Buonsalve a tutti.
Innanzitutto,mi vorrei
scusare con
voi,perché avevo detto che avrei aggiornato la settimana
scorsa,ma non l’ho
fatto.
Quindi,per la vostra
(spero)
felicità,aggiornerò oggi e sabato pomeriggio.
So…ENJOY!
Solo
un altro po’. Devo solo continuare un altro po’.
La
mia gamba continua a spingere,e sento i crampi attanagliarmi quella
sinistra.
Mi
guardo indietro. I miei avversari stanno per raggiungermi.
No,non adesso. Ti
prego,piccola stella,fammi vincere.
Si,lo
so che è stupido pregare uno skate di far vincere chi ci sta
su.
Beh,se
proprio vogliamo essere sinceri,è ancora più
stupido chiamare il proprio skate
“piccola stella”,ma d’altronde…
Ti prego,ti prego,ti prego.
Poi,finalmente
lo vedo. Il traguardo.
Ignoro
il pericolo,ignoro i capelli in faccia,ignoro i crampi.
Ignoro
tutto.
Siamo
solo io,la velocità e lo skate.
“Forza,piccola.
Ci siamo. Ancora un piccolo,piccolissimo sf-“
Non
faccio in tempo a finire la frase,che sento un forte spostamento
d’aria intorno
a me,e la mia faccia assaggia per l’ennesima volta il sapore
dell’asfalto.
No…
“Ma
porca puttana!”. Batto violentemente il palmo della mano
sull’asfalto,prendendomela con la sfortuna e con la mia
scarsa capacità di
sopportare il dolore.
Sento
l’arbitro fischiare la fine della gara,segno che qualcuno
è già arrivato prima
di me.
Vengo
evitata fortunatamente dagli altri concorrenti,che mi sorpassano non
degnandomi
neanche di uno sguardo. Che stronzi!
“Beh,sai
com’è,stanno
partecipando ad una gara…non è che possono andare
in aiuto a tutte le
madamigelle imbranate,che ad un solo metro dal traguardo perdono
l’equilibrio e
si spiaccicano la faccia per terra”
Ecco,la
mia solita,vecchia,cara e merdosa coscienza.
“Una gara a cui tu non
avevi
il permesso di partecipare,o sbaglio?”
Ma
va’ a quel paese!
Mi
rialzo furiosamente da terra,e incomincio a cercare il mio skate. Deve
essere
scivolato via quando sono caduta.
Lo
vedo pochi metri dopo il traguardo. Lo prendo in mano e lo esamino
attentamente.
Nessun
danno.
Almeno non l’hai rotto
come
l’altra volta.
Taci!
Una
piccola folla si raduna intorno all’arbitro,che sta per
annunciare colui che ha
vinto.
“E
il vincitore…” . L’arbitro incomincia la
fatidica frase.
Inutile che ti illudi Av.
“…dell’ultima
gara di skateboard di Settembre…”
Che pena. Tutte le tue
speranze buttate al vento. Dovevi chiudere in grande stile,e
invece,lasciatelo
dire,ti sei sfracellata al suolo come una pera cotta!
“…della
città di Napanee…”
Non
puoi essere tu.
“…è…”
Non
sei tu. Non sei tu. Non sei tu.
“…Avril
Lavigne! “
Sono
io! Sono io! Sono io!
Si!
Si! Si!
Ma,aspetta…sono
io?!
Mi
avvicino confusa
all’arbitro,chiedendomi se non avessi sentito male.
“Ehm…signor
arbitro,ci deve essere
stato un errore,perché io sono caduta a pochi metri dal
traguardo. Per quanto
mi piacerebbe esserlo,non sono io la vincitrice” dico
dispiaciuta.
“Sei
tu Avril Lavigne,registrata
regolarmente con lo skateboard numero 4?”
“Si,ma…”
“Allora
nessun errore. Il
regolamento dice che deve essere dichiarato vincitore il proprietario
dello
skate che supera per primo il traguardo. Non dice però che
la persona deve
esserci sopra quando lo fa. Quindi,tecnicamente,
nonostante tu abbia fatto notare a tutti quanto la forza di
gravità abbia avuto
effetto su di te,hai vinto. Complimenti!”.
Detto
questo,mi prende il braccio
destro e me lo solleva in aria,nel più classico dei gesti
per dimostrare la
vittoria.
Io,dal
canto mio,comincio a
saltellare in aria battendo le mani e gridando:”Alla faccia
vostra,alla faccia
vostra!”
Finisco
il mio piccolo
teatrino,quando mi accorgo che gli sguardi di tutti sono puntati su di
me.
Non
sono sguardi esattamente
normali,sono più sguardi che si rivolgono a una povera
decerebrata che invece
di essere chiusa in una casa di cura,è ancora in piena
libertà.
“Ehm…si,insomma,grazie
per i
complimenti,signor arbitro”.
“Di…nulla,immagino”
dice inarcando
un sopracciglio. “Questi sono per te”
aggiunge,allungandomi i miei meritatissimi
500 dollari.
“Grazie.”
Sono così felice,che mi
verrebbe quasi voglia di dargli un
bacio. Quasi.
Afferro
i miei soldi e non ci
penso due volte ad infilarmi sotto i piedi lo skate e a dirigermi verso
casa.
Ho
vinto! Ho vinto! Ho vinto!
Ancora
non riesco a crederci.
Durante
il viaggio di ritorno mi sembra addirittura di volare per la
felicità
Raggiungo
in fretta casa mia,o meglio casa di mio
padre/poliziotto-sono-autorizzato-a-farmi-i-cazzi-tuoi-perché-non-hai-ancora-18-anni.
Uffa,però,io
di anni ne ho 17. Un anno in più,un anno in
meno…che differenza fa?!
Sto
per suonare il campanello,ma inaspettatamente Jean-Claude mi anticipa.
Chiamo
mio padre per nome perché mi è difficile
chiamarlo “papà” dopo la separazione
da Judy,mia madre. Certo,lei era e rimane una grande stronza,ma forse
non l’ho
ancora perdonato totalmente per non aver provato abbastanza ad
aggiustare le
cose con lei.
“Ehilà”
gli dico con un cenno della mano.
Lui
richiude la porta con una certa violenza e si gira completamente verso
di me.
È
particolarmente rosso in faccia. Deve essere successo qualcosa di
brutto.
“Avril…Ramona…Lavigne”
dice,diventando se possibile ancora più rosso.
Oh
oh. Guai in vista. Non è mai un buon segno quando usa il mio
nome
completo. Cazzo.
“Jean-Cl…ehm,papà”
dico usando il tono più smielato che posso fare
“è
successo qualcosa?”
So
già la risposta,e ho una piccolissima
sensazione che questa cosa centri con me.
“Non
lo so. Dimmelo tu.”
Ok.
È ufficiale. Non solo questa cosa centra con me,ma in
qualche modo,ancora a me
sconosciuto,ha fatto in modo che mi ritrovi nella cacca fino al collo!
“Dove
sei stata?” mi chiede col suo tono da
poliziotto-ti-sto-interrogando.
Decido,non
so se per il mio bene o per il mio male,di non rispondere.
“Ti
ho fatto una domanda. Rispondimi”. Si passa la mano tra i
capelli,segno che è
nervoso,e giustamente,la parte migliore
di me decide che è quello il momento di venire fuori.
“Perché,se
non lo faccio che fai,mi sbatti in cella?”
“Avril…”.
Intravedo leggermente pulsare la sua vena sul collo. Ok,devo
disattivare la
modalità sarcasmo.
“Te
lo ripeto per l’ultima volta. Dove..sei..stata?”.
Questa volta,ed è per il mio
bene più assoluto,ne
sono
certa,decido di rispondere.
“I-in
biblioteca,come ti avevo detto prima di uscire.”
“In
biblioteca,certo. Perché,tu andare ad una gara clandestina
cercando di stare in
equilibrio su quel coso a due
ruote,lo chiami andare in biblioteca?!”
Bene,se
prima intravedevo leggermente la
sua
vena pulsare,adesso è la prima cosa che salta ai miei occhi.
L’unica
cosa a cui riesco a pensare è: MERDA!
“Papà
io…”
“No,papà
un cazzo,signorina. Vai subito in camera tua e non uscire fino a
domani!”
Beh,mi
è andata alla grande. Almeno non mi ha tolto lo skate.
“Oh,a
proposito…questo è sequestrato!”. Che
cosa avevo appena detto?
“Ma…ma…tu
non puoi farmi questo. Tu non…”
“Oh
si,che posso,l’ho appena fatto.”
Respira
Avril,respira.
“Quando
lo riavrò?”
“Uhm…vediamo…dai
30 anni in su?” chiede,buttandomi addosso tutta la sua rabbia.
“AAAAH,sei
insopportabile!”. Grido anch’io ormai. La calma è andata a farsi
fottere.
“Vai…in…camera…tua!”
“Con
immenso piacere!” ribatto pronta,salendo le scale e sbattendo
la porta con
tutta la violenza possibile.
Mi
stendo sul letto e comincio a piangere.
Lacrime
e singhiozzi mi scuotono da dentro,liberandomi da tutta la frustrazione.
Il
mio skate non è solo un coso
a due
ruote su cui stare in equilibrio. È tutto quello che ho al
mondo,insieme alla
mia chitarra. Non mi separerei mai dalle mie migliori amiche.
Poi
però,torna la lucidità.
Come
ha fatto mio padre a sapere dov’ero veramente?
Non
ho visto né agenti né volanti della polizia in
giro,quindi qualcuno che ne era
a conoscenza deve averlo spifferato a Jean-Claude.
Ripenso
mentalmente alle persone a cui l’ho detto.
No…non
può…lui…non può
avermi fatto questo.
Maledetto!
Lo
sconforto lascia velocemente,molto velocemente
il posto alla rabbia.
Prendo
il cellulare e apro un nuovo messaggio.
“Sei veramente un grandissimo stronzo se hai
raccontato tutto a mio padre.
Sappi che non ti parlerò
più,e ti odierò a partire da questo momento per
il resto della mia vita.
Con tutto l’odio
possibile.
Avril”
Scorro
la rubrica fino alla D. Clicco.
Il messaggio è stato
inviato
a: Deryck
L’unica
cosa a cui riesco a pensare è: MALEDETTO.