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Autore: Hilari_    02/06/2013    2 recensioni
'Margherita pensò che era una delle poche persone al mondo che si conosceva davvero, perché le sembrava tanto che tutte le persone che le stavano intorno non avessero la più pallida idea di chi fossero.
Ma lui… lui sì che sapeva chi era. No, non lo sapeva.'
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Camminavano verso la fermata dell’autobus in piccoli gruppi più o meno confusi e rumorosi, che spesso si univano formando un grande stupido gruppo sciamante o si dividevano ulteriormente creando piccoli gruppetti silenziosi di persone soprappensiero.
Margherita camminava facendo respiri profondi e guardandosi attorno come se quella strada fosse nuova per lei: una nuova strada che percorreva tutti i giorni.
Ma oggi c’era qualcosa di diverso, c’era lui, che di solito non prendeva l’autobus.
-Che tristezza.- comunicò quasi sottovoce all’amica che aveva affianco. La ragazza la guardò confusa, forse ancora un po’ presa dai suoi pensieri.
Lui, contro ogni aspettativa, si girò a guardarla un po’ stupito.
-Che giornata triste…- disse lei sostenendo il suo sguardo.
-Veramente non mi sembra, siamo già fuori scuola e ora vado a casa a fare quello che mi pare-
-Sì, ma non senti questa atmosfera triste che ci circonda?- alzò gli occhi al cielo: forse la colpa di quella tristezza era delle nuvole che non decidevano se coprirlo completamente o lasciarlo libero.
-No.- Tagliò corto, poi girò l’angolo e salutò con un gesto della mano.
Peccato, Margherita ci aveva sperato che prendessero l’autobus insieme.
Come passano veloci i giorni quando sei innamorato? E quanti di questi giorni ti sembrano tristi e grigi se non sei ricambiato?
A tutto ci si abitua, anche ai giorni tristi e grigi.




Margherita se ne stava seduta davanti al forno a vedere la sua torta cuocere.
Nel riflesso del vetro del forno vedeva una ragazza riccia e un po’ pallida seduta di fronte a lei.
Margherita pensò che era una delle poche persone al mondo che si conosceva davvero, perché le sembrava tanto che tutte le persone che le stavano intorno non avessero la più pallida idea di chi fossero.
Ma lui… lui sì che sapeva chi era. No, non lo sapeva.
Con lei era fantastico: era la sua persona, l’uomo della sua vita, la sua debolezza, era un ragazzo totalmente consapevole di cosa pensava e totalmente consapevole dei propri limiti e punti di forza.
A volte la faceva sentire addirittura un po’ speciale, tutte le volte in cui si confidava con lei e sembrava davvero sincero, perché non si confidava con molte persone.  Parlava di lui, di quello che gli piaceva.
Guardava un po’ un punto nella cornice che il mondo creava intorno al viso della ragazza e poi continuava il suo discorso senza fermarsi, senza cambiare tono o intensità, ma guardandola  negli occhi.
Era proprio come lei –gliel’aveva detto su un autobus che passa per il centro- preoccupato per tutto. Ma nonostante questo, lui riusciva a sollevarla ugualmente dai suoi problemi: e pensare che in fondo lui era il suo principale problema.

Ma la mattina lui entrava in classe, dove lanciava occhiatine e chiacchierava con tutti; le ragazze carine gli si strusciavano addosso –che cagnette- e lui non si liberava dalle loro prese equivoche.
Margherita quelle mattine tornava la ragazza stramba e scapigliata di sempre. Vedete, non è che con lui non fosse stramba e scapigliata, ma sembrava veramente che lui non glielo facesse pesare.
Invece quelle mattine, senza neanche parlarle, guardarla o sfiorarla minimamente lui riusciva a farla sentire di nuovo inadeguata.
Invece, probabilmente, lui si sentiva adeguato in ogni occasione; probabilmente lui era come una di quelle scatole di adattatori che si comprano prima di fare un viaggio, quelle in cui trovi tutti i tipi di adattatori possibili.
Non l’aveva mai visto a disagio; a volte aveva visto il suo sguardo fuggire mentre era tra le braccia delle altre, l’aveva visto, arrabbiato, amareggiato, divertito, ma mai a disagio.
E lì, mentre la torta ricresceva e diventava una delle più belle torte che avesse mai fatto, lei capì che forse a lui mancava un solo adattatore: quello a forma di Margherita.
Capì che i loro cervelli combaciavano, i loro sorrisi anche, ma probabilmente le loro braccia non avrebbero mai potuto incastrarsi, per quanto provassero.

Il timer suonò e Margherita tolse la torta dal forno. La fissava, presa dai suoi pensieri, mentre l’odore invadeva la casa.
Forse no. Forse a lei serviva solo un po’ di coraggio.
 



Margherita arrivò in classe un po’ rossa per la corsa che aveva fatto per entrare: il bidello le aveva tenuto la porta aperta e l’aveva fatta entrare per ultima.
Entrando non salutò nessuno; andò diretta al suo banco, poggiò la borsa sul banco, aprì le finestre e si sventolò un po’ per togliere il rossore dalle guance.
Si specchiò nelle finestre e si sistemò i capelli. Si girò e guardò prima le sue amiche, poi spostò lo sguardo sulle ‘solite note’ che lo stavano strapazzando.
Riguardò le sue amiche che le restituivano la sua stessa espressione un po’ stralunata.
 Si specchiò un’altra volta e si incamminò verso l’altro angolo della classe.
Probabilmente Margherita non era mai stata più bella di quanto lo era in quel momento, bassa, scapigliata, apparentemente ordinaria.
Continuò lentamente la sua marcia trionfale verso di lui; nelle orecchie le risuonava la colonna sonora de il Signore degli Anelli e le sembrava quasi che tutti si prostrassero al suo passaggio come gli animali della savana allo “pseudo-battesimo” di Simba.
‘Andiamo a prenderci quello che non abbiamo mai ricevuto fino ad oggi.’ pensò convinta.
Lo sconforto la assalì quando era oramai a tre passi dall’obiettivo.
Lui si girò a guardarla e lei coprì quei tre passi che li dividevano veloce come un felino.
-Ciao- disse lei accennando un sorriso.
-Buongiorno- fece lui alzando la mano e poggiandola sulla sua testa, per farla sentire bassa.
-Io mi chiedevo una cosa.-
-Cosa?- si scrollò di dosso una ragazza bionda, un po’ come ci si scrolla di dosso la sabbia al mare.
-Pensi di potermi dare un abbraccio?- ecco, era fatta.
Lui sostenne il suo sguardo serio: forse aveva capito, forse no. La abbracciò.
Il tempo si era fermato. Una scossa attraversò Margherita.
Poteva sentire dietro l’orecchio il respiro per niente umidiccio di lui.
Non era un abbraccio da cagnetta, era un abbraccio che sembrò infinito.
I loro corpi si incastravano bene, o almeno si incastravano come si incastravano quelli di chiunque altro, cosa che comunque Margherita riteneva una vittoria.

Forse era come quando infili una spina in una presa un po’ difettosa e devi forzare un po’.
O forse Margherita aveva trovato l’adattatore giusto che lui non aveva.
O forse tutto questo non aveva nulla a che vedere con le spine, le prese e gli adattatori.
Aveva a che vedere direttamente con l’elettricità.

Si staccarono e lei lo guardò un po’ rapita.
-Questo era un abbraccio.-
-Lo era.- si girò e ripetè a bassa voce, tornando verso la finestra –già, lo era.-.






NOTE DELL'AUTRICE MEZZA SCHIZZATAnon so se mai nessuno arriverà a leggere le note, ossia arriverà alla fine di questa storia, ma se qualcuno ci è arrivato mi sento di ringraziarlo/a per l'attenzione e lo/la prego di lasciare una recensione, buona o cattiva che sia °u°

  
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