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Autore: Laylath    04/06/2013    2 recensioni
"Non ci siamo promessi di coprirci le spalle l'uno con l'altro?"
Non sei mai stato in grado di farlo, Jean Havoc… sin da quando eravamo cadetti…
Fanfict sulle vicende di Breda e Havoc, prima del loro ingresso nella squadra del colonnello Mustang
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Heymas Breda, Jean Havoc, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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“Signore, devo insistere: non si può fumare in ospedale!”
“Mamma mia, infermiera! Non penso di peggiorare le condizioni del mio amico con una sigaretta!”
Queste parole sembravano provenire da veramente lontano, ma nonostante tutto riuscivano a superare la profonda nebbia che lo avvolgeva. Piano piano si accorse che quel limbo dove si trovava si stava diradando e al posto suo si stava facendo avanti una luce sempre più forte, verso la quale era attratto con una forza inarrestabile.
Non potè opporre nessuna resistenza e all’improvviso sentì ogni fibra del suo corpo riprendere consistenza. Come aveva fatto a non accorgersi di essere stato così immateriale in quel posto così strano?
Questo pensiero sparì come era nato e lui si dimenticò di quel limbo grigio e ovattato. Adesso sentiva il suo corpo sdraiato e soprattutto un intenso odore di fumo alla sua sinistra.
… fumare in ospedale… Dannazione, Havoc, ma perche ci devi appestare tutti? Perché non la smetti?
“… la smetti?” chiese Breda con voce debole senza nemmeno aprire gli occhi
“Ha ripreso conoscenza! – esclamò una voce femminile – Vado immediatamente a chiamare il dottore!”
“Ecco brava, – borbottò la voce di Havoc, in tono basso – levati dalle scatole, vecchia megera! Ehi, Breda! Breda, mi senti?”
Sì, Havoc, sento te e quel dannato odore di sigaretta…
Si accorse che quello che aveva voluto dire in realtà l’aveva solo pensato. Con uno sforzo enorme cercò di recuperare il controllo dei sensi e del corpo: dalla mente le parole dovevano arrivare alla bocca. E forse sarebbe stato un bene aprire pure gli occhi, sperando che la luce non fosse troppo forte.
Lentamente sollevò le palpebre, sentendole fastidiosamente pesanti e si trovò a fissare un soffitto bianco con una luce che gli ricordava quella del dormitorio all’Accademia.
 Si sentiva molto stordito e una parte della sua mente pensò che se era in ospedale forse gli avevano dato dei medicinali ed era per questo che si sentiva così.
Ma perché sono in ospedale? Non sento dolore… eppure…oh, la granata!
 “Havoc…?” chiamò con urgenza, girandosi.
Aveva perso i sensi mentre erano in quella trincea, in mezzo alle bombe, con il rischio di morire da un momento all’altro. Anche Havoc era ferito?
“Sono qui, amico mio, – sorrise il biondo, apparendo nel suo campo visivo – è tutto finito”
Breda annuì debolmente, sollevato nel vedere che il suo compagno non era su un letto, ma su una sedia accanto al suo. Provò a muoversi per girare anche il corpo verso la sua direzione, ma subito delle fitte di dolore improvvise lo tormentarono.
“No, non è il caso che ti muova: – lo bloccò gentilmente lui, mettendogli una mano sulla spalla - hai la parte sinistra del torace fasciata ed i punti alle ferite devono restare fermi”
“La granata…” mormorò lui, mentre la scena gli tornava in mente assieme al dolore che quelle ferite gli avevano provocato. Quella maledetta sensazione di aghi che lo trafiggevano.
“Sei stato tre giorni senza riprendere conoscenza. Non sai che fatica per farti trasportare in un vero ospedale e non in quel cazzo di ospedale da campo che c’è al fronte. Ma ci ho pensato io!” quest’ultima affermazione aveva un tono pericolosamente compiaciuto.
“Che… che hai combinato?” Breda chiuse stancamente gli occhi
“Oh, tranquillo. Alla fine questo stupido fronte contro Aerugo deve parecchio alla Squadra Falco… e così sono passati sopra i miei metodi poco ortodossi” sorrise sfacciatamente Havoc
“Voglio sapere… - iniziò Breda, cercando di non agitarsi troppo – che cosa hai…fatto. Da quando ho perso i maledetti… sensi!”
“Va bene, va bene. Ma stai calmo! – sospirò Havoc –Vediamo: hai perso i sensi poco dopo che ti avevo raggiunto. E siamo rimasti almeno altre quattro ore in quel posto prima che arrivassero quei cazzoni delle squadre di soccorso. Credo… uhm… di non essere stato molto gentile con loro mentre ti caricavano in una barella: figurati, avevano anche proposto di lasciarti lì dicendo che non c’era molto da fare”
“Che idioti, eh?” sorrise debolmente Breda
“Infatti: ho fatto loro notare che se non ti portavano subito via da quella trincea mi sarei arrabbiato parecchio e così si sono stati zitti. Poi, all’ospedale da campo stessa storia: i dottori dicevano che non potevano fare molto considerate le tue condizioni… hanno detto che lì non era possibile operarti per quelle ferite. Così dato che era quello il problema ho fatto pressioni affinchè ti si trasportasse qui”
“Pressioni di che tipo?”
“Più o meno le stesse che avevano indotto il conte di Aerugo a seguirci via da Coir”
“Hai… hai minacciato il personale con la pistola…?”
“No, solo quello stronzo di medico che non voleva fare niente per te. Per fortuna poi è arrivato un capitano che, ricordandosi di noi e della Squadra Falco, ha acconsentito al tuo trasporto eccezionale”
Che eri pazzo lo sapevo… ma non fino a questo punto.
Breda riportò lo sguardo sul suo amico e si accorse di alcuni particolari.
“Sei rimasto accanto a me tutto questo tempo, vero?”
“Oh, dici per questa divisa puzzolente che indosso? Ti dà molto fastidio?”
No, non mi hai lasciato un secondo… oh, Jean, sei proprio un’idiota
“E quel sangue… nella casacca?”
“Ne stavi perdendo molto e così l’ho usata per tamponare la ferita… non so quanto possa essere stato igienico, considerato che era già sporca di terra e fango” ammise con un sorriso colpevole lui.
“Ti devo più di un giro di bottiglie, Havoc”
“Ah, lascia stare questa storia… Mentre eri incosciente ho giurato che se ti salvavi avrei rinunciato a tutti i giri che mi dovevi ancora offrire. Si vede che ero davvero stanco, eh?”
“La situazione ti era proprio sfuggita di mano, come sempre…”
“L’importante è averla superata. Coraggio Breda: maggio è alle porte. Guarisci a andiamocene via da questo cazzo di fronte: Aerugo mi ha proprio rotto le scatole”
“Anche a me, Havoc… - sorrise Breda – anche a me”
Sì, basta con la guerra, basta con la trincea. E’ arrivato il momento di finire anche questo capitolo, amico mio.
 
Breda dovette restare altre due settimane in ospedale prima che i medici lo ritenessero abbastanza guarito da poter essere dimesso. Le schegge della granata l’avevano colpito in buona parte del fianco e, pur non ledendo organi vitali, l’avevano portato ad un passo dalla morte. Tuttavia, nonostante questo, il maresciallo riprese le forze in maniera abbastanza rapida.
Così quando il treno che riportava le truppe ad East City partì, c’erano anche lui ed Havoc.
“E così siamo rimasti solo noi due! – sospirò, sistemandosi con cautela nel sedile per evitare che le ferite subissero scossoni – Ancora non ci credo che Denis è stato trasferito a South City”
Il giovane caporale era infatti riuscito ad ottenere un posto al Quartier Generale del Sud: i membri della Squadra Falco erano enormemente contesi.
“A lui conveniva, la sua famiglia abita lì vicino. Sono sicuro che sarà felice: magari riesce anche a trovarsi una fidanzatina e perdere quella benedetta verginità!” sorrise Havoc
“Sei un porco, Havoc. Lo stavi assillando con questa storia di sverginarsi! Lui ha i suoi tempi, lo dovresti sapere”
“E dai! Ventidue anni e non si è ancora portato a letto una ragazza. Ma come si fa?!”
“Sei senza speranze!”
“Tu sei senza speranze! Non ci credo che un paio di mesi fa avevi…”
“Tira fuori di nuovo la storia con Kate e ti anniento!”
“Piano, Breda! Le tue ferite non sono ancora guarite del tutto”
“Lo sono abbastanza per spaccarti la testa contro il finestrino, idiota!”
Havoc ridacchiò e si sistemò meglio sul sedile, spostando pesantemente la sua sacca militare. Breda pensò che si era tornati alle origini, con solo loro due, solido nucleo che ormai era impossibile scindere. Anche se non se lo erano giurato, era chiaro che uno avrebbe seguito l’altro e che avrebbero sempre lavorato insieme.
“Che cosa ci toccherà fare una volta ad East City?” chiese Havoc
“Resteremo a disposizione nel Quartier Generale”
“Credi che avremmo qualche proposta?”
“Se ci sarà, sai benissimo quali condizioni mi sono posto” dichiarò Breda con serietà.
 
“Ah, però! E chi se lo aspettava!” esclamò Havoc con sincera sorpresa
“E’ vero che la guerra è finita da mesi, ormai; – gli fece eco Breda – ma devo fare i miei complimenti al nuovo generale del Quartier Generale dell’Est per l’ottimo lavoro”
Era da più di un anno che non rivedevano quel posto ed era totalmente diverso da quegli edifici semi abbandonati che c’erano durante la guerra. Adesso c’erano squadre di operai che stavano lavorando alla sistemazione di una nuova cisterna vicino al campo di parata, dove diversi soldati stavano compiendo delle esercitazioni.
Tutti gli edifici avevano ricevuto opere di manutenzione e finalmente camminare nei corridoi non era così deprimente. Le pareti scrostate erano state riverniciate; i tubi e i cavi elettrici che pendevano dal soffitto erano stati finalmente nascosti alla vista; le scatole piene di documenti che giacevano abbandonate in varie stanze erano sparite e sembrava che gli uffici fossero di nuovo riempiti da soldati e ufficiali che lavoravano con entusiasmo.
Beh, in fondo è giusto. Amestris si sta riprendendo dalla guerra e così anche l’esercito
“Penso che i regolamenti dei dormitori siano di nuovo in vigore: – sghignazzò all’indirizzo di Havoc. – dovrai rinunciare alle tue fumate notturne”
“Accidenti, penso che tu abbia ragione! – sospirò Havoc – Poco male! Come saliamo di grado e quindi ci aumenta lo stipendio mi cerco una casa per conto mio”
“Tossico… Ah, eccoci arrivati all’ufficio personale”
Entrarono in quella stanza pulita e si diressero alla scrivania dove stava una ragazza che lavorava alacrmente su diversi documenti. Alzò gli occhi su di loro e rimase leggermente sorpresa.
“Siamo appena tornati dal fronte contro Aerugo – spiegò Breda – Dovremmo essere di stanza qui”
“Certo signori, allora compilate pure questi moduli con i vostri dati”
“Accidenti quante scartoffie – sospirò Havoc prendendo in mano quei fogli – la guerra aveva di buono che la burocrazia non rompeva le scatole così tanto”
Ma Breda non rispose: nell’intestazione del modulo aveva finalmente letto il nome del nuovo generale dell’Est.
Generale Grumman, eh? Bene bene, almeno ci sa fare.
 
“Scacco matto!” esclamò Breda, posandosi con soddisfazione allo schienale della sedia
“E che diamine! Di nuovo!” borbottò il suo avversario
“E con questa sono cinque vittorie su cinque. Direi che può bastare”
“Complimenti maresciallo Breda, – ridacchiò qualcuno, mentre lui si alzava – lei è davvero invincibile a questi giochi”
Con un gesto della mano, Breda accantonò quei complimenti e si diresse fuori da quella sala ricreativa. Non giocava più a simulazioni di strategia dai tempi dell’Accademia, ma aveva scoperto di non aver perso per niente la sua abilità, tanto che nell’arco di un paio di settimane era diventato quasi una leggenda del Quartier Generale.
Quelle partite erano un interessante svago contro la monotonia che lo stava attanagliando.
Purtroppo quando hai passato tre anni della tua vita in continuo movimento ed azione risulta difficile riadattarsi ai ritmi più monotoni di un esercito in pace. Ovviamente non si lamentava di questa situazione, ma sentiva la mancanza di quella motivazione che l’aveva accompagnato in tutto quel tempo.
Lui ed Havoc non avevano ancora ricevuto proposte per entrare in qualche squadra. Sulle prime la cosa gli era sembrata molto strana, ma poi si era anche reso conto del motivo: soldati come Denis erano molto ricercati perché pur avendo fatto parte della Squadra Falco, non erano così importanti e potevano facilmente essere adattati a qualsiasi lavoro.
Invece lui ed Havoc avevano una fama che li precedeva: erano le teste d’ariete della Squadra, le punte di diamante e di conseguenza i superiori erano abbastanza riluttanti a prendere due soldati così elitari in un periodo di pace come quello. E quindi a Breda, come al suo compagno, non restava che aspettare ed aiutare altri soldati a portare a termine la manutenzione del Quartier Generale.
“Eccoti qui! – lo raggiunse Havoc, interrompendo i suoi pensieri – Abbiamo un’interessante novità”
“Ah sì?”
“Sì, leggi questa lettera: siamo convocati domani mattina alle otto e mezza. A quanto pare siamo stati richiesti da un tenente colonnello.”
“Roy Mustang – mormorò Breda leggendo quel nome – oh! Sai chi è?”
“No, perché tu lo conosci?”
“E’ l’Alchimista di Fuoco: ne girano di voci su di lui”
“L’Alchimista di Fuoco!? Cavolo, dicono che sia stato una belva ad Ish… che cosa vuoi fare?”
“Sai quali sono i miei principi – dichiarò Breda – Domani andremo a questa convocazione ovviamente. Ma questo tenente colonnello Mustang dovrà convincermi”
“Ed il fatto che sia un alchimista che ha partecipato ad Ishval?”
Voglio guardarlo negli occhi: scoprire se è fiero di essere stato usato come un'arma per compiere quell’eccidio. Nel caso, sbattergli la porta in faccia sarà una grande soddisfazione, anche se questo comporterà dei problemi disciplinari.
“Non lo giudicherò fino a quando non vedrò bene come è fatto. Mi seguirai, Havoc?”
“Beh, voglio vedere pure io come è fatto un alchimista di stato, no?” sorrise lui
 
Era un piccolo salottino quello dove stavano attendendo che si facessero le otto e mezza. Lui ed Havoc stavano seduti davanti a quel basso tavolo, senza parlare. Breda era costretto ad ammettere che, nonostante tutto, era teso da questo incontro e così doveva esserlo anche Havoc. Le loro divise erano in perfetto ordine, persino in quei dettagli che ogni tanto trascuravano.
Forse è da stupidi tutta questa attenzione ai particolari. Ma è comunque una convocazione formale.
Mancavano ancora cinque minuti all’incontro quando arrivò un altro soldato.
“Siete qui su convocazione del tenente colonnello Mustang?” chiese mettendosi sull’attenti, considerato il suo rango inferiore.
“Sì, sergente – annuì Breda, vedendo i suoi gradi sulla spallina – Maresciallo Heymans Breda e lui è il Sergente Maggiore Jean Havoc”
“Sergente Vato Falman! – salutò lui – E’ un onore conoscere due membri della Squadra Falco”
“Oh, dai, non farci arrossire – scherzò Havoc – siediti pure assieme a noi”
“Grazie signore” annuì lui sedendosi davanti a loro.
Breda lo squadrò con attenzione. Era forse alto quanto Havoc, ma molto più slanciato considerata la magrezza dei tratti. Il viso era pallido, dagli occhi curiosamente allungati e incorniciato da corti capelli bicolore.
Nero e grigio-bianco… eppure deve essere massimo sulla trentina. Dove ti sei procurato quei capelli, Falman?
“Ma che hanno i tuoi capelli?” chiese Havoc, con la solita mancanza di tatto
“Sono sempre stati così, signore” rispose Falman con semplicità
“Che? Eh, sono ben strani… senza offesa, chiaramente”
“Nessun problema”
Rimasero in silenzio a fissarsi, mentre l’orologio sopra di loro segnava un minuto alle otto e mezza
Un sergente eh? Di certo anche lui deve essere speciale per ricevere questa convocazione. Forse non avrà servito in un corpo elitario come il nostro, anche perché non mi sembra molto propenso all’azione, ma di certo deve avere notevoli doti.
“Maresciallo Breda, Sergente Maggiore Havoc, Sergente Falman” disse una voce alle loro spalle.
Breda si girò assieme agli altri e vide che a parlare era stata una… era una ragazza, sicuramente più giovane di loro: eppure le decorazioni indicavano il rango di maresciallo, come il suo
“Sono il Maresciallo Riza Hawkeye, assistente personale del Tenente Colonnello Mustang. Se volete seguirmi”
Breda osservava con attenzione quella schiena dritta che procedeva marzialmente davanti a loro. I corti capelli biondi, indicavano che la testa era puntata in avanti, senza abbassare lo sguardo.
Non sei una bambina che sta dietro la scrivania, Riza Hawkeye. Le tue manine bianche hanno gli inequivocabili segni di chi maneggia le armi da fuoco. E sei già maresciallo, nonostante tu sia chiaramente più giovane di me: vuol dire che hai già visto qualche campo di battaglia… Ishval, vero? Avevo sentito che avevano spedito lì anche alcuni cadetti particolarmente promettenti.
Quasi avesse sentito i suoi pensieri, la donna girò leggermente il capo verso di lui. Sotto la corta frangetta bionda c’erano due profondi occhi castani che affrontarono il suo sguardo senza alcuna paura di giudizio.
Ti sei bruciata con quelle sabbie del deserto, eh? Si vede nei tuoi occhi, piccola, non potrai mai nasconderlo a chi come me ha visto tanto orrore. E nemmeno a te è piaciuto. Ma vedo in te la mia stessa determinazione ad andare avanti: sei una bambina forte, Riza Hawkeye, e per questo meriti il mio rispetto.
Breda fece un rapido cenno affermativo alla donna e così, questo rapido confronto silenzioso terminò.
“Aspettate qui – disse lei, mentre entrava dentro un ufficio – avviso subito il mio superiore”
“Hai capito… – mormorò Havoc quando la porta si chiuse – niente meno che Riza Hawkeye”
“La conosce, signore?” chiese Falman
“No, ma è una vera leggenda: ha circa vent’anni, ma è stata uno dei cecchini più forti ad Ishval. Era così brava che l’hanno chiamata dall’Accademia che ancora non aveva terminato il secondo anno”
“Più brava di te?” chiese Breda
“Non mi dispiacerebbe fare un confronto” ammise Havoc con un sorriso furbo e carico d’aspettativa.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, prima che la porta si riaprisse e la donna facesse loro segno di entrare.
Vennero introdotti in una grande stanza: il centro era occupato da sei scrivanie, una davanti all’altra. Erano tutte vuote, eccetto quella in fondo a sinistra, dove c’erano alcuni documenti. In fondo alla stanza, proprio sotto delle ampie finestre, vi era un'altra scrivania, più grossa, con un elegante poltrona nera.
Il suo proprietario però non era seduto in quel posto di comando, ma era in piedi, di spalle, intento a fissare il panorama fuori dalla finestra. Le spalle erano dritte ed i capelli neri e sottili abbastanza lunghi per sfiorare il colletto della divisa.
Breda, Havoc e Falman si portarono davanti alla sua scrivania e si misero sull’attenti, aspettando che l’alchimista si girasse verso di loro.
Andiamo, Roy Mustang, mostrami il tuo volto…
E finalmente lui si girò.
Aveva più o meno la sua età, il viso avvenente, di una bellezza più tenebrosa rispetto a quella solare di Havoc; i capelli neri cadevano sulla fronte, andando a sfiorare gli occhi sottili e scurissimi.
Occhi che avevano visto quell’eccidio, consapevoli di averne preso ampia parte.
Occhi che non andavano assolutamente fieri di come era stata utilizzata l’alchimia del fuoco.
Quelle pupille nere bruciavano incredibilmente dalla voglia di cambiare il mondo.
Perché lui era una persona e non un’arma umana.
Breda intravide tutto questo, mentre lo sguardo del tenente colonnello Mustang si posava su ciascuno di loro. E non ebbe dubbi che le medesime sensazioni le stava provando anche Havoc.
“Sono il tenente colonnello Roy Mustang – disse l’uomo con voce chiara – e vi ho convocati qui perché ritengo che voi siate le persone giuste per formare il mio team”
E tu sei la persona giusta che io seguirò fino alla fine, Roy Mustang. Ne sono certo.
Sei tu il mio nuovo inizio.

 


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Nota dell'autrice.

E alla fine ci siamo arrivati! Siamo finalmente tornati al momento iniziale di questa ff quando Breda perde i sensi in quella trincea, accanto al suo migliore amico.
Ormai è ora che lui ed Havoc abbandonino la guerra e si preparino al loro nuovo inizio: sarete contenti di vedere tre personaggi conosciuti entrare nelle loro vite, eh? :D
Per dovere di cronaca Fury non c'è perchè è troppo giovane rispetto a loro... arriverà in seguito nel team di Roy. ;)
Questo era l'ultimo capitolo: ora manca solo l'epilogo ^^

Laylath
  
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