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Autore: Darik    12/09/2004    0 recensioni
Nuova missione in arrivo per gli agenti della Mithril. Ma l'imprevisto è sempre in agguato.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kurz Weber, Melissa Mao
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La fine e l'inizio.'
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MISSIONE DI SALVATAGGIO

Faceva un freddo cane quella sera, e nonostante il suo compito fosse quello di sorvegliare il palazzo, la guardia pensava soltanto a quando il suo turno sarebbe finito e avrebbe potuto finalmente andare a casa per farsi un bel bagno caldo.

Guardò l’orologio e sbuffò rassegnato quando vide che per la fine del suo turno mancavano ancora tre ore.

“Pazienza. Vorrà dire che mi metterò a guardare i palazzi come al solito”.

Si avvicinò al bordo e cominciò a contemplare il panorama notturno, quella gigantesca città brulicante di luci e di vita.

Aveva inventato tre modi per passare il tempo guardando il panorama: o si metteva a contare le luci di ogni singolo edificio, o cercava qualche finestra abbastanza grande e vicina che gli permettesse di spiare le persone dall’altra parte, o infine, tentava di riconoscere le macchine che passavano per le strade sotto di lui.

C’era una tale abbondanza di tutte queste cose nella città intorno a lui, che quelle tre ore sarebbero volate.

Ma le ore non furono le sole a volare, visto che anche un oggetto di piombo, piccolo, appuntito e silenzioso, partito da dietro un condotto di aerazione, volando si conficcò con forza nella testa della guardia, che con un leggero gemito cadde a terra.

Due uomini, vestiti con una tuta nera, un passamontagna e armati uno con una pistola munita di silenziatore e l’altro con un fucile mitragliatore, sbucarono da dietro il condotto, muovendosi agilmente e silenziosamente, presero il cadavere della guardia per i piedi e lo trascinarono dietro lo stesso condotto.

Entrambi avevano anche un grosso zaino che lasciarono lì insieme al cadavere della guardia.

Guardarono l’orologio che tenevano al polso, facendo scattare un piccolo cronometro che scendeva a partire da dieci minuti, da una tasca della guardia presero un tesserino e si diressero verso una porta di colore rosso leggermente illuminata da una lampadina.

Non c’erano serrature, ma solo una fessura, e vi infilarono il tesserino.

Ci fu un ‘bip’ seguito da uno ‘click’ e la porta si aprì da sola.

I due entrarono, scesero una rampa di scala e arrivarono di fronte ad un’altra porta rossa, stavolta munita di maniglia.

Prima di aprirla, uno dei cominciò a spogliarsi, togliendosi passamontagna e tuta, sotto la quale teneva una divisa di colore grigio.

Raccolse la tuta e il passamontagna in un fagotto, posandoli per terra.

Nascose la pistola sotto la maglia della divisa grigia, fece un cenno al suo compagno che gli rispose ok con un altro cenno della mano, respirò profondamente e aprì la porta.

Il corridoio era vuoto, pareti bianche e spoglie in plastica.

Cominciò a camminare con tranquillità, lanciando ogni tanto delle occhiate al suo orologio: stando al cronometro, gli erano rimasti sette minuti per individuare il bersaglio e fuggire, prima che la mancata risposta all’appello di controllo della guardia che avevano freddato, facesse scattare l’allarme.

Dopo aver attraversato altri tre corridoi tutti uguali, nei quali aveva incontrato alcuni uomini vestiti di grigio come lui, raggiunse il suo bersaglio: un laboratorio separato dal corridoio da un muro a vetrata.

Al centro della vetrata, una porta.

Per entrare era necessario digitare un apposito codice su una piccola tastiera che affiancava la porta, e l’uomo cominciò a inserire il codice fornitogli dai servizi di intelligence della sua organizzazione, sperando che non avessero sbagliato.

Ancora una volta, avevano visto giusto, la porta si aprì silenziosamente, e l’uomo poté entrare nel laboratorio, pieno di macchinari molto complessi e di uomini in camice bianco.

La sua attenzione fu attirata però da un oggetto rettangolare, una vasca, al cui interno giaceva una persona, un ragazzo con i capelli biondi bloccato con dei legacci e immerso in un liquido simile all’acqua, ma più denso.

Indossava una tuta nera cui erano collegati dei tubi, e sembrava che stesse dormendo, un sonno molto agitato, ogni tanto il poveretto era preda di convulsioni, espressioni di dolore si disegnavano sul suo viso, mentre due di quegli uomini in bianco si apprestavano a fargli delle iniezioni.

L’uomo guardò di nuovo il suo cronometro: solo quattro minuti.

Aveva dunque un minuto per liberare il ragazzo e altri tre per raggiungere con quest’ultimo il tetto e fuggire insieme al suo compagno rimasto indietro per proteggere la via di fuga.

Rapidamente estrasse la pistola, e prima che chiunque potesse dire ‘ah’, freddò in rapida successione tutti e otto gli scienziati che si trovavano nel laboratorio, colpendoli alla testa.

Si avvicinò alla vasca, estrasse una piccola siringa da una tasca interna e la iniettò nel collo del ragazzo, molto pallido.

Che quasi all’istante si svegliò, e si guardò in giro con occhi confusi e spaventati.

“Coraggio ragazzo, sono venuto per riportarti a casa”.

Il ragazzo inizialmente lo guardò in parte con sorpresa e in parte con sospetto, ma in breve un barlume di decisione apparve sul suo viso, insieme ad un sorriso riconoscente, annuì ed uscì dalla vasca, mentre l’uomo gli staccava i cavi dalla tuta e lo liberava dai legacci.

Il ragazzo barcollava ma sembrava in grado di muoversi senza troppi problemi.

“Muoviamoci!” esclamò l’uomo.

I due uscirono dal laboratorio, e cominciarono a correre verso l’uscita, anche se il giovane biondo aveva bisogno di reggersi al suo salvatore.

Ad ogni corridoio, l’uomo faceva fermare il ragazzo, controllava se la via era libera e poi procedevano.

Stavano rispettando alla perfezione i tempi.

“Bah, sono uomini davvero semplici e prevedibili” commentò un uomo semi immerso nell’oscurità, che guardava da un monitor posto sulla sua scrivania la fuga dell’uomo e del ragazzo.

“Faccio scattare l’allarme, signor Wong?” domandò uno in piedi dietro di lui.

“Non c’è ne bisogno, Charles. Lo sai che ho un metodo infallibile per sistemare i ficcanaso che cercano di rubarmi ciò che mi appartiene”.

Avevano ormai raggiunto tutti e tre il tetto dell’edificio, e l’allarme non era ancora scattato.

Il suo compagno armato di mitra non aveva avuto alcun problema.

Stava andando tutto decisamente molto bene.

I due uomini portarono il ragazzo vicino al condotto d’aerazione, recuperarono i loro zaini e ne tirarono fuori due piccoli oggetti di forma rettangolare lunghi e larghi circa un metro.

Entrambi premettero un pulsante quasi invisibile, e improvvisamente, con un unico scatto, da uno dei due rettangoli si allungò un’ala dal bordo destro, mentre dall’altro l’ala scattò dal bordo sinistro.

Sempre dagli zaini, uno degli uomini prese alcune aste e le montò sotto l’oggetto rettangolare e sotto lo sguardo del suo compagno.

“L’aliante è pronto. Lo useremo per volare fino alla cima dell’edificio più vicino. Da lì scappare sarà uno scherzo”.

“Dai Nora, cosa vuoi che sia un bacio in strada!” incalzò il ragazzo mettendo una mano sulla gamba della sua fidanzata e l’altra intorno alle spalle.

“Piantala Sung. Ho già detto di no. Non mi va che qualcuno ci guardi” rispose la ragazza uscendo dall’auto.

“Ma in questo momento non c’è nessuno. E anche se passasse qualcuno, pensi che gli importerebbe vedere due ragazzi che si baciano dentro una macchina?” ribatté Sung scendendo anche lui dalla macchina.

“Dì quello che vuoi, ma non mi piace sbandierare in pubblico i miei momenti di intimità!”

La ragazza, con una faccia offesa, diede le spalle al fidanzato.

Il quale fece altrettanto , commentando: “Mamma mia, che santarellina che sei!”

Avrebbe potuto capirla se fossero stati in piena città, ma in una zona periferica come quella, chi poteva passare, specie a quell’ora?

Improvvisamente in lontananza si udì il rumore di ruote che stridevano sull’asfalto, e da una curva sbucò un furgone nero con i vetri oscurati.

I due fidanzati fissarono incuriositi quel mezzo, i cui occupanti, aprendo uno sportello laterale, buttarono un grosso sacco nero sulla strada, senza fermarsi.

Il furgone scomparve nella notte con la stessa rapidità con cui era apparso.

“Strano modo di buttare l’immondizia” commentò il ragazzo.

“In effetti…” continuò la ragazza, che notò però uno strano particolare: un oggetto bianco e in alcuni punti rosso che spuntava dal sacco.

Incuriosita si avvicinò.

E qualche istante dopo, un grido di terrore risuonò nella strada.

  
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