Film > Labyrinth
Segui la storia  |       
Autore: dragon_queen    03/06/2013    2 recensioni
Dal cap.II:
"Eileen, come se niente fosse successo, si chinò a raccogliere il pacchetto, estraendo il suo dalla tasca e lasciandolo sul divano. Dopodichè fissò intensamente Melany, il cui sguardo pareva adesso dispiaciuto e colpevole, mentre delle involontarie parole le salivano in gola:
-Vorrei che gli gnomi ti portassero via, all'istante-"
Dal cap.III:
" -Sai ragazzina, non pensavo fossi realmente così patetica- disse una voce che la fece sussultare.
Era maschile, ma non apparteneva a Tom, tantomeno a Mel. Era carezzevole, ma allo stesso tempo pungente, rassicurante, ma anche derisoria"
Dal cap.VIII:
"-Maledetto me e il giorno in cui ti vidi. Dannata la mia anima nel momento in cui ti scelsi. Tu mi porterai alla rovina- e detto questo le voltò le spalle e fece per andarsene.
-E' un destino che ti sei scelto da solo, principe- rispose di rimando Eileen, per poi allontanarsi dalla parte opposta"
Dal cap.IX:
"-Io ti vedo, ti sento, sempre ti troverò. Il mio marchio sempre mi dirà dove sei. Nessuno potrà fuggire, perchè io sono il Labirinto-"
***
Bene, una next generation.
Una ragazza più testarda di Sara si scontra con il figlio del Re di Goblin.
Curiosi?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jareth, Nuovo personaggio, Sarah
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



 

CAPITOLO II

 

-Signorino Ràl, signorino Ràl!!-

La voce della povera governante risuonava per gli ampi corridoi del castello, senza però ottenere risposta.

-Benedetto ragazzo- bofonchiò la donna, anche se l'aspetto somigliava lontanamente ad un normale essere umano.

Il naso, aquilino e smisuratamente grande, gli occhi due piccole fessure brillanti e il viso percorso da troppe rughe e incartapecorito, cosparso da una costellazione di nei e porri. La statura era quella di un bambino di sei anni, imbarcata, e il passo era malfermo, dondolante.

Percorse l'ennesimo salone deserto, imboccando poi un corridoio che l'avrebbe condotta alle stanze del principe. Il sole era già alto nel cielo, quindi aveva sperato che il ragazzo fosse già alzato da almeno un paio di ore, dedito ad adempiere i doveri dei quali il padre gli aveva fatto carico.

Invece si era sbagliata per l'ennesima volta.

L'anziana stava ormai perdendo le speranze: il giovane non era certo quello che si poteva definire un sovrano esemplare. Era pigro, altezzoso, risoluto e pensava più alle donne che ai suoi compiti.

Almeno quando il re era suo padre le cose nel regno funzionavano e, da quando aveva la regina al suo fianco, tutto non aveva fatto che migliorare. Il labirinto era tornato a splendere, ma solo per un breve attimo prima di ricadere nuovamente nell'apatia e nel grigiore.

Certo, non che il principe fosse una cattiva persona, anzi, era solo che non prendeva niente sul serio, pensando solo a divertirsi e lasciando ogni decisione ai consiglieri, incaricati di seguirlo nelle sue scelte.

Prima che il re abdicasse in suo favore, erano stati quelli stessi a chiedere di aspettare, in quanto il principe, a loro parere, non era ancora pronto per una simile incombenza.

-Gestire un regno lo renderà più responsabile- aveva risposto al sovrano e non aveva ammesso repliche.

Dopodichè si era ritirato con la moglie fuori dalle mura della città, non dando più sue notizie per molto tempo.

Mentre la donna si avvicinava finalmente agli appartamenti del giovane, vide la porta della stanza aprirsi appena e sulla soglia fare capolino una delle servette, la quale, non avendola probabilmente vista, si allontanò con indosso solo la sottoveste e gli abiti tra le braccia.

L'anziana sbuffò. Non era certo una novità che ogni mattina una ragazza diversa uscisse da quella porta. Mentre ancora lo stava pensando, afflitta e rassegnata, udì l'uscio aprirsi nuovamente e affacciarsi un'altra serva.

Da questa fu però vista, ma le lanciò un'occhiata talmente eloquente che la fece impallidire e sparire alla fine del corridoio senza neanche aprire bocca. Trovandosi finalmente dinnanzi alla porta, la donna bussò sonoramente e senza attendere risposta entrò.

-Kalita, potevo essere nudo- protestò una voce al di là delle tende di un pregiato letto a baldacchino.

-Niente che non abbia già visto, signorino- rispose quella atona e, raggiunta la finestra, ne aprì tende ed oscuranti, inondando la stanza della calda luce del sole particolarmente rosso.

Solo allora le coltri del baldacchino si aprirono e un giovane con intensi capelli corvini si mostrò, mezzo nudo, che si grattava svogliatamente la testa e sbadigliava sonoramente.

-Sarebbe dovuto essere in piedi da almeno due ore- disse la donna, continuando a non guardarlo.

-Diciamo che mi hanno tenuto sveglio stanotte- ridacchiò quello, entrando in una stanza adiacente, probabilmente il bagno.

La vecchia Kalita sospirò di nuovo.

-Sai, se concentrassi tutto il fiato che impieghi sospirando, potresti radere al suolo un'intera ala di questo castello- ridacchiò il principe dalla stanza accanto.

-Se lei, signorino, invece incanalasse un po' delle energie che usa per intrattenere le servette in qualcosa di utile, magari questo regno andrebbe meglio e io non starei tutto il giorno a sbuffare- rispose quella, mentre, con poca voglia, tentava di tirare le coperte dell'ampio letto a due piazze.

-Senza offesa, Kalita, ma tu non sei mia madre- rispose il principe, uscendo finalmente dal bagno.

Aveva indossato una comoda camicia che gli arrivava fin sotto la vita, dalle maniche ampie che si stringevano ai polsi e del colore della notte, e una calzamaglia della medesima tinta che gli fasciava le gambe lunghe e allenate.

La donna si voltò appena a quelle parole, dicendo poi:

-Vero, non sono vostra madre, per questo sono venuta a dirvi che la regina vi sta aspettando nella sala del trono e non credo che quello che vi dirà sarà molto diverso dalle mie parole- e tornò con noncuranza alle sue occupazioni.

Mentre il giovane usciva, lo sentì bofonchiare qualcosa sul fatto che sua era sempre l'ultima parola e, inconsapevolmente, sorrise.

 

Quando entrò con passo sostenuto nella sala del trono, un ambiente circolare dalle pareti di pietra monotone e spoglie, trovò una donna ad attenderlo, voltata di spalle, che guardava fuori dalla finestra.

Indossava un lungo abito verde che fasciava alla perfezione il suo corpo non più giovane, ma comunque desiderabile, ornato di ricami dorati che si estendevano dalla vita sino all'orlo dell gonna. I lucidi capelli neri, di una tonalità più scura rispetto a quelli del principe, erano raccolti in una elaborata acconciatura, lasciando libero qualche ciuffo sul davanti.

Dopo un attimo di esitazione, durante la quale la donna non pareva essersi accorta del suo arrivo, il giovane parlò:

-Madre...-

Dopodichè si diresse, senza guardarla, verso il trono, sul quale si sedette in modo scomposto e decisamente poco appropriato. Fu allora che incontrò gli occhi vitrei della regina, gli stessi che avevano popolato la sua infanzia e che a lungo gli erano mancati. Un sorriso si aprì sulle labbra della donna.

-Ràl, che piacere vederti. Sei cresciuto, figlio mio-

-Voi, in compenso non siete cambiata affatto- rispose secco lui.

In fondo sapeva che le visite della madre, sempre meno frequenti, nascondevano l'intento di suo padre di intervenire ancora nelle decisioni reali, nonostante egli avesse volontariamente abdicato. Era più facile inviare la consorte, in modo da evitare che i loro discorsi scaturissero in scambi di battute alquanto accesi e concitati.

-Perchè sei arrabbiato?-

-Madre, risparmiatevelo. So che vi manda mio padre-

La donna abbassò lo sguardo, ma dalle sue labbra non scomparve il sorriso. Dopodichè mosse qualche passo verso il trono, le mani strette in grembo.

-Ràl, siamo preoccupati-

-Vorrai dire che voi, madre, lo siete-

-Ti sbagli. Tuo padre è ancora emotivamente legato al labirinto, sente che le cose non stanno andando come dovrebbero. Teme che, in fondo, tu non sia ancora pronto-

-Allora dovrebbe esserci lui seduto su questo trono, non io-

Come al solito, quando si parlava del re, il giovane finiva sempre per arrabbiarsi. Ma dietro quella coltre d'ira, nascondeva paura e delusione, in quanto, da un lato, temeva, nonostante tutto, di non riuscire a rendere suo padre fiero di lui, mentre dall'altro era sconvolto dalla mancanza di fiducia che il genitore riponeva nei suoi confronti.

Si alzò quindi dal trono, dirigendosi verso la finestra dalla quale, in precedenza, era affacciata la madre. Vedeva il labirinto, nella sua interezza e accurata complessità.

All'orizzonte stavano i confini, al di là dei quali solo terra brulla e deserta, ad eccezione di un piccolo angolo, verdeggiante e fiorito, nel quale sorgeva la “magione” nella quale i genitori si erano trasferiti poco dopo la sua investitura.

Lui, nonostante si sforzasse, non riusciva a cogliere il motivo per tutta quella strana preoccupazione. Non trovava niente che non andasse nell'antico dedalo, lo vedeva grigio, smorto e privo del benchè minimo interesse da parte sua. Insomma, come al solito.

Prima di andarsene, suo padre si era sforzato di fargli comprendere l'importanza di quel regno, delle creature che lo abitavano, del perchè lui avrebbe dovuto mantenervi l'equilibrio. Ma per il principe era stato molto più semplice in un primo momento accettare l'investitura, per poi abbandonare ogni minimo dovere che portava verso Goblin e i suoi sudditi. Era anche per quello che tra lui e il re non correva buon sangue.

In fondo però come dargli completamente torto? Erano anni che nessuno chiedeva più l'intervento da parte del sovrano, anni che la noia aveva preso possesso di quella parte della vita del giovane.

Il mito del labirinto, assieme alla sua storia, era semplicemente scomparso, fumo nel vento.

Poi, un giorno, una fiammella si era riaccesa, ma i Ràl aveva preferito non farne parola con nessuno. Aveva solo aspettato, osservato, tessuto le sue trame, continuando a recitare la parte del rampollo svogliato e disilluso. Era stata come una scarica lungo la schiena, una sensazione che aveva riportato il suo corpo a desiderare nuovamente la sfida.

Era volato sino all'Aboveground, cercando per giorni, sino a quando non era riuscito a trovarla. Un animo puro e facilmente assoggettabile, una creatura per lui talmente patetica da essere riuscita, nonostante tutto, a risollevare la sua voglia di mettersi alla prova. Mancava solo il libro, il tramite per poterla finalmente portare a conoscere quella parte di realtà nascosta agli occhi di chiunque tranne che a quelli che accettavano di credere. Finalmente la sera precedente era giunto nelle sue mani e il suo piano poteva anche dirsi iniziato.

Era solo questione di tempo.

Un sorrisetto perfido si allargò sulle sue labbra.

-A cosa stai pensando?- gli chiese la madre, ancora alle sue spalle.

Lui fu disturbato dalla sua continua insistenza. Quanto ci voleva a capire che voleva rimanere solo?

-Riferite a mio padre che mi rendo conto di aver fino a questo momento trascurato i miei doveri e che chiedo scusa. Cercherò di porre rimedio a questa mancanza. Adesso scusatemi, ma ho delle faccende da sbrigare-

Pronunciò ogni parola con estrema freddezza, senza neanche voltarsi.

-Capisco. Riferirò- rispose piatta la donna e il principe udì solo i suoi passi che si allontanavano.

Sospirò. In fondo lo turbava rivolgersi in quel modo a sua madre, la quale per tutta la vita aveva fatto da argine tra lui e suo padre, mostrandogli un affetto tanto grande che non riusciva quasi a spiegarlo a parole.

In silenzio, anche lui lasciò la sala del trono, imboccando un lungo e stretto corridoio privo di finestre e quindi immerso nella semioscurità, il quale portava ad una stanza sempre chiusa a chiave, una sorta di suo personale rifugio, al quale a nessuno era permesso accedere.

Si sfilò dal collo un particolare ciondolo, segno della casata, gemello di quello che indossava suo padre. Dopo la loro ennesima discussione, dalla quale i due non si erano più visti, aveva quasi avuto la tentazione di liberarsene, ma alla fine non ne aveva avuto il coraggio. Inoltre quel ciondolo era sia il simbolo del suo potere sui mutamenti del labirinto sia la chiave per il suo “studio”.

Inserì senza eccessiva attenzione il pendente in una piccola rientranza nascosta nell'architrave della porta. Non appena quello fu al suo posto, il principe udì la serratura scattare e subito spinse l'uscio per entrare, richiudendoselo poi velocemente alle spalle.

La stanza, non molto grande, era immersa quasi completamente nella penombra. A rischiararla solo un paio di fiaccole che si accesero magicamente al suo ingresso.

Una massiccia scrivania in legno scuro e una libreria, ricolma di libri, costruita con il medesimo materiale, si intravedevano alla sua sinistra. Al contrario di quello che pensavano a corte, il giovane era molto acculturato e aveva una passione sviscerata per i libri, soprattutto quelli provenienti dall'Aboveground, portati da sua madre il giorno che aveva preso pianta stabile nel Sottosuolo. Li aveva letti tutti almeno un paio di volte, in quanto lo aiutavano a rilassarsi e a non pensare ai doveri di reggente, che lui non aveva mai pienamente voluto, di quel posto dimenticato da Dio e dall'uomo.

Quella volta però non si accomodò sulla solita poltrona sfogliando un romanzo di avventura o un saggio di filosofia, ma camminò dritto sino alla parete di rimpetto alla porta, fermandosi dinnanzi a qualcosa coperto da una pesante coltre di velluto rosso. La carezzò piano, con una nota quasi nostalgica, per poi afferrare saldamente il tessuto e tirarlo vi, rivelando un grosso specchio ovale, dalla cornice dorata e finemente lavorata.

Quallo era il suo mezzo per tenere d'occhio, a sua discrezione, il labirinto o l'Aboveground. Sorrise pensando a quanto, anche in quello, fosse diverso dal padre: lui prediligeva i piccoli cristalli con i quali giocherellava di continuo, mentre lui preferiva fare le cose in grande.

Scacciando quel pensiero, fece scivolare una mano sulla superficie dello specchio, la quale si illuminò per un attimo. Il sorriso di prima si allargò ancora di più.

-Avanti ragazzina, pronuncia quelle dannate parole-



CONTINUA...



NDA 
Eccomi di ritorno con la prima parte del secondo capitolo, in quanto mi sono resa conto che mi è venuto esageratamente lungo. Come promesso, qui abbiamo una presentazione del nostro caro principe, il quale non sembra proprio intenzionato a cedere ai voleri del padre, ma fare di testa sua.
Ringrazio chi ha recensito e chi ha messo la mia storia tra le seguite.
Al prossimo lunedì.
Saluti Marty.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Labyrinth / Vai alla pagina dell'autore: dragon_queen