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Autore: Ponponfuckyeah    02/06/2013    0 recensioni
"Adri, io non ce la faccio più."
"Se solo potessi aiutarti in qualche maniera, se solo potessi essere lì ad abbracciarti."
"E' da tre anni che mi aiuti, non so neanche io come ringraziarti."
"Non ucciderti, è tutto quello di cui ho bisogno."
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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"Adri, io non ce la faccio più."
"Se solo potessi aiutarti in qualche maniera, se solo potessi essere lì ad abbracciarti."
"E' da tre anni che mi aiuti, non so neanche io come ringraziarti."
"Non ucciderti, è tutto quello di cui ho bisogno."
 
Gianmarco
sono le tre del mattino e guardo il soffito, sdraiato sul letto e senza una briciola di sonno, solo la stanchezza mi tiene compagnia questa notte come tutte le notti da 3 anni circa. Una stanchezza insopportabile, la stanchezza di provare tutto e niente, i pensieri che si rincorrono senza sosta nel mio cervello, pensieri che si contraddicono e mi sfiniscono. Sono stanco di questa mia apatia, non riesco più a sopportare questo grande buco nero.
E rieccolo, il desiderio di fermare tutto il mio dolore, di non pensare più, di staccarmi da mondo e dai pensieri ignoranti della gente.
"Andrà meglio, ci sono passato anch'io" "E' l'adolescenza, è normale" "Tranquillo, finirà tutto un giorno".
Cazzate, tutte cazzate. Non potete neanche permettervi di pensare di riuscire a compatirmi perchè sareste degli stupidi e incoerenti nei confronti della vostra fottutissima vita.
Mi alzo dal letto, commino sclazo nel buio pesto di camera mia, apro piano la porta e mi dirigo in bagno, accendo la luce al neon e un ronzio investe il silenzio della casa, mi appoggio al lavandino e fisso il mio viso allo specchio, sotto quella luce fredda sembro quasi trasparente, un fantasma che soffre in silenzio, nessuno lo sente e nessuno ci vuole credere.
Afferro le forbici e le osservo mentre le mie dita premono contro la lama per aprirle, Gianmarco fermati, sono già aperte, ma io continuo a spingere le mie dita sempre più forte. Ed eccolo, quel rosso familiare che esce dalla pelle candita e scivola lentamente sull'acciaio della lama, ma questo non mi basta, riesco ancora a pensare a quanto sia miserabile e ripugnante. Afferro la forbice con tutta la mano e inizio a tracciare delle linee sulla mia pelle, prima piano, poi sempre più forte, sempre più giù, sempre più rabbiosamente.
  
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