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Autore: Layla    03/06/2013    1 recensioni
“Le cose vanno di merda a tutti, vedo, ma ho una soluzione.”
Io alzo un sopracciglio e bevo un bicchierino di whisky.
“Prego?”
“Una soluzione. Non fare la stronza gelida che con me non attacca!
Ho intenzione di restituire loro pan per focaccia per ricondurli alla ragione o meglio ricondurre Mark alla ragione, questa volta io da Jen ci divorzio venisse pure Cristo a dirmi di non farlo.”
“Qual è, Tom?”
“Io e te fingeremo di stare insieme, ci faremo paparazzare da qualche fotografo e porteremo avanti questa commedia fino a che qualcuno dei due si farà vivo.”

Tom/Skye.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mark Hoppus, Tom DeLonge
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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8)Lost the battle, win the war.

 

Dicono che dopo la tempesta esca sempre il sole, non so se sia vero per le persone e i rapporti, ma di certo vale per Londra.
Dopo il tremendo acquazzone di ieri adesso splende un bel sole e mi sembra di buon auspicio. È mezzogiorno e mi sono appena svegliata, salutare per sempre Mark non è stato facile, ma ce l’ho fatta, ora ho bisogno di sentire Tom.
Non ci sentiamo decentemente da quando ho provato a far funzionare di nuovo il mio matrimonio e mi manca disperatamente.
Compongo il numero e mi risponde subito.
“Pronto?”
“Ciao Tom, sono Skye!”
“Dio, ti ringrazio!”
Sento dei rumori di lotta e un: “Vai via, cagna! Non ti voglio! E rivestiti, per Dio, che mi fai schifo!”
Poi c’è la voce suadente, si fa per dire di Jen, e il rumore di qualcuno che viene scaraventato fuori dalla stanza con tanto di porta sbattuta.
“Tom?”
“Sì?”
“Cosa diavolo stava succedendo da te?
Ti ho interrotto mentre stavi scopando?”
Pongo quest’ultima domanda con il cuore in gola, se mi dicesse di sì esploderebbe in mille pezzi all’idea che lui sia stato toccato da mani estranee.
“Mi hai appena salvato da un tentativo di stupro da parte di Jen, ti devo la vita.
Come mai mi hai chiamato?”
“Perché mi mancavi e volevo vederti.”
Decido che la sincerità è la tattica migliore.
“E con Mark?”
“Non è andata.”
Lui sospira.
“Lo immaginavo. Va bene vediamoci a pranzo al mio hotel e …. Mi sei mancata anche tu.”
Io sorrido come una quindicenne alla prima cotta e sempre con questo sorriso addosso mi preparo e poi esco godendomi il sole londinese.
Che bella giornata!
Arrivo al suo hotel e lo trovo nella hall: indossa un paio di jeans scuri, una camicia a quadri e delle Macbeth, io sono vestita più o meno come l’altro giorno, solo con un trucco più scuro.
“Stai benissimo, sembri una ragazzina!”
“Grazie, tu come stai?”
Lui sbuffa.
“Male, Jen mi tampina. Da quando Mark l’ha mollata si è ricordato che ha un marito e mi sta tampinando.
Peccato che a me di lei non interessi nulla.”
Io sorrido involontariamente.
“E quel sorriso?”
“Quale sorriso?”
“Lascia perdere, come mai non è andata con Mark?”
Io sospiro.
“Perché mi sono accorta che non lo amo più.
Gli voglio infinitamente bene, come se fosse mio fratello, il mio migliore amico, ma non c’è più l’amore.
Credo di stare iniziando a provare questo sentimento per un’altra persona, ma ho paura che non ricambi e temo il giudizio della gente.”
Sto procedendo in punta di fioretto, ma credo che Tom abbia già intuito qualcosa perché la sua espressione muta impercettibilmente.
“Dei giudizi della gente dovresti fregartene, loro non conoscono la tua situazione e se non dirai mai nulla a lui non saprai mai se ti ricambierà.”
“Hai ragione.”
Rimango un attimo in silenzio.
“E se quella persona fossi tu?”
“Ne sarei felice perché ho una cotta per te da tantissimo tempo.”
“Da-davvero?”
Lui annuisce con gli occhi puntati a terra.
“Sì, lo sa anche Mark e mi sembra un miracolo che tu possa ricambiare.”
Io rimango senza parole, in tutto questo tempo non ho mai capito nulla, Tom è bravo a mascherare i suoi sentimenti e poi in fondo deve tenerci a Mark se non ci ha mai provato con me.
“Anche a me sembra tutto troppo bello, dove sono le rogne?”
Faccio mezza seria e mezza ironica.
Lui ride.
“La rogna sarà Jen, ma forse possiamo superarla insieme se vogliamo.”
“E questo cos’è? Un “Voglio uscire con te, Skye Hoppus.”?”
Lui mi guarda serio.
“Sì, è esattamente questo.
Vuoi uscire con me? Vogliamo provarci seriamente con la consapevolezza che solleveremo un casino immane?”
Io deglutisco, penso per un attimo a Jack e ai figli di Tom, ma  poi lascio che sia il cuore a prendere il sopravvento.
“Sì, ci voglio provare.
Lo devo a me stessa e al mio divorzio.”
Lui sorride e mi prende per mano, conducendomi verso la sala da pranzo poco gremita dell’albergo.
“Allora iniziamo da questo pranzo.”
“Ava e JoJo dove sono?”
“Ava è da un’amica, JoJo all’asilo ha la mensa, quindi siamo soli. Mancano le candele e tutto il resto, fa niente?”
Io rido.
“Fa niente, quelle le riserviamo per un’uscita serale, cosa ne dici?”
Lui annuisce.
“Mi sembra una buona idea.”
“Tom, come farai con i tuoi figli?”
Lui si gratta il mento.
“Ava ti ha già accettata e anche a JoJo sembri stare simpatica, dovremo stare attenti a Jen. Non vorrei che lo manipolasse, Ava è a posto.”
“Ava ti somiglia molto, dubito che qualsiasi cosa le proponga sua madre la accetti.”
“Hai perfettamente ragione, litigavano già molto prima che lei ci lasciasse per Mark, in qualche modo sapeva anche delle altre storie di Jen.
Ha le orecchie lunghe quella bambina.”
“Un po’ come te.”
Lui mi riserva uno dei suoi sorrisi teneri e annuisce, deve amare molto sua figlia.
“Mi piace come ami i tuoi figli, sei una brava persona.
Un uomo che ama i propri figli è una brava persona.”

 

Il pranzo trascorre tranquillamente, la vera sorpresa arriva dopo.
Dopo infatti decidiamo di fare un giro per Londra, i nostri progetti vanno però in fumo non appena vediamo una massa di giornalisti fuori dall’albergo.
Deve averli chiamati Jen, quella carogna, così noi siamo asserragliati senza via di fuga e di pessimo umore, o almeno io lo sono.
Non che mi dispiaccia stare con Tom, non mi è piaciuto il comportamento di quella vacca che ha subito chiamato i giornalisti e che presto – ne sono certa – reciterà la parte della vittima, della povera moglie tradita, cosa che non è affatto.
Non è una vittima, né una moglie tradita, è solo una stronza qualunque a cui il destino sta restituendo il male che ha seminato durante gli anni.
Non provo un briciolo di compassione per lei, solo odio. Prima mi ruba il marito, poi lo molla e cerca di riprendersi il suo solo perché ora sta uscendo con me.
Puttana da quattro soldi.
“Quanto la odio!”
Ringhio guardando dalla camera di Tom la folla di giornalisti e operatori che c’è sotto di noi.
“Questo è ancora niente.”
Mi dice cupo lui, io mi siedo sul letto e gli faccio appoggiare la testa sulla mia spalla.
“Come hai fatto a sposarla?”
“Questa è una bella domanda, ma non so rispondere. Immagino mi abbia preso all’amo con il suo sguardo da cucciolo, quando lo fa pochi uomini sulla faccia della Terra sono in grado di resisterle.”
Io sbuffo.
Al diavolo lei e il suo maledetto sguardo.
“Sai che da quando siamo qui non ci hai provato nemmeno una volta?”
Lui ride di gusto.
“Con te voglio andarci piano perché mi piaci davvero.”
Io sorrido.
“E voglio uscire di qui perché mi manca l’aria.”
“E come?”
“Spogliati e mettiti questi.”
Mi porge dei suoi vestiti, in cui io sto larghissima, io eseguo e poi usciamo dalla sua stanza.
“Cosa hai in mente?”
Lui non mi risponde e ferma un cameriere.
“Ehi, mi dai la tua uniforme?”
Il cameriere è un ragazzo di vent’anni al massimo e sgrana agli davanti a quella strana richiesta.
“Non voglio farci niente, non è un avance, io ho bisogno di uscire e con la tua divisa posso.”
Lui deglutisce.
“Sì, signor DeLonge. In cambio mi farebbe un autografo?”
Lui annuisce e firma un pezzo di carta, poi torniamo in camera per cambiarci. Lui indossa la divisa e poi finalmente possiamo uscire.
Nessuno fa caso a un cameriere e a quello che sembra un ragazzino.
Saliamo in macchina.
“Ce l’abbiamo fatta!”
Vestiti così ci dirigiamo verso il parco, finalmente siamo liberi!!
Arrivati al primo bar ci cambiamo di nuovo – da brava persona previdente mi sono portata dietro i nostri vestiti – e ora possiamo goderci la pace di questo spazio verde.
È naturale prenderci per mano e comportarci come una coppietta: ridiamo e ci scambiamo battute stupide.
Mi piace il sorriso che c’è sul suo volto, mi piacciono le fossette che si formano, gli di vedono gli zigomi e fanno venire voglia di pizzicargli le guance.
Una volta non resisto alla tentazione e gliele pizzico, lui fa una smorfia buffa, ma non dice nulla.
“Scusa, sono irresistibili!”
Butto lì a mo’ di spiegazione, facendolo ridere.
“Sei l’unica che si è accorta delle fossette.”
Io arrossisco di botto.
“Ah! Ti ho fatta arrossire!”
“Mannò!”
Io arrossisco ancora di più e lui mi bacia a tradimento, io sorrido e rispondo con tanta passione.
“Tiramele più spesso le guance.”
“Ogni volta che sorridi se necessario.”
Lui ride e mi trascina verso un chiosco dove vendono delle crepes, non sono buone come quelle francesi, ma non sono nemmeno male.
Ci sediamo su un panchina vicino alla pista da skate e osserviamo pigramente le evoluzioni delle persone che la frequentano.
“Quanto mi piacerebbe tornare a fare skate.”
“Torna.”
“Devo stare attento alla schiena e poi mi sentirei a disagio con ragazzi che hanno la metà dei miei anni.”
“Non sembra che tu abbia trentasette anni.”
Lui sorride.
“Nemmeno tu, sembra che per te il tempo si sia fermato a venticinque anni.”
“Sei troppo buono, ho anche io le rughe e poco prima che Mark mi lasciasse ho trovato il mio primo capello bianco.”
“Per me sei sempre bellissima.”
Lui apre le braccia e le appoggia alla panchina, io ne approfitto per appoggiarmi nell’incavo delle ascelle: comodo.
“Quel ragazzo è bravo.”
“Per me sono tutti bravi, non  sono capace di stare in piedi su una tavola da skate, Mark ha provato ad insegnarmi, ma alla fine si è arreso.”
Lui scuote la testa divertito, forse si sta immaginando la scena: io che provo ad andare e che cado regolarmente. Deve essere comico visto dall’esterno, io invece ricordo le ginocchia sbucciate della settimana dopo e rido un po’ di meno. I miei colleghi mi hanno presa in giro tutto il tempo, a proposito di colleghi, questa settimana scade la mia aspettativa, tra poco li rivedrò.
Che palle!
Sbuffo involontariamente e Tom mi guarda curioso.
“Niente, pensavo che tra poco rivedrò i miei colleghi.”
“Saranno tutti gelosi del tuo nuovo fidanzato.”
“O mi considereranno una puttana.”
Lui mi passa un braccio attorno ai fianchi.
“Non lo sei, non lo sei mai stata.
Hai cercato di fare funzionare le cose fino alla fine, ma non ci sei riuscita. La maggior parte delle persone si ferma prima o inscena una pietosa commedia per i figli che non inganna nessuno.
I figli si accorgono di quando va male tra i genitori e stanno male il doppio, penso sia meglio un taglio netto a volte.”
“Sei cresciuto dal ragazzo di stay together for the kids.”
Lui guarda lontano.
“La vita ti fa crescere certe volte.”
Poi all’improvviso si volta e mi  bacia appassionatamente.
“Mi chiedo se stiamo facendo la cosa giusta.”
“Me lo chiedo anche io, a volte.”
“ E cosa ti rispondi?”
“Che quando sto con te mi sento bene, protetta, me stessa.
Mi sembra di tornare a respirare dopo una lunga apnea.”
Lui sorride impercettibilmente.
“Dovrei essere io il poeta della situazione, ma mi hai battuto. Io mi sento esattamente allo stesso modo, nonostante le tonnellate di senso di colpa che provo verso Mark e il pensiero che forse i miei figli non gradiranno questo cambiamento.”
“Anche io mi sento in colpa verso Mark e Jack, ma forse portare avanti una commedia sarebbe stato peggio, per Jack soprattutto.
Ho pensato un sacco in queste due settimane, ho analizzato tutte le possibilità e mi sono accorta che non sarei riuscita a fingere.”
Lui rimane un attimo in silenzio.
“Anche io ho pensato molto e mi sono accorto che da quando avevamo provato a vivere come una coppia non sarei più riuscito a pensare ad altro se non a te, a noi.”
Io gli prendo una mano – grande, callosa, rassicurante – tra le mie.
“Ce la faremo, uniti ce la faremo.”
Lui annuisce e io mi sento meglio. È inspiegabile come certe persone ci mettano così poco a entrare nel tuo cuore e a occuparlo tutto in silenzio, quasi fossero nate per stare lì nei tuo affetti e nei tuoi amori.
Tom è uno di loro, se anche solo un anno fa mi avessero detto che avrei lasciato Mark per Tom, dopo che lui mi aveva tradita sarei scoppiata a ridere, ora queste è la mia realtà.
La vita ha scompigliato e rimesso tutto a posto con un’abilità incredibile, la più grande prestigiatrice del mondo.
Rimaniamo un altro po’ così, poi un’occhiata all’orologio di Tom ci fa capire che è arrivato il momento di andare a prendere Jonas.
Usciamo dal parco e saliamo sulla mia macchina, chiacchierando del più e del meno nel percorso che porta all’asilo.
Non è molto lontano, ma quando ci arriviamo ci troviamo davanti a una scena spiacevole, Jen sta tentando di portare via suo figlio, mentre lui si oppone con tutte le sue forze: piange, scalcia, urla, ma a lei non sembra interessare granché.
La faccia di Tom diventa una maschera di rabbia – credo di non averlo mai visto in quello stato – poi si lancia verso la moglie e prende JoJo in braccio, il bambino sorride tra le lacrime e lo abbraccia convulsamente.
“Cosa pensavi di fare, eh?”
L’urlo di Tom fa voltare parecchie madri.
“Volevo solo vedere mio figlio.”
“Peccato che lui non voglia vederti! Dovevi pensarci prima di andartene e mandare a puttane la tua famiglia!”
“Oh, e vuole solo te e la tua troia?”
Lo schiaffo di Tom risuona come una fucilata nel cortile dell’edificio.
“Non osare chiamarla troia, l’unica troia in questa storia sei tu e non farti più vedere qui o potrei dire al mio avvocato di fare in modo di non farti più vedere né Ava né Jonas.”
Detto questo, gira i tacchi e se ne va  tenendo il figlio in braccio e prendendo poi me per mano.
In macchina è ancora schiumante di rabbia, ha lo sguardo scuro e stringe con troppa energia il volante – le sue nocche sono ormai bianche – Jonas invece continua a piangere tra le mie braccia.
“Non voglio vedere la mamma, la mamma è cattiva!
La mamma ci ha abbandonato!”
“E non la vedrai più fuori dal tuo asilo, campione!”
La voce di Tom è mortifera, prevedo tempi duri per Jen e un divorzio per nulla facile: questa volta la cara Jenkins ha oltrepassato i limiti della pazienza di Tom e non poco.
Il mio nuovo compagno guida rabbioso tra le  strade di Londra fino a giungere in una lunga via fatta di case tutte uguali, le tipiche case con la porta dipinta di rosso e due o tre scalini che portano all’ingresso.
Parcheggia e ci fa segno di scendere. Io eseguo con Jonas che piange ancora sulla mia spalla, Tom intanto suona un campanello. La porta si apre e saliamo fino al secondo piano della casa, lì troviamo una porta dipinta di nero e Ava sulla soglia che ci aspetta.
Ci guarda confusa.
“Cosa ci fate qui e come mai JoJo piange?”
“Siamo venuti a prenderti e Jonas piange perché mamma è venuta a prenderlo fuori dall’asilo.”
La ragazzina impallidisce vistosamente, torna dentro e poco dopo esce con la zaino e la giacca in mano.
Torniamo di nuovo in macchina e Tom ci porta a casa mia, lì si ferma e ci fa scendere.
“Vado in hotel a prendere le nostre cose, anche a costo di abbattere quei maledetti giornalisti uno per uno.”
Parte sgommando, io lo guardo e poi con i bambini salgo fino al mio appartamento.
Jonas sembra essersi calmato, ma decido che comunque una cioccolata in queste condizioni non può che fare bene a tutti e  tre.
La preparo e la porto in tavola, entrambi sono molto felici della mia idea, io invece ho un dubbio che mi pesa sul cuore.
“Ava, perché ti sei spaventata tanto quando tuo padre ha detto che Jen è venuta a scuola a prendere Jonas?”
“Perché non voleva prenderlo, voleva rapirlo e portalo in California per toglierlo a papà.”
Non ci credo, non può davvero fare quello che ha detto Ava.
“JoJo, cosa ti ha detto la mamma?”
“Che mi avrebbe portato a casa, in California.”
La risposta nel bambino mi fa gelare il sangue nelle vene, che donna terribile!
Non solo abbandona la famiglia per niente, ma pretende anche di riprendersela al suo comando!
Poco dopo arriva Tom, lo aiuto a portare le valigie e poi a mettere via le sue cose e quelle dei bambini. È in quel momento che decido di tirare fuori la questione.
“Ava mi ha detto che Jen voleva rapire Jonas.”
“Ava ha ragione. Il piano di Jennifer era esattamente questo, fortunatamente le ho rotto le uova nel paniere.”
“è una donna terribile.”
“Lo è, ma questa volta darò battaglia e troverà pane per i suoi denti.”
Io rimango un attimo in silenzio, seduta sul letto della camera di Ava.
“Non avresti dovuto darle quello schiaffo, anche se se lo meritava.”
“No, non avrei dovuto, lo userà contro di me, ma ho perso la pazienza.
Non sono riuscito a controllarmi all’idea che potesse togliermi mio figlio, per cosa poi?
Per darlo probabilmente in mano a una serie infinità di baby sitter e tate, non è molto brava con i bambini e poi di sicuro ora deve cercarsi un altro uomo che la mantenga.”
Io annuisco.
Questa sera è un po’ agrodolce, iniziano già i primi problemi, ma sono sicura che insieme ce la faremo.
Dopotutto è questo che fanno le coppie, no?
Risolvere insieme i problemi e cercare di essere felici, nonostante gli ostacoli.

Angolo di Layla

Ringrazio fraVIOLENCE per la recensione.

   
 
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