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Autore: outoftowngirl    04/06/2013    3 recensioni
“Eden, io credo di essere gay.”
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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2.











“Delia, credimi.” Disse alla sorella, la moretta. Ora sedevano comodamente rispettivamente sul letto e sul divanetto della camera di Eden, che raccontava senza tralasciare un minimo particolare l’accaduto della sera prima.

“Ma io ero certa che Justin avesse una cotta per te, com’è possibile che sia …” scosse la testa, per scacciare via quell’idea che non avrebbe mai concepito, non riuscendo nemmeno a concludere la frase.

“Gay? Beh sorellina, ti tocca crederci perché me l’ha detto lui stesso e non immagini quanto fosse abbattuto, sembrava così fragile che avrei solo voluto abbracciarlo fino a morire.” Eden abbassò lo sguardo, forse un po’ delusa. Non tanto dal fatto che il suo migliore amico di anni, colui con il quale aveva condiviso la maggior parte dei bei momenti della sua adolescenza, le avesse confessato di provare interesse nel genere maschile, ma più dalla consapevolezza che probabilmente lei non sarebbe mai potuta essere niente di più che la sua migliore amica. Non capiva da quale remota parte del suo cuore potessero arrivare quelle morse terribili, quell’interesse improvviso nei confronti del biondo, quella voglia di non lasciarlo andare via, di tenerlo per sé. Forse era vero che ci si accorge di volere davvero bene ad una persona solo quando la si perde. Ma Eden non aveva perso Justin. O forse l’avrebbe fatto?

“Non fingere disinteresse Eden, so quello che stai pensando. E per quanto contorto possa essere, dovremo trovare un modo per fargli capire che quella cosa che ha in mezzo alle gambe è fatta per riempire te, non il retro di un giocatore di football.”    Rise poco, ma Eden non lo trovava per nulla divertente.

“Perché devi essere così? Sapevo che non avrei dovuto dirtelo.” Si alzò dal letto, aggiustandosi  i jeans e iniziando a raccattare lo stretto necessario per la tendata nel bosco che si sarebbe tenuta il weekend a venire. Era una sorta di tradizione che il suo gruppo di amici aveva da un paio d’anni. Passavano due giorni e una notte accampati in una radura sopra alle piccole montagne, un posto nascosto fra gli alberi e raggiungibile solo a piedi.

“Settimana prossima porterai Justin a b-” 
La voce squillante di Delia venne interrottà da un bussare leggero alla porta della camera di Eden, che guardò confusa la sorella, ma senza troppi problemi andò ad aprire, trovandosi Justin davanti. Le braccia lungo i fianchi le mani a giocherellare con i lembi del cardigan grigio e rosso che indossava. Abbassò lo sguardo con timidezza non appena notò Delia seduta sul divanetto accanto alla finestra e si morse il labbro per la vergogna.

“Ciao Justin!” il volto di Eden si illuminò alla vista del suo migliore amico, che le sorrise debolmente, prima di ricambiare l’abbraccio. “Che ci fai qui?” gli chiese.

“Oh, se è un problema posso andare, non pensavo steste parlando. Non voglio interrompere nulla di quello che state facendo. Sono venuto qui con mia madre, doveva parlare di qualcosa alla tua, ma non ci tratterremo molto, perciò non c’è problema Eden.” Disse tutto d’un fiato, guardandola negli occhi ogni tanto, senza mai lanciare la minima occhiata a Delia.

“Ma che dici, vieni. Stiamo preparando gli zaini per la tendata di sta sera.” Eden lo prese per mano, trascinandolo dentro la stanza e facendolo sedere nel preciso punto dove pochi istanti prima c’era seduta lei.
Delia ebbe un lampo di genio.

“Ho un’idea fantastica!” disse, guadagnandosi l’attenzione di entrambi. “Perché non vai anche tu questa volta, Justin?” in risposta, il biondo sgranò gli occhi e cominciò a scuotere vigorosamente la testa, arruffandosi tutti i capelli. “Andiamo, ci sarà da divertirsi!”

“Non credo che i suoi amici gradirebbero la mia presenza, o forse nemmeno la noterebbero.. Non è il caso e poi ho da studiare per il test di spagnolo.” Eden lo guardò, poi guardò Delia e finalmente si decise a parlare.

“Il test è giovedì, e oggi è sabato. Domani sera saremo già di ritorno, agli altri non creerai nessun problema e poi ci sono io. Ti prego, non abbiamo mai fatto una cosa del genere insieme.” Lo implorò, sedendosi accanto a lui e poggiando la testa sulla sua spalla.

“Ma non-”

“Fallo per me? Ricordati che mi devi rendere ancora quel libro che ti prestai l’estate scorsa. Sei in debito” sorrise, sapendo che ormai lo aveva in pugno. Justin sospirò, poggiando a sua volta il capo sopra quello di Eden ed annuì piano.

“D’accordo, ma promettimi che non mi lascerai solo.




 
“Hey ragazzi!” Eden salutò un paio di persone già accampate nella radura. L’erba era abbastanza alta, cosa che da sempre l’aveva intimorita un po’. A dirla tutta non era mai stata una tipa da campeggio, anzi. Odiava qualunque cosa avesse traccia di terra fresca o erbaccia, per non parlare degli animali. Tutti da piccoli desideravano un cucciolo, lei no. Lei non ne sopportava nemmeno la versione in stoffa e imbottitura.

Eden era la tipica ragazza da città. Tutto però pareva spostarsi su un tutt’altro livello quando si parlava del campeggio annuale alla radura. Amava l’idea di passare la notte sveglia con gli amici, davanti a un fuoco scoppiettante e magari qualche bella storia. Avrebbe volentieri saltato la parte che comprendeva il dormire in un campo sperduto, circondata da chissà quali esseri snaturati e dover nascondersi tra gli alberi per far pipì.

“Ciao Eden, pensavamo non venissi.” Disse una ragazza dai capelli biondo platino, Klyse. L’abbracciò velocemente e poi spostò lo sguardo su Justin che stava in piedi al fianco di Eden, torturando un filino d’erba con le mani.

“Sono mai mancata?” sorrise e poi notò gli occhi si Klyse. “Oh, giusto. Ho portato il mio migliore amico per questa volta.” Aggiunse, alzando le braccia in aria, poggiandole successivamente sulle spalle di Justin. “Ragazzi, lui è Justin!”
Qualcuno gli si avvicinò per presentarsi, altri fecero solo un cenno con la testa o con la mano, altri ignorarono completamente la sua conoscenza. Rendendosi conto del disagio dell’amico, Eden gli baciò una guancia e prendendolo per mano lo guidò fino ad uno spazio piano dove avrebbero montato la loro tenda.

“Allora, hai idea di come si faccia?” gli chiese, rigirandosi tra le mani un foglio che in teoria doveva contenere le istruzioni per mettere su l’aggeggio. In pratica era un minuscolo pezzo di carta con stampati a caratteri praticamente illeggibili dieci passaggi per costruire la tenda in otto lingue diverse, che ovviamente non comprendevano l’inglese o il francese. Accartocciò il foglietto e lo lanciò al foco più vicino, tornando al piazzale base.

“Non credo ci sia qualcuno che sappia tradurre il cinese, tanto vale fare a modo mio.” Continuò lei zampettando prima a destra e poi a sinistra, allargando i teli e sistemando i bastoncini neri. Poi prese i picchetti, se li guardò per bene e li mollò con noncuranza a terra fra l’erba.

“No Eden, che fai? Quelli servono per fissare la tenda a terra! Lascia, faccio io.” Raccolse i picchetti da terra riponendoli al proprio posto, poi ricominciò tutto da capo.

“Da quando sai come si monta una di queste cose?” senza distrarsi dal lavoro, continuò ad annodare, infilare e tirare vari pezzi e lacci. Sorrise alla memoria che riaffiorò.

“Io e mio padre andavamo sempre dal nonno e passavamo la nottata sulla riva del lago.”




 
Ormai giunta notte fonda, il gruppo era riunito attorno al fuoco. Durante il corso della serata, aveva fatto arrivo Evan, per la gioia di Eden e la sfortuna di Justin.
Non avevano smesso di parlare un secondo e lui non perdeva occasione per farla arrossire o riempirla di complimenti. Dopotutto era vero, Evan Thomas era un casanova in campo di conquiste. Eden, come ogni altra ragazza, era presa dalla testa ai piedi dal moro con gli occhi verdi. Ma Justin? Justin fissava le proprie mani, Evan guardava Eden, che distrattamente guardava Klyse, che a sua volta fissava Justin con incanto.

“Ed è così che ho segnato il punto vincente contro i Red Dots alla finale regionale.” Disse Evan, lanciando alla mora un sorriso brillante. Sorriso che, per la prima volta, non impressionò Eden. Troppo presa a origliare quel poco di conversazione tra Klyse e Justin. Perché sorridevano? E perché lei gli era tremendamente vicina? Non l’aveva capito?

“Wow, è fantastico! Sei il migliore, non c’è dubbio!” con finto entusiasmo batté le mani, sorridendo a Evan. Tanto per accrescere il suo spropositato ego. “Puoi scusarmi un secondo?” aggiunse poi. Il ragazzo annuì, ancora compiaciuto dai complimenti precedenti e attaccò bottone con un’altra tipa un po’ più in là. Al momento a Eden non importava, anzi.

Si spostò col sedere, strisciando fino ad arrivare al limite della panca vicina a quella in cui Justin e la platinata erano seduti. Proprio quando Klyse, avvinghiata al braccio di un tremendamente a disagio Justin, provò ad avvicinarsi alle sue labbra, Eden saltò in piedi.

“Ma che diavolo fai, ti sei rincoglionita?” le urlò gesticolando, trattenendo il respiro.
Lei spalancò la bocca e fece per parlare ma la richiuse subito, notando la rabbia di Eden.
Justin mise la faccia tra le mani, accovacciandosi sulla panca. “Scollati!” le urlò ancora una volta, spingendola un po’ più a destra. Non poté capire se il rossore sul suo viso fosse dovuto al calore del falò, alla luce che emanava o all’imbarazzo.

“Che ti prende Eden? Non stavo facendo nulla di male!” rispose lei, alzandosi in piedi a sua volta.

“Che mi prende? Mi prende che stavi per baciare il mio migliore amico, ecco che mi prende!” allargò le braccia per poi sbatterle sulle cosce in caduta. Klyse spostò il peso su una gamba sola.

“Non vedo dove sia il problema.” Incrociò gli avambracci al petto, alzando le sopracciglia, chiaramente confusa. Eden, giunta alla saturazione liberò un sospiro esasperato e se lo sguardo avesse potuto uccidere, a quest’ora Klyse sarebbe stata a terra già da un pezzo.

“Il problema che lui è g-” gridò inizialmente, ma non appena vide Justin alzarsi di scatto e correre con violenza alla loro tenda, le parole le morirono in gola.

Justin sapeva che era stato tutto un errore andare alla radura. Sapeva che avrebbe dovuto dire la verità a tutti prima o poi. Sapeva che non era intenzione di Eden metterlo in ridicolo. Sapeva che aveva sbagliato a correre via come un dannato. Ma al momento, non gli importava di nulla. Nemmeno di Eden.




outty's space
hey, peeps!
merda, sono tre mesi che non aggiorno questa ff.... wtf?
non pensavo che il tempo fosse passato così infretta maronn'
comunque, con la fine della scuola in esattamente sette giorni avrò più tempo per dedicarmi
a tutte e tre le storie che ho in corso al momento qui e cercherò di aggiornare in tempi molto meno lunghi (si spera daghe)
non ho nient'altro da dirvi, quindi... buona notte. 
un bacio, Valentina. :) 
 
 
   
 
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