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Autore: Fradale91    02/06/2013    14 recensioni
Louis non ha mai fissato tanto una persona in vita sua. Di Harry non sa ancora nulla, se non le poche notizie fornitegli da sua sorella e quelle che è riuscito ad apprendere da solo osservandolo, ma in compenso potrebbe scrivere un libro su tutte le sfumature del suo viso.
A volte si chiede se ad Harry dia fastidio quello studio approfondito che si ostina a fare di lui, ma poi si rende conto che anche il ragazzo lo fissa insistentemente da tre settimane, quindi è arrivato alla conclusione che tra loro ci sia quasi un tacito accordo grazie al quale si concedono la completa libertà di osservarsi a vicenda.
Se Louis dovesse descriverlo con una canzone, Harry sarebbe senza dubbio How Beautiful You Are dei Cure.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: Vorrei parlarvi del giorno in cui qualcuno mi vieterà di accedere/pubblicare qualcosa su EFP ma quel giorno, amici miei, non è ancora arrivato.
Ciao, sono Francesca e ho scritto una Larry dopo… quanto? Secoli probabilmente (se escludiamo l’ultima flash insensata che ho avuto anche il coraggio di proporvi). Questa qui tutto è tranne che una flash, fandom del mio cuore. È una OS bella e buona (bella è ironico, ma capitemi) scritta in tanto, forse troppo, tempo. Su “How Beautiful You Are” non ho molto da dirvi ma qualche parolina dovrò spendercela comunque. Faccio uno dei miei elenchi puntati perché so che li amate molto (ma quando mai!!):
1) Innanzitutto vorrei tranquillizzare tutti premettendo che *rullo di tamburi* NON è rossa. La prima ad esserne stupita sono io, credetemi, visto che penso di essere del tutto incapace di scrivere cose completamente verdi e fluff (non che sia capace di scrivere cose rosse o angst, ma comunque...).
2) È una Punk Skater!Louis con Dancer!Harry (per la gioia di Anita e il suo amore per la danza classica).
3) Il titolo è preso in prestito da una famosissima nonché bellissima canzone dei Cure che viene descritta nella dedica (tramite le parole di Brizzi) e nominata nella storia. Amatela.
4) Grazie a Pia che ha letto la storia in anteprima (e ne ha corretto la punteggiatura con tutta la pazienza del mondo) e a Medusa che ha realizzato il banner stupendo.
5) Non so più che altro dire quindi vi lascio alla lettura e, spero, a dei commenti. Ad ogni modo, grazie a chiunque leggerà e avrà il coraggio di arrivare alla fine!


Buona lettura.
 





 

A Vita, che è l’insostituibile rovescio della mia medaglia.


“Come in quella canzone incredibile dei Cure
dove lei è bellissima e il povero la guarda ammirato
e lei si sente offesa e Robert Smith dice: “Ecco perché ti odio”.”

(E.Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo)

 












Sta diluviando dal momento esatto in cui ha messo piede fuori scuola. Louis, che quella mattina ha pensato bene di raggiungere l’istituto con il suo skateboard oramai semidistrutto, ha iniziato a maledire se stesso da dieci minuti buoni. E, visto che le disgrazie non arrivano mai da sole, non si stupisce neanche più di tanto quando il suo iPod decide, inopportunamente, di scaricarsi senza preavviso troncando a metà Anarchy in the UK dei Sex Pistols. E, ok che l’iPod è comunemente considerato un oggetto inanimato, ma chi mai si permetterebbe di interrompere il cantato duro e graffiato di Johnny Rotten in un pezzo del genere proprio poco prima del secondo ritornello? Nessuno, probabilmente.
Con questo pensiero nella testa, il ragazzo impreca a bassa voce attorcigliando le cuffiette intorno alla sua mano per poi buttarle a caso dentro lo zaino.
Si alza il cappuccio sulla testa lasciando scoperto solo il suo ciuffo rosso che, ne è sicuro, scolorirà al prossimo lavaggio. La fermata dell’autobus è alla fine della strada e dato che proprio non se la sente di rendere ancora più lungo il tragitto verso casa andando in skate, sotto la pioggia e per di più con l’iPod scarico, decide di approfittare di un mezzo di trasporto degno di essere chiamato tale.
Riconosce Emily, l’anziana signora che abita nella villetta proprio vicino la sua, squadrarlo, come suo solito, dalla testa ai piedi. Non ci fa molto caso visto che riceve di frequente occhiate del genere, soprattutto da lei.
La saluta con un cenno del capo e la signora Clark ricambia con un sorriso poco convinto solo per pura cortesia. In realtà, e Louis lo sa bene, la donna lo insulterebbe volentieri in mezzo alla strada colpendolo in testa con la sua borsetta nera e non firmata, se questo bastasse a convincere il ragazzo a spegnere il suo stereo ad un orario decente la sera.
Ad ogni modo, è una fortuna averla trovata lì, almeno potrà prendere il suo stesso autobus senza sbagliarsi, non essendo molto pratico dei viaggi con i mezzi pubblici. Non fa in tempo a poggiarsi alla pensilina che il numero settantanove si accosta proprio davanti a loro. Vede Emily avvicinarsi all’entrata del bus e la segue silenzioso fermandosi vicino all’autista.
Si rende conto proprio in quel momento del motivo per cui, di norma, preferisce tornare a casa in skate o in bicicletta: l’autobus è pieno zeppo di studenti chiassosi che, come lui, sono appena usciti da scuola. L’odore di sudore e di chiuso gli impregna le narici costringendolo a fare una smorfia di disgusto.
“Prego, si sieda al mio posto.” sente dire da una voce gentile e roca allo stesso tempo, poco distante da lui.
Si volta per noia in direzione di quello che il suo orecchio definirebbe come un baritono, e scorge la figura di un ragazzo slanciato che, caricandosi in spalla un grande borsone, rinuncia al suo posto a sedere per cederlo educatamente alla signora Clark. Inutile dire che Louis non l’avrebbe mai fatto; non per lei, quantomeno.
Un boato di fischi s’innalza da un gruppetto di ragazzi appostati lì affianco facendo appena arrossire il tenore- o era un baritono? A Louis non dispiacerebbe riascoltare la sua voce per stabilirlo-.
“Non sapevo che fossi anche così educato, piccolo Schiaccianoci.”.
È la voce di Zayn Malik a pronunciarsi con ironia e sarcasmo facendo ridere il suo gruppo di bulletti fidati.
Il ragazzo a cui sono rivolti i finti apprezzamenti, abbassa leggermente la testa lasciando che i suoi capelli mossi sulle punte gli coprano il viso tinto di rosso.
“Certo, sarebbe stato più cortese fare anche un plié. Non credi, principessa?”.
Altri fischi, altre risate.
Louis odia la gente così. In giornate come quella, a dirla tutta, odia la gente e basta, senza distinzione alcuna. Odia Zayn per essere uno stronzo di prima categoria, odia la signora Clark per i suoi sguardi glaciali e scandalizzati e odia quel ragazzo, alto e più armonioso di qualsiasi triade musicale lui abbia mai ascoltato in vita sua, perché sta evitando di difendersi da quelle squallide prese in giro.
Non sa niente di lui ma vorrebbe prenderlo per le spalle, scuoterlo e dirgli di non dare retta ai Clash di Revolution Rock: non è vero che non c’è tempo per combattere. C’è, e lui dovrebbe sfruttarlo.
Ovviamente, non fa nulla di tutto questo.
Lancia un ultimo sguardo fugace alla “principessa” e poi “Falla finita, Malik.” dice soltanto in direzione del moro, fulminandolo con gli occhi cristallini che si ritrova. Quello smette di ridere e finge un’espressione spaventata.
“Altrimenti, Tomlinson?” chiede subito dopo marcando volutamente il cognome dell’altro.
In realtà non si conoscono, non di persona almeno, e Louis si stupisce anche del fatto che il moro sappia il suo nome.
Sorride appena, abbassando lo sguardo e “Altrimenti l’intero autobus si renderà conto di quanto tu sia patetico.” sputa fuori soddisfatto. Zayn non risponde, forse spiazzato da quell’audacia che nessuno, neanche i suoi tirapiedi, aveva mai mostrato nei suoi confronti, e si limita ad aggrottare le sopracciglia.
E così, “Sai,” riprende Louis, addirittura più motivato di prima, “è parecchio triste che tu abbia bisogno di prendere in giro un ragazzino solo per tenerti vicini quei quattro idioti che ti ritrovi come amici.”.
Poi, come se niente fosse, prenota la fermata e, senza neanche aspettare la risposta dell’altro, scende seguito a ruota dalla signora Clark.
Non si volta per guardare indietro, ma è sicuro di avere due occhi chiari e riconoscenti puntati sulla schiena.

Quando finalmente riesce a mettere piede in casa tira un sospiro di sollievo al pensiero che la sua giornata sia praticamente finita. Sente l’acqua impregnata addosso, fin dentro le ossa, e non vede l’ora di spogliarsi di quei vestiti umidi. Si sfila addirittura le sue Dr. Martens sullo zerbino per evitare di lasciare impronte sulle scale che portano alla sua camera. Non può fare a meno di reprimere uno starnuto però, costringendo lo sguardo di sua madre Jay a posarsi su di lui.
“Ah, Lou.” gli sorride raggiante la donna, “Sei tornato.”.
Louis, che quel giorno proprio non sopporta nessuno, vorrebbe dirle che sì, lo sa benissimo anche lui di essere tornato e che la sua osservazione è alquanto stupida e ovvia, ma alla fine “Già.” si limita solo a dire precipitandosi al piano di sopra.
È quasi certo che sua madre abbia aggiunto qualcosa - la sente urlare dal salotto - ma non se ne preoccupa più di tanto visto che Leave it Alone dei Nofx sta già riempendo lo spazio vitale della sua stanza facendone rimbombare le pareti.
La sua quiete fatta di riff e beat, ad ogni modo, viene interrotta proprio qualche minuto dopo.
“Hai sentito quello che ti ho detto Louis?” urla infatti Jay, entrando in camera e tentando di sovrastare con la voce quello che per lei è solo rumore.
Il ragazzo, sdraiato sul suo letto, non si preoccupa neanche di abbassare il volume dello stereo prima di risponderle “Sì, mamma! Lo so che sono tornato.” alzando persino gli occhi al cielo.
La donna sbuffa ma non si lamenta del modo di fare di suo figlio: lo conosce e ha imparato ad accettarlo per quello che è.
“Mi riferivo al fatto che devi andare a riprendere Lottie a scuola di danza perché io sto accompagnando le gemelle a fare equitazione dall’altra parte della città.”.
Louis crede che quello sia uno scherzo visto che la sua giornata è finita nel momento esatto in cui ha aperto la porta di casa Tomlinson.
“Ha quindici anni, non può tornare da sola?” chiede grattandosi il braccio da sopra la felpa. Ha fatto un nuovo tatuaggio proprio qualche giorno prima, ma preferisce non dirlo ancora a sua madre.
“Ne ha quattordici e no, non può tornare da sola.” afferma risoluta questa, avvicinandosi nuovamente alla porta. “Finisce tra venti minuti. Non farla aspettare, sai che le viene l’ansia se non vede nessuno.”.
Dopo di che, esce esattamente da dove è entrata senza neanche dar peso al ragazzo che “Le figlie di questa casa devono per forza praticare sport?” chiede ancora più esasperato di prima buttando la testa sul cuscino.

Si concede dieci minuti per trovare psicologicamente la forza di alzarsi dal letto e addirittura di uscire di casa ma alla fine, senza neanche essersi cambiato, raggiunge in cinque minuti di macchina la scuola di danza di sua sorella arrivando addirittura in largo anticipo.
Resta in auto picchiettando nervosamente le dita sul volante portando il tempo della pioggia fin quando non vede uscire le prime ragazzine ancora con lo chignon tiratissimo sulla testa. Aspetta qualche minuto ma, quando si accorge che sono uscite tutte tranne sua sorella, recupera un ombrello dal sedile posteriore e raggiunge l’entrata della scuola. Ha messo piede lì dentro solo una volta nella sua vita e non sa neanche dove andare a cercare Lottie, ma non ha il tempo materiale di porsi questo problema perché la vede proprio in quel preciso momento: sta con il naso poggiato sulla vetrata che dà su una delle sale da ballo con lo sguardo sognante e perso nel vuoto.
“Lots!” la chiama a bassa voce guardandosi intorno subito dopo. Quel posto gli incute un certo timore.
La ragazzina non risponde costringendolo a percorre il corridoio fino a raggiungerla.
“Lottie, che stai facendo?” le chiede nell’orecchio cercando di attirare la sua attenzione, “Vuoi darti una mossa?”.
“Non lo trovi perfetto?” risponde invece lei ignorando completamente le lamentele di suo fratello che, nonostante non ne abbia assolutamente voglia, si gira verso la sala per dare uno sguardo a ciò che ha rapito quello di sua sorella.
Ci mette qualche secondo per riconoscerlo, ma alla fine Louis non può fare a meno di ricordare.
Sta indossando una calzamaglia che gli fascia perfettamente le gambe quasi da donna che ha, ma i ricci scomposti e l’armonia dei movimenti appartengono proprio al ragazzo che ha visto sull’autobus solo un’ora prima.
“È una variazione di Papillon!” inizia a spiegare la ragazza sempre più rapita, “E lui ha delle linee perfette.”.
Louis non ha la minima idea di cosa significhi ciò di cui sta parlando sua sorella ma non può che concordare con lei: quello che vede è oggettivamente bello. Il ballerino volteggia in aria con disinvoltura dando l’impressione che tutti quei passi siano assolutamente facilissimi e che chiunque potrebbe riuscire a farli. Lui non sa niente di ballo, ma è certo che il ragazzo sia l’incarnazione del bravo ballerino. E ne è sicuro perché resterebbe lì a guardarlo per ore.
“Va bene, andiamo.” esordisce improvvisamente sua sorella interrompendo i suoi pensieri, “Non voglio che Harry mi sorprenda di nuovo a guardarlo mentre prova.”.
Harry. Quindi è quello il suo nome.
Lottie lo prende per un braccio trascinandolo via da lì. Louis si lascia tirare ma i suoi occhi sono ancora puntati sul ragazzo che, proprio in quel momento, interrompe i suoi volteggi fissando lo sguardo chiaro in quello del castano.
Anche lui deve averlo riconosciuto perché, dopo un attimo di esitazione, gli sorride.
E Louis non conosce Harry, ma può giurarlo: quel sorriso è la linea più bella che il suo corpo potrà mai realizzare.

Non ha mai parlato tanto con sua sorella come quella sera. L’ha riempita di domande inopportune su quel ragazzo riccio e bellissimo, ma non è comunque riuscito a scoprire granché: sa che ha tre anni in meno di lui, nonostante ne dimostri due in più- vista la stazza-, che studia danza quasi da quando era un neonato e che si sta preparando per l’audizione alla Royal Ballet School di Londra.
Sa anche che Lottie lo venera e per questo, da bravo fratello maggiore qual è, si sente in dovere di metterla in guardia.
“Lots, guarda che è gay!” la informa seguendola su per le scale dopo aver convinto Fizzy a sparecchiare la tavola al posto suo.
“Te l’ha detto il tuo gay-radar?” risponde divertita lei, legandosi i capelli lunghissimi in una coda alta, “O sei giunto a questa brillante conclusione solo perché è un ragazzo e studia danza classica?”.
Louis sbuffa infastidito da quella frecciatina.
“Nessuna delle due, simpaticona.” ribatte entrando con lei nella sua camera.
Si butta sul letto, ricevendo un’occhiataccia dalla ragazza, e “Lo chiamano “lo Schiaccianoci”.” spiega serissimo virgolettando quello che lui crede essere un soprannome ambiguo.
Lottie, in risposta, scoppia a ridere. Louis non l’ha mai vista così e ne è quasi spaventato perché sembra respirare a fatica.
“Ti prego.” lo supplica tra una risata e l’altra, “Dimmi che stai scherzando, Lou.”.
Il ragazzo la guarda incredula, non sa davvero cosa rispondere. Scrolla le spalle e “Non è uno squallido gioco di parole per dare del gay a qualcuno?” le chiede con aria veramente ingenua.
Sua sorella ride, se possibile, ancora di più ma poi finalmente si calma e lo raggiunge sul letto.
“Sei un cretino.” lo apostrofa, “E anche un ignorante.”.
Il castano incrocia le braccia al petto, ha la faccia indispettita di un bambino a cui è stato tolto il giocattolo preferito.
“Lo Schiaccianoci è un famoso balletto sulle musiche di Čajkovskij.” continua lei con aria di superiorità, “Non uno stupido soprannome carico di doppi sensi.”.
Poi riprende a ridere facendo appena arrossire il fratello per la brutta figura che, grazie al cielo, ha fatto con lei e non con il ragazzo per cui ha già una segreta cotta colossale.
Louis le pungola il braccio per farla smettere e poi “Quindi non sappiamo se è gay o no.” constata con aria addirittura delusa, cercando di cambiare discorso.
“No.” risponde secca Lottie riprendendo fiato, “E non ho intenzione di scoprirlo per te.”.
 



Sono tre settimane che viaggia in autobus.
Ha definitivamente parcheggiato lo skateboard in garage e sale sui mezzi pubblici per andare ovunque. Letteralmente ovunque.
Ha scoperto che Harry prende il bus solo dopo la scuola. Non è uno stalker, non lo sta pedinando, ma ha più o meno imparato i suoi orari.
Un giorno è sceso addirittura qualche fermata dopo la sua per vedere quale fosse quella del riccio. Se n’è pentito subito però, visto che il tratto che dopo aveva dovuto affrontare a piedi per tornare a casa si era rivelato più lungo di quello che l’autobus aveva fatto dalla scuola alla sua villa.
Ad ogni modo, quell’esperienza gli è servita per capire che la fermata di Harry è esattamente quella di fronte la scuola di ballo. È lì che va tutti i giorni.
Sul bus, ovviamente, ci sono anche Zayn e il suo gruppo di amici, i fratelli Riach e Andy Samuels, ma non li ha più sentiti dire niente al riccio: a Louis piace pensare che sia per merito della sua presenza.
In tre settimane, comunque, non ha ancora trovato il coraggio di parlare ad Harry. La scena è, più o meno, sempre la stessa: arriva alla fermata, saluta svogliatamente Emily, la segue a ruota sul numero settantanove, trova il riccio seduto su uno degli sgabelli del mezzo, e infine lo vede alzarsi per far gentilmente sedere la signora. Poi, finalmente, arriva la parte che più preferisce: lo scambio silenzioso e quasi ridicolo dei loro sguardi.
Louis non ha mai fissato tanto una persona in vita sua. Di Harry non sa ancora nulla, se non le poche notizie fornitegli da sua sorella e quelle che è riuscito ad apprendere da solo osservandolo, ma in compenso potrebbe scrivere un libro su tutte le sfumature del suo viso.
Sa che ha qualche neo sulla guancia sinistra, di cui uno abbastanza evidente posizionato poco lontano dalla fine delle sue labbra, e sa che ha le fossette, belle marcate e che spuntano ogni volta che la signora Clark lo ringrazia per la sua cortesia. Il naso gli sembra leggermente grande per i suoi gusti, ma comunque ben proporzionato rispetto al resto del viso, e sospetta che il giovedì pomeriggio si faccia le sopracciglia visto che il venerdì sono sempre perfette.
A volte si chiede se ad Harry dia fastidio quello studio approfondito che si ostina a fare di lui, ma poi si rende conto che anche il ragazzo lo fissa insistentemente da tre settimane, quindi è arrivato alla conclusione che tra loro ci sia quasi un tacito accordo grazie al quale si concedono la completa libertà di osservarsi a vicenda.
Se Louis dovesse descriverlo con una canzone, Harry sarebbe senza dubbio How Beautiful You Are dei Cure.

Tenendo fede alle sue nuove abitudini, anche quel mercoledì scende dall’autobus lasciando il riccio alle sue spalle. L’iPod - questa volta funzionante - trasmettere direttamente nelle sue orecchie un pezzo abbastanza soft di cui non ricorda il titolo.
Quando apre la porta di casa sua madre è sull’uscio, pronta per uscire.
“Ciao tesoro.” lo saluta raggiante guardandosi intorno in cerca, probabilmente, delle chiavi dell’auto.
“Ciao.” ricambia semplicemente il ragazzo, “Dove stai andando?”.
La donna sbuffa, perdendo tutta la solarità di qualche secondo prima, e “Vado a fare la spesa e poi a riprendere Lottie a danza.” elenca un attimo prima di borbottare “Ma questa casa nasconde le cose?” senza aspettarsi una vera e propria risposta da parte del figlio.
Louis, ad ogni modo, non sta affatto pensando alle chiavi di sua madre. La sua mente ha memorizzato soltanto le parole “Lottie” e “danza”, tralasciando tutto il resto.
È per questo che, quasi senza accorgersene, “Vai solo a fare la spesa.” urla, spaventando la donna di fronte a lui, “A Lots ci penso io.”.
Jay lo guarda con aria incredula ma non ribatte. È davvero raro che Louis si offra volontario per fare qualcosa, quindi non si sente proprio nella posizione di fare domande.
“Ah!” dice soltanto, “Grazie tesoro.”.
Poi, prima che l’altro possa ripensarci, esce di casa.
Le chiavi erano sul fondo della sua borsa.

Tre settimane prima Louis ha imparato che a Lottie non piace aspettare. Per questo arriva alla scuola di danza con dieci minuti in anticipo rispetto all’orario di uscita di sua sorella. O quanto meno, quella sarà la scusa ufficiale nel caso in cui la ragazza gli chiederà il motivo di tale accortezza.
Temporeggia un po’ prima di entrare, perché non sa ancora con certezza come sfruttare quei pochi minuti di attesa. Tutto quello che desidera è vedere Harry, magari sorprenderlo ancora durante una delle sue prove.
Stuzzicato da questa idea si fa coraggio e entra. Come al solito si guarda un po’ intorno per assicurarsi di non avere occhi indiscreti addosso, e poi si avvicina alla vetrata che dà sulla sala principale, quella dove l’ha visto ballare la prima volta.
Il riccio ovviamente è lì.
A Louis, per un attimo, trema un po’ il cuore, come se non si aspettasse di trovarlo sul serio in quella stanza, come se lo stesse incontrando per caso e ogni fibra del suo corpo vibrasse per quella sorpresa inaspettata.
Harry non gli presta attenzione, fortunatamente. Sta eseguendo quello che per Louis potrebbe essere tanto uno jeté quanto un passé ed è quasi completamente svestito, se non fosse per quel misero paio di boxer che lo fasciano al limite della decenza.
Il ballerino sbuffa dopo una pirouette un po’ troppo imprecisa, ma che il castano trova comunque assolutamente perfetta, e fa cenno di fermarsi al ragazzo che lo sta accompagnando al piano. Raggiunge la specchiera con la sbarra per recuperare una bottiglietta d’acqua che ha lasciato per terra.
Louis lo segue in ogni suo minimo movimento: lo vede bere e poi riprendere fiato, sedersi per terra e respirare profondamente come per ritrovare un po’ di concentrazione.
Poi il pianista biondo dice qualcosa e, a giudicare dalla risata fragorosa e bellissima di Harry, deve essere stato qualcosa di assolutamente divertente.
Un attimo dopo il riccio si alza di nuovo per tornare al suo posto e ai suoi esercizi ed è in quel momento che nota il castano, in piedi e immobile, dietro la vetrata trasparente che si affaccia sul corridoio principale della scuola.
Si fissano qualche secondo, come sono abituati a fare sull’autobus; Louis vorrebbe entrare nella stanza e urlargli “Mi piaci da morire.”.
E invece se ne sta lì, sotto lo sguardo dell’altro, ad avvampare violentemente per essere stato sorpreso a guardarlo provare.
Il riccio abbassa lo sguardo: anche se Louis non può saperlo, lui è lusingato da quelle attenzioni.
Poi, rialzando gli occhi in direzione dell’altro, con una mano fa cenno al suo accompagnatore di riprendere a suonare.
Inizia a ballare di spalle alla specchiera, curando ogni minimo movimento affinché risulti perfetto al suo unico spettatore.
Louis deve concentrarsi tantissimo per non lasciarsi sopraffare dall’istinto irrefrenabile di piangere per la gioia: Harry sta ballando per lui.

Volteggia occupando tutto lo spazio offertogli dalla grande sala e dedicando al castano, che proprio non riesce a staccare gli occhi da lui, sorrisi sinceri alla fine di ogni piroutte. Il grande ne è ipnotizzato: è come se improvvisamente si fosse catapultato in un mondo fatto solo di ricci, spalle ampie e diagonali perfette. Quel mondo non ha nulla a che fare con lui: Louis ci ha messo piede per caso ma non riesce a tirarsene fuori.
Sta pensando a tutto questo quando “Sei ridicolo!” sente dire alle sue spalle.
La voce di sua sorella lo coglie impreparato facendolo sobbalzare per la paura.
Si gira a malincuore voltando la schiena a quella visione celestiale e “Ti sono venuto a prendere.” spiega con aria del tutto innocente.
Lottie lo guarda con un’espressione scettica e divertita allo stesso tempo prima di ripetere, con maggior convinzione, “Sei ridicolo.”.
Il ragazzo sbuffa soltanto, ma non ha il coraggio di ribattere niente.
Quindi, “Da quanto tempo sei qui, Lou?” incalza la ragazzina avvicinandosi a lui.
L’altro alza gli occhi al cielo e “Sono arrivato ora.” mente spudoratamente assumendo un’aria del tutto annoiata, come se non volesse affatto essere lì, “Al massimo qualche minuto fa.”
La bionda annuisce ripetutamente, facendo finta di credergli. Per questo “Non volevo farti aspettare.” aggiunge il fratello sfruttando la scusa che aveva programmato di usare fin dall’inizio, cercando a tutti i costi di convincerla.
“Stai dicendo che non sei venuto qui per vedere Harry?” indaga Lottie superandolo e avvicinandosi all’uscita.
Il ragazzo lancia un ultimo sguardo alla sala da ballo prima di seguirla a ruota verso la porta. Il riccio ha smesso di ballare ma sta sorridendo nella loro direzione e Louis ha come l’impressione che sappia che lui e la sorella lo stiano nominando. Per questo distoglie lo sguardo dal ballerino e “No, assolutamente.” risponde uscendo con lei fuori dall’edificio.
Il sole li bacia entrambi costringendo il maggiore ad aprirsi la felpa: la sua canotta dei Misfits lascia scoperto il tatuaggio che ha sul petto.
“Ah bene.” è ciò che risponde la ragazza, “Quindi suppongo non ti interessi affatto sapere che l’ho incontrato prima dell’inizio della mia lezione.”.
Il castano sobbalza leggermente e spera sul serio che Lottie non l’abbia notato. Poi, “Mmm, no.” risponde indifferente. È ovvio che tutto quello lo interessi, ma non darà mai a sua sorella la soddisfazione di farglielo sapere.
“E che abbiamo parlato.” aggiunge subito dopo lei, con un sorriso carico di sottintesi, “Di te.”.
Louis trattiene di nuovo un fremito, il cuore gli sta battendo a mille mentre impone a se stesso di rimanere calmo e chiedere soltanto “Ah si?” con poco trasporto.
E “Già.” gli concede la bionda “Voleva sapere da me quando ti deciderai a parlargli.”. Poi dal nulla si ferma e “Non è assurdo?” chiede retoricamente continuando a sorridergli.
Il fratello scrolla le spalle sforzandosi di mantenere la sua maschera, nonostante interiormente stia morendo per eccesso di euforia. Non le risponde neanche per evitare di tradirsi e si limita a salire in macchina per non tornare dentro a sommergere Harry di chiacchiere.
Ora che sa cosa vuole il riccio da lui, sente davvero il desiderio di picchiarsi per aver sprecato tutto quel tempo e contemporaneamente, sente anche quello di parlare con lui fino a farsi essiccare la gola.
 



Il giorno dopo è giovedì e Louis non ha problemi ad ammettere che è di buon umore. Certo, quella di lui che si sveglia felice è un’immagine un po’ contrastante con l’aria da punk rocker malinconico che si è cucita addosso da anni, ma non vuole farsene un problema. L’ultima volta che si è svegliato così pieno di buoni propositi per la giornata è stato il giorno in cui sapeva sarebbe arrivato il suo vinile dei Jam al negozio di dischi vicino casa.
Quello lì, invece, è un giovedì come un altro ma sembra andare tutto per il meglio. È come se una serie di inspiegabili coincidenze si fossero impegnate per rendere la sua giornata del tutto perfetta: è andato a scuola in skate -dopo le famose tre settimane di autobus-, è riuscito ad evitare l’interrogazione di biologia, il sole spende su tutta la città ed è quasi certo che per la prima volta riuscirà a parlare con Harry. Quasi certo.
Il punto è che non ha un piano ben preciso se non quello di andare di nuovo alla scuola di ballo e magari far finta di incontrarlo per caso. Ora che ci riflette, non gli sembra un piano geniale anche se il suo inspiegabile buon umore continua a spacciarlo per tale.
Ad ogni modo, ha evitato appositamente di prendere mezzi pubblici proprio per non vedere il riccio a poche ore di distanza da quella che potrebbe essere la loro tanto attesa prima conversazione.
Quindi è tornato a casa, ha salutato sua madre con un bacio sulla tempia, ha pranzato con le gemelle e ora si sta preparando per uscire di nuovo.
Ha fatto una doccia molto rilassante e Hall of Mirrors dei Distillers suona a tutto volume nella sua stanza, mentre contempla l’armadio per scegliere cosa indossare. Opta per un paio di jeans scuri e una canotta nera abbastanza scollata affinché quel “It is what it is” che ha tatuato sul petto resti visibile al mondo.
Poi si precipita al piano di sotto e, con un entusiasmo che sua madre non gli ha mai visto addosso, esce dalla villa di nuovo con lo skateboard in mano.

Quando arriva alla scuola di ballo i nervi stanno già minacciando di bucargli la pelle. Louis si rende conto solo in quel momento che non ha la minima idea di cosa dire a Harry; si era autoconvinto che sarebbe stato facile e spontaneo una volta arrivato lì, e invece il panico si sta impossessando di lui. Per un attimo considera anche l’idea di tornare a casa senza concludere niente ma poi ci ripensa nel momento in cui gli tornano in mente tutti i buoni propositi con cui si è svegliato: fa saltare lo skate con un piede e lo afferra al volo per incamminarsi verso l’ingresso. Ha le mani sudate e gli sembra addirittura di tremare un po’. Tira più volte la porta d’entrata verso se stesso prima di ricordarsi che si apre spingendola: la scritta “Push” a caratteri cubitali sul vetro è sempre stata lì in bella vista?
Sperando che nessuno abbia visto quella terribile scena, entra per poi temporeggiare un attimo sull’uscio della scuola. Si sente il vociare dei bambini che fanno lezione e la musica classica uscire da tutte le aule, seppur attutita dalle pareti insonorizzate.
Prende un respiro profondo e si avvicina alla solita vetrata, ansioso di sorprendere Harry ballare esattamente come ha fatto il giorno prima.
Cammina lentamente, contando i passi come se da quelli dipendesse la sua intera vita. Quando finalmente raggiunge la sua postazione, tutto l’entusiasmo del giorno evapora come una bolla di sapone.
Harry non sta né ballando né sorridendo per lui.
Harry semplicemente, non è lì.

Resta per qualche secondo a contemplare la grande sala prima di accorgersi della presenza del pianista nella stanza. È quasi tentato di entrare e chiedere a lui informazioni sul riccio ma non è sicuro che sia una grande idea. Non ha mai parlato con quel ragazzino biondo e sottoporlo ad un interrogatorio potrebbe rendere sgradevole la loro conoscenza.
Sta giusto scartando quella opzione quando “Cerchi me?” sente chiedere dal nulla.
Sobbalza, con tanto di mano sul cuore, al suono di quella voce: l’ha sentita poche volte sull’autobus e mai rivolta a lui, ma non può fare a meno di riconoscerla.
Tutto quello che riesce a pensare girandosi per incontrare lo sguardo del ragazzo alle sue spalle è che si è sbagliato: Harry non è un baritono. E neanche un tenore, a dirla tutta.
Harry è un basso: roco e penetrante.
Quando se lo ritrova davanti il cuore minaccia seriamente di uscirgli dal petto. Il riccio è altissimo, molto più di quanto immaginava, visto che non si era mai trovato ad una distanza così ridotta da lui. E poi, è davvero una T-shirt dei Ramones quella che sta indossando?
Scuote la testa per tornare nel mondo reale e si rende conto che non ha proprio nulla da dire. Vorrebbe avvicinarsi a lui e confessargli “Certo che cercavo te. Ti cerco da una vita!”, ma non può farlo. O meglio, potrebbe ma non ne ha il coraggio: una frase del genere non è adatta per iniziare una conversazione con qualcuno.
Temporeggia appena guardandosi intorno e poi “Io… stavo solo aspettando mia sorella.” mente spudoratamente usando la prima scusa plausibile che gli viene in testa.
No, l’idea di dirgli la verità è proprio fuori discussione.
Harry ride silenziosamente, semplicemente distendendo le labbra e abbassando gli occhi verso terra. Ha le mani incrociate dietro la schiena e i muscoli delle braccia tesissimi.
“Beh,” inizia con tono di voce cadenzato, “dovrai aspettare un bel po’, visto che oggi le ragazze non hanno lezione.”.
E questo Louis proprio non l’aveva considerato. Come ha potuto tralasciare il fatto che il riccio viva praticamente in quella scuola? È ovvio che sappia gli orari delle lezioni.
“Oh.” farfuglia solamente in totale imbarazzo, “Credo di essermi confuso con i giorni, allora.”.
E, detto questo, abbraccia meglio il suo skate e fa per uscire da lì senza aggiungere altro.
Ha già la mano sulla maniglia della porta quando “Ehi!” lo richiama Harry “Prenderesti un caffè con me?”.

La vita, pensa Louis, è una cosa meravigliosa.
In giornate come quella lo è e basta, senza un motivo preciso. Lo è perché Harry, che di cognome fa Styles, è seduto di fronte a lui in un bar del centro a sorseggiare un frappuccino; lo è perché quel ragazzo incredibile e bellissimo sembra davvero essere interessato a lui e a tutto quello che lo riguarda. Gli fa domande sui tatuaggi, sulle sue sorelle e sulla musica rumorosa” che ascolta.
E a sua volta gli parla delle sue ambizioni, del gatto di sua madre e dei suoi progetti futuri. Louis arrossisce appena quando nella sua mente si fa largo il pensiero che, di quei progetti, vorrebbe tanto farne parte.
Scopre che a Harry non piacciono i Ramones e che la maglietta che indossa è solo un regalo di sua sorella. Il riccio gli ha detto che da quando ha cinque anni ascolta principalmente musica classica e Louis vorrebbe tanto portarlo a casa con sé per fargli conoscere l’intera discografia dei Clash. Sarebbe senza dubbio azzardato, quindi si limita a sorridergli in un modo che non ha mai usato e mai userà con altri.
È quando Harry gli sta parlando della sua dieta e del fatto che al posto del frappuccino avrebbe dovuto ordinare un tè che “Vorrei farlo di nuovo.” dice Louis a bassa voce, quasi in un sussurro.
Il riccio si blocca senza concludere la frase e “Cosa?” chiede veramente curioso, “Farmi prendere qualcosa di assolutamente grasso e calorico?”. Poi ride, consapevole che l’altro non sta parlando di quello, e aspetta la sua risposta incrociando le dita sotto al mento.
E “No.” spiega infatti il castano, “Passare del tempo con te.”.

Dieci minuti dopo sono sul settantanove, quello che a Louis piace chiamare “il loro autobus”. Stanno tornando alla scuola di danza perché Harry deve riprendere le prove e lui deve recuperare lo skate per riandare a casa. Vorrebbe che quel pomeriggio non finisse mai ma si sente comunque abbastanza tranquillo perché il riccio gli ha lasciato il numero di telefono e lui ha fatto lo stesso col suo. E quello, è senza dubbio un buon segno.
Hanno battibeccato un po’ per scegliere chi dei due dovesse sedersi su uno dei seggiolini del mezzo, ma alla fine ha vinto Louis costringendo Harry a riposarsi in previsione dell’attività fisica che a breve avrebbe dovuto affrontare. È addirittura arrossito quando, dopo essersi accomodato, il riccio l’ha invitato a sedersi sulle sue gambe: non ha avuto il coraggio di accettare ma gli è sembrata comunque la cosa più bella, dolce e naturale del mondo.
Quando vedono l’insegna della scuola si preparano per scendere ed è in quel momento che succede l’inaspettato: Harry, con una spontaneità disarmante, prende la mano di Louis intrecciando le sue dita lunghissime con quelle praticamente minuscole dell’altro.
Il grande si ferma un attimo, come bloccato da quel gesto, ma quando alza lo sguardo verso il riccio e scorge il sorriso sincero sulle sue labbra, si rilassa all’istante. Tutto quello è giusto, perfetto, quasi troppo bello per essere vero. E, com’è che si respirava?
Scendono dall’autobus sotto gli occhi indiscreti dell’autista, entrambi con le farfalle nello stomaco e i cuori su un pianeta tutto loro.
Ricoprono i pochi metri fino all’entrata con passo lento e controllato, come se stessero cercando di far durare quel momento il più a lungo possibile, come se il contatto delle loro mani fosse indispensabile per tutti e due e stessero cercando di mantenerlo all’infinito.
“Beh.” esordisce il piccolo rompendo il silenzio, “Siamo arrivati.”.
Perché Louis non è infastidito dalle frasi ovvie, se dette da Harry Styles?
“Già.” risponde soltanto.
Si guardano ancora, fondamentalmente perché ad entrambi piace farlo, e poi “Sono contento che tu ti sia confuso con i giorni delle lezioni.” aggiunge il riccio.
E quello sarebbe davvero il momento adatto per dire la verità, per dire ad Harry che è andato lì solo ed esclusivamente per lui, ma il castano proprio non se la sente ancora di esporsi così tanto.
Dice solo “Se vuoi… posso confondermi anche domani.”. Questo sì, può concederglielo.
Il ballerino arrossisce appena prima di avvicinarsi un po’ a lui, lasciargli un bacio sulla guancia –pericolosamente vicino all’angolo della bocca-, e “Mi piacerebbe molto.” sussurrargli all’orecchio.

“Ti sembra normale tornare a quest’ora, Lou?”.
La voce di Jay supera la solita ottava di estensione quella sera ma non c’è niente, niente, che potrebbe rovinare la giornata di Louis. Entra dalla porta sul retro, quella collegata con il garage dove ha lasciato lo skate e che dà direttamente sulla cucina.
Non perde neanche tempo a rispondere a sua madre: le lascia un bacio sulla tempia per salutarla e “Non ho fame.” annuncia scomparendo su per le scale. Il suo stomaco, esattamente come la sua testa e il suo cuore, è già pieno di Harry e non ha assolutamente bisogno di cibo.
Si butta sul letto a peso morto: il sorriso che si porta dietro da ore potrebbe bucargli la faccia se non si deciderà a rilassarla. E per di più è esausto, come se tutta la felicità accumulata in quel giorno lo avesse preso e consumato dall’interno.
Afferra l’iPod poggiato sul comodino e imposta la riproduzione casuale: spera di addormentarsi così, senza pensieri se non quello di Harry a martellargli il cervello. Sta per riuscirci quando il telefono prende a vibrare nella tasca dei jeans che ha ancora addosso.
Gli basta leggere che si tratta di un messaggio del riccio per ritrovare improvvisamente tutta la forza e la vitalità che solo due secondi prima sembrava non avere.
“Grazie per oggi. Sono stato bene. Xx” dice l’sms chiaro, diretto e senza alcun tipo di abbreviazione.
Louis si permette di saltare sul letto per la gioia, lontano dagli occhi di tutti, prima di rispondere “Anche io, grazie a te.”.
Lo invia senza pensarci, prima di rendersi conto che quel messaggio non esprime neanche un millesimo di quello che sta provando in quel momento; per l’euforia ha dimenticato anche di mettere gli smile e le classiche “Xx”.
Si alza, agitatissimo, dandosi un colpo in testa con la mano aperta e iniziando a camminare nervosamente per tutta la stanza. Harry gli ha già dimostrato tantissimo in poco tempo e lui invece non riesce neanche a lasciarsi andare in un sms. Si può essere così codardi? No, decisamente no.
Si blocca di colpo togliendosi le cuffiette dalle orecchie e, dopo aver preso un respiro profondo, lo fa. Torna a sedersi sul letto, afferra il telefono e, concentratissimo, scrive al riccio ciò che muore dalla voglia di dirgli da quella volta che l’ha visto ballare per lui: “Mi piaci da morire. X”.
Da quel momento c’è solo ansia. L’idea di essere stato troppo affrettato, dopo la freddezza del messaggio precedente, gli sta attanagliando la milza. Tutto quello che prova è paura e insicurezza.
Quando il cellulare vibra di nuovo, Louis lo contempla un attimo, come per trovare la forza di leggere la risposta ma, rendendosi conto che non avrà mai totalmente il coraggio di farlo, mette da parte tutti i pensieri e apre l’sms del riccio.
Dice solo: “Tu no.”.
La sua testa, in un attimo, si riempie di tutto. Sta già pensando ad un modo per non impazzire e non farsi prendere da crisi isteriche quando l’arrivo di un altro messaggio lo riporta alla realtà.
“Morire è una cosa brutta, Louis. Tu mi piaci da banana split, da Natale sotto la neve, da montagne russe, da pioggia con il sole, da “Lago dei Cigni”, da…te.”.
E sì, ora potrebbe veramente esplodere da un momento all’altro per quello che ha appena letto, ma si trattiene, aggrotta appena le sopracciglia e, con mani tremanti, “Da me?” digita in un lampo.
La risposta arriva subito, come se Harry si aspettasse già quella domanda: “Sì.” c’è scritto, “Tu sei una cosa bella.”.
 



Lottie il venerdì ha veramente lezione di danza ma Louis non propone a sua madre l’opzione di andarla a prendere al posto suo. Ha già programmato nei minimi dettagli la sua giornata e ha intenzione di rispettare la tabella di marcia: dopo pranzo farà i compiti e poi uscirà per raggiungere Harry alla scuola. Aspetterà il ritorno di Jay e sua sorella per farlo perché non vuole rischiare di incontrarle in palestra.
La sua media scolastica si è già abbassata rispetto allo scorso anno ma il fatto che stiano solo all’inizio del primo semestre gli dà comunque fiducia e speranza di poter migliorare e rialzare i suoi voti; quindi non si preoccupa più di tanto quando resta minuti interi a pensare a Harry e alla sua voce da uomo.
Il punto è che studiare è diventato parecchio difficile da quando il riccio è entrato nella sua vita: gli uomini in calzamaglia sul suo libro di storia gli ricordano le gambe fine e aggraziate del ballerino e le noiose funzioni paraboliche che saltano fuori dagli appunti di matematica sono maledettamente simili ai manège che gli ha visto fare in sala prove.
Tra un’equazione irrazionale e l’altra, comunque, riesce a far passare le due lunghissime ore che aveva deciso di riservare al suo studio e, appena percepisce dei rumori al piano di sotto, lascia perdere tutto, ansioso di uscire il più in fretta possibile da quella camera.
“Dove stai andando, Lou?” lo interroga sua madre proprio quando lo vede sbucare da sopra le scale quasi con aria affannata. Lei e Lottie sono appena tornate, con tanto di gemelle al seguito.
Il ragazzo ci pensa un attimo, come preso in contropiede da quella domanda, e poi “Mmm…fuori.” risponde un po’ incerto.
Jay lo guarda sorpresa, consapevole che le stia nascondendo qualcosa, ma alla fine “Ok.” concorda, “Però non fare tardi come ieri.”.
Quando il sorriso di Louis si allarga tanto da fargli strizzare gli occhi, sua sorella scoppia a ridere e “Sei così carino.” lo apostrofa divertita. Il ragazzo arrossisce appena sotto gli occhi di sua madre che, ignara di tutto, si limita ad osservare la scena.
Poi come se non bastasse, “Salutami Harry.” incalza la bionda facendo nascere in lui il desiderio di scavarsi una fossa nel punto esatto in cui si trova.
Capisce che è davvero arrivato il momento di uscire da lì quando la risata di Lottie invade di nuovo l’ingresso di casa loro.
E, nonostante lo schianto della porta che sbatte violentemente alle sue spalle, quel “Harry chi?” chiesto da sua madre, proprio non riesce a passargli inosservato.

Il pianista biondo esce dalla sala da ballo nel momento esatto in cui Louis ha preso coraggio per entrare e “Ops.” sussurra dopo aver sbattuto accidentalmente contro la sua spalla, “Scusami.”.
“Figurati.” risponde il castano sorridendogli in modo gentile, “Scusami tu, non ti avevo proprio visto.”.
Si guardano per qualche secondo, un po’ in imbarazzo, prima che “Mi chiamo Niall.” lo informi il musicista con le guance chiazzate di rosso. Louis gli tende una mano per presentarsi a sua volta ma “Ti sta aspettando.” continua lui senza ricambiare la stretta per poi scomparire un secondo dopo.
Il castano temporeggia un secondo, ancora un po’ confuso da quello che è appena successo, ma poi si fa coraggio e bussando, più per rispetto che per ricevere una risposta, entra nella sala dove un Harry abbastanza accigliato lo guarda sorpreso.
“Pensavo non saresti più venuto.” gli dice con un tono che Louis definirebbe addirittura deluso.
Poi fa qualche passo nella sua direzione e “Ho visto Lottie andare via con una donna e credevo avessi cambiato idea.” aggiunge con aria ancora inspiegabilmente triste. L’altro invece sorride, intenerito dall’espressione del riccio.
“Se fossi venuto a riprendere mia sorella poi avrei dovuto riportarla a casa e non sarei potuto restare con…t-te” spiega balbettando su quel “te” a fine frase.
Harry allora alza lo sguardo dalle sue mani che continuano comunque a torturarsi a vicenda e, convinto da quel ragionamento, lo raggiunge visibilmente felice.
“Ciao.” gli sussurra ad un palmo dal suo orecchio lasciandogli subito dopo un bacio sulla guancia calda.
E “Ciao a te.” lo saluta a sua volta l’altro dedicandogli di nuovo uno dei suoi sorrisi speciali.
Poi tornano a guardarsi, entrambi imbarazzati per quella vicinanza ma comunque incapaci di allontanarsi l’uno dall’altro.
“Ti sei allenato molto oggi?” chiede Louis dal nulla per alleggerire l’atmosfera.
Harry scrolla le spalle larghe e muscolose prima di “Il solito.” rispondere con tranquillità, già più rilassato di qualche secondo prima, “Tra un po’ dovrei riprendere a provare ma il mio pianista mi ha abbandonato.”.
Il castano ridacchia ripensando all’incontro che ha avuto con lui e poi “Niall dici?” chiede divertito “È un tipo strano.”. Il riccio non può che concordare ma, di fatto, non dice nulla perché vuole bene al biondo e ha imparato ad apprezzare tutte le sue stravaganze.
“Allora?” chiede invece avvicinandosi verso la sbarra per recuperare un asciugamano, “Cosa ti va di fare?”.
E “Guardarti e sentirti parlare per il resto del pomeriggio.” vorrebbe rispondere l’altro mentre gli fissa la schiena con uno sguardo talmente intenso che rischia di bucargli la pelle. Invece, “Non so, per me va bene anche stare qui fino a quando non dovrai riprendere a provare.” gli dice con sincerità: la presenza di Harry è davvero l’unica cosa di cui ha bisogno per stare bene e passare un bel pomeriggio.
Il ballerino si volta di nuovo verso di lui per annuire e sussurrare un “Ok.” quasi impercettibile. Poi si guarda intorno e “Va bene.” continua a ripetere come un mantra mentre, girovagando per la sala, recupera dei tappetini e qualche cuscino.
“Che stai facendo?” indaga Louis seguendolo con lo sguardo senza perdersi neanche un suo minimo movimento. Il riccio, ad ogni modo, non risponde: è concentrato e nessuno potrebbe distrarlo da ciò che sta facendo. Si morde le labbra mentre, con serietà e precisione quasi chirurgica, posiziona i tappeti vicini in modo da farli combaciare e sistema i cuscini sulle loro estremità superiori.
“Et voilà!” esclama accompagnando il tutto con un pliè.
Il castano scoppia a ridere e “Cos’è?” chiede veramente divertito guardando il letto matrimoniale che Harry ha improvvisato nel giro di un minuto, “Non ti sembra di correre un po’ troppo, Styles?”.
Poi si piega in avanti con entrambe le mani sulla pancia: l’espressione del riccio e lei sue guance imporporate di rosso sono la cosa più spassosa che lui abbia mai visto.
“Ho solo pensato che potremmo ascoltare un po’ di musica.” spiega l’altro mordendosi il labbro per l’imbarazzo, “Magari allungandoci per terra.”.
Louis si riprende subito nel sentire quelle parole e, avvicinandosi a lui fino a poggiargli le mani sulle spalle, “È un’idea carina.” gli concede. Un secondo dopo si alza sulle punte dei piedi, gli lascia un bacio sulla fronte e gli domanda “Che mi fai ascoltare di bello?” staccandosi da lui per andarsi a sdraiare sul suo tappetino.
Harry si avvicina allo stereo per recuperare il telecomando e poi lo segue a ruota per allungarsi sul suo.
“Beh,” inizia incerto, “Non c’è Niall che suona per noi ma posso farti ascoltare le musiche su cui ballo di solito.”.
E quello è sicuramente uno dei tanti aspetti su cui hanno gusti diversi ma il grande non si perderebbe mai l’occasione di conoscere il riccio anche sotto quel punto di vista, quindi “Mmm, ok.” concorda senza pensarci troppo, “Stupiscimi.”.

Dopo dieci minuti di ascolto Louis può affermare con certezza che quella musica non gli dispiace affatto. Certo, parlare di “ascolto” è un po’ esagerato visto che, per tutto il tempo, Harry non ha smesso di parlare neanche un secondo. L’ha messo al corrente dell’audizione che dovrà affrontare a breve e il castano, che grazie a sua sorella lo sapeva già, si è limitato a sfoderare un’espressione fintamente stupita. E poi gli ha detto che entrare alla Royal Ballet School è il sogno della sua vita e che se non dovesse farcela lascerebbe Londra per tentare la Juilliard. A quella notizia Louis non ha potuto fare a meno di fremere un po’: l’idea che il primo ragazzo a cui lui si sia mai sentito davvero vicino potrebbe già lasciarlo nel giro di qualche settimana, non lo fa stare tranquillo. Si sente un po’ stupido perché percepisce un masso di ansia e preoccupazione farsi spazio nel suo stomaco quando in realtà, non dovrebbe stare così per qualcuno con cui parla da solo un giorno. Il punto è che, il modo quasi disperato con cui Harry, pronunciando la parola Juilliard, gli ha preso la mano per fermare il suo stesso tremolio gli suggerisce che non è il solo a sentirsi così e quindi, che male c’è a sperare che New York rimanga per sempre la sua ipotetica seconda scelta?
Restano per qualche secondo in silenzio a guardare il soffitto, le dita ancora intrecciate come nodi e i respiri tutto sommato regolari.
È di nuovo Louis ad alleggerire l’atmosfera spezzando il silenzio che si è creato tra loro.
“Ma ascolti davvero solo questa roba?” chiede divertito, pensando ai suoni pesanti che di norma gli rimbombano nelle orecchie.
Harry ride, ha capito cosa ha appena tentato di fare e gli è infinitamente grato.
“Sì.” risponde sincero, “Però tre anni fa ho accompagnato mia sorella Gemma a un concerto dei The Script a Manchester.”.
“Davvero?”. La presa del castano sulle dita dell’altro di fa leggermente più convinta.
“Già…” il riccio alza le spalle da sdraiato, “Ma l’unico momento che ho trovato entusiasmante è stato quello in cui hanno sparato i coriandoli sull’ultimo pezzo in scaletta.”.
Louis non apre bocca ma ha gli occhi sbarrati e il respiro corto: aspetta solo che l’altro dica “Se non ricordo male la canzone era…” prima di rispondere “Breakeven!” e concludere la frase al posto suo.
“Ecco sì, Breakeven.” conferma Harry con tranquillità.
Poi passano giusto un paio di secondi di assoluto silenzio prima che il ballerino, con gli occhi quasi fuori dalle orbite, si metta a sedere senza sciogliere la presa con la mano dell’altro. E “Come lo sai?” gli chiede quasi sconvolto e con aria agitata.
Il grande ridacchia per la sua espressione da pazzo: in realtà è su di giri anche lui per quello che sta per dire ma tenta in tutti i modi di trattenersi.
“Credo di essere stato anch’io a quel concerto a Manchester.” gli spiega passando il pollice sul dorso della sua mano nel vano tentativo di farlo calmare. Harry sbatte le palpebre un po’ di volte prima di sussurrare un “Assurdo.” quasi inudibile.
Poi torna ad allungarsi, con il cuore ancora a mille, e “Pensa se ci fossimo visti lì.” dice ricambiando la carezza.
“Probabilmente avremmo passato tutto il tempo a fissarci a vicenda.”.
Sorridono entrambi.

Nessuno dei due saprebbe dire con esattezza da quanto tempo sono lì.
Harry ha ballato sotto esplicita richiesta di Louis ogni volta che una musica particolarmente bella invadeva la stanza e tutto lo spazio intorno a loro. Hanno riso – tanto-, hanno lottato sui tappetini e si sono fatti il solletico fino ad arrivare alle lacrime. Ogni minuto che passa sembra essere più splendente rispetto a quello precedente, come quando la notte si trasforma pian piano in alba.
Si sdraiano di nuovo l’uno vicino all’altro con ancora i respiri affannati per l’ultima lotta. Harry tenta di smorzare una risata che rischia seriamente di soffocarlo e Louis volta il viso nella sua direzione per guardarlo. È davvero a un palmo dal suo profilo perfetto.
Torna serio mentre le fossette sulle guance dell’altro non sono ancora scomparse del tutto e “Quando hai l’audizione?” gli chiede quasi in un sussurro. Non vorrebbe mai e poi mai affrontare quel discorso ma sa che entrambi ne hanno bisogno perché fingere che la questione non li spaventi per niente non porterebbe comunque a nulla di buono.
“Tra una settimana precisa.” risponde il riccio senza avere il coraggio di girarsi per guardarlo negli occhi. Ma è il grande a costringerlo a farlo: incastra una mano nella sua e con l’altra gli accarezza il mento per farlo voltare. I loro nasi s’incontrano e i loro occhi non sono mai stati tanto vicini.
Louis li chiude subito però, perché ha paura e l’ansia e la preoccupazione sono tornate in un attimo ad assillarlo. Sospira pesantemente trattenendo l’aria nei polmoni per poi buttarla fuori in uno sbuffo rumoroso.
Dice solo “Vedrai che andrà bene.” ma non sa neanche lui se crederci o no.
La fronte di Harry si poggia sulla sua mentre “Sì.” concorda, “Andrà bene.”.
È proprio quando il castano sta per riaprire gli occhi e guardarlo di nuovo che la mano libera del riccio si posa delicatamente sulla sua guancia accarezzandone la barba appena accennata.
Un secondo dopo si stanno già baciando.
Lo fanno lentamente, come è giusto che sia per due paia di labbra che si incontrano per la prima volta, ma non passa molto tempo prima che entrambi sentano il bisogno di voltarsi su un fianco per avvicinarsi ancora di più. Le loro mani non intrecciate scendono dai loro visi fino ai loro bacini: quello di Harry è scolpito e Louis può sentirne la tonicità da sopra la maglietta fina che indossa; quello del castano, invece, è appena più tondo ma comunque magro e liscio. Il riccio può dirlo con certezza perché, con un’audacia che non pensava di avere, si è permesso di accarezzarlo da sotto la stoffa della felpa.
Incrociano le loro gambe nel momento esatto in cui le loro lingue fanno lo stesso: ed è tutto bellissimo e giusto, proprio come entrambi l’avevano immaginato.
Quando si staccano hanno gli occhi lucidi e il respiro affannato, ma sorridono.
“Dovrei riprendere le prove.” sussurra Harry con il sapore di Louis ancora in bocca.
“E io dovrei tornare a casa.”.
Si concedono qualche secondo fatto di sguardi silenziosi prima di alzarsi dai tappeti aiutandosi a vicenda: hanno la pece fin sopra i capelli ma si trovano belli comunque.
Si prendono per mano fino alla porta baciandosi a stampo di continuo fin quando “Ti alleni anche il sabato?” chiede il grande dopo essersi staccato da lui per l’ennesima volta.
“Solo la mattina.” lo informa l’altro con ancora gli occhi chiusi.
“Allora sarò qui dopo pranzo.”

Quella sera è silenzioso durante la cena.
Le gemelle non fanno che tartassarlo di domande sul perché non sentono più la musica a tutto volume fino a tardi e Jay le fulmina con lo sguardo perché, proprio poco prima che rientrasse suo figlio, stava giusto dicendo a Fizzy quando fosse felice di quel silenzio serale. Il ragazzo, comunque, non risponde e, dopo aver finito il suo piatto, scompare in camera sua.
Lottie, che è sempre stata particolarmente empatica nei confronti di suo fratello e dei suoi stati d’animo, lo segue a ruota per le scale infilandosi nella sua stanza un secondo prima che lui riesca a chiudere la porta.
“Lou?” lo chiama mentre lo guarda buttarsi sul letto con ancora addossi i vestiti sporchi.
“Mh?”
La ragazza ride per il solito atteggiamento da snob che Louis continua ad assumere nei suoi confronti e “Vuoi parlarmene?” gli chiede sedendosi anche lei a gambe incrociate sul letto.
“Di cosa?” domanda lui spostandosi un ciuffo dalla fronte.
Sua sorella sbuffa perché non le piace tirare le cose troppo per le lunghe e quindi “Di Harry!” risponde annoiata, “Di cosa, altrimenti?”.
Silenzio tombale. Non è mai facile parlare con Louis ma quella sera la questione sembra essere più complessa del solito. Lottie, comunque, non si dà per vinta e “A cena mi sei sembrato preoccupato per qualcosa e vorrei sapere se…” inizia per poi essere bruscamente interrotta dall’altro che “Ha l’audizione per la Royal Ballet tra solo una settimana e se non dovesse farcela si trasferirebbe a New York.” spiega ripetendo tutto quello che gli ha detto il riccio quel pomeriggio.
La bionda annuisce immagazzinando l’informazione nella sua testa: non è molto pratica di problemi di cuore – ha solo quattordici anni e un bacio a stampo alle spalle- ma vuole comunque tentare di aiutare suo fratello.
“E hai paura di perderlo?” gli chiede, quindi, titubante sperando di non fare la figura dell’idiota. Lei non lo sa ma, in realtà, ci ha preso in pieno.
“Lo so che è stupido visto che non lo conosco neanche, ma sì, ho già paura di perderlo.” confessa lui a testa bassa giocherellando con le sue dita.
E Lottie non può fare a meno di abbracciarlo perché Louis è più grande di lei ma in quel momento le sembra solo un bambino indifeso.
“Vedrai che lo prenderanno e potrà restare a Londra,” lo rassicura in un orecchio accarezzandogli la schiena, “con te.”.
Il castano le sorride, anche se lei non può vederlo, e “Grazie.” le risponde piano tra i capelli.
Restano così fin quando la presa della ragazza non si fa più debole, poi un secondo dopo si stacca e “Ma non sono venuta qui per i piagnistei.” trilla piena d’entusiasmo, “Avanti, dimmi tutto. Lui com’è?”.
Il grande ride di cuore perché in fondo sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Quindi decide di accontentare la sete di gossip di sua sorella e “Ah Lots!” risponde con aria sognante, “Non puoi neanche immaginare!”.
Tutto quello che viene dopo sono solo i battiti impazziti di mani e i continui e insistenti “Dai, almeno tenta di spiegarmelo.” di Lottie. Louis cerca prima di bloccarla per le spalle e poi “Ok, provo a dirlo a modo tuo.” la rassicura alzandosi dal letto.
Inizia a camminare nervosamente per la stanza, come in cerca delle parole giuste da usare per farle capire cosa è effettivamente Harry Styles, e, dal nulla, gli torna in mente uno dei tanti pomeriggi passati sull’autobus ad osservarlo: uno di quelli in cui credeva che How Beautiful You Are dei Cure potesse descriverlo al meglio. Ma in realtà, il riccio non è più il ragazzo che lui si limita ad ammirare da lontano come fa il povero con la donna della canzone.
E quindi “Lui è come il Bolero di Ravel,” inizia continuando a misurare la stanza con grandi falcate, “come l’Intermezzo della Cavalleria Rusticana di Mascagni o come l’Aria della Regina della Notte del Flauto Magico di Mozart.”. Poi si blocca di fronte l’armadio e “Capisci che intendo?” le chiede serissimo.
Lottie ha gli occhi lucidi perché sì, lei capisce perfettamente quello che intende suo fratello: sa cosa si prova quando i due temi principali del Bolero t’invadono la mente crescendo gradualmente d’intensità, o quando, perfettamente a metà dell’Intermezzo della Cavalleria, sbocciano i violini primi e i violini secondi insieme, strappandoti il sorriso e un’infinità di brividi.
Per questo “Io di sicuro sì, Lou.” gli fa presente, “Ad essere sincera non pensavo che tu potessi capire.”.
Louis si dondola un po’ sulle punte dei piedi e poi “Da oggi posso.” le risponde con ancora quelle melodie a rimbombargli nella testa.
 



Quelli appena passati sembrano essere stati i sei giorni più brevi che Louis abbia mai vissuto. Sono letteralmente volati e la sua mente si rifiuta di credere che quello sia già il giovedì prima dell’audizione. Ha passato tutti i pomeriggi con Harry nella palestra, per stare con lui il più possibile; ha anche conosciuto meglio Niall e ha scoperto che è irlandese e che ha una strana dipendenza da cibi particolarmente calorici. Lo trova, tutto sommato, un tipo simpatico e alla mano, non così strano come credeva.
In quei sei giorni comunque, Louis si è adeguato ad una certa routine: alzarsi combattendo l’ansia sempre più oppressiva e soffocante, mandare il buongiorno ad Harry fingendo totale tranquillità, andare a scuola lasciando, di fatto, la testa da tutt’altra parte, tornare a casa per pranzo e raggiungere il riccio in sala prove per vederlo ballare.
È per questo che, per rispetto della nuova routine, non può non presentarsi alla scuola di danza proprio il giorno prima dell’audizione. Il riccio è più concentrato del solito ma non proverà molto: dopo tutti quegli anni di ballo sa che non va bene scaricare le energie prima di una grande prova.
Louis, quando arriva, non va neanche a salutarlo con il solito bacio sulle labbra, pur di non disturbarlo: fa un cenno con la testa a Niall nascosto dal piano, e va a sedersi silenziosamente sul solito sgabello al lato della specchiera.
Harry inizialmente, tra un assemblé e un cambré, quasi non si accorge della presenza del ragazzo: lo nota quando, eseguendo la pirouette finale del balletto, inciampa sui suoi stessi piedi, riuscendo comunque ad evitare di cadere.
Il castano sbianca e, d’istinto, si alza in piedi per raggiungerlo.
“Oddio.” sussurra allarmato, “Scusa Haz.”. Gli prende il viso tra le mani per assicurarsi che sia tutto a posto, come se un qualsiasi ipotetico danno alla sua persona potesse vedersi solo dalla faccia.
L’altro ride e “Lou.” lo richiama senza ricevere neanche un cenno di risposta, “Sto bene”. Poi gli blocca le mani per fermare il controllo accurato a cui il grande lo sta sottoponendo e “Mi sono solo distratto un attimo.” gli spiega con tranquillità. Ma Louis non lo ascolta e, tra un “Dovevo entrare a prova finita.” e un “Stavi cadendo per colpa mia.”, continua la sua ispezione sul corpo di Harry che “Hai ragione.” gli concede alla fine, “È colpa tua.”.
Un secondo dopo il riccio lancia uno sguardo a Niall - che sta palesemente evitando di guardare nella loro direzione-, si avvicina all’orecchio dell’altro e “In effetti potresti anche evitare di essere sempre così bello.” gli sussurra facendolo arrossire come mai prima.
Louis sbuffa perché è imbarazzato e lusingato insieme, ma non vuole, per nessun motivo, darlo a vedere e “Non scherzare.” ordina poi con tono divertito, “Domani hai l’audizione e non puoi farti male.”. Il ballerino gli accarezza una guancia sorridendo e “Lo so, Lou.” gli risponde prima di abbassarsi e lasciargli il bacio che entrambi stavano aspettando di scambiarsi.
Stanno per approfondire quel contatto quando il biondo, poco distante da loro, tossisce fintamente e “Allora io vado.” annuncia, senza alzare lo sguardo per guardarli. I due ragazzi si staccano, come scottati, soffocando una risata: l’espressione di Niall meriterebbe una fotografia.
“Ok.” risponde il riccio, “Tanto abbiamo finito.”.
E “Quindi ci vediamo domani mattina alle dieci direttamente alla Royal, giusto?” chiede il pianista incamminandosi verso l’uscita della sala.
Harry annuisce e “Sì.” gli conferma soltanto, “A domani!”. Poi, quando restano di nuovo soli, si riavvicina senza pensarci alle labbra dell’altro che, al contrario, non sembra voler collaborare.
“Lou?” chiede, quindi, un po’ preoccupato, “Tutto ok? Hai una faccia!”.
Il castano continua a guardarlo senza battere ciglio, come se stesse riflettendo su qualcosa, e “L’audizione è alle dieci?” gli domanda infine, con un filo di voce.
Il riccio gli sorride e “Sì, perché?” indaga allontanando un po’ il viso dal suo.
“Merda.” risponde semplicemente l’altro, ignorando del tutto la sua domanda. Poi molla la presa su di lui e inizia a camminare nervosamente per la stanza sussurrando imprecazioni tra i denti.
Harry lo segue con lo sguardo e lo vede prendere a calci i suoi materassini.
“Puoi spiegarmi che succede, Louis?” tenta ancora, sempre con il suo solito tono di voce calmo e rilassato.
“Succede che domani alle dieci dovrò essere in classe per il test di Biologia.” spiega il grande per poi aggiungere l’ennesimo “Merda.” della giornata.
“E quindi?”.
Louis si gira per guardarlo con espressione sconvolta. “Non potrò venire all’udizione.” gli fa presente come se la situazione non fosse già abbastanza chiara di suo.
Il ballerino ha capito, ovviamente, ma non riesce comunque a spiegarsi la reazione dell’altro. Per questo lo raggiunge e “Lou,” inizia “non fa niente. Non mi aspettavo che venissi e non avevo neanche intenzione di chiedertelo.”.
Poi gli accarezza una guancia perché gli occhi azzurri e cristallini del ragazzo mostrano tutta la tristezza che sta provando in quel momento e lui non può non apprezzarlo.
“Ma ci tenevo a venire.”. Louis è davvero sincero nel dirlo: probabilmente non ha mai tenuto tanto a qualcosa in vita sua.
“E io ti ringrazio per questo.” gli confessa Harry, ormai di nuovo a un palmo dalle sue labbra, “Ma non fartene un problema, ok?”.
Poi lo bacia, come se l’unica cura per quel malessere che sta provando l’altro sia il contatto tra le loro labbra perfettamente compatibili. Gli ferma la testa con entrambe le mani per avvicinarsi di più a lui e per stringerselo addosso: in realtà sta anche tentando di fermare i suoi vani tentativi di ribellione dovuti alla voglia di lamentarsi ancora.
Ma alla fine anche il castano cede: risponde al bacio lasciandosi mordere le labbra. In fondo, non vale la pena perdersi la possibilità di stare tra le braccia dell’altro solo perché una stupida coincidenza di orari sembra volersi mettere a tutti i costi tra loro.
Incastra le mani piccole e sottili nei ricci scuri di Harry, alzandosi sulle punte dei piedi per raggiungere la sua altezza esagerata: a volte dimentica di essere il più grande dei due.
Lo sente inspirare forte dal naso e un secondo dopo rilasciare il fiato contro la sua guancia. Senza accorgersene si spingono fino al muro alle spalle di Louis, le mani del riccio sono ovunque sul suo corpo minuto.
Il ballerino scalcia con il piede sinistro un paio di mezze punte buttate a terra che fanno da intralcio tra loro: non sono mai stati così vicini e il castano se ne accorge quando la coscia di Harry – ormai tra le sue gambe – va a strusciarsi contro il cavallo dei suoi pantaloni. Entrambi trattengono a stento un gemito che riporta Louis alla realtà prima che la situazione rischi di sfuggire dalle loro mani: non si sono mai spinti troppo oltre e non è il caso di lasciarsi andare proprio quel giorno.
“H-Haz.” balbetta il grande, portando le sue mani sul petto dell’altro nel tentativo di allontanarlo, “Fermati.”.
Il riccio ci mette un po’ prima di assecondare la sua richiesta ma alla fine riesce a riprendersi e “Scusa.” sussurra visibilmente in imbarazzo, “Non volevo costringerti a…”. Poi si blocca per indietreggiare qualche passo dal corpo - praticamente schiacciato al muro - del castano e “È troppo presto.” aggiunge, “Lo capisco se tu non vuoi…sì insomma…”. Louis lo guarda cercando di seguire il filo sconnesso delle sue parole e quando si rende conto dei dubbi totalmente infondati dell’altro, lo interrompe senza neanche pensarci due volte.
“No Harry! Ma che dici?” gli chiede annullando la distanza che il piccolo ha appena ricreato tra loro, “Certo che voglio.”.
Poi lo bacia di nuovo, a stampo, sperando di tranquillizzarlo e di esprimere, con quel gesto, quello che a parole non è stato proprio in grado di dire.
“Non sai quanto io lo voglia.” gli bisbiglia ancora sulle labbra, “Ma non oggi, non prima della prova di domani.”.
Il ballerino gli sorride perché, nonostante il rifiuto, il ragazzo si sta preoccupando per lui: gli viene da pensare che se Louis ci tiene tanto alla buona riuscita dell’audizione, forse è perché vuole davvero che resti a Londra per stare con lui.
Gli accarezza una guancia e “Ok.” gli risponde comunque con gli occhi bassi.
È per questo che “Sei arrabbiato?” gli domanda, preoccupato, il castano cercando il suo sguardo.
Harry lo accontenta fissando le iridi nelle sue e “No, Lou.” lo rassicura, “Non sono arrabbiato.”
Poi si abbassa fino a baciarlo sulla fronte e “Forse dovrei andare a casa a riposare un po’.” ipotizza sorridendo debolmente.
Il grande annuisce soltanto prima di chiedergli, con le guance rossissime, “Ballerai per me domani?”.
E tutto quello che si sente dopo, è la risata quasi ironica di Harry e il suo “Ballo sempre per te, ormai.” come unica risposta.
 



La notte tra il giovedì e il venerdì Louis, ovviamente, la passa in bianco.
Si alza di mala voglia dal letto e si trascina fino allo specchio della sua camera: non ha mai avuto gli occhi tanto gonfi ma anche se potesse, non tornerebbe a dormire. Sa che non riuscirebbe a chiudere occhio e poi, quella giornata dovrà affrontarla in un modo o nell’altro.
Afferra al volo una T-shirt bianca scollata, il pantalone di una tuta e la felpa del giorno prima per poi scendere svogliatamente al piano di sotto. La sua famiglia è già riunita intorno al tavolo per la colazione.
“Buongiorno tesoro.” lo saluta sua madre con il solito inspiegabile entusiasmo mattutino.
Lui si limita a farle un cenno con la mano e a sedersi vicino alle sue sorelle: Lottie gli sorride premurosa.
Beve il caffè con una lentezza disarmante e mette sotto i denti un paio di biscotti solo per trovare la forza di alzarsi e trascinarsi in garage.
L’aria d’inizio novembre non è esattamente caldissima a Londra ma quel giorno, Louis ha proprio bisogno di arrivare a scuola in perfetta solitudine. Quindi si mette lo zaino in spalla, seleziona l’album dei Damned sull’iPod – non li ascolta da un po’ e sente quasi il bisogno fisico di risentire Wait for the Blackout - e parte in tutta tranquillità sul suo skate.
Raggiunge l’istituto giusto in tempo per evitare quello che sembra essere l’acquazzone dell’anno e si precipita in classe in largo anticipo.
La scuola è quasi deserta e, per una volta, riesce a scegliersi uno dei banchi in fondo all’aula di letteratura.
Quel silenzio assordante però, non sembra affatto rilassarlo: Louis non può fare a meno di chiedersi come stia Harry. Quella mattina ha anche evitato di scrivergli per paura di deconcentrarlo, ma ora che ci riflette, non è più sicuro che sia stata una scelta saggia.
Prende il telefono senza pensarci due volte digitando velocemente un “Buongiorno.” e un “In bocca al lupo.”. Non è neanche sicuro che in questi casi si dica così ma non se ne fa un grande problema: se ha capito un po’ com’è fatto il riccio, è certo che non darà peso ad una sua possibile gaffe.
Non si preoccupa neanche di leggere una sua risposta perché la classe inizia subito a riempirsi di studenti chiassosi e lui ha come la sensazione che tutta la privacy di qualche minuto prima sia scomparsa in un attimo.
La professoressa Hart segue a ruota i ragazzi chiudendosi la porta alle spalle e annunciando a tutti il tema della lezione del giorno: parleranno di Coleridge - Louis di quel poeta conosce “The Rime of the Ancient Mariner” ma solo perché gli Iron Maiden ne hanno fatto una canzone-.
Passa l’intera ora a tamburellare con le dita sul banco ricevendo anche qualche occhiata da Taylor, la secchiona indiscussa della classe.
Quando alle dieci meno cinque suona la campanella che segna l’inizio della lezione di biologia, il ragazzo si trascina stancamente verso l’aula affianco dove si terrà il primo test dell’anno della materia.
Inutile dire che nei giorni addietro non ha praticamente aperto libro ma dal momento che è lì, tanto vale tentare la sorte.
Prende posto ad uno dei banchi muniti di microscopio in attesa del professor Raynolds che , per fortuna, non tarda ad arrivare: non vede l’ora che quella tortura finisca.
Nella classe regna un silenzio quasi inquietante: c’è chi ripassa le ultime cose, chi come lui ha la testa da tutt’altra parte e chi, fin troppo sicuro di sé, guarda con aria strafottente l’insegnante.
È proprio quando Raynolds inizia a distribuire i fogli della verifica che il cellulare di Louis prende a vibrare nella sua tasca. Il ragazzo lo estrae senza neanche preoccuparsi di nasconderlo agli occhi del professore e legge il messaggio in arrivo. È di Harry, ovviamente, e dice: “Crepi. Sono agitatissimo e vorrei davvero che tu fossi qui. X”.
Si morde il labbro nervosamente perché non si aspettava proprio di leggere una cosa del genere. Non sa che rispondere perché effettivamente tutto quello è assurdo: nell’ultima settimana ha passato pomeriggi interi alla scuola di danza per supportare il riccio in tutte le sue prove, per fargli sapere che lui era lì a dargli forza, sempre. E adesso che Harry ha davvero bisogno della sua presenza lui è a scuola per tentare di prendere almeno una C ad un test per il quale non ha studiato neanche da D.
“Signor Tomlinson, è pregato di spegnere e far sparire quel telefono.”. La voce del professore lo riporta alla realtà come una sberla in pieno viso.
Louis lo fissa con sguardo assente, ancora un po’ assorto nei suoi pensieri e “Non posso restare qui.” bisbiglia poi, più a se stesso che a lui.
Raynolds aggrotta le sopracciglia più confuso che mai e “Che significa che non può restare qui?” chiede al ragazzo mentre lo guarda alzarsi dalla sedia e recuperare le sue cose in tutta fretta, “Stiamo per iniziare il test!”.
“Mi dispiace professore.” è tutto ciò che risponde quello avvicinandosi verso la porta.
E tra le urla isteriche dell’insegnante che lo invitano a tornare a posto e a non uscire dall’aula, Louis riesce solo a giustificarsi con un “Recupererò in qualche modo, ma adesso devo proprio scappare.”.
Un minuto dopo è già fuori dall’edificio.

La fermata metropolitana di Covent Garden è affollatissima anche in piena mattinata: nella piazza – come sempre - c’è il mercato.
Louis è stato in quella zona di Londra tantissime volte ed è sicuramente uno dei posti che preferisce di più al mondo. Per questo, una volta uscito dalla stazione, sa perfettamente dove andare per raggiungere la prestigiosa scuola di ballo. Sono le dieci e venti e le probabilità che Harry abbia già fatto l’audizione sono davvero alte, ma è quasi certo che, in ogni caso, lo troverà lì.
Si lascia l’Apple Store alle spalle e si precipita verso la fine del porticato a sinistra della piazza, dove già legge la scritta “The Royal Ballet School” a caratteri cubitali di fronte a lui.
Mette lo skate a terra e, dandosi la spinta con un piede, parte a tutta velocità per avvicinarsi il più in fretta possibile all’edificio.
Quando arriva all’entrata della scuola lo afferra con una mano e si fa spazio, a piedi, tra il gruppetto di persone che ingombrano la grande porta girevole dell’ingresso.
Nell’atrio c’è un ragazzo seduto dietro la scrivania di quello che sembra essere un banco informazioni.
Si avvicina di corsa a lui e “Scusami.” lo richiama con il fiato corto, “Dove devo andare per le audizioni?”.
Quello lo scruta con gli occhi piccoli ma gentili e poi “Al primo piano.” gli risponde senza troppi giri di parole, “Non puoi sbagliarti, basta fare le scale.”
Louis gli sorride raggiante e “Grazie.” gli dice soltanto, prima di abbassare lo sguardo sul suo cartellino da lavoro e “Liam.” aggiungere subito dopo.
Poi gli dà le spalle e raggiunge correndo la fine del corridoio dove trova le imponenti scale di marmo che portano al primo piano: sugli scalini ci sono delle ballerine a fare riscaldamento, concentratissime. Le devia saltando i gradini a due a due e raggiunge il piano superiore pieno zeppo di altri candidati accompagnati dai genitori. Il ragazzo si guarda intorno alla ricerca del riccio ma c’è davvero troppa gente e ha paura a spostare lo sguardo con rapidità perché potrebbe sfuggirgli da sotto gli occhi senza neanche accorgersene.
Il chiacchiericcio lo sta infastidendo, ha il cuore che batte a mille e vorrebbe urlare per far stare tutti zitti ma si sente già troppo fuori luogo in quel posto e una scenata del genere non gioverebbe alla situazione.
“Louis?” una voce lo richiama alle sue spalle facendolo sobbalzare.
Niall lo guarda confuso con le mani nelle tasche, dondolandosi appena sui piedi, “Harry mi ha detto che non saresti venuto, che ci fai qui?”.
Il castano lo abbraccia senza un motivo ben preciso, forse solo per la felicità di vedere un viso conosciuto in mezzo a tutte quelle persone chiassose e “Lui dov’è?” gli chiede in un orecchio, “Ha già fatto l’audizione?”.
Il biondo lo scosta appena per guardarlo negli occhi e poi “Per quanto sembri assurdo, anche in questa scuola si possono avere problemi di organizzazione.” spiega con calma come se il ragazzo di fronte a lui non stesse affatto per avere un infarto. Subito dopo gli sorride, mettendo in mostra la sua fila di denti bianchissimi e perfetti, e “Hanno iniziato in ritardo e ancora non ci chiamano.” si decide a dire per poi continuare a blaterare su quanto le sue mani si siano ormai raffreddate e su quanto potrebbe essere un problema nel caso in cui la tastiera del pianoforte risulterà dura.
Louis lo zittisce con un gesto e “Puoi dirmi dov’è?” gli chiede ancora, sempre più su di giri, “Per favore.”.
Niall gli indica la fine del corridoio alle sue spalle e “Cerca di farlo calmare un po’.” si raccomanda prima che l’altro lo superi con poca grazia per correre in quella direzione.

Harry è seduto a terra, le gambe divaricate e lo sguardo assente rivolto al pavimento. Fa quasi tenerezza: è enorme, con le sue spalle e le sue cosce toniche, ma in quel momento ha l’aria di un bambino abbandonato dai genitori in mezzo la strada. Il castano lo vede mordersi le labbra ormai rosse e graffiate e poi alzare gli occhi su di lui. Quando il riccio si accorge della sua presenza, salta in piedi con uno scatto rapidissimo e gli corre incontro per saltargli letteralmente al collo.
Louis lascia cadere lo skate che aveva ancora in mano e apre entrambe le braccia per accoglierlo al meglio.
“Sei qui.” urla euforico il riccio poggiando il mento sulla sua spalla piccola e magra. L’altro gli massaggia i capelli nel tentativo di calmarlo e “Sì,” conferma sorridendo “sono qui.”. Harry saltella sul posto un paio di volte prima di staccarsi dalla sua stretta e baciarlo con foga sulle labbra rischiando quasi di soffocarlo.
Ma il castano lo lascia fare, anche se ha il fiatone per la corsa di qualche minuto prima e ha sul serio problemi a respirare con le labbra dell’altro sulle sue.
Quando si staccano, il ballerino gli sorride con le guance bucate dalle fossette e “Non dovresti essere in classe a fare il test di biologia?” gli chiede tornando in un attimo serio.
L’altro gli accarezza una guancia e “Lo recupererò in qualche modo.” lo rassicura, “Non ci pensare.”.
Si allontana di qualche passo da lui e si toglie la felpa per prendere un po’ d’aria: sul braccio destro spuntano un’infinità di tatuaggi tra cui un cervo che Harry non gli aveva mai visto.
Il riccio lo guarda affascinato spostando gli occhi su ogni centimetro della sua pelle esposta e umida di sudore, beandosi di quella visione. Louis con la coda dell’occhio si accorge di quelle attenzioni e non può fare a meno di arrossire.
“Allora?” esordisce poi per nascondere l’imbarazzo, “Sei agitato?”.
Il ballerino interrompe la sua ispezione e “Abbastanza.” gli risponde con sincerità, “Ma ora va già molto meglio.”. Poi gli tende una mano invitandolo a riavvicinarsi e a sedersi a terra vicino a lui.
“Dovrei essere il prossimo.” lo informa riprendendo a mordersi un po’ le labbra.
Hanno ancora il sapore di Louis.

Il chiacchiericcio nel corridoio si affievolisce improvvisamente quando la porta dell’auditorium si apre lasciando uscire la direttrice Stock.
E “Harry Styles?” chiama subito dopo questa, con un accento troppo inglese per essere vero.
Il riccio scatta in piedi costringendo il castano vicino a lui a fare lo stesso quasi per riflesso, e poi “Eccomi.” risponde a gran voce avvicinandosi alla donna.
Niall li segue e ruota buttando nel cestino accanto alla porta una barretta di cioccolato mangiata solo per metà. Entra per primo a provare il pianoforte, approfittando dei pochi minuti in cui Harry si trattiene con la direttrice per consegnare tutti i moduli necessari per poter fare l’audizione.
Quando la donna termina il controllo accurato dei documenti, annuisce in direzione del ballerino facendogli cenno di poter entrare.
E Louis quasi non ci fa caso quando le sue gambe prendono a muoversi per seguire il riccio dentro la grande sala. Tuttavia, è la donna a poggiare una mano sulla sua spalla, praticamente del tutto nuda, e “Mi scusi.” a dire con un tono di superiorità. Lo squadra dalla testa ai piedi non riuscendo a trattenersi dal fare un ghigno quasi scandalizzato alla vista di tutti i tatuaggi in bella mostra sulla pelle del castano e, “Nonostante le audizioni siano aperte al pubblico, di solito lasciamo al candidato la scelta di far entrare qualcuno in sala durante la prova.” aggiunge ritraendo subito la mano, come se quella pelle marchiata l’avesse scottata.
Sta giusto specificando che è semplicemente la prassi della scuola – “Nulla di personale, ci mancherebbe.” – e che lo fanno solo per non mettere in agitazione i ballerini – “È per il bene dei candidati e per la buona riuscita della prova!” - quando è Harry ad intervenire dal nulla per risolvere la situazione.
“Va tutto bene signora Stock.” esordisce interrompendola educatamente, “È il mio ragazzo e ci terrei davvero ad averlo in sala.”.
Segue, poi, un momento di totale silenzio sporcato solo dall’“Oh.” meravigliato della direttrice e dal suo “Molto bene, allora.” che aggiunge prima di voltare le spalle ad entrambi ed entrare nel teatro senza dire altro.
Louis è troppo impegnato a tranquillizzare mentalmente le farfalle impazzite nel suo stomaco per preoccuparsi del commento acido e quasi disgustato della donna: è un occhiolino quello che il riccio gli ha appena fatto?
Un secondo dopo, comunque, sono tutti e due dentro l’enorme auditorium della scuola.
Niall è pronto sul suo sgabello e sorride incoraggiante in direzione dei ragazzi appena entrati.
“Allora.” sussurra il castano bloccando Harry per un polso, “Fagli vedere che sai fare.”.
L’altro annuisce prima di baciarlo, senza pudore, di fronte alla commissione di professori pronti a giudicare la sua esibizione e “Ballerò per te.” ribadisce come ha fatto esattamente il giorno prima.
Poi sale sul palco, lasciando il grande in platea a prendere posto su una delle sedioline rosse e ben rifinite del teatro e annunciando a tutti ciò che andrà ad eseguire: un assolo tratto dal primo atto del Don Chisciotte.
Niall inizia a suonare.

E Louis deve proprio ammetterlo: non è totalmente sicuro della reale esistenza di ciò che sta vivendo. Ha bisogno, quindi, di fermarsi un attimo e ricapitolare a mente tutto quello che gli è successo nell’ultimo mese. Perché – andiamo! - cosa sta facendo lì a supportare un ballerino che conosce, nel vero senso della parola, solo da una settimana e che l’ha appena definito “il suo ragazzo”? Harry Styles non ha niente in comune con lui: fa sedere le vecchiette sull’autobus, balla come un angelo, ascolta musica che lui - per principio - aveva imposto a se stesso di non sentire mai e, come se non bastasse, irrompe nella vita della gente facendo semplicemente sfoggio del suo sorriso da bambino.
Ha assistito molte volte alle sue prove ma non l’ha mai visto danzare così: Harry è quel tipo di artista in grado di farti amare la vita tramite il suo talento. Louis sta pensando ad un modo o ad una metafora per descrivere la perfezione delle sensazioni che lo stanno invadendo ma non è sicuro che riuscirà a trovarlo. È un po’ come quando la tua band preferita è sul palco e sta cantando la tua canzone, quella che ti ha fatto innamorare della musica: tu sei nel parterre, tra migliaia di persone che non conosci, a fare da coro a quell’unica voce in grado di emozionarti sul serio. È uno di quei momenti in cui ti senti bene, vivo e parte del gioco.
Ecco sì, Harry trasmette questo. Harry balla così.
Louis non può fare a meno di chiederselo: come deve essere fare l’amore con una persona che, solo guardandoti o parlandoti, riesce a portarti in paradiso?

“Tra qualche giorno pubblicheremo i risultati delle audizioni, signor Styles.” cinguetta una donna sulla quarantina dalla cattedra della commissione: a giudicare dal portamento che ha anche da seduta, deve essere una delle insegnanti di classica.
Harry si passa una mano sulla fronte sudata, scansando qualche riccio ribelle, e “Grazie.” risponde soltanto prima di fare un inchino di cortesia al suo pubblico.
E “Li troverà affissi sulla bacheca all’ingresso del piano terra.” specifica la Stock già in piedi, pronta per uscire dal teatro e chiamare il prossimo aspirante.
Lui e Niall la seguono fuori passando dal palco alla platea per raggiungere Louis che “È stato molto meglio di una banana split o di un Natale sotto la neve.” sussurra all’orecchio del ballerino mentre quello lo prende per mano. E “Una cosa veramente bella, allora.” conclude l’altro facendolo sorridere.
 



Per recuperare il test di biologia Raynolds propone a Louis un’interrogazione orale.
Il ragazzo, ovviamente, non ne è entusiasta ma non si è permesso di replicare quando, con un tono che non ammetteva repliche, “Potrei anche casualmente dimenticarmi di riferire al preside la sua fuga improvvisa e non giustificata dell’altro giorno.” gli ha bisbigliato a bassa voce il professore, ammiccando in un modo che qualsiasi studente avrebbe definito “bastardo” – cosa che Louis ha fatto, infatti -.
È per questo che sono due pomeriggi che è chiuso in camera sua a studiare mitosi e meiosi cercando di capirci qualcosa. Sta per iniziare il paragrafo sull’anafase quando il suo telefono prende a squillare sulla scrivania distraendolo dal libro di biologia.
È Harry e non rinuncerebbe a rispondere neanche se i cromosomi fossero l’argomento più interessante del mondo.
“Haz.” lo saluta aprendo la conversazione. È dal giorno dell’audizione che si sentono solo telefonicamente visto che per Louis l’opzione di passare un pomeriggio fuori casa non è proprio prevista fino a quando non farà l’interrogazione.
Il riccio ci mette un po’ prima di rispondere, in un singhiozzo, un “Lou.” quasi del tutto impercettibile.
La sedia su cui è seduto il castano emette, invece, un suono tanto rumoroso quanto fastidioso quando il ragazzo la trascina sul pavimento per alzarsi.
“Che succede?” chiede allarmato nella cornetta, iniziando a cercare una giacca o una felpa che possa coprirlo dall’aria autunnale londinese: nonostante la sua tabella di marcia non lo preveda, sta per uscire di casa e raggiungere il riccio ovunque si trovi.
Si sente un chiacchiericcio soffuso dall’altra parte – “Diglielo tu, io non ce la faccio.” - prima che la voce, questa volta di Niall, risponda con tono deciso “Siamo alla Royal per i risultati delle audizioni.”.
A Louis tremano un po’ le gambe quando, precipitandosi per le scale, “Sto arrivando.” comunica chiudendosi la porta di casa alle spalle.

Fa di corsa lo stesso tragitto di due giorni prima dalla stazione metropolitana di Covent Garden alla scuola di danza. Questa volta non c’è gente ad intralciargli la strada, se non qualche turista di troppo.
Non vede né Harry né Niall nella piazza, quindi entra nell’edificio sperando di trovarli lì.
Il ragazzo dagli occhi e dal sorriso gentili che ha incontrato il giorno dell’audizione – Liam? - è sempre dietro la sua scrivania. Non fa neanche in tempo a chiedergli dove può trovare la bacheca dei risultati che “In fondo a questo corridoio.” gli dice quello, riconoscendo, probabilmente, più l’aria sconvolta e sudata della sua faccia che la sua faccia stessa.
Louis gli sorride soffocando una risatina e segue la direzione che quello gli ha appena indicato.
Harry è solo e passeggia nervosamente avanti e indietro asciugandosi le guance con i palmi delle sue mani giganti. Sta ancora piangendo da quando l’ha chiamato al cellulare e questo non sembra proprio essere un buon segno.
Il castano non aspetta che si accorga della sua presenza e si avvicina a lui nonostante la paura di una brutta notizia gli stia divorando il fegato.
“Harry?” lo chiama poi a bassissima voce come se non avesse più aria nei polmoni.
L’altro alza la testa lentamente, lo guarda per qualche secondo e “Mi hanno preso.” sussurra come un automa come se la notizia non fosse affatto stratosferica.
Louis spalanca soltanto la bocca restando immobile a pochi passi da lui per prendere atto della situazione. Poi scuote la testa come svegliandosi da un sogno e “Ti hanno preso.” urla in mezzo al corridoio lanciandosi sul suo ragazzo con poca grazia.
Harry lo prende al volo, sollevandolo addirittura da terra per fargli fare una giravolta, e poi “Ce l’abbiamo fatta!” grida anche lui mostrando finalmente l’entusiasmo adatto alla circostanza.
Il grande avvampa per quel plurale usato dal riccio nascondendo il viso nell’incavo del suo collo: nessuno l’ha mai fatto sentire così partecipe e protagonista di qualcosa. E poi “Sei pazzo? Mi hai fatto preoccupare.” lo accusa scherzosamente ancora tra le sue braccia, “Perché piangevi? E Niall dov’è?”.
L’altro ride per le domande a raffica e “È andato via perché non voleva assistere alla nostra “scena da film”.” risponde citando il biondo, “E poi non sopporta quando reagisco in modo inappropriato alle situazioni.”.
Louis ride a sua volta pensando alla faccia esasperata che Niall ha sicuramente assunto con il riccio prima che lui arrivasse.
E “Andiamo.” gli dice poi, “Ti offro un frappuccino per festeggiare.”.

Da Covent Garden a Notting Hill sono tre fermate di metro. C’è un locale carino proprio all’uscita della stazione ed è lì che si fermano a prendere qualcosa prima di varcare i cancelli di Hide Park per passeggiare un po’.
Quello è senza dubbio il secondo posto che Louis preferisce al mondo – il terzo, se si considerano anche le braccia di Harry – e non può non rimanere sconvolto quando il riccio gli comunica che è entrato lì solo due volte nella sua vita. Gli fa vedere lo Speakers’ Corner e il Serpentine Lake prima di trascinarlo sotto la sua quercia preferita per allungarsi un po’ sul prato.
Dividono le cuffie del suo iPod e parlano a ruota libera del gruppi musicali che hanno “segnato profondamente” la sua esistenza quando “Sai,” inizia il riccio con un cipiglio serissimo sulla fronte, “forse se fossi nato negli anni settanta sarei stato un punk rocker anche io.”.
Il castano, con la testa poggiata sulla sua spalla, alza il mento per guardarlo negli occhi. Sta per ribattere qualcosa ma il riccio apre bocca di nuovo e “Magari uno di quelli con i fiori in testa, hai presente?” gli chiede annuendo convinto.
Louis lo bacia soltanto.













Note finale: Beh, se siete arrivati a leggere le note finali vuol dire che avete fegato, amici cari. No seriamente, credo che sia lo sclero più lungo che io abbia mai prodotto quindi avete tutta la mia comprensione e gratitudine. Vi ringrazio per aver letto e vi rinnovo il mio amore!
Al solito, ecco il mio Twitter per seguirci a vicenda! Baciiii
  
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