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Autore: Hazza_Boo    04/06/2013    2 recensioni
"Nonostante le vite di Harry e Gemma fossero così diverse, nonostante fossero divenuti grandi e avessero lasciato casa per cercare nuove avventure o mettere su famiglia, per quanto si sentissero solo per lettere e poche volte al telefono, e si vedevano solo poche volte all’anno, c’era un legame che li teneva uniti. E che nulla poteva dividere." Ci saranno sempre l’uno per l’altro. E’ così che dev’essere. “Il mio dovere è prendermi cura di te e accettarti sempre in qualunque modo”
In alcuni spezzoni della vita dei fratelli Styles ho deciso di raccontare il loro rapporto di fratello-sorella. La fan fiction consiste in una raccolta di flashfic, i ricordi della loro vita e della loro infanzia. Ma tutto ruota sul costante rapporto di fiducia reciproca e sull’aiutarsi a vicenda.
[tratto da una flashfic] "Fu così che seduti tra i fiori del loro giardino, in una giornata soleggiata di inizio Giugno, Harry e Gemma iniziarono a canticchiare varie canzoni dei Beatles, mentre lui le metteva accuratamente lo smalto sulle unghie, portando in testa una coroncina di fiori, e lei rideva."
Gemma e Harry (con accenni Larry!)
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 I FRATELLI STYLES 

 


Gemma posò delicatamente l’orecchio sul pancione della madre. Chiuse gli occhi e rimase in ascolto. Udì il battito leggero del cuore di Anne, la madre, il suo respiro affannato e poi, con attenzione, un altro cuore, più delicato e veloce. Le avevano detto che era suo fratello, a cui dovevano ancora dare un nome e dovevano sbrigarsi, dato che entro qualche settimana sarebbe nato.
Sorrise. Lasciò una carezza sulla pelle scoperta della pancia, guardò la madre e quando questa le sorrise a sua volta per darle il consenso, la bambina iniziò a canticchiare una ninna nanna. Dolce e soffice come la sua voce.
E pensò che “Harry” come nome non era per niente male. Era originale e carino. Sorrise teneramente quando sentì il bambino scalciare, passò la manina sulla pancia e continuò ad accarezzare, cantando la ninna nanna un po’ per il neonato un po’ per Anne, esausta.
 
Era il primo Febbraio. In un giorno piovoso e freddo, mentre Gemma era a casa con la nonna Mary, il cellulare all’ingresso iniziò a squillare, il vento fuori dalla finestra aumentò come se volesse portare lui stesso quella notizia. Nei giorni precedenti Anne e Des, i genitori, erano dovuti stare in ospedale perché il bambino sarebbe nato entro poco, e Gemma era stata a casa della nonna. Mary, però, dormiva sul divano, russava con la bava ad un angolo della bocca. Gemma corse dalla cucina all’ingresso, si precipitò a prendere il telefono e rispondere.
In quel piovoso e freddo primo giorno di Febbraio, dall’altra parte della cornetta, la voce carica di emozione e gioia del padre, riuscì a dire solo: «E’ nato tuo fratello»
 
Pastelli, colori e disegni. Il bianco della tela da disegno era stato sostituito dal disegno di una casa, - un quadrato, con due finestre, una porta ed un triangolo come tetto -, di un sole stilizzato e da macchie di colore senza senso. Il sole quel giorno inondava la stanza, dal grammofono della nonna usciva una musica vecchia e lenta. Nonna Mary aveva una stanzina in cui i muri erano tutti bianchi, dalle grandi finestre entrava sempre tanta luce, non c’erano mobili, solo un vecchio grammofono che, stranamente, ancora funzionava, cavalletti e colori. Gemma abbracciò il piccolo Harry, che impacciato le gettò le braccia al collo, e ridacchiando e scherzando iniziarono a ballare sulla musica di un lento. Un raggio del sole entrava dalla finestra, colpiva la parete bianca del muro sulla quale si trovavano macchie di colore: le impronte delle manine di Harry e Gemma.
 
Il sole illuminava quella giornata di inizio Giugno. Immersi tra le piante ed i fiori dallo stelo alto del giardino si trovavano Harry e Gemma. Le loro risate e la loro felicità era invidiata anche dal sole. Le rose si arrampicavano sulla staccionata del giardino, il profumo di fiori di lavanda si mischiava a quello della pioggia cessata da poco. L’edera ricopriva una facciata dalla casa, altri fiori si trovavano un po’ ovunque, e strappandone alcuni Gemma vi aveva formato una coroncina, la quale aveva poi posato sulla testa di Harry. Ora fiori e boccoli color cioccolato si intrecciavano perfettamente.
«Rosso o rosa?» chiese Harry con la sua voce soffice come il petalo di una rosa nel loro giardino.
«Rosa» ripose Gemma senza nemmeno pensarci. Allora Harry aprì lo smalto rosa, con mano ferma prese il pennellino imbevuto del colore e dopo che Gemma ebbe posato la sua mano sul suo ginocchio, andò a smaltare di rosa la prima unghia.
«Metti lo smalto meglio di una donna. Potresti fare l’estetista da grande» propose divertita Gemma mentre il fratello gli metteva lo smalto sulle unghie. Il bambino aveva solo cinque anni allora e non sapeva bene cosa volesse dire fare l’estetista, però una cosa era certa: lui altro non voleva che fare il cantate da grande. E gliel’ho ribadì alla sorella. «Ma no, Gemma, sarò una rock star.» e mentre Gemma ridacchiava lui aggiunse: «Papà mi ha fatto ascoltare tutti gli LP dei Beatles e dei Pink Floyd»
«Allora cantamene alcune canzoni»
Fu così che seduti tra i fiori del loro giardino, in una giornata soleggiata di inizio Giugno, Harry e Gemma iniziarono a canticchiare varie canzoni dei Beatles, mentre lui le metteva accuratamente lo smalto sulle unghie, portando in testa una coroncina di fiori, e lei rideva. Le loro risate e le loro voci angeliche che cantano i Beatles sembra quasi che siano rimaste in quel giardino, intatte e infantili come quel giorno.  
 
«Dai, ridammi il mio peluche!» protestò Harry con la sua vocina infantile, le lacrime agli occhi, saltando allungando le mani per raggiungere il peluche, in mano al suo compagno di scuola, John.
«Sei una femminuccia, Harry. Porti con te un peluche?» rise di gusto John, circondato nel corridoio dai suoi amici sciocchi e cattivi, i quali avevano accerchiato il piccolo Harry.
Il bimbo riccio abbassò lo sguardo, smise di lamentarsi e trattenne un pianto disperato. Il peluche che John gli aveva rubato di mano era il portafortuna che gli aveva regalato sua madre qualche giorno prima. L’ho portava ovunque, era piccolo e quindi lo teneva nella tasca della felpa o nello zaino. Ma John, il bambino più antipatico della sua scuola, gliel’aveva preso per poterlo deridere davanti ai suoi amici, stupidi come lui o di più.
Nel corridoio della scuola, durante la ricreazione, passavano tanti altri bambini e ragazzi ma nessuno dava importanza ad un bambino di sette anni che perdeva il suo peluche.  
«Ti prego, John…» ritentò un’ultima volta Harry, alzando i suoi grandi occhi verdi bagnati di lacrime e tristezza. John sorrise crudele e lo guardò dall’alto, in segno di vittoria. Stette per dire qualcosa ai suoi amici e godersi la sconfitta di Harry quando una voce alle sue spalle lo richiamò.
«Scusa tanto, signor John»
Il bambino spalancò gli occhi e si bloccò di colpo. Rimase paralizzato mentre Harry lanciava uno sguardo oltre la sua spalla. Vide Gemma, più grande di lui ma che frequentava la sua stessa scuola, in piedi, con le mani puntate sui fianchi, il viso severo e autoritario.
Lentamente John si voltò. Gemma lo fulminò con lo sguardo. «Non pensi che prendere in giro un bambino più piccolo di te sia troppo facile? Chiunque riuscirebbe a burlarsi di un bambino di sette anni, ma prova a prendertela con uno più grande di te o più coraggioso di te, e dimmi poi» lo sgridò Gemma. La voce era ferma, lo sguardo severo, gli occhi seri. Harry sorrise, sentendosi salvo.
John balbettò qualcosa che suonò come una scusa. Bastò un altro sguardo minaccioso di Gemma per convincerlo a restituire il peluche dell’orsacchiotto a Harry. Mormorò un veloce “scusa” impacciato e con le guance macchiate di rosso. I suoi amici rimasero in silenzio ed ubbidirono quando John disse loro che era meglio andarsene. I due fratelli rimasero un istante a guardare il gruppo dei bambini andarsene via, correndo di fretta e borbottando tra di loro qualcosa. Un attimo dopo Gemma posava la sua mano sulla spalla del fratello e lo guardava con sguardo serio, che però celava grande preoccupazione e premura.
«Tutto okay?»
Harry annuì, un boccolo gli finì davanti al volto. Strinse forte al petto il suo orsacchiotto mentre Gemma gli cingeva le spalle con un braccio. «Adesso ti accompagno in classe.» fece una pausa, iniziarono a camminare vicini. «E se quel mascalzone ti da di nuovo fastidio non esitare a chiamarmi. Me lo divoro vivo!» disse, facendo ridere Harry. La sua risata cristallina ed infantile era la melodia più bella che Gemma avesse mai sentito.  
 
Anne si mise una mano sul petto, incredula da quelle parole, appena pronunciate da suo figlio. Des, in un angolo della cucina, in piedi, appoggiato contro il muro e con le braccia conserte, rimase per qualche istante basito ed interdetto. Gemma, seduta sul tavolo di fronte ad Harry spalancò la bocca.
Cosa doveva dirgli? Come doveva reagire all’entrata di suo fratello, appena quindicenne, che rivelava alla famiglia di essere gay?
Gemma prese un profondo respiro, si passò una mano tra i capelli lunghi e castani e abbassò lo sguardo. Elaborò qualche idea nel silenzio fastidioso della cucina, creò un discorso ma lo cancellò subito. E dato che né Des né Anne dicevano nulla, decise di parlare buttando fuori le prime parole che aveva sentito necessarie dire.
«Io lo accetto.»
Rimase in silenzio. Le bastò osservare lo sguardo preoccupato e intimorito di suo fratello rilassarsi e illuminarsi. Si fece coraggio. Sentiva che quello era il momento giusto per dirgli quelle cose che nella loro infanzia non gli aveva mai detto.
«Sei mio fratello, Haz, il mio dovere è prendermi cura di te e accettarti sempre in qualunque modo»
Harry arrossì, sorrise imbarazzo e allungò la mano sul tavolo. Gemma avvolse la sua sopra quella di Harry, si guardarono negli occhi e si sorrisero. Quei sorrisi innocenti e complici che avevano portati in volto quando erano piccoli.
 
Sulla ghiaia del vialetto nel parco battevano i tacchi degli stivaletti di pelle di Gemma, mentre camminava tranquillamente vicino a Harry. La brezza di quella notte portava con sé l’odore di pioggia e di muschio, della rugiada dell’erba del parco e di un misto di fiori, tra cui rose, lavanda e margherite.
Erano stati invitati ad una festa di un loro compagno di scuola, uno di quelli che si potevano permettere villa, piscina, yatch e vestiti firmati, che amava dare party molto spesso e invitava tutta la scuola e non solo. Dato che Harry era troppo piccolo – nonostante avesse diciassette anni per Anne rimaneva sempre un bambino-, per non andarci da solo era venuta anche Gemma per controllare che non bevesse troppo. Anziché prendere un taxi per tornare a casa dopo aver lasciato la festa, verso l’una di notte, - e il party sarebbe durato ancora per molto conoscendo il ragazzo che l’aveva organizzato- avevano deciso di andare a piedi, passando per il parco, respirando aria fresca e guardando le stelle nel cielo notturno.  
Purtroppo non fu la scelta migliore. Usciti dal parco presero a camminare sul marciapiede di stradine strette e deserte, pochi lampioni erano accesi, regnava una strana calma. Di tanto in tanto si incontravano dei tipi loschi passare con cappucci in testa, o gruppi piccoli di amici che parlavano e ridevano ubriachi.
Gemma si aggrappò al braccio di Harry, velocizzarono il passo per raggiungere casa il più presto possibile, il vento aumentò e passò tra i loro capelli spazzandoli via dal volto. Due uomini, appena usciti da un locale, che puzzavano di alcol e tabacco, stavano venendo incontro ai due fratelli, camminando trasandati e biascicando le parole. Gemma trattenne il respiro, chiuse gli occhi e passò velocemente accanto ai due. Udì i loro passi alle sue spalle, buttò fuori l’aria e si rilassò. Un attimo dopo, però, sentì un fischio. Allora si voltò di scatto e notò che i due ragazzi si erano fermati, uno di questi la guardava con un sorriso malizioso, avanzava lentamente verso di lei.
Harry si morse un labbro, strinse un pugno e l’altra mano la chiuse introno al bicipite della sorella. «Andiamo, Gemma» mormorò a denti stretti avvicinandosi all’orecchio della sorella. Gemma non se lo lasciò ripetere due volte. Si voltò, si strinse nel suo cappotto, i tacchi batterono sull’asfalto del marciapiede, a Harry non importò se stava tenendo troppo stretto il braccio della sorella, decise di non voltarsi e continuare a camminare.
«Ehi, bella, dove vai?» arrivò la voce di uno dei ragazzi dalle loro spalle.
«E’ la tua ragazza?» domandò con fare di sfida l’altro rivolto a Harry. I fratelli continuarono ad ignorarli, cercando di camminare velocemente. Ad un certo punto uno dei due ragazzi dietro di loro cacciò un’offesa a Gemma.
Harry si arrestò di colpo. Il cuore di Gemma batteva per la paura, quello di Harry per la rabbia. Lasciò andare la sorella, si voltò e si ritrovò a pochi passi uno dei due ragazzi.
«Cosa hai detto?» il petto si gonfiò di rabbia.
Gemma subito si sporse verso il fratello, gli posò una mano sul petto e una sulla spalla, lo guardò negli occhi e lo pregò: «Lascia stare. Andiamocene» nella sua voce trapelava terrore e ansia.
Il ragazzo di fronte a loro ridacchiò, squadrò Gemma dalla testa ai piedi con occhi maliziosi. Poi passò a Harry impassibile, che digrignava i denti e stringeva i pugni.
«Ripeti cosa hai detto su di lei e giuro che ne pagherai le conseguenze»
«Non mi fai paura.» lo minacciò il ragazzo.
«Nemmeno tu mi fai paura. »
«Smettila, Harry, vieni via.» Gemma lo prese con forza per un braccio.
Il fratello si mosse appena, senza però distogliere lo sguardo minaccioso e severo sul ragazzo di fronte.
«Dai, su, mostrami cosa fai fare per difendere la tua ragazza!» lo stuzzicò questo. Alle sue spalle l’altro ragazzo che lo accompagnava capì la situazione e venne intimorito dallo sguardo di Harry. Corse dell’amico, gli batté una mano sulla spalla e: «Andiamo. Tanto non ci guadagni nulla»
Il ragazzo lo scansò, ripeté l’offesa che aveva rivolto a Gemma e un attimo dopo Harry gli si era avventato addosso.
Un’ora dopo, nel buio della cucina, cercando di non svegliare Anne e Des che già dormivano Gemma premeva delicatamente il ghiaccio sulla tempia di Harry, lo rimprovera di essere stato uno sciocco e che non avrebbe dovuto fare a botte con quel tizio. Al tempo stesso non sapeva nemmeno come ringraziarlo per averla difesa. Per fortuna la rissa era finita prima che potessero farsi grosso male, l’altro ragazzo che accompagnava l’ubriaco che li aveva aggrediti era riuscito a dividere i due e Gemma aveva portato via Harry, che si era guadagnato un bel bernoccolo alla fronte e una ferita sul labbro.
«Va meglio?» domandò Gemma, togliendo il ghiaccio dalla tempia. Harry annuì sincero, guardò la sorella e tutto ciò che vide fu la bambina dal carattere forte e sfacciata della sua infanzia.
«Sono stanco. Vado a dormire» mormorò, scompigliando i capelli folti di Gemma. Si diresse verso le scale della casa ma il sussurro della sorella lo richiamò.
«Hary…?»
Il ragazzo si fermò, si voltò e fissò la sorella con espressione interrogativa. Gemma si sforzò, prese un profondo respiro e chiuse gli occhi. Per lei era difficile esprimere le proprie emozioni, quindi anziché dire “sappi che ti voglio bene” lasciò uscire un suo sostituto.
«Grazie» disse.
Harry sorrise, le diede la buona notte e si coricò a dormire.
 
Louis Tomlinson. Era quello il suo nome, dunque entro qualche tempo suo fratello sarebbe diventato Harry Tomlinson. Avevano optato per risolvere la faccenda “cognomi” in quel modo. Gemma osservò suo fratello in giacca e cravatta, mentre si guardava allo specchio e si sistemava il fiorellino bianco nel taschino sul petto. I suoi occhi verdi saettarono dalla sua immagine riflessa a quella della sorella, seduta sul divanetto della stanza.
«Lo so» disse di punto in bianco. Gemma però capì. Allora roteò gli occhi, sbuffando, stanca di tornare sempre a discutere su quella questione. «Te e Louis non andate molto d’accordo» Harry finì di sistemarsi i gemelli e si voltò verso la sorella.
«Ma sta per diventare mio marito» nel suo tono brillarono la gioia e l’emozione. Sentì gli occhi pizzicare, si morse il labbro inferiore per non commuoversi. Gemma sospirò. Si alzò dal divano, camminò lentamente ondeggiando i fianchi, di cui venivano risaltate le curve da un lungo vestito di seta viola, si avvicinò al fratello e gli posò una mano sul petto, proprio sopra il cuore. Lo guardò negli occhi così simili ai suoi.
«Harry, ho pensato…» prese un profondo respiro. Si ricordò di ciò che gli aveva detto tempo prima, quando era appena un ragazzino che andava a raccontare ai suoi genitori di essere gay. Harry rimase in ascolto dei suoi battiti cardiaci accelerati. Dopo una breva pausa ed un altro sospiro Gemma disse: «Non ti impedirò di stare con lui. Semmai storcerò il naso e sbufferò ogni volta che mi parlerai di quanto Louis è geniale, ma non potrò mai convincerti a smettere di amarlo»
Harry sentì le gambe diventargli di consistenza gelatina, sentì un’emozione di calore sotto il petto. Anne e Des accettavano la scelta di sposarsi con Louis, Gemma gli aveva appena dato il suo appoggio, Louis lo stava aspettando all’altare. Ora Harry si sentiva completo. Posò la sua mano su quella di Gemma, sul suo petto. Le sorrise pieno di tenerezza. I suoi occhi verde smeraldo brillarono.
«Adesso sarà meglio andare» mormorò Gemma sorridendo, mentre una lacrima le solcava la guancia. Sistemò il papillon di Harry, lui le asciugò la piccola lacrima inarcando le labbra in un tenero sorriso.
 
Anche quel giorno nella buchetta della posta, oltre alla pubblicità e alle bollette, erano arrivate le due solite lettere che sempre, più volte al mese, gli mandavano Gemma e i suoi genitori.
Harry, seduto al tavolo della cucina della sua nuova casa, aprì prima quella di Anne, che in quegli anni aveva divorziato e si era risposta con un uomo che viveva in Francia, dunque si era trasferita là. Prima di iniziare a leggere udì dei passi veloci e leggeri. Un attimo dopo prese sulle ginocchia una piccola bambina dai capelli scuri radunati in una coda.
«E’ la lettera della nonna?» domandò Darcy, la piccola adottata.
«Sì»
«E cosa dice?»
Harry lesse velocemente quella scrittura ordinata e famigliare. Iniziò a spiegare a Darcy che la nonna, Anne, diceva di stare bene e che si era divertita parecchio quando il suo nuovo marito, Robin, l’aveva portata a fare un giro in Spagna. Ma non c’era nulla di nuovo oltre ai loro viaggi e alla nuova adozione: Anne e Robin avevano preso un altro gatto. Dalla porta della sala entrò anche Louis, con in braccio il piccolo Tom, di tre anni, si mise dietro Harry, gli posò una mano sulla spalla e lì gli lasciò una carezza.
«L’altra è della zia» disse il ragazzo riccio. Prese la lettera togliendola dalla busta, che buttò sul tavolo. Diede un’occhiata veloce a ciò che vi era scritto, sorrise sentendo il cuore scoppiargli di gioia e felicità nel petto.
«Cosa dice?» domandò Louis posando Tom sulla poltrona in un angolo della stanza, il quale non si lamentò e subito Darcy salterellò accanto a lui per giocare insieme.
Harry finì di leggere, mentre Louis gli massaggiava le spalle, chinandosi su di lui e lasciandogli un bacio tra i ricci.
«Racconta dei posti che ha visitato. È felice e sta bene. Questo è tutto ciò che mi importa» rispose sorridendo commosso Harry. Louis gli baciò una guancia con dolcezza.
La lettera di Gemma rimase sul tavolo, la sua scrittura disordinata rappresentava il suo animo libero e spensierato. C’erano delle foto di alcuni monumenti di città importanti e paesaggi mozzafiato che lei aveva tutti già visto.
Nonostante le vite di Harry e Gemma fossero così diverse, nonostante fossero divenuti grandi e avessero lasciato casa per cercare nuove avventure o mettere su famiglia, per quanto si sentissero solo per lettere e poche volte al telefono, e si vedevano solo poche volte all’anno, c’era un legame che li teneva uniti. E che nulla poteva dividere.
Adesso la casa della nonna Mary è vuota, non ci vive più nessuno da quando la nonna è morta. Però non l’hanno venduta. Quando capita la vicina di casa, grande amica di Mary, che possiede le chiavi, va a pulire un po’. Ma sai cosa? Le impronte colorate delle mani dei piccoli Harry e Gemma sono ancora là, impresse sul muro bianco della stanzina dei giochi della casa della nonna. E nel giardino il vento sembra portare con sé dal passato il suono delle risate dei due bambini, e la canzone dei Beatles che cantavano con coroncine di fiori tra capelli e smalto sulle unghie.
 
Note dell’autrice: è strano che io abbia scritto questa os. Devo dire una cosa personale: io ho un fratello più piccolo di me ma non mi comporto così come i fratelli Styles, la nostra relazione si basa più sull’odio reciproco che altro. Quindi vi starete chiedendo da chi ho preso spunto per questa os. Innanzi tutto, mentre scrivevo, mi sono venuti in mente i fratelli Winchester – dal telefilm “Supernatural” – e poi ho avuto l’ispirazione dopo essere capitata, per caso, su alcune foto di Harry e Gemma, soprattutto alcune nei giorni del matrimonio di Anne. Ho visto un rapporto sorella-fratello bellissimo, invidiabile e ho deciso di aggiungerci un po’ di fluff e immaginazione… non so cosa sia venuto fuori, ma voilà, ecco sfornata questa os. Insomma, capisco che siate un po’ rimasti basiti, d’altronde non è la solita fan fiction d’amore, questa è una fanfiction su due fratelli, amore fraterno, un po’ diverso. Spero che vi sia piaciuta. Scusate gli errori, se volete segnalarmeli o darmi consigli per migliorare la one shot scrivetemelo in una recensione o… boh, su twitter  
Ps. Ho cercato di tutto ma alla fine l’unico titolo adatto è risultato essere “i fratelli Styles” ed io credo che sia abbastanza banale e ridicolo. Non fateci caso. 
  
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