Libri > Black Friars
Ricorda la storia  |      
Autore: Hymn    03/06/2013    1 recensioni
Julian Lord ostentava con aria decisamente soddisfatta ed il suo solito sorriso la Chiave d'Oro appesa al suo collo da una catena dalla fine maglia dorata, tra i fischi ammirati dei fratelli Sinclair e delle ragazze Mayfield.
Partecipa al Verbum de Vero Contest, indetto da Il Presidio - Black Friars (Facebook)
Genere: Avventura, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Julian Lord, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Partecipa al contest "Verbum de Vero", indetto da Il presidio - Black Friars (pagina Facebook).


Il bacio della morte dovrà attendere

 


Quell'anno l'inverno sembrava essere particolarmente rigido. La Vecchia Capitale era sferzata da gelide raffiche di vento, che spesso e volentieri accumulavano nel cielo sovrastante i vecchi e consunti tetti degli edifici enormi nubi bianche, che non tardavano a riversare sul paesaggio sottostante centimetri e centimetri di soffice neve.

La gente che camminava lungo le strade della città non poteva far altro che stringersi nei mantelli, indossando sciarpe e guanti per ripararsi dal freddo, i colletti degli abiti sollevati a coprire anche la bocca.

Le persone più anziane sembravano concordi nel dire che un inverno così freddo non si vedeva da almeno quarant'anni, e le nevicate non erano mai state così frequenti e fitte come quell'anno.

A causa del freddo pungente molte persone erano morte, soprattutto i delinquenti del Canale dei Fraticelli, obbligati talvolta a dormire per le strade, ma nessuno pareva far caso ai reietti della società, segregati e dimenticati completamente dalla rimanente parte della popolazione della Città.

Solo le strade principali erano tenute sgombre da persone volenterose armate di vanghe, che accumulavano la neve ai cigli delle strade, riuscendo anche con qualche carro a scaricarne diverse decine di chilogrammi direttamente nel fiume, dove l'acqua non riusciva a gelare se non lungo la riva, solidificando in una lastra di ghiaccio spessa pochi centimetri, ma abbastanza solida da permettere agli studenti più intrepidi di camminarci sopra.

E, nonostante il freddo ed il vento, decine di studenti si divertivano come bambini nel creare veri e propri campi di battaglia, specialmente nelle piazze principali della città, che venivano abbandonate in massa dalle persone che vi sostavano alla vista di gruppi di quattro o cinque decine di studenti che vi si dirigevano rapidamente, chi con la feluca, chi con un più comodo berretto di lana, ma tutti con l'uniforme del Collegio di Appartenenza.

Sembrava che l'inverno e quella massiccia quantità di neve avessero portato anche all'interno delle aule e nei docenti, generalmente rigidi e severi, una certa propensione a lasciare agli studenti pomeriggi di libertà, anche perché, troppo distratti da quel panorama, finivano per accalcarsi alle finestre inneggiando cori di protesta contro i Domini.

Quell'atmosfera un po' chiassosa e decisamente allegra aveva contagiato più o meno tutti, persino dentro le mura dei vari Ordini della città.

Anche gli adepti dell'ordine della Croce, da sempre i più seri insieme all'ordine della Spada, parevano risolversi in risate gioiose e modi di fare più infantili, probabilmente a causa della neve, ma sicuramente anche a causa della futura paternità di Gabriel Stuart. Correva voce, infatti, che la giovane Sophia Blackmore ormai ventitreenne, fosse incinta.

Il matrimonio combinato con Stuart era stato celebrato subito dopo il compimento dei suoi diciotto anni, come pianificato dal suo tutore, Bryce Vandemberg che, da quella data, aveva rischiato la vita, più o meno seriamente, almeno un centinaio di volte, superando il suo record di quattro decessi al mese.

I Blackmore avevano accolto con gioia la notizia della gravidanza di Sophia, specialmente Ashton, redivivo bellissimo di oltre quattrocento anni.

I suoi occhi color ametista si erano illuminati di gioia a quella notizia, e parve dimenticare per qualche istante secoli e secoli di sofferenza.

Anche Cain, il più giovane e biondo Blackmore, fratello di sangue di Sophia, accolse con piacere la notizia della gravidanza della sorella, senza farsi sfuggire ovviamente commenti sarcastici sulle prestazioni sessuali del giovane capitano. La ragazza avvampò a quelle tanto fastidiose quanto ironiche domande, scuotendo la mano con fare distratto e suscitando in Adrian Blackmore una delle sue rare ma fantastiche risate cristalline.

Ma il più felice fu Julian Lord, orfano cresciuto dai Monaci dell'Ordine della Spada; corse via dai locali dello Studium per complimentarsi con la sorella, prendendola in braccio e facendola girare per aria, ridendo.

Tutto sembrava andare per il meglio, per quella cerchia di amici e parenti legati da intrecciati e contorti legami di sangue.

 

* * *

 

Julian Lord ostentava con aria decisamente soddisfatta ed il suo solito sorriso la Chiave d'Oro appesa al suo collo da una catena dalla fine maglia dorata, tra i fischi ammirati dei fratelli Sinclair e delle ragazze Mayfield.

Era riuscito dopo anni di studio a coronare il suo sogno. Non era diventato Duca della Chiave alla stessa età di Axel Vandemberg, suo idolo fin dai giorni da matricola, ma neanche aveva veramente sperato di diventare a propria volta il più giovane Duca mai esistito.

Gareth Eldrige aveva lasciato la carica per naturale termine del mandato, e il successore fu scelto non troppo tempo dopo.

Julian era il candidato più papabile tra tutti i possibili personaggi che aspiravano veramente al titolo. Ma il giovane Lord aveva qualcosa di particolare.

Era prima di tutto referenziato da Axel Vandemberg, nonché amico fidato del più giovane rampollo, Jordan. Altrettanto era ben visto dallo stesso Gareth, per la sua spiccata dote di infrangere le regole e soprattutto per la sua capacità di trovare scappatoie anche dove sembravano non essercene. Ne era certo, merito di numerose fughe dalle grinfie degli studenti anziani ai suoi tempi da matricola.

E proprio come studente anziano il giovane Lord aveva sempre cercato di coprire le matricole più inesperte, a meno che la loro colpa non fosse evidente anche ad un cieco.

Ricordava bene, infatti, le fughe in compagnia della sorella e di Jordan, le feluche calate sui loro visi, per sfuggire alle ferree regole dello Studium e cercare un po' di libertà nelle serate in compagnia dei gemelli Sinclair, con Cain che copriva Sophia, soprattutto con i Blackmore. Da quando si era scoperta erede al trono di Altieres, ovvero ultima discendente vivente con i diritti di ascesa al trono, la sua vita era cambiata, e non in meglio, per certi aspetti.

« Julian, ce l'hai fatta! »

Fayette parlò con voce estasiata, come la maggior parte delle volte in cui si rivolgeva al giovane Julian e a Jordan, e il ragazzo ridacchiò, scuotendo la testa con fare divertito.

« Vero, ma non è tutto merito mio. »

Si rigirò tra le mani il coltello con cui infilzò poi l'ultimo pezzo del dolce che aveva davanti, portandoselo alle labbra.

« Modesto il ragazzo! » urlò Justin, seguito a ruota da Drayden, palesemente alticci, entrambi. Caroline ed Alexandria li guardarono male, intimandogli con lo sguardo di far silenzio, ma i due ignorarono allegramente le occhiate omicide delle cugine, fingendo di fare a cazzotti.

« Se ci fosse Sophia avrebbe già alzato la voce. »

Il commento acido di Caroline fece voltare Justin che, per quel piccolo istante di distrazione, ricevette in piena faccia il pugno sferrato da Drayden.

Capitolò all'indietro, battendo la schiena a terra e rovesciando la sedia.

Julian e le tre Mayfield ammutolirono, e prima di essere scacciati, si affrettarono a far uscire Drayden, lanciando qualche moneta d'oro all'oste della Luna Piena, dirigendosi in strada.

Non ci volle molto perché Justin riemergesse dalla Locanda, correndo verso Drayden ed entrando in scivolata, ricambiando al gemello la schienata a terra.

« TI AMMAZZO! »

L'urlo di Justin fece ridere Julian, e le tre Mayfield scossero la testa, fissando con aria disinteressata Drayden che incassava una ginocchiata nell'addome e sferrava per tutta risposta una gomitata sul petto di Justin.

Fecero correre pochi altri istanti, e Julian si diresse verso i due contendenti, afferrando Justin per la collottola ed allontanandolo di peso da Drayden, attento a non farsi colpire.

« Adesso basta, che ne dite? »

Ridacchiò, e mollò la presa quando si accorse che Justin lanciava al gemello solamente occhiate omicide, spolverandosi i vestiti con le mani.

« In Caserma chiudiamo i conti. »

Drayden ringhiò appena, per poi avvicinarsi al gemello e avvolgergli le spalle con un braccio.

« Come vuoi, fratello, tanto vincerò io! »

Justin scosse la testa e rise. « Lo vedremo. »

Julian e Fayette risero a propria volta, mentre Caroline ed Alexandria osservavano con aria di sufficienza i due gemelli. « Non imparerete mai, voi due. »

Alexandria sbottò, ricevendo in cambio due sguardi e due sorrisi divertiti.

« Suvvia! » - commentarono praticamente in coro - « Se non fosse per noi, le riunioni di famiglia avrebbero sempre la stessa, monotona piega!»

 

* * *

 

« Dovresti sfruttare di più la tua influenza, Duca. »

Una voce roca lo fece sorridere divertito, e semplicemente piegò la testa all'indietro, poggiando la nuca allo schienale della poltrona.

Si ritrovò quindi a fissare due occhi azzurri come zaffiri, e poi per intero un corpo asciutto e muscoloso, agile e scattante, con solamente un asciugamano in vita.

« Ciao Damian. » Julian ridacchiò quando lo vide avvicinarsi, un sorriso interessato e sfrontato sulle labbra.

Aveva conosciuto Damian al momento del suo ingresso nell'Ordine della Chiave, ormai quasi sette anni prima. L'aveva fin da subito notato, difficile non notare un vampiro delle sue fattezze.

Alto, dal fisico asciutto ma possente, gli occhi di un azzurro così intenso da far impallidire anche il cielo di giorno. Sapeva già chi era, aveva sentito Axel parlare di un certo Damian Assange con chissà chi, quelle volte in cui si trovava alla Residenza di Famiglia dei Vandemberg.

Ma, ritrovarselo davanti, era qualcosa di molto più particolare.

Grande amico di un precedente Duca, Rafael Valance, apparteneva alla stirpe di sangue Lancaster, celebre per aver generato vampiri mentalmente instabili.

Ma Julian era certo che Damian fosse tutto meno che pazzo.

Fin da quando lo aveva conosciuto si era sentito esposto, come se lo sguardo di Damian potesse carpire ogni segreto che conservava nel corpo e nella mente.

E, con il tempo, aveva finito per diventarci amico, ascoltando i suoi consigli riguardo l'Ordine e tollerando le sue infinite avance, molto più pazientemente di quanto facesse Axel.

Ricordava le fantasticherie delle ragazze, al Collegio, riguardo una possibile relazione tra Damian e Rafael, con la convinzione che “due uomini così affascinanti sarebbero tremendamente sexy, insieme”.

E, si ritrovò a pensare, Damian era seriamente una persona affascinante, seppur vampiro. Più volte si era ritrovato a pochi centimetri da lui, accorgendosi della strana attrazione che il vampiro sembrava provare per lui. Ne era sia affascinato che quasi turbato.

Non aveva mai pensato ad un uomo in modo diverso dall'amicizia, ma con il tempo si era trovato a fantasticare, colpa anche dell'influenza di Damian, a loro due.

Scosse di nuovo la testa, tornando in sé, quando si accorse che Damian si era vestito e gli si era comodamente seduto sulle gambe, afferrando il suo viso con una mano, il pollice a carezzare le labbra.

« Sei attraente, piccolo Julian. »

La voce carezzevole di Damian lo fece sospirare, ed incrociò il suo sguardo azzurro con il proprio, marrone.

« Non sono interessato, Damian. »

Damian sospirò con fare affranto, facendo scivolare un dito sul collo di Julian, e quest'ultimo bloccò – o per meglio dire, Damian acconsentì a tale costrizione – il polso del vampiro con la mano sinistra.

« Peccato... Sarebbe interessante vederti, come dire... » - avvicinò le labbra al suo orecchio, respirandoci piano sopra - « … Al naturale. »

Julian rise, e con una lieve pressione del braccio fece capire a Damian di alzarsi; il redivivo si alzò, con fare teatrale, tendendo poi la mano a Julian. Quest'ultimo la afferrò e, come già si aspettava, si ritrovò stretto tra le braccia del vampiro, di poco più alto di lui. Batté una mano sulla schiena del vampiro, ridendo contro la sua spalla.

« Ti piace così tanto abbracciarmi, Damian? »

Il vampiro sorrise con fare innocente, prima di sfiorare con le labbra la guancia di Julian, causandogli come sempre un piacevole rossore.

« Piace anche a te, Duca. »

Julian sbuffò appena. Effettivamente era contento della presenza di Damian. Da quando era diventato Duca della Chiave era sempre indaffarato, e l'unica persona (non) viva che aveva avuto affianco da allora era proprio Damian, su consiglio di Rafael.

Fu proprio Rafael ad indirizzare Julian dal redivivo, per apprendere tutto ciò che c'era da sapere sull'ordine, visto che Axel era impegnato con gli impegni dovuti dalla sua carica di Principe, e Gareth pareva ormai troppo preso dalla giovane Alexandria Mayfield.

Julian scosse la testa, lasciando una carezza amichevole tra i capelli neri del vampiro, sorridendo.

« Siamo in ritardo, Damian. »

Il redivivo rise, allontanandosi dal corpo del giovane Lord, per poi prenderlo in braccio e saltare dalla finestra aperta dello studio, saltando sui tetti e dirigendosi rapido verso la Locanda della Luna Piena, dove erano attesi per festeggiare il terzo compleanno della figlia di Sophia, che, in onore della madre, era stata chiamata Clarisse.

« La prossima volta prendiamo una carrozza, vampiro pazzo. »

Julian borbottò mentre si stringeva per obbligo di cose al petto del vampiro, coprendosi fin sopra al naso con la sciarpa ed il mantello per ripararsi dal freddo, a cui Damian era indifferente, indossando semplicemente una camicia ed un panciotto sopra di essa.

« Questo metodo è più veloce. »

Soffiò Damian, stringendo la presa delle braccia per coprire maggiormente il ragazzo che pareva sul punto di congelare.

« Sarà più veloce, ma sto congelando. » commentò acido Julian, facendo sorridere divertito il redivivo. « Smetti di lamentarti o prenderò senza permesso il tuo sangue. »

Sussurrò appena al suo orecchio, ridendo. Julian scosse la testa, sbuffando.

« Non sarebbe la prima volta. »

Damian guizzò lo sguardo sul viso semi celato del ragazzo. Aveva colto una strana sfumatura nella sua voce, una sfumatura che non c'era nelle sue precedenti parole. Non era rabbia, né risentimento.

Sembrava qualcosa di più caldo, qualcosa che non sentiva ormai da diversi anni.

 

* * *

 

Quella sera la Locanda della Luna Piena era deserta, se non per un singolo, enorme tavolo posto al centro della sala.

Per quell'evento particolare, il terzo compleanno della piccola Clarisse, i Blackmore si erano impegnati per preparare tutto al meglio.

Sborsando all'oste diverse monete d'oro si erano assicurati di avere in esclusiva il locale per quella sera, e tutto era perfetto.

Numerosi vasi pieni di splendide rose adornavano i tavoli disposti lungo le pareti del salone, i fiori scelti personalmente da Bryce in persona, come testimoniava la perfezione delle piccole composizioni che ornavano anche le targhette segnaposto.

La giovane Sophia sedeva al centro, con la piccola Clarisse sulle gambe.

Gabriel sedeva immediatamente alla sua sinistra, mentre alla destra della ragazza sedeva composto proprio Bryce, gli occhi brillanti di entusiasmo per la propria pupilla che, ormai, era diventata una perfetta donna, nonché madre, nonché futura reggente di Altieres.

Poco per volta arrivarono i gemelli Sinclair, accompagnati dalle cugine Mayfield e da Gareth e Stephen.

Il minore degli Eldrige lanciò a Sophia la sua solita occhiata curiosa, tipica del suo interesse scientifico per le proprietà quasi soprannaturali della giovane, ereditate dalla linea di sangue Blackmore, per metà appartenenti alle creature del Presidio. Sophia gli sorrise con un certo disinteresse, ormai abituata all'idea di poter esser sezionata per puro amore della scienza.

I tre redivivi Blackmore fecero il loro ingresso semplicemente comparendo dalle ombre, ed Ashton si ritrovò a sollevare la piccola Clarisse, facendola sgambettare per aria, un sorriso ad illuminargli i lineamenti perfetti del viso, lo sguardo brillante e felice.

La piccola Blackmore-Stuart sorrise al vampiro, chiamandolo “zio”, facendo ridere anche Adrian, che ricevette da Cain uno sguardo languido e quasi geloso.

Ashton tornò a poggiare la piccola sulle gambe della madre, carezzandola tra i capelli scuri, prima di poggiare le labbra sulla guancia di Sophia.

« Siete splendide, piccola principessa. »

La voce gentile del vampiro pluricentenario fece sorridere la ragazza, che si voltò a guardarlo e lo ringraziò con lo sguardo.

Poi fece scorrere lo sguardo lungo la sala, mordendosi appena le labbra.

« Avete visto mio fratello? »

Domandò con voce contrariata, visto che Julian ancora non si degnava di arrivare. Tutti scossero la testa, e Sophia sospirò. Da quando il fratello era diventato Duca della Chiave era ancor più difficile vederlo.

La sua istruzione su come essere la perfetta principessa era terminata da un po', ma Bryce trovava sempre qualche cosa da farle fare, nonostante avesse raggiunto la maggiore età e si fosse sposata. Una volta provò a declinare il suo invito a tornare alla Serra, e per tutta risposta il Principe lanciò un urlo straziante, accasciandosi al suolo e rantolando qualcosa come “neanche la mia protetta mi ama più”.

Da allora, pur di evitarsi noiose discussioni su quale colore si confacesse alla bara scelta per il funerale dell'occasione, aveva cominciato di nuovo ad assecondare il suo ex, ma neanche troppo ex tutore; quindi, in un modo o nell'altro, il tempo a disposizione da passare con Julian era crollato inevitabilmente a valori molto prossimi allo zero.

Poi, con una raffica di vento gelida, la porta della Locanda si aprì, rivelando proprio Julian, il viso arrossato per il freddo. Alle sue spalle stava Damian, il mento poggiato sulla spalla destra del giovane, gli occhi azzurri che scrutavano con interesse tutti i presenti. Tutti inevitabilmente notarono le braccia del redivivo strette attorno alla vita di Julian, ma quest'ultimo parve non farci caso. Entrò dentro, trascinando letteralmente Damian che pareva non volersi staccare da lui.

Ed il redivivo non degnò di uno sguardo preciso quasi nessuno, se non Sophia e la piccola Clarisse, prima di tornare a far vagare lo sguardo su tutti i presenti senza soffermarsi davvero su qualcuno.

 

* * *

 

La serata fu un tripudio di urla gioiose ed allegre, intervallate da momenti di canto o risate. Adrian Blackmore aveva disposto all'oste di far trovare nella sala un pianoforte che aveva personalmente trasportato quella mattina, prima dell'alba, e insieme a Cain suonò a quattro mani una melodia allegra per i suoi canoni, travolgendo tutti i presenti con le note che si susseguivano rapide, gravi ed acute, riempiendo l'aria e coinvolgendo i ragazzi e le ragazze in balli improvvisati.

I calici si riempirono e svuotarono più volte del loro contenuto, chi di vino, chi di acqua e chi di sangue, e le ore correvano rapide per il gruppo.

Quando la piccola Clarisse si addormentò in collo alla madre, Sophia la lasciò cautamente nelle braccia di Ashton che, con un sorriso felice si congedò dai presenti, sparendo nelle ombre in direzione della Reggenza, nel Borgo di Altieres.

Erano ormai passate le due, e quando i due gemelli Sinclair parvero sul punto di cadersi addosso a vicenda, tanto erano ubriachi, la comitiva decise di interrompere la festa, e far ritorno ognuno al proprio alloggio.

Gabriel e Sophia si incamminarono, seguiti dai due vampiri Blackmore, verso una carrozza, diretti verso la Reggenza. Le tre Mayfield invece, con aria contrariata, accompagnarono i gemelli alla Caserma, accompagnate anche da Gareth e Stephen. Anche se, come era evidente, le tre ragazze potevano farcela da sole. Gareth per cortesia decise di accompagnarle, e Stephen non poté far altro che seguirle, più che altro per evitare al fratello una morte accidentale per esser caduto nella neve.

Julian seguì il gruppetto con lo sguardo, sorridendogli in saluto quando li vide svoltare l'angolo. Rimasto da solo con Damian, si voltò verso il vampiro.

« Non intendo saltare di nuovo sui tetti. »

Rise all'idea, l'alcool in corpo che annebbiava la sua mente ed i suoi riflessi. Il vampiro lo squadrò, generalmente avrebbe approfittato di tale situazione per sedurre il malcapitato o la malcapitata, ma si limitò a scuotere la testa.

« Cammineremo, Duca. » soffiò piano al suo orecchio, sfiorandolo con le labbra. Julian si voltò a quel lieve contatto, fissandolo arcigno.

Damian fece un finto sorriso di scuse, simulando una falsa innocenza, e Julian con uno sbuffo liquidò la faccenda, iniziando ad incamminarsi verso la sede dell'Ordine. Aveva delle cose da finire, non urgenti, ma avrebbe preferito terminarle prima della fine di dicembre, così da godersi i primi giorni dell'anno in santa pace.

L'aria fredda contribuì a snebbiare la mente del giovane Duca, abbastanza da camminare il linea retta, ma i riflessi rimanevano ancora lenti, e Damian dovette sorreggerlo più di una volta per evitare che cadesse. Julian rise, asserendo di sentirsi come Gareth, ma Damian non partecipò all'euforia del giovane, bensì lo guardava stranamente serio.

Poi fu un attimo. Un colpo di pistola fece voltare istantaneamente Damian che con un ringhio gettò a terra Julian, per poi fissare il graffio lungo il bicipite, da dove sgorgava sangue che andò a macchiare la camicia lacerata e la neve. In pochi istanti la ferita si rimarginò, la pelle intatta e perfetta come lo era prima. Julian si alzò, la mano alla spada che aveva sotto al mantello.

« Non essere imbecille e scappa, Lord! »

Il ringhio di Damian lo fece rabbrividire, e per la prima volta lo vide veramente sfigurato dalla rabbia. Le labbra scoperte sui canini, estratti dai loro loculi, gli occhi fissi e vigili, i muscoli pronti a scattare. Julian lo guardò per pochi altri istanti, poi, la spada in pugno, iniziò a correre verso uno dei vicoli. Sperava che gli anni passati a fuggire da studenti anziani o da vecchi proprietari di locali inferociti servissero anche stavolta. Poi, di nuovo, vide il suolo innevato arrivare rapidamente verso i propri occhi; istintivamente fece una capriola in avanti, rialzandosi barcollando poco dopo, giusto in tempo per alzare la spada e parare un fendente diretto al fianco destro.

L'uomo che aveva davanti, si disse, sapeva come combattere. Ringraziò mentalmente gli anni di allenamento, intensificati dopo l'attentato a Sophia attorno al periodo delle loro Feriae Matricholarum.

Menò un fendente diretto alla spalla sinistra dell'uomo, quella che reggeva la lama, ma usando il fodero della sua spada parò il colpo, assestando verso Julian un altro fendente. Non potendolo parare il Duca saltò all'indietro, perdendo l'equilibrio a causa della neve fresca, permettendo al suo avversario di far scorrere la lama sulla sua, e facendogliela volar via di mano con una studiata e precisa torsione del polso.

« Scacco al Duca. » sibilò l'uomo, la voce bassa ma divertita, e senza poter far altro Julian provò a scappare, ma l'alcool ed il fallimento giocarono un brutto scherzo al ragazzo. Si mosse in ritardo, ritrovandosi ad urlare con il fianco destro sfregiato dalla lama dell'uomo, che vedendolo cadere a terra in una pozza di sangue che arrossava la neve, rise e fuggì via.

Ma la sua fuga fu interrotta pochi istanti dopo. Il pugno di Damian colpì l'uomo con precisione millimetrica all'altezza del cuore, spaccando le costole che perforarono polmoni e cuore dello spadaccino. Con un rantolo cadde a terra, il sangue che colava dalla bocca, macchiandogli le labbra e la neve circostante. Damian gli sferrò un calcio, accecato dall'ira, facendolo volare diverse iarde più avanti finché non si schiantò al muro, lo schiocco delle ossa spezzate che si riverberarono nell'aria, adesso silenziosa.

« Julian! »

La voce di Damian fece riaprire gli occhi al ragazzo, che giaceva praticamente immobile nella neve. Abbozzò un sorriso di scuse al vampiro, che nel tempo di un battito di ciglia gli si era avvicinato, alzandogli la schiena e premendo la mano sulla ferita del giovane.

L'odore del sangue gli era in quel momento indifferente, troppo preso dalla consapevolezza che non avrebbe fatto in tempo, neanche imprimendo il massimo della forza nelle gambe, a portare l'amico alla Misericordia, per tentare di salvarlo.

« Mi dispiace. »

Sussurrò Julian, tossendo lievemente. Fece per aggiungere altro, ma la voce gli si spezzò e gli occhi girarono all'indietro, coperti dalle palpebre. E, avvertendo il battito del giovane rallentare fin quasi a fermarsi, Damian non poterò far altro che chinarsi su di lui e, così come aveva fatto circa dieci anni prima, preservare con il proprio sangue la vita che si stava spegnendo tra le sue braccia.

 

* * *

 

Erano passati circa due anni da quella sera, e a distanza di due anni la sua capacità di autocontrollo era migliorata notevolmente. L'odore del sangue era sempre appetitoso, e minava sempre la sua fermezza mentale, ma grazie alla severa disciplina praticata sotto la minaccia costante dell'esser preso a pugni da Damian, Julian era riuscito a trattenere la parte istintiva che la sua nuova natura gli aveva conferito.

Dell'umano che era rimaneva tutto. Rimanevano i ricordi, il carattere, le amicizie. Ma la sua Seconda Nascita aveva modificato e reso perfetto tutto ciò che di bello c'era in lui. I capelli rossicci sembravano una vera e propria massa di rame luccicante quando venivano scossi dal vento.

Gli occhi castani avevano assunto la lucentezza tipica delle gemme, e la sorella, nel vederli la prima volta, messo da parte lo shock iniziake per la nuova condizione del fratello, li aveva paragonati a due topazi imperiali. Il corpo, già tonico di suo, aveva acquisito le sovrumane capacità dei vampiri.

La sua capacità di mettersi nei guai, e soprattutto di cercarli, era stata fin troppo amplificata dai suoi nuovi sensi, avvezzo ad un nuovo senso di libertà.

Era limitato a vivere di notte, e la pressione del giorno lo stordiva anche dopo il tramonto, ma con il tempo avrebbe avuto la forza necessaria a rimanere attivo, seppur al chiuso, anche nelle tarde ore del pomeriggio.

Damian ed i Blackmore gli avevano insegnato a cacciare, senza uccidere persone innocenti, scegliendo esclusivamente delinquenti e malintenzionati. I primi tentavi del ragazzo furono una vera e propria catastrofe, non riuscendo a dosare la propria forza né la propria sete di sangue.

Più di una volta fu scaraventato al muro da un irato Damian, ed inerme sotto la forza dell'altro vampiro, fu obbligato a riconoscere i propri errori.

La libertà acquisita con la Seconda Nascita lo inebriava, ed in compagnia di Damian amava correre sui tetti, e più di una volta, accompagnando Cain, portava sui tetti la sorella e la piccola Clarisse, che rideva entusiasta con la sua voce cristallina, molto simile a quella dei parenti redivivi.

Julian Lord, neo vampiro di stirpe Lancaster, continuava a vivere nonostante la Morte lo avesse chiamato a sé. E solo grazie a Damian aveva avuto la possibilità di rinascere, bloccato tra la vita e l'oblio, sfuggito per un soffio all'ultimo bacio che ogni persona al modo non può far altro che temere.

__________
 

Dovrei ringraziare molte persone, al termine di questa oneshot.

Luigi per avermela betata, anzi, per avermi betato decine di pezzi.

A Cristina, perché avrei, senza il suo supporto, mollato tutto.

A Claudia, perché è stronza quanto me.

 

Scherzi a parte, grazie a tutti quelli che hanno letto e sono arrivati fin qui.

Hymn

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Black Friars / Vai alla pagina dell'autore: Hymn