8)Lost the battle, win the
war.
Dicono
che dopo la
tempesta esca sempre il sole, non so se sia vero per le persone e i
rapporti,
ma di certo vale per Londra.
Dopo il tremendo
acquazzone di ieri adesso splende un bel sole e mi sembra di buon
auspicio. È
mezzogiorno e mi sono appena svegliata, salutare per sempre Mark non
è stato
facile, ma ce l’ho fatta, ora ho bisogno di sentire Tom.
Non ci sentiamo
decentemente da quando ho provato a far funzionare di nuovo il mio
matrimonio e
mi manca disperatamente.
Compongo il numero e mi
risponde subito.
“Pronto?”
“Ciao Tom, sono Skye!”
“Dio, ti ringrazio!”
Sento dei rumori di lotta
e un: “Vai via, cagna! Non ti voglio! E rivestiti, per Dio,
che mi fai schifo!”
Poi c’è la voce suadente,
si fa per dire di Jen, e il rumore di qualcuno che viene scaraventato
fuori
dalla stanza con tanto di porta sbattuta.
“Tom?”
“Sì?”
“Cosa diavolo stava
succedendo da te?
Ti ho interrotto mentre
stavi scopando?”
Pongo quest’ultima domanda
con il cuore in gola, se mi dicesse di sì esploderebbe in
mille pezzi all’idea
che lui sia stato toccato da mani estranee.
“Mi hai appena salvato da
un tentativo di stupro da parte di Jen, ti devo la vita.
Come mai mi hai chiamato?”
“Perché mi mancavi e
volevo vederti.”
Decido che la sincerità è
la tattica migliore.
“E con Mark?”
“Non è andata.”
Lui sospira.
“Lo immaginavo. Va bene
vediamoci a pranzo al mio hotel e …. Mi sei mancata anche
tu.”
Io sorrido come una
quindicenne alla prima cotta e sempre con questo sorriso addosso mi
preparo e
poi esco godendomi il sole londinese.
Che bella giornata!
Arrivo al suo hotel e lo
trovo nella hall: indossa un paio di jeans scuri, una camicia a quadri
e delle
Macbeth, io sono vestita più o meno come l’altro
giorno, solo con un trucco più
scuro.
“Stai benissimo, sembri
una ragazzina!”
“Grazie, tu come stai?”
Lui sbuffa.
“Male, Jen mi tampina. Da
quando Mark l’ha mollata si è ricordato che ha un
marito e mi sta tampinando.
Peccato che a me di lei
non interessi nulla.”
Io sorrido
involontariamente.
“E quel sorriso?”
“Quale sorriso?”
“Lascia perdere, come mai
non è andata con Mark?”
Io sospiro.
“Perché mi sono accorta
che non lo amo più.
Gli voglio infinitamente
bene, come se fosse mio fratello, il mio migliore amico, ma non
c’è più
l’amore.
Credo di stare iniziando a
provare questo sentimento per un’altra persona, ma ho paura
che non ricambi e
temo il giudizio della gente.”
Sto procedendo in punta di
fioretto, ma credo che Tom abbia già intuito qualcosa
perché la sua espressione
muta impercettibilmente.
“Dei giudizi della gente
dovresti fregartene, loro non conoscono la tua situazione e se non
dirai mai
nulla a lui non saprai mai se ti ricambierà.”
“Hai ragione.”
Rimango un attimo in
silenzio.
“E se quella persona fossi
tu?”
“Ne sarei felice perché ho
una cotta per te da tantissimo tempo.”
“Da-davvero?”
Lui annuisce con gli occhi
puntati a terra.
“Sì, lo sa anche Mark e mi
sembra un miracolo che tu possa ricambiare.”
Io rimango senza parole,
in tutto questo tempo non ho mai capito nulla, Tom è bravo a
mascherare i suoi
sentimenti e poi in fondo deve tenerci a Mark se non ci ha mai provato
con me.
“Anche a me sembra tutto
troppo bello, dove sono le rogne?”
Faccio mezza seria e mezza
ironica.
Lui ride.
“La rogna sarà Jen, ma
forse possiamo superarla insieme se vogliamo.”
“E questo cos’è? Un “Voglio
uscire con te, Skye Hoppus.”?”
Lui mi guarda serio.
“Sì, è esattamente questo.
Vuoi uscire con me?
Vogliamo provarci seriamente con la consapevolezza che solleveremo un
casino
immane?”
Io deglutisco, penso per
un attimo a Jack e ai figli di Tom, ma
poi lascio che sia il cuore a prendere il sopravvento.
“Sì, ci voglio provare.
Lo devo a me stessa e al
mio divorzio.”
Lui sorride e mi prende
per mano, conducendomi verso la sala da pranzo poco gremita
dell’albergo.
“Allora iniziamo da questo
pranzo.”
“Ava e JoJo dove sono?”
“Ava è da un’amica, JoJo
all’asilo ha la mensa, quindi siamo soli. Mancano le candele
e tutto il resto,
fa niente?”
Io rido.
“Fa niente, quelle le
riserviamo per un’uscita serale, cosa ne dici?”
Lui annuisce.
“Mi sembra una buona
idea.”
“Tom, come farai con i
tuoi figli?”
Lui si gratta il mento.
“Ava ti ha già accettata e
anche a JoJo sembri stare simpatica, dovremo stare attenti a Jen. Non
vorrei
che lo manipolasse, Ava è a posto.”
“Ava ti somiglia molto,
dubito che qualsiasi cosa le proponga sua madre la accetti.”
“Hai perfettamente
ragione, litigavano già molto prima che lei ci lasciasse per
Mark, in qualche
modo sapeva anche delle altre storie di Jen.
Ha le orecchie lunghe
quella bambina.”
“Un po’ come te.”
Lui mi riserva uno dei
suoi sorrisi teneri e annuisce, deve amare molto sua figlia.
“Mi piace come ami i tuoi
figli, sei una brava persona.
Un uomo che ama i propri
figli è una brava persona.”
Il
pranzo trascorre
tranquillamente, la vera sorpresa arriva dopo.
Dopo infatti decidiamo di
fare un giro per Londra, i nostri progetti vanno però in
fumo non appena
vediamo una massa di giornalisti fuori dall’albergo.
Deve averli chiamati Jen,
quella carogna, così noi siamo asserragliati senza via di
fuga e di pessimo
umore, o almeno io lo sono.
Non che mi dispiaccia
stare con Tom, non mi è piaciuto il comportamento di quella
vacca che ha subito
chiamato i giornalisti e che presto – ne sono certa
– reciterà la parte della
vittima, della povera moglie tradita, cosa che non è affatto.
Non è una vittima, né una
moglie tradita, è solo una stronza qualunque a cui il
destino sta restituendo
il male che ha seminato durante gli anni.
Non provo un briciolo di
compassione per lei, solo odio. Prima mi ruba il marito, poi lo molla e
cerca
di riprendersi il suo solo perché ora sta uscendo con me.
Puttana da quattro soldi.
“Quanto la odio!”
Ringhio guardando dalla
camera di Tom la folla di giornalisti e operatori che
c’è sotto di noi.
“Questo è ancora niente.”
Mi dice cupo lui, io mi
siedo sul letto e gli faccio appoggiare la testa sulla mia spalla.
“Come hai fatto a
sposarla?”
“Questa è una bella
domanda, ma non so rispondere. Immagino mi abbia preso
all’amo con il suo
sguardo da cucciolo, quando lo fa pochi uomini sulla faccia della Terra
sono in
grado di resisterle.”
Io sbuffo.
Al diavolo lei e il suo
maledetto sguardo.
“Sai che da quando siamo
qui non ci hai provato nemmeno una volta?”
Lui ride di gusto.
“Con te voglio andarci
piano perché mi piaci davvero.”
Io sorrido.
“E voglio uscire di qui
perché mi manca l’aria.”
“E come?”
“Spogliati e mettiti
questi.”
Mi porge dei suoi
vestiti, in cui io sto larghissima, io eseguo e poi usciamo dalla sua
stanza.
“Cosa hai in mente?”
Lui non mi risponde e
ferma un cameriere.
“Ehi, mi dai la tua
uniforme?”
Il cameriere è un ragazzo
di vent’anni al massimo e sgrana agli davanti a quella strana
richiesta.
“Non voglio farci niente,
non è un avance, io ho bisogno di uscire e con la tua divisa
posso.”
Lui deglutisce.
“Sì, signor DeLonge. In
cambio mi farebbe un autografo?”
Lui annuisce e firma un
pezzo di carta, poi torniamo in camera per cambiarci. Lui indossa la
divisa e
poi finalmente possiamo uscire.
Nessuno fa caso a un
cameriere e a quello che sembra un ragazzino.
Saliamo in macchina.
“Ce l’abbiamo fatta!”
Vestiti così ci dirigiamo
verso il parco, finalmente siamo liberi!!
Arrivati al primo bar ci
cambiamo di nuovo – da brava persona previdente mi sono
portata dietro i nostri
vestiti – e ora possiamo goderci la pace di questo spazio
verde.
È naturale prenderci per
mano e comportarci come una coppietta: ridiamo e ci scambiamo battute
stupide.
Mi piace il sorriso che
c’è sul suo volto, mi piacciono le fossette che si
formano, gli di vedono gli
zigomi e fanno venire voglia di pizzicargli le guance.
Una volta non resisto alla
tentazione e gliele pizzico, lui fa una smorfia buffa, ma non dice
nulla.
“Scusa, sono irresistibili!”
Butto lì a mo’ di
spiegazione, facendolo ridere.
“Sei l’unica che si è
accorta delle fossette.”
Io arrossisco di botto.
“Ah! Ti ho fatta
arrossire!”
“Mannò!”
Io arrossisco ancora di
più e lui mi bacia a tradimento, io sorrido e rispondo con
tanta passione.
“Tiramele più spesso le
guance.”
“Ogni volta che sorridi se
necessario.”
Lui ride e mi trascina
verso un chiosco dove vendono delle crepes, non sono buone come quelle
francesi, ma non sono nemmeno male.
Ci sediamo su un panchina
vicino alla pista da skate e osserviamo pigramente le evoluzioni delle
persone
che la frequentano.
“Quanto mi piacerebbe
tornare a fare skate.”
“Torna.”
“Devo stare attento alla
schiena e poi mi sentirei a disagio con ragazzi che hanno la
metà dei miei
anni.”
“Non sembra che tu abbia
trentasette anni.”
Lui sorride.
“Nemmeno tu, sembra che
per te il tempo si sia fermato a venticinque anni.”
“Sei troppo buono, ho
anche io le rughe e poco prima che Mark mi lasciasse ho trovato il mio
primo
capello bianco.”
“Per me sei sempre bellissima.”
Lui apre le braccia e le
appoggia alla panchina, io ne approfitto per appoggiarmi
nell’incavo delle
ascelle: comodo.
“Quel ragazzo è bravo.”
“Per me sono tutti bravi,
non sono capace di
stare in piedi su una
tavola da skate, Mark ha provato ad insegnarmi, ma alla fine si
è arreso.”
Lui scuote la testa
divertito, forse si sta immaginando la scena: io che provo ad andare e
che cado
regolarmente. Deve essere comico visto dall’esterno, io
invece ricordo le
ginocchia sbucciate della settimana dopo e rido un po’ di
meno. I miei colleghi
mi hanno presa in giro tutto il tempo, a proposito di colleghi, questa
settimana scade la mia aspettativa, tra poco li rivedrò.
Che palle!
Sbuffo involontariamente e
Tom mi guarda curioso.
“Niente, pensavo che tra
poco rivedrò i miei colleghi.”
“Saranno tutti gelosi del
tuo nuovo fidanzato.”
“O mi considereranno una
puttana.”
Lui mi passa un braccio
attorno ai fianchi.
“Non lo sei, non lo sei
mai stata.
Hai cercato di fare
funzionare le cose fino alla fine, ma non ci sei riuscita. La maggior
parte
delle persone si ferma prima o inscena una pietosa commedia per i figli
che non
inganna nessuno.
I figli si accorgono di
quando va male tra i genitori e stanno male il doppio, penso sia meglio
un
taglio netto a volte.”
“Sei cresciuto dal ragazzo
di stay together for the kids.”
Lui guarda lontano.
“La vita ti fa crescere
certe volte.”
Poi all’improvviso si
volta e mi bacia
appassionatamente.
“Mi chiedo se stiamo
facendo la cosa giusta.”
“Me lo chiedo anche io, a
volte.”
“ E cosa ti rispondi?”
“Che quando sto con te mi
sento bene, protetta, me stessa.
Mi sembra di tornare a
respirare dopo una lunga apnea.”
Lui sorride
impercettibilmente.
“Dovrei essere io il poeta
della situazione, ma mi hai battuto. Io mi sento esattamente allo
stesso modo,
nonostante le tonnellate di senso di colpa che provo verso Mark e il
pensiero
che forse i miei figli non gradiranno questo cambiamento.”
“Anche io mi sento in
colpa verso Mark e Jack, ma forse portare avanti una commedia sarebbe
stato
peggio, per Jack soprattutto.
Ho pensato un sacco in
queste due settimane, ho analizzato tutte le possibilità e
mi sono accorta che
non sarei riuscita a fingere.”
Lui rimane un attimo in
silenzio.
“Anche io ho pensato molto
e mi sono accorto che da quando avevamo provato a vivere come una
coppia non
sarei più riuscito a pensare ad altro se non a te, a
noi.”
Io gli prendo una mano –
grande, callosa, rassicurante – tra le mie.
“Ce la faremo, uniti ce la
faremo.”
Lui annuisce e io mi sento
meglio. È inspiegabile come certe persone ci mettano
così poco a entrare nel
tuo cuore e a occuparlo tutto in silenzio, quasi fossero nate per stare
lì nei
tuo affetti e nei tuoi amori.
Tom è uno di loro, se
anche solo un anno fa mi avessero detto che avrei lasciato Mark per
Tom, dopo
che lui mi aveva tradita sarei scoppiata a ridere, ora queste
è la mia realtà.
La vita ha scompigliato e
rimesso tutto a posto con un’abilità incredibile,
la più grande prestigiatrice
del mondo.
Rimaniamo un altro po’
così, poi un’occhiata all’orologio di
Tom ci fa capire che è arrivato il
momento di andare a prendere Jonas.
Usciamo dal parco e
saliamo sulla mia macchina, chiacchierando del più e del
meno nel percorso che
porta all’asilo.
Non è molto lontano, ma
quando ci arriviamo ci troviamo davanti a una scena spiacevole, Jen sta
tentando di portare via suo figlio, mentre lui si oppone con tutte le
sue
forze: piange, scalcia, urla, ma a lei non sembra interessare
granché.
La faccia di Tom diventa
una maschera di rabbia – credo di non averlo mai visto in
quello stato – poi si
lancia verso la moglie e prende JoJo in braccio, il bambino sorride tra
le
lacrime e lo abbraccia convulsamente.
“Cosa pensavi di fare,
eh?”
L’urlo di Tom fa voltare
parecchie madri.
“Volevo solo vedere mio
figlio.”
“Peccato che lui non
voglia vederti! Dovevi pensarci prima di andartene e mandare a puttane
la tua
famiglia!”
“Oh, e vuole solo te e la
tua troia?”
Lo schiaffo di Tom risuona
come una fucilata nel cortile dell’edificio.
“Non osare chiamarla
troia, l’unica troia in questa storia sei tu e non farti
più vedere qui o
potrei dire al mio avvocato di fare in modo di non farti più
vedere né Ava né
Jonas.”
Detto questo, gira i
tacchi e se ne va tenendo
il figlio in
braccio e prendendo poi me per mano.
In macchina è ancora schiumante
di rabbia, ha lo sguardo scuro e stringe con troppa energia il volante
– le sue
nocche sono ormai bianche – Jonas invece continua a piangere
tra le mie
braccia.
“Non voglio vedere la
mamma, la mamma è cattiva!
La mamma ci ha
abbandonato!”
“E non la vedrai più fuori
dal tuo asilo, campione!”
La voce di Tom è
mortifera, prevedo tempi duri per Jen e un divorzio per nulla facile:
questa
volta la cara Jenkins ha oltrepassato i limiti della pazienza di Tom e
non
poco.
Il mio nuovo compagno
guida rabbioso tra le strade
di Londra
fino a giungere in una lunga via fatta di case tutte uguali, le tipiche
case
con la porta dipinta di rosso e due o tre scalini che portano
all’ingresso.
Parcheggia e ci fa segno
di scendere. Io eseguo con Jonas che piange ancora sulla mia spalla,
Tom
intanto suona un campanello. La porta si apre e saliamo fino al secondo
piano
della casa, lì troviamo una porta dipinta di nero e Ava
sulla soglia che ci
aspetta.
Ci guarda confusa.
“Cosa ci fate qui e come
mai JoJo piange?”
“Siamo venuti a prenderti
e Jonas piange perché mamma è venuta a prenderlo
fuori dall’asilo.”
La ragazzina impallidisce
vistosamente, torna dentro e poco dopo esce con la zaino e la giacca in
mano.
Torniamo di nuovo in
macchina e Tom ci porta a casa mia, lì si ferma e ci fa
scendere.
“Vado in hotel a prendere
le nostre cose, anche a costo di abbattere quei maledetti giornalisti
uno per
uno.”
Parte sgommando, io lo
guardo e poi con i bambini salgo fino al mio appartamento.
Jonas sembra essersi
calmato, ma decido che comunque una cioccolata in queste condizioni non
può che
fare bene a tutti e tre.
La preparo e la porto in
tavola, entrambi sono molto felici della mia idea, io invece ho un
dubbio che
mi pesa sul cuore.
“Ava, perché ti sei
spaventata tanto quando tuo padre ha detto che Jen è venuta
a scuola a prendere
Jonas?”
“Perché non voleva
prenderlo, voleva rapirlo e portalo in California per toglierlo a
papà.”
Non ci credo, non può
davvero fare quello che ha detto Ava.
“JoJo, cosa ti ha detto la
mamma?”
“Che mi avrebbe portato a
casa, in California.”
La risposta nel bambino mi
fa gelare il sangue nelle vene, che donna terribile!
Non solo abbandona la
famiglia per niente, ma pretende anche di riprendersela al suo comando!
Poco dopo arriva Tom, lo
aiuto a portare le valigie e poi a mettere via le sue cose e quelle dei
bambini. È in quel momento che decido di tirare fuori la
questione.
“Ava mi ha detto che Jen
voleva rapire Jonas.”
“Ava ha ragione. Il piano
di Jennifer era esattamente questo, fortunatamente le ho rotto le uova
nel
paniere.”
“è una donna terribile.”
“Lo è, ma questa volta
darò battaglia e troverà pane per i suoi
denti.”
Io rimango un attimo in
silenzio, seduta sul letto della camera di Ava.
“Non avresti dovuto darle
quello schiaffo, anche se se lo meritava.”
“No, non avrei dovuto, lo
userà contro di me, ma ho perso la pazienza.
Non sono riuscito a controllarmi all’idea che potesse
togliermi mio figlio, per
cosa poi?
Per darlo probabilmente in
mano a una serie infinità di baby sitter e tate, non
è molto brava con i
bambini e poi di sicuro ora deve cercarsi un altro uomo che la
mantenga.”
Io annuisco.
Questa sera è un po’
agrodolce, iniziano già i primi problemi, ma sono sicura che
insieme ce la
faremo.
Dopotutto è questo che
fanno le coppie, no?
Risolvere insieme i
problemi e cercare di essere felici, nonostante gli ostacoli.
Angolo di Layla
Ringrazio fraVIOLENCE
per la recensione.