Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: _Renesmee Cullen_    03/06/2013    8 recensioni
210 a.C., Aurora, principessa Greca, dopo che la sua città è stata saccheggiata dai Romani, viene rapita da questi e scambiata per una ancella. Tra i romani c'è Fabrizio, un generale che mostra da subito un certo interesse per Aurora. La ragazza decide di non rivelare la sua vera identità a nessuno, ma dopo essere arrivata a Roma scopre che non è facile, soprattutto con gli occhi di Fabrizio, che sospetta qualcosa, sempre addosso. Nella Roma Repubblicana, dove la divisione tra classi sociali rappresenta una delle credenze più importanti di tutte, cosa potrebbe succedere se i due si innamorassero?
Dal primo capitolo:
Fabrizio alzò un sopracciglio, ma non disse nulla. Si spogliò invece dell’armatura e rimase a petto nudo. Nel fisico allenato risaltavano le braccia muscolose, le spalle larghe e i pettorali. Dopo poco venne verso di me, e si chinò alla mia altezza.
-Senti… facciamo così... io non prendo in giro te e tu non prendi in giro me, d’accordo? Mi sembra un patto vantaggioso per entrambi.- disse, a un soffio dalle mie labbra, nella sua lingua natale. Iniziai a sudare, ma mi obbligai a rispondere, in un perfetto latino.
-D’accordo.- conclusi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 7 - Una scintilla


 

P.O.V. Fabrizio


 

Il fumo lambiva tutto quello che si trovava intorno a noi e mi impediva di respirare. Vidi la ragazza davanti a me che arrancava per terra, nella speranza di arrivare il prima possibile alla porta di servizio. Non c'era tempo in quel momento per chiedersi perchè avesse cercato di salvarmi la vita: forse, si sentiva in debito con me per tutto quello che avevo fatto per lei. Arrancammo con il busto a terra fino alla porta, ma nel momento in cui avevamo la salvezza davanti, Aurora si fermò, appoggiò il capo a terra e non si mosse più. Cercai di chiamarla, anche se la mia voce era roca:

-Aurora, Aurora siamo arrivati, alzati!- tuttavia la ragazza sembrò non accorgersi dei miei urli. Allungai una mano per scuoterle un caviglia, ma non si svegliò e a fatica cercai di muovermi e di alzarmi. Non mi sarei fatto piegare da un semplice incendio, nella mia carriera militare avevo affrontato situazioni ben peggiori di quella. I postumi degli eccessi della sera precedente, tuttavia, resero lenti ed impacciati i miei movimenti. Non ero solito abbandonarmi agli eccessi, ma la sera prima avevo bevuto qualcosa particolarmente forte ed ero andato a letto con la mente annebbiata.

Misi un piede dietro all'altro e riuscii a toccare la maniglia della porta, che era chiusa. Con non poco sforzo l'abbassai e l'uscio si spalancò. Subito l'aria fresca della notte mi inondò il viso e il corpo, facendomi rabbrividire per il freddo. Respirai una boccata d'aria pulita e tossii forte, liberando i polmoni dal fumo. Mi voltai e vidi che Aurora era ancora accasciata a terra priva di sensi, così senza pensarci un solo istante la presi in braccio e la portai fuori. Davanti ai miei occhi vidi numerose persone che con dei secchi d'acqua si adoperavano per spegnere l'incendio. Vidi mio padre e Antonio, che di trovavano in mezzo alla strada, dirigersi verso di me non appena mi videro uscire dalla Villa, sporco e dolorante mentre andavo in mezzo alla via:

-Fabrizio! Eri ancora dentro casa? Come hai fatto ad uscire? Cosa significa tutto ciò?- chiese mio padre concitatamente indicando Aurora che era inerte tra le mie braccia.

-È stata lei a venirmi a svegliare... sarei morto se non fosse arrivata da me!- esclamai con la voce ancora arrochita e le lacrime agli occhi a causa del fumo.

-Ne riparleremo Fabrizio, ne riparleremo. Adesso porta questa serva al suo posto e aiutaci a domare l'incendio!- il suo tono di voce non ammetteva repliche e sapevo che la questione non era terminata, per lui. Condussi lentamente Aurora da Iginia, che al mio arrivo mi guardò allibita.

-Fabrizio che cosa..?- mi chiese subito, con fare indagatore più del dovuto

-Non c'è tempo per le spiegazioni adesso, Iginia, se Aurora si sveglia falla rimanere alla larga dall'incendio!- dissi, adagiando la ragazza a terra, non trovando altro luogo più confortevole dove posarla. Feci per andarmene, ma Iginia mi fermò all'improvviso dicendo:

-Questa ragazza ti porterà soltanto guai, Generale! Non devi interessarti a lei in questo modo, lo sto dicendo per il tuo bene!- mi disse, facendomi capire che il suo consiglio fosse l'unica cosa giusta da fare, come se lei avesse potuto soltanto immaginare cosa mi passasse nella testa, come se lei avesse potuto comprendere veramente in che situazione mi trovavo io. Nonostante tutto, ero consapevole che ciò che stava affermando era la completa verità, non potevo negarlo.

-Lo so Iginia, lo so...- dissi, con voce quasi inquieta, poi mi voltai di spalle e me ne andai a passo di marcia.


 


 

Il fuoco era stato domato al sorgere dell'alba, dopo circa due ore e non c'erano stati morti perchè tutti nella Villa, al contrario di me, si erano accorti dell'incendio prima che divampasse.

Dopo averlo estirpato fino all'ultima fiamma, ci eravamo accorti che i danni più gravi erano stati inferti solamente alla cucina, ma erano sembrati più estesi a causa del fumo che, la notte precedente, aveva lambito ogni cosa.

Chiuso nella mia camera, respirando a fatica a causa del fumo che ancora avevo nel corpo, non potevo fare a meno di chiedermi il motivo del gesto della ragazza, perchè avesse rischiato la sua vita per salvare la mia. Non dovevo tuttavia indugiare troppo nel pensiero di lei: se l'avessi pensata troppo, l'affetto che provavo sarebbe degenerato. Era soltanto una serva, mentre io ero un generale romano, i miei sentimenti dovevano rimanere consoni alla situazione. Questo però non era facile per me, non quando accadeva che chiudevo gli occhi e vedevo il suo volto con quei meravigliosi occhi azzurri davanti a me, non quando la sognavo di notte e nemmeno quando mi svegliavo con il pensiero delle sue labbra sulle mie. Quel bacio, che forse avevo desiderato dalla prima volta che l'avevo vista, ora mi sembrava uno dei più grandi errori della mia vita. Non dovevo permettere che quel piccolo sentimento per una serva diventasse più grande, che quel desiderio che sentivo di lei sfociasse infine in amore, poiché avrebbe causato sofferenza ad entrambi: era stato uno sbaglio lasciarmi trasportare dalla passione. Dal primo momento in cui l'avevo vista, sola in quel tempio in Grecia, il suo viso dolce e smarrito e il suo corpo snello e sinuoso, mi avevano catturato. Ero abituato ad avere molte donne nel mio letto, come e quando le desiderassi e inizialmente avevo pensato di poter fare così anche con Aurora, ma piano piano, avevo capito che lei non era come le altre, remissive e ignoranti. Aveva un fortissimo senso dell'orgoglio, era una ragazza erudita e in un certo senso, guardando il suo viso, non sarei riuscito a fare nulla per piegarla al mio volere, non quando mi guardava con quello sguardo disarmante e, nonostante tutto, innocente. Una parte della mia mente, inconsapevolmente, voleva indurre quella ragazza ad interessarsi a me, a farle provare quello stesso desiderio che sentivo io fin dal primo momento in cui l'avevo vista. Era forse per questo che avevo deciso di aiutarla e di salvarla da alcune situazioni scomode fin da quando aveva messo piede in territorio repubblicano e, segretamente, anche prima. Ero stato io a chiedere ad uno dei miei servi di seppellire il cadavere di suo fratello, mentre ci trovavamo ancora ad Anticyra.

Durante il ritorno a Roma, quando aveva avuto l'ardore di gettare a terra il baule con le monete d'oro, l'avevo letteralmente strappata dalle grinfie di quel soldato e di mio fratello, che con quella storia non c'entrava niente, perchè la stavano vessando. Avevo lottato con mio fratello, per aiutarla, ma questa era solo una minima parte di ciò che avevo fatto per Aurora.

Quella fatidica sera in cui i sentimenti avevano prevaricato sulla ragione, la ragazza mi aveva chiesto il motivo del mio gesto. Ebbene, nemmeno io sapevo dare una risposta certa a quel quesito. Sapevo perfettamente che mi ero comportato in maniera disonorevole, dicendole quelle cose, ma avevo pronunciato quelle parole perchè, in quel momento, erano le uniche che mi venivano in mente. L'intensione iniziale per cui l'avevo chiamata nella mia stanza quella sera, era la seguente: fin dal primo momento in cui ci eravamo incontrati, era come se il mio sesto senso, ormai sviluppato dopo anni e anni di battaglie, mi diceva che quell'ancella nascondeva qualcosa, che ciò che aveva raccontato a noi romani non era tutta la verità e io avevo intensione di scoprirla. La sua sfrontatezza, il suo orgoglio, la sua istruzione, non erano tipiche di una donna che era vissuta sempre al servizio in una casa signorile. Forse era anche per quello che cercavo di conoscerla meglio che potevo, perchè il mio spirito ansioso di scoprire cose inaspettate mi spingeva a trovare una riposta a tutto quello che non riuscivo a comprendere.

Quando mi aveva fatto capire, forse involontariamente, che quel bacio per lei era stato orribile e che non l'aveva mai voluto, per me era stato come essere colpito da una spada in un combattimento al centro del petto. Non avrei mai confessato i miei sentimenti, non li avrei mai ammessi a nessuno: ero un Generale dell'esercito romano, non avrei mai voluto disonorarmi ammettendo di provare un'attrazione particolare per una serva. Dovevo riuscire a frenare quello che sentivo per Aurora: sapevo che non era amore, anche se mai avevo provato quel sentimento in vita mia, ma dovevo lasciare che si spegnesse come le scintille dell'incendio domato la sera precedente. Se, come era successo nelle cucine, avessi lasciato che quella piccola scintilla fosse lasciata in libertà, sarebbe potuto scoppiare un incendio.


 

Quel pomeriggio, inaspettatamente, qualcuno bussò all'uscio della mia stanza. Mi alzai lentamente dal letto ed andai ad aprire, trovandomi davanti mio padre, con il viso austero e corrucciato.

-Salve, padre.- dissi, titubante, non capendo perchè non mi avesse mandato a chiamare da un servo ma avesse preferito venire lui stesso da me.

-Salve, Fabrizio.- mi disse in tono freddo, più di quanto facesse di solito.

-A cosa devo la tua visita?- chiesi preoccupato, sapendo che quella non era di certo una bella situazione.

-Sono venuto per chiederti, di nuovo, cosa ti sta succedendo, figlio mio!- esclamò concitatamente. Il suo viso divenne paonazzo, strinse i pugni e sebbene l'età avanzata, fui sicuro che avrebbe avuto la forza necessaria a gettarmi a terra con uno schiaffo o un pungo, se avesse voluto. Mio padre, tuttavia, non era propenso a infliggermi punizioni corporali da quando avevo raggiunto la maggiore età poiché credeva che fossi abbastanza maturo per comprendere i miei errori.

-Padre non so di cosa...- iniziai, ma dissi la cosa sbagliata, poiché il senatore si infuriò:

-Hai il coraggio di chiedermi di cosa sto parlando dopo che ti sei fatto salvare da una serva!? Da una donna! Ti rendi conto del disonore che hai arrecato a te stesso ed alla tua famiglia?- prese fiato, ma il suo viso rimaneva dello stesso colore e il suo tono di voce non scendeva -sarai punito per questo, figlio, sarai severamente punito! Hai anche osato uscire da questa casa, con quella donna tra le braccia! Hai lasciato che il disonore macchiasse il tuo sangue!- non riuscivo a controbattere a quanto mi stava dicendo -Cosa diranno di me in Senato? Cosa penseranno i tuoi commilitoni di te? Un Generale che si fa trarre in salvo da una schiava, da una donna! Hai fatto la figura di un uomo che non sa badare a se stesso, che non riesce a svegliarsi di notte solo perchè ha bevuto un po' troppo, ma ti dico, Quinto Fabrizio Galba, che avrei preferito che tu morissi, anzi, che foste morti entrambi, piuttosto che arrivare a tale situazione!- smise di urlare ed io rimasi in silenzio. Sapevo cosa avrebbe preferito mio padre e, se fossi stato lucido, di certo avrei anche io preferito morire più che farmi salvare da una donna. Avrei comunque avuto una morte indegna, solo nel mio letto, perchè non ero riuscito a svegliarmi. Cercai di porre rimedio a quella situazione vergognosa:

-Padre... se fossi deceduto nel mio giaciglio, avrei avuto una morte ignobile. Ora invece, posso cercare di risanare il danno compiuto e avere ancora una morte gloriosa.- dissi, sicuro. Mio padre non disse nulla e dopo poco continuò, sempre ad alta voce ma non urlando come prima:

-Non è finita qui! Ho anche saputo che tu hai osato introdurre nella tua stanza, quella stessa serva che ti ha miseramente salvato, senza il mio permesso! Come hai potuto? Dopo tutto quello che ho fatto per te, dopo averti levato dalla strada quando eri ancora in fasce, dopo averti cresciuto ed educato come se fossi figlio mio, è così che mi ripaghi? In tutti questi anni non mi hai mai deluso così tanto, ragazzo, mai. Te lo ripeto: sappi che sarai punito per i tuoi errori e non lo faccio perchè voglio il tuo male, ma perchè una volta che io sarò morto, sarai a tu a dover prendere il mio posto in Senato e un uomo che non rispetta il mos maiorum (1*) infanga il nome della sua famiglia, del Senato e quello di Roma!- detto questo, si voltò e senza aggiungere altro, con i pugni ancora stretti, uscì dalla camera sbattendosi la porta alle spalle. Mi gettai sul letto, mettendo le mani sul viso: in qualche modo mio padre era venuto a sapere di quello che gli avevo tenuto nascosto, purtroppo, anche se non sapevo chi avesse potuto dirglielo. Avrei voluto tagliare la lingua a tutta la servitù che si trovava in quella casa, ma ormai il danno era fatto e tutte queste cose mi insegnavano a tenere per me e basta i miei segreti e a non essere più così magnanimo con chi non dovevo. Dentro di me però, dopo ore ed ore di riflessione, avevo capito che sarei stato sempre pronto ad aiutare Aurora e che, nonostante tutto, non volevo nemmeno non vederla più. Era solo l'inizio di tutti i miei problemi.


P.O.V. Aurora


All'alba mi svegliai improvvisamente, tossendo, trovandomi stesa a terra, gli abiti sporchi di polvere come i capelli. Mi guardai intorno, non capendo dove mi trovassi e con la vista annebbiata, così mi misi a sedere. Le persone erano riunite in gruppi ed indaffarate a chiacchierare e a spettegolare, probabilmente sugli ultimi avvenimenti interessanti della giornta. In quel momento, vedendo un rivolo di fumo uscire da una casa, ricordai quello che era successo durante la notte, di quello che avevo fatto e come fossi svenuta ad un passo dalla salvezza.

Vidi una ragazza con due grandi occhi castani da bambina e lo sguardo innocente venire verso di me e riconobbi subito Attilia.

-Aurora, finalmente ti sei svegliata!- mi disse, preoccupata. Tossii, il petto in fiamme e Attilia mi scosse per le spalle.

-Come stai, come ti senti?- chiese di nuovo la ragazzina concitatamente.

-Dammi dell'acqua Attilia, dammi dell'acqua- le dissi con voce rauca. Quella, preoccupata, prese con due mani due secchi d'acqua che si trovavano poco distanti, probabilmente lasciati li se fosse servito spegnere qualche scintilla e me ne porse uno. Immersi le mani nell'acqua ed iniziai a bere a lunghe sorsate, quando Attilia mi versò in testa l'altro secchio, bagnandomi da capo a piedi.

-Attilia! Ma cosa...- iniziai, cominciando a tremare per il freddo della mattina e per il vento ghiacciato che colpiva la mia pelle, ormai bagnata.

-Dai tuoi vestiti uscivano dei fili di fumo!- disse, come se non ne avesse mai visto in vita sua.

-Attilia, è normale... ho rischiato di morire bruciata... non vado a fuoco, tranquilla, piuttosto morirò congelata, se non mi porti una coperta o qualcosa!- sbraitai concitatamente, mentre la giovane ancella si guardava intorno senza sapere dove andare. Stavo davvero congelando e di certo mi sarebbe successo qualcosa se non mi fossi scaldata in qualche modo! Attilia si guardava intorno agitata, senza sapere cosa fare:

-L'alloggio della servitù non è agibile per adesso, non si sa dove dormiremo questa notte, forse nel cortile, ma non so dove siano le coperte....- iniziò. Iginia mi vide stessa a terra bagnata d'acqua ed anche lei venne verso di me, confare accusatorio.

-Che cosa state facendo voi due? Vi sembra il momento adatto per fare il bagno o per mettervi a giocare?- chiese, con uno tono che non era il solito gioviale che utilizzava con me.

Attilia le spiegò cosa fosse successo e che la colpa di tutto ciò non fosse mia.

-Adesso te lo tieni!- mi disse e davvero non capivo perchè Iginia, sempre cortese e gentile con me come con le altre ancelle, si stesse comportando in quel modo.

-Più tardi vedremo cosa fare, ora abbiamo problemi ben più gravi da risolvere!- detto questo ci voltò le spalle e se ne andò.

Guardai Attila con fare accusatorio ma mi intenerii: in fondo quella povera ragazza si preoccupava per me. Espressi la domanda che già da un po' mi rimbombava nella testa:

-Attilia... come ho fatto ad uscire dalla Villa? Ricordo solo di essere svenuta e...- non riuscii ad andare avanti, poiché gli avvenimenti seguenti alla mia perdita di sensi mi erano ignoti.

Attilia si guardò intorno e, mettendosi una mano davanti alla bocca, con fare confidenziale si accostò a me e disse:

-È stato il Generale Fabrizio che tra lo sguardo attonito di tutti ti ha portato in salvo fuori dalla Villa! Stai tranquilla però: tutti sanno che sei stata tu a salvarlo, infatti ti hanno vista entrare nella casa ancora in fiamme! Non si fa altro che parlare di te, sei un'eroina che...- come al solito l'ancella si perse in chiacchiere inutili, che non avevo voglia di ascoltare. In quel momento, nonostante tutto, riuscivo solo a pensare che Fabrizio mi aveva salvata dalla morte ancora una volta.


 

Nel pomeriggio quasi tutto era tornato alla normalità: ci eravamo accorti che soltanto la cucina era rimasta danneggiata dalle fiamme e le pareti dell'alloggio della schiavitù erano annerite e dentro si respirava un odore di chiuso e di bruciato. Dall'alloggio erano state recuperate delle coperte, che erano state riposte in un angolo del cortile interno affinchè la servitù si ritirasse lì per quella notte. Una di quelle l'avevo avvolta intorno al corpo, per scaldarmi, in attesa che i miei abiti e i miei capelli si asciugassero. Durante quelle ore, fui affaccendata per aiutare le altre ancelle a mettere tutto in ordine, visto che la Villa era stata lasciata nel disordine più totale. Alcuni degli abiti che erano da lavare che si trovavano nella piccola stanza attigua alla stanza della servitù, si erano impregnati di un odore intenso di fumo e avevamo dovuto fargli prendere aria prima e lavarli più volte poi. Iniziai a tossire e starnutire poco dopo che i vestiti si furono asciugati definitivamente. Sentivo la gola in fiamme e la testa pensate, tuttavia questo non interessava a nessuno e dovevo tenerlo per me: sentirmi male di certo non mi avrebbe evitato i compiti che mi erano stati assegnati.

Mentre stavo portando una cesta di panni asciutti dentro casa per aiutare Attilia a smistarli, su un piccolo corridoio al lato destro, vidi il Senatore che stava parlando concitatamente con il capo cuoco che lo guardava preoccupato.

-Come può essere successa una cosa simile, Gaio? Come hai fatto a lasciare il fuoco acceso in cucina?- chiese concitatamente l'anziano uomo.

-Padrone, non può essere, io controllo molto attentamente la cucina prima di andarmene, proprio per evitare che accadano fatti del genere.- disse il capocuoco sicuro. Durante il periodo che avevo passato in casa di Fabrizio, avevo potuto notare che quell'uomo svolgeva il suo lavoro in maniera molto efficiente e, si poteva quasi dire, amasse cucinare certe pietanze sostanziose e succulente.

-Gaio, dimmi la verità, sono tanti anni che lavori qui e che esegui in maniera egregia il tuo compito, non succederà nulla se confessi di esserti ubriacato e aver lasciato acceso il fuoco... o di non averlo spento ben...- ma il Senatore non riuscì a finire di parlare che il suo servo lo interruppe:

-No padrone, ieri sera ero sobrio, proprio come sono ora. Siamo stati io e Iginia a controllare che tutto fosse apposto. Agli occhi di una persona alcune cose possono sfuggire, non a quelli di due.- e dopo aver detto questo prese fiato e si accertò che il senatore gli stesse prestando attenzione, così continuò -Inoltre io chiudo sempre a chiave la porta della cucina: non voglio che qualche servo affamato si rechi a rubare le scorte o a insozzare il pavimento con le scarpe sudice o, peggio ancora, a distruggere qualcosa. La chiave della cucina è ancora qui, nella mia tasca, dove l'ho riposta ieri sera.- così dicendo la tirò fuori da una tasca della tunica lisa -la porta ieri notte era aperta, così come l'abbiamo trovata questa stessa mattina. Ci sono schiavi e ancelle che possono testimoniare ciò. L'incendio è stato appiccato da qualcuno, padrone, ne sono sicuro!- disse e nella sua voce c'era una nota di forte preoccupazione -Qualcuno attenta alla tua vita o a quella dei tuoi figli! Da troppo tempo a Roma stanno succedendo fatti a strani a voi Senatori, lo sai meglio di me!- il viso del capocuoco era diventato rosso come la porpora.

-Gaio- disse il Senatore con una nota stonata nella voce -sei un servo fidato, non ho dubbi sulle tue parole. Qualcuno è stato pagato per compiere questo atto. Potrebbe essere stata una ancella, un servo, una guardia, chiunque...- Publio Cornelio Galba si guardò intorno e abbassò il tono della voce -per questo ti chiedo un grandissimo favore, Gaio: tieni d'occhio i servitori di questa casa, dirò di fare lo stesso ad Iginia con le ancelle, io per primo mi occuperò delle guardie. La salute di questa famiglia è anche nelle tue mani Gaio, mi aspetto che qualsiasi cosa sospetta tu noti, anche la più sciocca, mi sia riferita.- disse il Senatore.

-Certo padrone, servo questa casa da anni e farò di tutto per aiutarti!- detto questo i due si separarono.

Continuai a camminare con la cesta tra le mani pensando a ciò che avevo sentito: dunque l'incendio non era scoppiato a causa della noncuranza del capocuoco, ma perchè qualcuno lo aveva progettato: qualcuno voleva uccidere la famiglia del Senatore. Persa nei miei pensieri, non mi accorsi di un'ancella che si trovava di fronte a me e la urtai.

-Scusami!- dissi mortificata -non mi sono accorta che c'eri tu davanti a me!- mi scusai. La ragazza, alta e con i capelli castani corti, sorrise calorosamente:

-Non ti preoccupare, tranquilla! Anche io sono molto sbadata!- dopo aver detto questo, si allontanò da me quasi di corsa e da una tasca della veste le scivolò a terra una piccola moneta d'oro che, senza produrre alcun rumore sul pavimento, rotolò fino ai miei piedi. La raccolsi e senza farmi vedere da nessuno, la misi dentro la scollatura della veste: dovevo avvertire Fabrizio.


 

La sera stessa, dopo aver finito tutti i miei compiti, mi recai da Fabrizio di corsa: dovevo fargli assolutamente sapere quello che avevo scoperto.

Bussai alla porta della sua stanza e non aspettai nemmeno che dicesse avanti, perchè entrai. Lo trovai steso sul letto, a petto nudo, mentre contemplava il soffitto. Arrossii improvvisamente e fissai il mio sguardo a terra.

-Aurora... cosa ci fai qui?- mi chiese curioso, ma tranquillo. Mi guardai intorno cercando di non fissare il suo torace muscoloso che si alzava ed abbassava lentamente.

-I-io ho scoperto delle cose, devo dirti... io...- balbettai, senza dare un senso alla mia frase. Fabrizio alzò un angolo della bocca e disse:

-Calmati, cosa è successo? Vieni a sederti e dimmi tutto- non potendo rifiutare la sua proposta, poiché avevo questioni più spinose da affrontare, mettendo un piede dietro l'altro, arrivai davanti al letto di Fabrizio e molto lentamente mi ci sedetti sopra a gambe incrociate, prestando attenzione che la veste mi coprisse le gambe.

Quella situazione era piuttosto particolare: io e Fabrzio eravamo seduti l'uno di fronte all'altra sopra un letto, come facevamo io e mio fratello quando ci confidavamo i segreti. Non riuscii a non arrossire di nuovo e per evitare il suo sguardo mi misi a fissare le coperte del letto.

-Avanti, sono curioso di sapere cosa hai da dirmi- mi incitò. Sentivo il suo sguardo addosso e proprio per questo non riuscivo a sollevare il mio.

-Poche ore fa, ho saputo che l'incendio è stato appiccato da qualcuno, non è stato un semplice incidente...- iniziai, ma Fabrizio mi fermò

-Se sei venuta per dirmi questo, ti ringrazio, ma arrivi tardi: ho già saputo tutto tempo fa. Me ne ha parlato Antonio...- questa volta lo interruppi io:

-Sono venuta per dirti che ho visto che dalla tasca di una ancella è caduta questa moneta d'oro- dissi e tirai fuori quell'oggetto.

Fabrizio mi guardò pensieroso poi disse:

-Ti è sembrato strano che una ancella avesse in tasca una moneta d'oro?- il suo tono di voce era quasi divertito. Pensava che mi stessi preoccupando per nulla?

-Si, perchè Iginia, quando andiamo a fare compere, ci consegna solo delle monete di bronzo. Ha detto che quelle d'oro sono di immenso valore e non vengono mai lasciate in mano ai servi. Inoltre, solo un uomo importante possiede monete d'oro quindi le possibilità sono due: o ha rubato questa moneta insieme ad altre, o è stata pagata da qualcuno per appiccare l'incendio!- dissi concitatamente e senza volerlo mi ero accostata di più a Fabrizio e il suo volto si trovava ad un soffio dal mio.

-Perspicace deduzione Aurora, ma chi mi dice che l'incendio non l'abbia fatto divampare tu stessa, dopo essere stata pagata? Scusatio non petita, accusatio manifesta (2*)...- disse. Mi stizzii: dopo quello che avevo fatto, aveva anche il coraggio di accusarmi di quelle cose?

-Se avessi voluto appiccare un incendio non credi che il mio scopo sarebbe stato quantomeno quello di uccidere un membro di questa famiglia? Se così fosse ti avrei lasciato bruciare tra le fiamme e non avrei rischiato la mia vita per salvare la tua!- esclamai indignata. A differenza di Fabrizio, che tutte le volte che mi aveva aiutata l'aveva fatto sempre in maniera quasi segreta, senza mai insistere sull'argomento con me, io gli avevo rinfacciato il mio gesto senza pensarci due volte: come poteva credere una cosa simile?

Il Generale abbassò lo sguardo, colpevole e sussurrò:

-Hai perfettamente ragione... non ti ho nemmeno ringraziato per il tuo gesto... le tue informazioni mi sono davvero utili, farò rapporto a mio padre...- il suo tono di voce sembrava triste e mi sentii responsabile per quanto avevo detto.

-Non devi ringraziarmi, è il minimo che io possa fare per sdebitarmi dopo tutto quello che tu hai fatto per me...- ma non riuscii a terminare la frase poiché iniziai a tossire convulsamente

-Aurora, cosa ti sta succedendo?- chiese Fabrizio, quasi preoccupato.

-Mi è stato tirato un secchio d'acqua addosso, è tutto di oggi che lavoro con la veste bagnata, anche se ora si è asciugata e credo che mi abbia fatto male. Anche i capelli erano tutti bagnati, prima- ripresi a tossire, questa volta più forte di prima.

-Credo che tu abbia preso solo una brutta freddura. Fatti dare da Iginia qualche tisana, o puoi comprarla al Foro se riesci- mi disse. Io annuii, la testa pesante. Fabrizio notò la mia espressione e vide che i miei occhi erano lucidi.

-Hai la febbre?- mi chiese. Io scossi la testa, non mi sentivo poi così male, ma Fabrizio si accostò a me e posò le sue labbra sulla mia fronte. Rimase così per un po' mentre io restavo immobile senza spostarmi di un'unghia.

-Credo che tu abbia un po' di febbre, non puoi dormire al freddo sta notte... aspettami qui, torno subito- scese dal letto e se ne andò dalla camera. Con la testa pesante mi stesi un attimo sul giaciglio morbido, ma non appena posai la testa, involontariamente mi addormentai, proprio sul letto di Fabrizio.



Note dell'autrice
 

(1*) Il “mos maiorum”, letteralmente è il “costume degli avi”: un insieme di credenze secondo cui si basavano i comportamenti dei romani degni di essere definiti tali

(2*) “scusatio non petita, accusatio manifesta” detto latino che significa “una scusa non richiesta, esplicita una colpa”

Buonasera a tutti! Buon inizio settimana!
Mi scuso per non aver postato ieri, ma come avevo già anticipato nel capitolo precedente, ho avuto dei problemi in famiglia e non ho potuto aggiornare ieri. Fortunatamente tutto sta migliorando, quindi vi assicuro che Domenica prossima sarò puntuale con il prossimo capitolo! (anche perchè finisce la scuola ed avrò molto tempo per scrivere!)
Passiamo al capitolo: ecco qui il tanto atteso POV di Fabrizio... spero vivamente di non aver deluso nessuno di voi e di aver soddisfatto le vostre aspettatice, chiarendo i vostri dubbi! Se così non fosse, fatemelo sapere, provvederò con piacere a rispondere a tutte le nostre domande e a chiarire ciò che non avete capito! Chi sarà stato ad appiccare l'incendio? Per ora non ci è dato saperlo! Vi lascio con la foto della nostra piccola Attilia
Grazie mille per la pazineza che avete dimostrato, aggiornerò Domenica
un saluto,

_Renesmee Cullen_



Image and video hosting by TinyPic


 

  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _Renesmee Cullen_