare: ci doveva essere un'uscita, da qualche parte, ci doveva essere!
Il guardiano era ormai molto vicino, gli sarebbe bastato aprire la bocca per divorarle; le due sorelle erano stanche e appesantite dalle bisacce piene d'oro e altri arnesi.
Se si volevano salvare dovevano abbandonarli lì, non potevano fare altro.
Correndo, si tolsero i pesanti fardelli dalle spalle, tenendosi tuttavia gli archi e le spade: filarono via più veloci. Guadagnavano terreno.
E poi, c'era una luce. Là, in fondo. Un buco. Un buco nella caverna. E il cielo, il loro caro e azzur-ro cielo. Non ne potevano più di ombre e oscurità totale, di tesori nascosti tra le zampe di man-nari.
Avevano la libertà a portata di mano. Si lanciarono a capofitto in quel buco luminoso, sparendo alla vista dell'animale che le inseguiva: il guardiano cercò di acchiapparle, ma era troppo grosso e si incastrò fra le rocce, ruggendo di rabbia.
Sotto di lui, scorreva il fiume.

 













 


 

  
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