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Autore: Lady Po    03/06/2013    8 recensioni
Tormentata per la fine della relazione con Joshua, Leila si ritrova a dover affrontare una nuova grande novità: trasferirsi nell'appartamento del migliore amico del padre, l'affascinante trentenne Seth Douglas, per l'intera estate. Potrà una vecchia cotta adolescenziale trasformarsi in qualcosa di più? L'unico modo per liberarsi di una tentazione è davvero cedervi? buona lettura!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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                  Somebody that I used to know

                                     Capitolo due

                                            Home

Ci sono una spiaggia, un mare cristallino e un sole tropicale.

Ci siamo io –avvolta da un bikini succinto- e un ragazzo. Un uomo a dire il vero. Ha un collo lungo, elegante e non incassato. Spalle forti e vigorose che indicano un’ossatura possente e che terminano in un bacino stretto e ben delineato. Si muove lentamente; ogni passo una poesia scritta con il corpo.  Mi ritrovo a bramarne il tocco, desiderosa di tastarne la consistenza. Lo seguo come ipnotizzata, arrivando a sfiorarlo ma non a destarlo dalla sua passeggiata solitaria. E’ sfuggente eppure non mi arrendo. Lo rincorro a perdifiato, finché sfinita, lo raggiungo. Esattamente come poco prima accarezzo la sua pelle, tuttavia questa volta raggiungo il mio scopo. L’uomo si volta e finalmente riesco a vedere il suo viso. Due occhi blu cobalto mi trafiggono, riportandomi drasticamente alla vita reale.

La sveglia posta sul comodino bianco della mia camera segna le nove del mattino. Facendo due calcoli, ho dormito giusto quattro ore. Tutta colpa di quel sogno, tutta colpa di Hanna che mi ha riempito la testa con le sue cretinate. Se lei non avesse continuato a blaterare per tutta la sera di quanto fosse figo Seth, io non l’avrei mai sognato.

E invece eccomi qua, madida di sudore e frastornata. Un martellante mal di testa a farmi compagnia.

Guardo i miei abiti sgualciti e improvvisi flashback di qualche ora prima mi ritornano in mente. Sono tornata a casa completamente ubriaca, a quanto pare tanto da non avere l’accortezza nemmeno di cambiarmi.

Ricordo alla perfezione la prima parte della serata. Hanna, io e gli altri abbiamo mangiato un boccone in una rosticceria del quartiere italiano.

Il grande assente della serata, come si può ben immaginare, è stato Joshua.

Penso si stesse divertendo con Monique in giro per New York, la grande mela offre tantissimi svaghi alle coppiette.

Ricordo che a un certo punto della serata il pensiero di loro due insieme era talmente lancinante da avermi indotto a  bere ogni sorta di alcolico in circolazione, naturalmente sotto falsa identità. E’ risaputo che in discoteca non servono alcolici ai minori di ventuno anni. Per l’occasione Garret, uno dei miei compagni di classe, ci ha procurato delle false carte d’identità. Il mio nome era Gina Turner; ricordo di aver riso come una matta per la somiglianza fonetica con quello della più famosa Tina.

Il locale era grande e rumoroso, per fortuna gli altri hanno avuto la geniale idea di riservare uno spazio all’interno dell’area privè. L’ultimo ricordo vivido della serata riguarda Hanna e il ragazzo del tavolo a fianco intenti ad amoreggiare, appoggiati a un pilastro portante. Non ho la più pallida idea di come si siano conosciuti, sarà una delle cose che le chiederò non appena ritornerà anche lei al mondo reale.

Nel frattempo, inizio la mia altalenante discesa dal letto. Non è per niente facile tenere l’equilibrio quando la testa e la stanza girano vorticosamente. Quando finalmente riesco a mettere piede in terra ferma, mi accorgo che qualcuno mi sta osservando dallo stipite della porta.

“Papà?” domando, strizzando gli occhi per acuire la vista.

“Sei così ubriaca da non riconoscermi?” mi risponde di rimando, Seth. Ha un ghigno divertito in viso e l’aria strafottente.

“Seth, cosa diamine ci fai qui?” sbotto immediatamente. Lui, assumendo un’espressione da ‘ti ho beccata cara’ risponde semplicemente: “Devo aiutare tuo padre con i bagagli e accompagnarlo all’aeroporto”.

“Non ho speranza alcune di restarmene qui, vero?” chiedo titubante.

“No, piccola. Tu verrai con me, il caso è chiuso” dice, interrompendo il contatto visivo. La fermezza di quelle parole mi provoca un brivido lungo la schiena. Automaticamente mi mordo il labbro inferiore, consapevole che la nostra convivenza non sarà per niente una passeggiata.

**

Sono arrivata nell’appartamento di zio Seth da meno di cinque minuti e già vorrei scappare via a gambe levate. Quest’uomo disconosce l’ordine!

Non è la prima volta che metto piede in casa sua; sono a conoscenza del suo disordine cronico ma non avrei di certo mai pensato di conviverci.

Scansando un calzino, comodamente adagiato nel bel mezzo del corridoio, mi dirigo in quella che suppongo, essere la stanza degli ospiti.

Tutti i miei scatoloni sono accatastati l’uno sopra l’altro senza alcuna sistemazione logica, il mio povero trolley rosa è scaraventato a terra in un angolo polveroso e angusto. Cielo non può assumere una donna delle pulizie? Ora che ci penso, ne aveva assunto una l’anno scorso. Settimane intere di selezioni avevano portato Eva, una studentessa tedesca tutta curve che per arrotondare svolgeva il ruolo di colf. Nemmeno a dirvi com’è finita. La poverina è andata via piangendo disperata perché le aveva spezzato il cuore.

Seth è fatto così. Adora le belle donne, le usa e poi le getta.

Da quando ne ho memoria, non l’ho mai visto frequentare una persona stabilmente.

“Ho riposto le tue cose in questa stanza, spero non ti dispiaccia se non ti cedo la mia” la voce bassa e vibrante mi fa trasalire; per diamine non si usa annunciare la propria presenza?

“Seth..” inizio col dire.

Zio Seth” mi corregge all’istante lui.

“Non sei mio zio” controbatto, levando gli occhi sul suo bel viso.

“D’accordo, mi arrendo! –dice, alzando su le mani in segno di resa- Tuo padre mi aveva avvertito non sarebbe stato facile prendermi cura di una ragazzina” conclude, allontanandosi.

Mio padre. In questo momento rimpiango che non sia qui con me. Lui sì che sa prendersi cura di una ragazzina. A soli trentaquattro anni, è più saggio della maggior parte dei suoi coetanei. E’ la vita che forgia il carattere di una persona, lo asserisce sempre. E’ la stessa cosa che mi ha ripetuto in aeroporto mentre in lacrime lo salutavo.

Ricaccio indietro quel pensiero, appoggiandomi fiaccamente al muro sul quale scivolo fino a sedermi per terra con le ginocchia al petto.

Due ore dopo aver scandagliato e pulito meticolosamente ogni angolo della stanza, mi appresto a disfare i bagagli. Ripongo i vestiti dentro l’enorme armadio a più ante. I trucchi, le creme e i profumi li ripongo invece sopra il grande comò basso e laccato di bianco. Quest’ultimo da un tocco di carattere all’intero ambiente, rendendolo moderno ed essenziale. Penso che Seth abbia avuto buon gusto nell’arredare il suo appartamento.   

Ogni cosa trova magicamente il suo posto e la camera sembra assumere una parvenza femminile, profumata e soprattutto ordinata.

“Wow” è il commento di Seth al mio operato.

Due fossette deliziose affiorano ai lati della sua bocca, rendendomi partecipe del suo entusiasmo.

“Ti piace?” chiedo timida.

“Sì, ti rispecchia tanto. E’ semplice ma non banale, ordinata ma divertente, dalle tinte tenui ma ricche di mille sfaccettature” conclude prima di accarezzarmi delicatamente il viso con le nocche. 

Vagamente scossa replico: “Le cose hanno prospettive sempre diverse, sono gli occhi ad offrirci la giusta visuale”.

“Una frase matura per la tua età, piccola peste” smorza i toni lui, dandomi un buffetto.

Il fatto che continui a considerarmi una ragazzina, mi destabilizza parecchio ma mio malgrado, me ne farò una ragione.

E’ lui a spostarsi per primo mugugnando qualcosa a proposito di preparare la cena. Ricordo all’improvviso di avere già preso un impegno con Hanna ma non faccio in tempo ad aprire bocca che lui è già sparito in cucina.

Qualche minuto dopo lo raggiungo, osservandolo mentre è intento a tagliare a dadini delle zucchine. E’ talmente concentrato da non accorgersi della mia presenza alle sue spalle. Mette sempre tanta passione in tutto quello che fa, lo ammiro per questo.

“Seth” lo chiamo.

“Seth” riprovo, dopo il silenzio ricevuto al primo tentativo.

“Dimmi piccola” finalmente risponde.

“Stasera ho già preso un impegno con Hanna, non posso cenare a casa” dico tutto a un fiato.

Con uno scatto repentino si volge, fissandomi a metà tra il sorpreso e l’accigliato.

“Non mi sembra opportuno che tu esca a fare baldoria dopo ieri sera” dichiara, scuro in viso.

“Ieri era il mio compleanno e avevo tutto il diritto di bere” gli faccio notare.

“No, Leila. Non puoi bere alla tua età. Truffare la legge è un reato”

Da quando in qua si erge a moralista?

“Io esco, ciao” taglio corto.

“Dove credi di andare?” bercia, afferrandomi lievemente un braccio.

“Seth non sei mio padre. Lasciami andare” affermo, fissandolo gelida.

In questo momento il suo viso è una maschera di ferro, mi rendo conto di non avere nessuna speranza di spuntarla.

“D’accordo despota” mi arrendo, digitando velocemente un messaggio di scuse a Hanna.

Il despota mi ha proibito di uscire. Una sorta di punizione per aver bevuto troppo ieri sera. Perdonami, ci rifaremo domani”.

La sua risposta non tarda ad arrivare:

Fossi in te non uscirei mai con uno così in casa. Divertitevi, domani pretendo i dettagli”.

 

ANGOLO AUTRICE: Secondo capitolo sfornato. Che ve ne pare? Iniziano i primi battibecchi e le prime sfuriate. Resisteranno i nostri eroi? Beh lo scopriremo nei prossimi capitoli.. La canzone che da il titolo al capitolo è Home di Michael Bublè!

Approfitto di questo spazio per ringraziare Jess Graphic –cercatela su fb, è bravissima- per il banner della storia. Gli altri ringraziamenti vanno a chi segue, recensisce o anche solo visita!

 

NOTE: La storia è ambientata a New York (anche se è solo da sfondo, non ha un ruolo determinante). In realtà, come ben sapete, in America la maggiore età si raggiunge a ventuno anni (anche se si guida già a sedici).

Io ho voluto riprendere in parte questa legge, per quanto riguarda il divieto di bere per i ragazzi inferiori ai ventuno anni. Per quanto riguarda la maggiore età, ho preferito rifarmi alla legge italiana e dunque fissarla ai famigerati diciotto anni.

   
 
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