Note alla storia.
Opera metaforica della vita di tutti noi,
su come sia utile, a volte, poter parlare con un'analista. Se non è umano è
anche meglio. Dedicata a tutti coloro che sono diesel nel cuore, nella speranza
che si facciano furbi, prima o poi!
1- La coscienza di Remus
Cercando di
fare il meno rumore possibile, Remus abbassò la
maniglia della porta dello studio di Grimmauld Place ed entrò nella stanza. Immediatamente fu investito
dal calore proveniente dal fuoco che scoppiettava nel camino e che era anche
l’unica fonte di illuminazione nella stanza. Si tolse la giacca e la appese
contro al muro, su quello che credeva essere un attaccapanni.
L’enorme pendola scura, dalle lancette dorate vicino alla porta segnava le due
e quaranta e non era pomeriggio.
La
biblioteca, o studio che dir si voglia, era la stanza più grande tra quelle
presenti nella casa di Sirius: il camino era spostato
verso destra rispetto al centro della parete e gli enormi scaffali pieni di
libri e codici dividevano la stanza in due parti diseguali. Una con due file di
librerie e la seconda di ricevimento, con un grande tappeto antico, in stile
Goblin del 1200 ed era proprio qui sopra che posava l’enorme poltrona in
velluto verde dove, Remus barcollando si era seduto,
incantato dai mille giochi di colore e movimento del fuoco.
Uno scoppio più forte degli altri lo riscosse dai suoi pensieri e il suo
sguardo si posò sul piccolo tavolino rotondo alla sua destra dove era posato un
bicchiere pieno per metà di vino rosso, la bottiglia e un libro: incuriosito lo
prese in mano “I cento incantesimi del Gigante Farfallone”. Sogghignando lo
riposò al suo posto: ancora, dopo tanti anni non riusciva a capacitarsi dei
gusti del suo amico. Dietro alla bottiglia scorse un piccolo oggetto giallo:
prese anche quello tra le mani e lo fissò incuriosito: era una piccola
paperella di gomma. Per sbaglio gli schiacciò il dorso e questa emise un suono
a dir poco terrificante che echeggiò per tutta la stanza. Remus
la lasciò cadere, preso alla sprovvista, in più, era leggermente ubriaco
quindi, il rumore gli aveva dato ulteriormente fastidio, essendo la sua testa
molto più sensibile del normale. Appena si fu ripreso raccolse la piccola e
ignara papera; appoggiandosi allo schienale la fissò negli occhi.
“Che ci fai
tu qui?” Ovviamente non ricevette risposta, limitandosi a guardare l’uomo con
sguardo… gommoso.
Remus pensò
qualche secondo, poi si rispose da solo. “Che cosa idiota. Sei di plastica, è
ovvio che non mi puoi rispondere.” Fu molto soddisfatto della sua frase, così
continuò. “Perdonami è un periodo un po’ così, sono confuso, molto confuso.” Si
passò la mano libera sulle guancie.
“Guarda
qui”, riprese schifato, “Barba di due giorni. Ma d’altronde, sono un Lupo
Mannaro, cos’altro si può pretendere da uno come me. È già tanto se non vado in
giro con un cartello con la scritta –Mangiabambini –, non trovi?” Sprofondò
maggiormente nella poltrona, sospirando.
“Tu, non hai
paura del lupo cattivo, vero? Certo che no. Anche se fosse, non avresti
possibilità di scampo, sei mia prigioniera!” Sospirò nuovamente.
“Ecco! Lo
sapevo” Uno si prodiga una vita intera per cercare di farsi una buona
reputazione e nel giro di due secondi, va tutto in fumo. Già li vedo i titoli
sui giornali: papera di gomma sventrata da Licantropo!” Remus
rise di gusto, poi prese in mano il bicchiere e iniziò a far girare il vino al
suo interno, guardandolo come incantato.
“Ti vedo
riflessa nel bicchiere, sai?” La sua attenzione si spostò nuovamente sulla
papera. “E no, non berrò questo sorso di vino, per stasera ho già dato.”
Passò
qualche istante di imbarazzante silenzio poi, Lupin posò il bicchiere dove si
trovava prima.
“Per stasera
ho già dato, anche se non è assolutamente servito a farmi rilassare,
tutt’altro.”
La papera lo
guardava con insistenza, o almeno era quello che gli sembrava.
“Non ho
alcuna intenzione di parlare della mia vita privata con te.” Silenzio. “Anche
se sfogarmi, probabilmente mi farebbe sentire meglio.
Gli occhioni dell’animale di gomma si fecero supplicanti, forse
per l’effetto del vino bevuto qualche ora prima.
“E va bene,
ma che rimanga tra me e te!”, la ammonì. “Non sto bene ultimamente. Sento come
delle fitte alla stomaco, e anche un certo senso di insicurezza; però sono
felice, estremamente felice e tutto questo non è normale. Non che io lo sia, ma
non lo è nemmeno per la mia anormalità. Mi sento ebete. E tutto ciò, solo
quando compare una persona, quella persona. Credi di esserne allergico.”
Altri
interminabili attimi in cui la paperella gli chiese silenziosamente di
continuare a parlare, o forse era un altro dei sintomi della sua allergia che
iniziava a peggiorare.
“No, eh? Non
riesco a dartela a bere nemmeno a te. E va bene, lo ammetto: credo che tutto
sommato mi piaccia. Ci sto bene insieme e la sua compagnia mi è sempre gradita:
riusciamo a parlare di tutto. Ma adesso basta concentrarsi su di me. Parliamo
di te. Lo hai un nome?”
“Ma poi,
cosa ci fai nello studio di Sirius?” Adesso ch ci
pensava, era una cosa piuttosto insolita che nella casa di un Purosangue ci fosse
un oggetto Babbano. Tirò fuori la bacchetta e mise
altri due pezzi di legna nel camino per ravvivare il fuoco che si stava
spegnendo.
“Chissà se
quel pazzo ti ha dato anche un nome. Sicuramente no. Che ne dici di Sparky?” Remus ci pensò qualche
istante e poi annuì soddisfatto.
“Sai Sparky…” Non disse altro, rigirò solo la papera nella sua
mano. “Oh, scusa, non aveva notato il fiocco rosa attorno al tuo collo.”
Rimuginò sul da farsi. “Credo che Lizzy sia più
appropriato. Sì, sì.
So che sei curiosa di sapere tutta la storia, ma vedi… questa è una cosa che
devo sapere solo io. Non si è mai visto nella storia magica, un licantropo
innamorato.” Scosse la testa passandosi una mano tra i capelli: lo aveva detto,
involontariamente, ma lo aveva ammesso.
“E non farmi
gli occhi dolci! Non è una bella cosa. Cosa? Vuoi sapere chi è? E va bene,
tanto ormai sai già tutto. Hai presente quella strana ragazza che se ne va in
giro ad inciampare per portaombrelli e ha i capelli rosa? Proprio quella.”
Sospirò.
“Lo so, è
troppo giovane e infatti non ho intenzione di rivelare nulla. Però non posso
fare a meno di pensarla. Ho la sua immagine davanti e mi sorride. E… è la
cugina di Sirius. Sono sicuro che se lo venisse a
sapere non avrei più pace. Cercherebbe di convincermi a provarci o mi
ricatterebbe a vita e, sinceramente, non so cosa è peggio.”
Fissò
nuovamente il bicchiere con il vino; lo prese e lo bevve tutto d’un fiato.
“Bene. Un
po’ più ubriaco. Molto meglio. La cosa peggiore è che sono sicuro di piacerle.
Stasera, al turno ad Hogsmede non ha fatto altro che
flirtare con me. Ci siamo fermati oltre l’orario. Abbiamo parlato, riso,
scherzato e poi l’ho accompagnata a casa.”
La papera
piegò lievemente la testa di lato, ma Remus pensò fosse
un effetto dell’ultimo bicchiere di vino, sommato alla bottiglia bevuta durante
la sera.
“Basta. Non
c’è altro e credo che lei abbia avuto la tua stessa reazione quando me ne sono
andato salutandola con un bacio sulla guancia: è rimasta di gomma!”
Lizzy si
mosse tra le sue mani e iniziò a fluttuare davanti ai suoi occhi.
“Oh,
Merlino! Vedo papere di gomma che volano!” Incerto fissò la bottiglia sul
tavolo. “Ma siamo sicuri che contenga vino?”
L’animaletto
gli diede una beccata sulla fronte per poi allontanarsi nuovamente.
“Ahi!”,
esclamò Remus.
“Ciao!”,
disse una voce, “Sono la voce della tua coscienza e quella che tu vedi, è la
forma attuale del tuo cervello. Sei un pollo!”
“Tu parli?”,
chiese il Licantropo alla papera, cercando di prenderla senza successo.
“No, mimo.”
Remus
rimase perplesso qualche secondo, poi capì. Si portò una mano alla fronte
disperato. Inutile dire che in quel momento avrebbe voluto morire.
“Esci di
lì!”, ordinò.
Da dietro uno degli scaffali uscì Sirius. Lupin sentì
i suoi passi provenire da dietro la sua poltrona; ancora non riusciva a vederlo
nella penombra, ma sapeva, era sicuro che l’uomo stesse sogghignando.
“E così,
questo simpatico oggetto Babbano si chiama Lizzy.” Adesso Sirius era davanti
a lui e con noncuranza fece comparire una sedia dall’altra parte del tavolino e
vi si accomodò sopra.
Remus non rispose.
“Allora”,
riprese l’Animagus, ma fu subito interrotto dal
Licantropo.
“Cosa hai
sentito di quello che ho detto?”
“Tutto.
Stavo cercando un altro libro, quando sei entrato. Poi ti sei messo a parlare
con una papera di gomma. Uno spettacolo che non potevo assolutamente perdermi.”
“Sai, Sirus, sono abbastanza sobrio da capire che me lo
rinfaccerai a vita, ma abbastanza ubriaco da non poter far nulla per
impedirtelo. Forse domani mattina…” Dette queste parole Remus
si alzò, ma qualcosa lo rispedì contro la poltrona.
“È già
mattina, Moony. E comunque, tu uscirai di qui solo
dopo che io e te, avremo avuto una lunga conversazione. In fondo, hai parlato
fino ad adesso con una papera di gomma, non credo che avrai molte difficoltà a
parlare dei tuoi sentimenti per mia cugina, e sul modo migliore di agire, con
il tuo migliore amico, vero?”