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Autore: Laylath    03/06/2013    2 recensioni
"Non ci siamo promessi di coprirci le spalle l'uno con l'altro?"
Non sei mai stato in grado di farlo, Jean Havoc… sin da quando eravamo cadetti…
Fanfict sulle vicende di Breda e Havoc, prima del loro ingresso nella squadra del colonnello Mustang
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Heymas Breda, Jean Havoc, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Accadde una mattina di inizio novembre, mentre Breda ed Havoc sedevano insieme a Nick a fare una rapida colazione prima di iniziare il loro turno di archiviazione nel magazzino delle armi. Era un periodo di tranquillità ed anche la Squadra Falco non aveva molto da fare, tanto che i suoi membri venivano utilizzati per altri compiti.
“Ormai il sapore di questa brodaglia non lo sento più” sospirò Breda
“Non posso che darti ragione… ma perché hanno trasferito il cuoco? – protestò Havoc – Era così bravo a riuscire a insaporire questa schifezza”
“Ehi – disse Nick, voltandosi verso l’ingresso della tenda – ecco Denis”
“Se vuole gli cedo la mia porzione di colazione…” borbottò Havoc spingendo lontano da sé la scodella.
“Ragazzi! – esclamò Denis, correndo verso di loro – Dobbiamo tutti andare! Il capitano Harris ha convocato la Squadra Falco al completo!”
“Cosa? – si sorprese Breda, alzandosi immediatamente – Ma che è successo?”
“E’ finita la guerra civile, signore! – rispose il ragazzo, col viso eccitato – Ishval è capitolata!”
Breda sentì la mano di Havoc che gli stringeva il braccio. Anche Nick sembrava incredulo a quella notizia e si era aggrappato con forza al bordo del tavolo di legno.
Sette anni di guerra civile… e finalmente era finita.
 
Il capitano Harris camminava davanti alla sua squadra, perfettamente schierata in una parte periferica del campo est dell’avamposto di Amestris sul confine.
La notizia della fine della guerra con Ishval ormai ronzava per tutto il fronte e c’erano già scene di giubilo e festeggiamenti. La chiusura di quel conflitto significava che Aerugo, Creta e Drachma avrebbero smorzato i loro attacchi: l’esercito di Amestris poteva infatti abbandonare del tutto quel fronte che per anni aveva risucchiato la maggior parte delle sue risorse umane e di mezzi e poteva rivolgersi ai suoi tradizionali nemici con più violenza.
Questo voleva dire che le ostilità con Aerugo si sarebbero in parte ridotte e dunque non sarebbero state necessarie così tante truppe lungo quel confine. Finalmente ai soldati veniva concessa la tanto sospirata tregua.
La Squadra Falco, così come tutto il resto dell’esercito, avrebbe quindi avuto tutti i diritti di essere felice e festeggiare.
Tuttavia Breda, schierato nella prima fila insieme ad Havoc, aveva notato che nonostante un inevitabile sollievo per quella notizia, la maggior parte di quella cinquantina di soldati mostrava volti che variavano dal nervoso al perplesso.
Lo stesso capitano Harris non mostrava la sua solita calma ed il viso abbronzato dal sole del sud, nonostante fossero in inverno, era chiaramente teso.
Dopo aver camminato davanti loro per alcuni minuti, squadrando attentamente le loro facce, si fermò ed iniziò a parlare.
“Stamane, alle nove e trentasei, il Comandante Supremo King Bradley ha dichiarato la fine delle ostilità ed ha ordinato il ritiro delle truppe da Ishval. Quindi, come avrete già sentito dalle voci nel campo, la guerra civile è finita”
Concluse quella frase e tutto rimase silenzioso. Una piccolissima, egoistica, parte di Breda si trovò ad essere arrabbiata: perché non esultavano come tutti gli altri? Perché questa notizia non doveva rendere felici pure loro? Eppure, finalmente, Amestris era salvo.
“E’ un grande giorno per la storia di Amestris: – riprese il capitano Harris – la guerra civile che ha piegato il nostro amato paese per ben sette anni è terminata”
Ancora silenzio
 “Sette anni… - riprese – sette anni di guerra che hanno portato centinaia di morti, tra i soldati e tra i civili. Fame, disperazione: voi tutti ne siete stati testimoni, chi più chi meno” lanciò un’occhiata significativa a Breda e questi annuì, ripensando a quella lapide, nel cimitero di Giyoir, con quelle date troppo vicine tra di loro.
“Dovremmo essere tutti felici – disse il capitano, iniziando a camminare tra i ranghi – adesso la situazione tornerà normale, la pace ci sarà di nuovo… potrete riprendere in mano le vostre vite – toccò con gentilezza la spalla di Nick – sposarvi, tornare alle vostre famiglie. Ho infatti intenzione di sciogliere la Squadra Falco entro la fine di novembre”
Questo annuncio li lasciò sconvolti.
“Ma che dice?” mormorò Havoc, girandosi verso Breda
“Io credo di averlo capito” annuì lui
“Vedo molte facce sorprese, anche se non tutte, – sorrise Harris – ma la maggior parte di voi aveva capito da tempo il motivo per cui eravate qui e non ad Ishval. Non ho voluto che i miei uomini prendessero parte a quell’eccidio, perché di eccidio si è trattato: non c’è alcun onore nel massacrare una città intera con donne, bambini, vecchi. Quelle sabbie saranno per sempre macchiate del sangue di Amestris, perché Ishval è parte del nostro paese… e anche se non eravamo presenti, noi in quanto soldati vivremo sempre con questa colpa nel cuore”
Breda vide che Havoc chinava il capo mestamente e gli diede una lieve gomitata.
“Siamo soldati, non assassini… non dimenticarlo” gli sussurrò
“Va bene…” mormorò lui
“Io tornerò ad insegnare all’Accademia: – dichiarò Harris – ad insegnare alle nuove leve la differenza tra guerra e sterminio, sperando di non dover più vivere delle pagine di storia così tristi. Sappiate che sono fiero di tutti voi, come soldati e come uomini: la Squadra Falco è certamente il miglior corpo d’elite che ho avuto il piacere di comandare nella mia carriera militare. Adesso godetevi la fine della guerra: godetevi le vostre famiglie, le vostre spose, i vostri figli… ma non dimenticate mai qual è stato il prezzo per questa pace. Potete sciogliere i ranghi.”
Si allontanò da loro, senza aspettare risposta.
Le file si spezzarono con dei mormorii riluttanti. Le parole del capitano Harris erano rimaste nell’anima di ciascuno di loro: l’idea di ritornare alle loro vite, in quei momenti sembrava molto strana.
Mentre lui ed Havoc si dirigevano verso l’uscita del campo, Breda non potè far a meno di pensare al discorso che aveva fatto con il suo compagno mesi prima, in quella stanza di dormitorio.
Quante vite sono cadute per mano degli Alchimisti di Stato? Vorrei incontrarne uno e vedere se nei suoi occhi c’è un minimo di rimorso… oppure se dall’alto della sua alchimia distruttiva, non ha problemi ad essere un’arma umana
Scosse il capo con rabbia. Una parte molto stupida della sua mente aveva intimamente sperato che la notizia del completato sterminio non arrivasse mai… come un bambino ingenuo aveva creduto che il mondo si rivelasse migliore di quello che era.
Sono stato solo uno scemo… eppure dovevo imparare la lezione già davanti alla tomba di Henry.
“Sergente Breda, – gli si avvicinò Nick – le devo chiedere un enorme favore”
“Dimmi pure” rispose distrattamente lui
“Ora che la guerra è finita, io e Nelly potremo finalmente sposarci. E, prima che gli eventi ci separino, io vorrei chiederle di farmi da testimone. Voglio che lei, Denis e anche lei, sergente Havoc, siate presenti al mio matrimonio”
Breda si sorprese a quella richiesta: sapeva che Nick non aveva più il padre ed era figlio unico, ma che scegliesse proprio lui…
Sì… per quanto quei morti peseranno sempre nella storia dell’esercito, è giusto riprendere in mano le nostre vite.
“Ma certo, Nick. Era anche ora che ci presentassi la tua Nelly” riuscì a sorridere, stringendogli la spalla con affetto.
 
L’inverno nella parte meridionale di Amestris, eccetto rari casi, era sempre mite. E quel mese di Gennaio lo fu in maniera particolare, con giornate che a volte raggiungevano temperature di inizio primavera. Era come se, dopo l’inverno innevato dell’ anno precedente, con quel freddo così pungente, il clima chiedesse scusa e facesse ammenda con quel sole così dolce e carezzevole.
Il prato verde dove erano stati montati i grandi gazebi per accogliere gli invitati al matrimonio, risuonava delle risate dei bambini, delle voci felici degli invitati che si congratulavano con gli sposi, della musica dell’orchestrina… risuonava di vita e felicità come Breda non riusciva a ricordare da tempo.
Nick diceva il vero quando parlava di sposarsi appena tornato a casa: la Squadra Falco era stata sciolta a inizio dicembre, tra giuramenti, promesse e anche qualche lacrima ben nascosta dai rudi soldati. Diversi di loro erano dovuti restare al fronte ancora per alcune settimane, ma a gennaio erano finalmente tutti liberi. Ed i due fidanzati, dopo nemmeno venti giorni di preparativi, erano convolati a nozze.
Breda era stato felice ed orgoglioso di essere accanto a Nick, mentre la sposa, deliziosa nel semplice abito bianco fatto in casa, avanzava verso di loro. Era contento di sapere che il suo amico avrebbe lasciato l’esercito per occuparsi, insieme alla moglie, della merceria di famiglia. Ora che si era ammogliato, il dovere di quel ragazzo era di stare accanto alla donna che l’aveva tanto atteso.
“Il testimone dello sposo deve ballare con la sposa! – Havoc lo raggiunse mentre si trovava seduto ad un tavolo e lo prese per la manica della divisa – E l’amico del testimone si vuole fare grosse risate!”
“Cosa? Ma stai scherzando, spero! Sei… sei chiaramente ubriaco!” protestò Breda, vedendo con orrore che arrivava la sposa tenendosi con disinvoltura un lembo della gonna per non inciampare
“Oh, sergente Breda, eccola qua – sorrise Nelly prendendogli la mano – avanti, andiamo! E’ tradizione che dopo aver aperto le danze con mio marito, ora balli anche con lei… Forza, l’orchestra ci sta aspettando!”
Il sorriso così fresco e spontaneo di quella giovane sposa era l’ultima cosa a cui Breda potesse dire di no e fu trascinato nello spiazzo destinato alle danze, tra fischi e applausi.
Dopo essere stato costretto a ballare con la sposa, con somme risate da parte di Havoc e Denis, finalmente riuscì a staccarsi dalla piccola folla festante. Sospirò di sollievo mentre si dirigeva verso una staccionata dietro il cortile e si appoggiava pesantemente contro di essa, allentandosi il colletto della divisa (erano comunque militari ed era giusto che per queste occasioni fossero vestiti come si conviene).
“Se quel cretino si metterà a fare la mia imitazione giuro che lo ammazzo…” borbottò
“Ciao Heymans, – lo chiamò una persona dietro di lui – ne è passato di tempo”
Quella voce era inconfondibile e tornava come un fulmine da un passato che ormai sembrava distante secoli. Per un secondo non era più un sergente maggiore in un campo d’erba ben curato, ma un cadetto dell’Accademia, disteso in un campo abbandonato, che teneva tra le braccia il suo primo grande amore. Ed il sole non era quello tiepido di un mattino di gennaio particolarmente mite, ma quello bruciante di una primavera di anni fa.
“Kate…” si girò verso di lei, sgranando leggermente gli occhi.
Se quella che aveva amato era stata una ragazza, davanti a lui ora stava una donna. I capelli biondo scuro non erano più sciolti, ma raccolti morbidamente dietro la nuca per poi ricadere sulle spalle. Il corpo, avvolto in un abito rosa chiaro col bordo argentato, aveva assunto una morbidezza e maturità del tutto nuove, rivelando come anni prima, quando avevano fatto l’amore, lei non era altro che una ragazza. Ma era il viso la cosa più mutata: non per i lineamenti, il naso dritto ed il mento pronunciato erano sempre gli stessi, incredibilmente accattivanti ai suoi occhi. Era come se tutta la nuova maturità di quegli anni di separazione si fosse concentrata in quell’espressione dolce, in quel sorriso delicato.
Come sei cambiata, Kate… sei ancora più bella di come ti ricordavo
Cercò di capire cosa provava il suo cuore mentre la donna si avvicinava a lui. Cosa doveva sentire? Amore? Rabbia?
Ripensò a quell’atroce sofferenza che l’aveva attanagliato quando si erano lasciati, ma si accorse che era una cosa così lontana e sbiadita che sarebbe stato stupido cercare di riattizarla… e lo stesso valeva per la passione che li aveva travolti nei mesi della loro relazione.
“Non sapevo ci fossi anche tu al matrimonio; – disse tranquillamente, con sua stessa sorpresa – sei amica di Nelly?”
“Sì, – sorrise lei – mentre Nick era all’Accademia lei frequentava il mio stesso istituto, proprio nella mia classe. Devo dire che sei stato un fantastico testimone… la divisa fa un grande effetto su di te”
“Più di quella da cadetto?” chiese lui restituendole il sorriso
“E’ un po’ diverso, come lo sei tu”
“Anche tu sei cambiata, Kate. Ma sei sempre bellissima, forse anche di più”
“Ti ringrazio, Heymans. Che dici… ti va di fare una passeggiata come ai vecchi tempi?”
“Perché no?” sorrise lui offrendole il braccio.
 
“Quindi ripartirai a Central già domani sera”
“Sì. Ora che la guerra è finita la scuola dove insegno ha ripreso a fare lezione regolarmente: ho una ventina di rumorosissimi bambini che mi aspettano”
La loro passeggiata li aveva portati sull’argine di un piccolo canale poco distante dal luogo della festa. L’atmosfera era calma e silenziosa, con solo qualche uccellino a farla da padrone. Breda era così rilassato che si era disteso sull’erba, a braccia incrociate dietro la testa, come era solito fare. Kate gli si era seduta accanto: la stoffa del suo abito toccava quella della divisa di lui.
Avevano parlato di tutto in quella lunga passeggiata. Non c’era stato nessun imbarazzo, nessun silenzio tra di loro. Per Breda era stato come rindossare la vecchia divisa da cadetto e scoprire che gli andava ancora alla perfezione: Kate era sempre la stessa persona con cui si sentiva libero di parlare. E le aveva raccontato tutto dal momento della loro separazione: la sua incertezza appena finita l’Accademia, la tristezza per la separazione da Havoc, la guerra civile, l’orrore di Giyoir, l’ingresso nella Squadra Falco, la trincea. Man mano che raccontava gli sembrava assurdo di essere lì, in quel posto così tranquillo, dopo aver vissuto tutte quelle vicende, provato tutte quelle emozioni così forti.
Come gli era potuto scivolare tutto addosso così facilmente?
“Ed eccomi qua: – disse alla fine, fissando una nuvola in cielo e notando come assomigliasse ad un fiore – pare che verrò promosso maresciallo come finirà il periodo di congedo. E poi non lo so: è strano, mi sembra quasi di essere tornato al giorno di fine Accademia, quando non sapevo ancora cosa ne sarebbe stato di me.”
Si girò verso Kate e vide che sorrideva mentre fissava l’acqua del canale.
“Perché sorridi?” le chiese
“Non lo so… è che sono felice di essere qui a sentirti parlare, come ai vecchi tempi”
“Se ti ho annoiato con queste vicende da soldato dillo pure, non mi offendo”
Lei si girò a fissarlo
“Heymans, ma tu ti sei reso conto di quanto sei cresciuto in questi anni?”
Quella domanda ebbe il potere di spiazzarlo, come a volte succedeva con i quesiti di Havoc. Era ovvio che era cresciuto in questi anni.
Ma poi si rese conto che non si era mai soffermato a pensarci davvero: le vicende della sua vita l’avevano trascinato senza che lui opponesse resistenza. Quando aveva rivisto Kate si era accorto di quanto lei fosse maturata in quegli anni, ma non aveva pensato che lo stesso era accaduto a lui... e tanto. In una maniera profonda e incredibile: aveva ucciso persone, aveva tenuto tra le braccia il cadavere del proprio fratello, aveva goduto del calore di veri compagni d’avventura, provato l’adrenalina di missioni al limite dell’assurdo. Cavolo, se queste cose non fanno maturare una persona…
E c’era voluta Kate per farglielo notare.
“No Kate, sono stato così stupido da non rendermene conto…”
“In questo sei sempre lo stesso, Heymans: - sorrise lei scuotendo con dolcezza la testa - ti lasci travolgere da quello che vivi sul momento, poi come finisce vai avanti. Però non ti soffermi mai a pensare di quanto queste cose ti facciano crescere, portandoti ad essere la persona che sei ora”
Un figlio, un amico, un fratello… un soldato… un uomo. E’ così complesso e così meravigliosamente vero…
“Avevo bisogno di fermarmi per capirlo: – annuì sedendosi e prendendole la mano – e ci volevi tu per farmi fare il confronto con quello che ero anni prima”
“E allora ti chiedo la stessa cosa di quando la nostra relazione è finita: – sorrise lei, accarezzandogli il mento, su cui c’era un cortissimo pizzetto rossiccio: chissà perché aveva deciso di farselo crescere – ti penti di qualcosa?”
“No. – ammise lui con franchezza – Perché sono contento della persona che sono diventato. Questa crescita l’ho pagata duramente, è vero, ma sarebbe da vigliacchi rinnegarla. E’ stata una guerra anche dentro di me, Kate, e alla fine l’ho superata… dopo tante battaglie, sconfitte e vittorie. E se devo essere sincero, tu sei stata una delle mie esperienze più belle e profonde.”
“Sono felice di sentirtelo dire, Heymans, non sai quanto. Anche tu lo sei stato per me” mormorò Kate, accoccolandosi a lui.
Breda le mise un braccio attorno alle spalle, stringendola dolcemente. Non dissero altro, non cercarono un amore che oramai non esisteva più: erano semplicemente in pace con il mondo ed andava bene ad entrambi di stare abbracciati a godersi quei momenti di serenità di cui le anime umane necessitano.
 
“Nemmeno un piccolo bacio? Sicuro?” chiese Havoc, una settimana dopo, per la millesima volta
“Nemmeno un bacio, Havoc! - ribadì Breda con un sospiro, guardando dal finestino il paesaggio che scorreva rapidamente – Ma perché ti ho detto di aver rincontrato Kate? Sono giorni che mi assilli con questa storia! Non vedo l’ora che questo treno arrivi!”
“Ma come cavolo avete fatto a restarvene abbracciati senza nemmeno…”
“Prova a dire qualche porcata e ti faccio nero! – sbottò Breda esasperato – Non sono come te che siccome una persona ha un seno e belle gambe allora ci prova!”
“Vedi che lo dici pure tu che aveva un seno e belle gambe? Io ci avrei tentato… eravate una bella coppia, davvero!”
“Oh signore, ma perché ti sto portando con me a Giyoir?”
“Che domande – sorrise Havoc – me la vuoi presentare si o no tua madre?”
“Inizio ad avere qualche ripensamento…”
“Senti – disse Havoc tornando serio – lei sa che Henry ha cercato di uccidermi?”
“No… - ammise Breda, posando lo sguardo su di lui – considerata la situazione non ho mai avuto modo di raccontarle i dettagli della sua morte. Non credo che lo farò mai…”
“Perfetto – annuì dolcemente Havoc – non volevo lo sapesse… e nel caso ti avrei chiesto di cambiare la versione dei fatti. Non sarebbe stato molto… uhm… bello, presentarmi a tua madre come quello che uno dei suoi figli ha tentato di fare fuori. Preferisco essere il migliore amico dell’altro”
“Ma tu sei questo, infatti” sorrise Breda, tornando a fissare il panorama.
 
“Le devo fare i miei complimenti, signora mamma di Heymans – sorrise sfacciatamente Havoc, prendendo la terza porzione di stufato – lei è una cuoca meravigliosa. E le parlo da figlio di una madre che in cucina ci sa fare”
“Oh, chiamami pure Laura, Jean… e mangia pure – sorrise la madre di Breda, portando in tavola altro pane – questo pane l’ho fatto io stamattina. E’ un vero piacere avere due giovani bocche affamate come te ed Heymans”
“Mi mancava la tua cucina, mamma” sorrise Breda, mentre la donna si sedeva tra lui ed Havoc
“Finalmente con la fine della guerra sono terminati anche i razionamenti: adesso posso cucinare come si deve. In questi giorni mi state dando occasione di sbizzarrirmi ai fornelli”
“Ho visto che il paese si sta piano piano risollevando”
“Sì, grazie al cielo è così – ammise lei, prendendo la mano del figlio e stringendola – E’ la vita del resto: si cade, ma ci si rialza e si va avanti, piano piano”
Breda ricambiò quella stretta. Aveva sempre considerato sua madre come una creatura fragile, che l’orrore della guerra civile avrebbe potuto spezzare. Ed invece aveva dimostrato di essere una persona forte, riprendendo in mano la sua vita e rialzandosi dall’orribile lutto che l’aveva colpita.
La casa era pulita e accogliente e lei aveva ripreso il suo lavoro di sarta che aveva abbandonato quando si era sposata ed aveva avuto i figli. Per quanto riguardava il marito, Gregor era andato via dal paese circa un mese dopo che Henry era morto.
Non ci ho potuto fare niente, ma forse è stato meglio così. La morte di Henry ha irrimediabilmente spezzato qualcosa… e per quanto fosse mio marito…
Con quella semplice frase lasciata in sospeso, Breda aveva scoperto che suo padre era sparito. La cosa gli aveva fatto male, per una decina di minuti, ma poi si era accorto che a lui importava solo di vedere sua madre serena e tranquilla. Certo, il dolore per la morte del suo secondogenito era ancora presente, ed i suoi occhi grigi avrebbero sempre portato quel lutto. Ma il sorriso e la felicità che aveva dimostrato per la venuta sua e di Havoc erano sinceri.
“Ah! Quasi dimenticavo! – esclamò la donna, riscuotendo Breda dai suoi pensieri – Non so se ti ricordi di Loris, il nipote del sindaco”
“Beh, sì, mi ricordo di lui… se non sbaglio ha qualche anno più di me”
“Era anche lui nella banda dei ribelli – spiegò lei, giocherellando col tovagliolo – nella battaglia è stato ferito, ma non gravemente. E poi, come tutti gli altri, ha ottenuto la grazia grazie al tuo interessamento… oh, non fare quella faccia, caro, tutti in paese sanno quello che è successo e che tu hai chiesto al tuo superiore di risparmiare i prigionieri”
“E’ sempre stato modesto, il nostro Heymans. Deve vedere come cerca di sminuirsi quando la gente lo ferma per strada” sorrise Havoc dando una pacca sulle spalle del suo amico
“Comunque: lui e Lisa, la sua fidanzata, si sono sposati ed hanno avuto un bambino e l’hanno chiamato Heymans, in tuo onore”
“Cosa? – si sorprese Breda – Oh no! Ma non era necessario…”
“Per me è stato un bel gesto” alzò le spalle la madre
“Heymans junior – rise Havoc – vorrei proprio conoscerlo. Magari diventerà una buona forchetta come te!”
“Havoc, smettila… pensa a mangiare” sbottò Breda, cercando di controllare il calore in faccia, segno che era arrossito.
Dopo il ballo con Nelly e la mancata ripresa di relazione con Kate, ci mancava solo quest’altro argomento con cui Havoc potesse rompergli le scatole.
 
Henry Breda 1890 – 1907.
La lapide era sempre la stessa: la quinta partendo da sinistra.
Adesso però, insieme alle altre della fila, non spiccava più in modo orribile nel cimitero del paese. Non c’era più la neve ed il terreno era ricoperto dall’erba selvatica che in diversi punti concedeva a gentili fiori di campo di crescere nonostante il periodo invernale. Con lentezza, il cimitero di Giyoir aveva avvolto con la sua pace le sepolture di quelle persone, privandole di quella crudezza che aveva caratterizzato la loro creazione, più di un anno prima.
Breda ed Havoc stavano davanti a quella tomba, notando come fosse pulita e ci fossero dei fiori freschi sopra.
Nessuno dei due aveva detto una parola: stavano entrambi lì, nella loro uniforme, a fissare quello che era stato il loro più grande rimpianto in tutti quegli anni di guerra.
“Sai – iniziò Breda dopo un po’ – quando è stato sepolto io ero dall’altra parte del cimitero, insieme a Nick. Non mi era sembrato giusto che ci fossero delle divise tra la gente che dava l’addio i propri cari”
“Che stronzate; – sbottò Havoc – era tuo fratello ed avevi tutto il diritto di esserci. E se dicevano qualcosa li potevi mandare al diavolo”
“Non è questo il punto. – riflettè Breda – E’ che… ci trovavamo in una situazione così assurda che nessuno sapeva più chi veramanete fosse. E’ stato forse il momento in cui ho vacillato di più nel mio convincimento di essere un soldato. Avevo combattuto contro persone che non erano miei nemici, e avevo ucciso diversi di loro. E per la gente del paese ero un nemico e allo stesso tempo no… non sapevano se odiarmi o meno.”
“E’ la fregatura della guerra civile: – ammise Havoc, accendendosi una sigaretta – almeno nel fronte sai bene che sei tu contro quelli con la divisa diversa dalla tua.”
“Ho visto mio fratello tentare di uccidere l’altro mio fratello…”
“E’ difficile farmi fuori, Breda, dovresti saperlo. Ma ammetto che il momento non è stato facile… quando Henry incombeva su di me con quella baionetta mi sono paralizzato… e non è che pensavo qualcosa come “oh merda, è finita ora mi ammazza”… no. L’unico pensiero che avevo in testa era “E’ il fratello del mio migliore amico… è tutto sbagliato”… ed è stato ancora più sbagliato quello che è successo dopo”
Breda annuì, trovandosi perfettamente d’accordo con lui. Sbagliato. Era la parola giusta per tutto quello che era successo in quel dicembre maledetto.
“Sai, Jean, essere qui, ora che la guerra civile è finita mi fa sentire come se finalmente si chiudesse un cerchio. Adesso che vedo mia madre serena, i nostri amici felici, il paese rinascere come tutta Amestris… è come quando potevamo sederci a bivaccare una volta terminata una missione. Sento che abbiamo finalmente portato a compimento questa dura fase della nostra vita. Ma non posso dimenticare il prezzo che è stato pagato per farci arrivare a questo momento”
“La morte di migliaia di innocenti ad Ishval”
“Esatto… - sospirò Breda – E’ stato un eccidio voluto dal governo e di questo Amestris si dovrà sempre vergognare. Noi soldati dovremmo sempre ricordare che non c’è stata nessuna vittoria, solo la fine di un massacro. Proprio come quando un anno fa tenevo tra le braccia il corpo di Henry: non è stata una vittoria della squadra falco… le vere vittorie le abbiamo avute contro Aerugo, non contro la nostra stessa gente”
“Cosa pensi che succederà?” chiese Havoc piegandosi sui talloni e giocherellando con un filo d’erba particolarmente lungo, proprio sul bordo della lapide
“A noi, dici? – chiese Breda, fissando il cielo – Non lo so. Ora che la Squadra Falco è sciolta siamo senza alcuna appartenenza. Forse dovremo tornare al fronte contro Aerugo… del resto il ricambio delle truppe si doveva avere a maggio, mentre noi siamo andati via a fine dicembre”
“E poi?”
“Si tornerà al Quartier Generale dell’Est. Però, mi sono ripromesso una cosa molto importante”
“Ah si? E che cosa?”
“Se mai sarò di nuovo sotto gli ordini di qualcuno, voglio che questo qualcuno sia meritevole della mia fiducia. Non voglio far parte della squadra di una persona come il capitano Rhea. Io starò agli ordini di qualcuno come il capitano Harris: che sa bene qual è il vero compito di un soldato e che crede nei miei stessi ideali. Non mi troverò a combattere di nuovo contro un mio fratello, in una guerra senza senso, lo giuro davanti a questa tomba”
“Mi piace come idea. – sorrise Havoc – Ti seguirò, Heymans Breda”
“Non avevo dubbi, Jean Havoc. Perché tu sei il mio fratello ed il mio migliore amico” sorrise di rimando Breda, avviandosi verso l’uscita del cimitero. Il biondo strappò il filo d’erba con cui aveva giocherellato e lo lasciò in balia del tiepido vento di inizio febbraio.
“Breda?”
“Mh?”
“Con tutto il rispetto, ma Henry è stato davvero un grandissimo coglione”
“Perché?”
“Perché non ha capito quanto era fortunato ad avere un fratello maggiore come te”
  
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