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Autore: Kikillo    05/06/2013    2 recensioni
Quando una sera Ive, un'ex campionessa di Jotho, rincontra il suo amico di infanzia Bill (il creatore del sistema memoria pokemon) decidono di intraprendere un viaggio per trovare il DNA di Mew, necessario per un'invenzione del ragazzo. Tuttavia questo pokemon è misterioso e sfuggevole e il piano dell'inventore è quello di testare personalmente le leggende metropolitane che corrono su di lui per trovarlo...
N.B. la storia di svolge prima degli eventi di Rosso, Blu e Giallo.
Genere: Avventura, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Videogioco
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15 Settembre 19XX
Ore 6.23 del mattino.

Lei è infuriata, probabilmente mi ucciderà, se pensavo che le frane e i naufragi facessero paura, era solo perché non avevo visto lei, perché non avevo ancora provato a svegliarla troppo presto al mattino e farle perdere tempo con un altro fallimento.
Lascio la mia casa di Miramare alla mia adorata sorellina e il mio dakimakura al nonno, lui saprà cosa farsene.

Bill

 


Rideva. L’idiota rideva.

Eravamo davanti all’ennesimo fallimento. Avevo ritirato il mio Steelix per usare forza su quella camionetta e ovviamente non era successo nulla, anzi a dirla tutta non si era spostata di un millimetro. Ero tornata al Centro Pokemon per riprendermi Fou che avevo lasciato nel box e avevo mollato Bill al molo, probabilmente era ancora lì che tentava futilmente di spingere quel catorcio. Ma appunto… era ancora lì… Tornai alla banchina e lo vidi seduto sul rottame, non si era accorto di me. Dondolava le gambe, come un bambino, guardava in basso coi capelli scompigliati dal vento, così sembravano ancora più ricci. Non era cambiato molto da quando era un marmocchio, da bambino passava il tempo a studiare, non aveva molti amici; era il classico secchione magrolino, occhialuto e spettinato, lo sfigatello di turno insomma. Prese la laurea in ingegneria meccanica giovanissimo, tuttavia nonostante i successi didattici la scuola fu un brutto periodo per lui. Era furbo, riuscì a cavarsela spesso ingannando i suoi nemici, ma non sono state poche le volte che ho dovuto tirarlo fuori dal cassonetto dell’immondizia in cui lo avevano ficcato. Tuttavia crescendo, nonostante il pessimo gusto nell’abbinamento dei colori, aveva assunto quel qualcosa in più che, tra i ricci, il sorriso da gatto e l’atteggiamento infantile gli dava quella nota di fascino che prima mancava. Da piccola era il mio migliore amico, gli lanciavo via i libri e lo trascinavo con me nel Bosco di Lecci, lui si arrabbiava e poi mi seguiva comunque, con lui nonostante il buio non avevo paura. Ovviamente non glielo dissi mai.

Mi vide, così  mi avvicinai a lui, era ancora seduto e giocava con una delle code del mio cerchietto. Zitto. Lo conoscevo abbastanza bene per capire che era deluso e imbarazzato.
«Ci tenevi tanto eh?»
Lui annuì in tutta risposta, notai che al sole i suoi occhi castani sembravano quasi ambrati.
«Forse abbiamo solo sbagliato il tipo di forza…o forse non ne abbiamo usata abbastanza…» Dissi, poi feci uscire dalle sfere tutta la squadra e con loro cominciai a spingere. Bill sorrise e si mise ad aiutare, ma la camionetta non si spostò neanche a pagarla. Non mi interessava trovarci Mew… ora era una questione d’orgoglio: quel rottame doveva muoversi!

«Kaen lanciafiamme, Fou gigaimpatto, Shadley tuono, Crystal bora, Falco tifone, Drake dragobolide, Bill capocciata!» Ordinai. I miei pokemon eseguirono prontamente gli attacchi, Bill dopo aver mosso un passo a testa china verso la vettura, si bloccò e si voltò verso di me con un’espressione indescrivibile.
«Vuoi uccidermi?» Domandò scandendo bene le parole.
«Non fare domande di cui conosci già la risposta»

Ero contenta che nonostante gli eventi della notte prima tra me e lui era tutto uguale, non avrei sopportato un cambiamento troppo drastico nel suo atteggiamento. Intanto sul molo si scatenava l’inferno. Kaen fu la prima a mollare, sbalzò indietro esausta e rizzò le orecchie quando si accorse ciò che stava per accadere. Io non mi ero accorta di nulla presa com’ero a punzecchiare Bill. Lei guaì, io mi girai con un sorriso che si mutò in una smorfia di orrore in pochi secondi. Il camion era ribaltato e da sotto di esso una melma oscura si innalzava verso di noi. Forse non avremmo trovato Mew, ma di certo avevamo trovato qualcosa. La massa avanzava veloce, tentammo di scappare, due braccia nere ci superarono e circondarono, avevo visto tante cose, ma mai una roba simile. Fou ringhiava e cercava di mordere la melma, ma ne fu risucchiato, urlai, il mio cucciolo dov’era finito? Drake cercava di allontanare l’oscurità distruggendo parti di essa, teneva noi e i membri rimanenti della squadra dietro di lui, lottò con tutto se stesso, ma un ramo oscuro lo afferrò per la gola e lo trascinò con se. Mi aggrappai a lui per cercare di trattenerlo, ma il drago mi scostò bruscamente per evitare di tirarmi dentro con lui. Vidi gli altri miei pokemon scomparire uno dopo l’altro, mi salirono veloci le lacrime agli occhi, temevo il peggio. Stringevo Kaen in braccio, pensavo vanamente di poterla proteggere, mi sbagliavo. Un altro ramo nero si precipitò violento verso di noi, qualcosa mi spinse di lato, barcollai. Bill lottava con un braccio che lo cingeva allo stomaco, lo prendeva a pugni senza risultato.
«Scappa!» Urlò. Dietro di me c’era un varco, dietro intravidi alcune persone che cercavano di capire cosa stesse accadendo. Con che coraggio l’avrei lasciato solo? Era la seconda volta che mi proteggeva, io non ero una principessina da difendere. Afferrai la sua mano e tirai il più possibile.
«Merda, scappa stupida!» Gridò di nuovo «Va via, scappa, scappa, scappa!».
Ma io tiravo, mi resi conto di non potercela fare, lo abbracciai puntando i talloni, provai a trattenere il più possibile. Sentivo il mio cuore scoppiare nel petto, avevo una paura tremenda, sotto, sotto, avrei voluto fuggire davvero, ma quando la massa d’ombra sollevò da terra anche me, Bill si aggrappò alla mia maglietta. Da piccoli nel bosco lui si teneva sempre così a me, afferrava un lembo della maglia e mi zampettava dietro.
Strinsi la presa sulla sua camicia.
«Non ho paura» Dissi. Sapeva anche lui che non era vero.
«Nemmeno io» Disse. Sapevo benissimo che mentiva.
Abbiamo sempre fatto finta di essere coraggiosi, camminavamo nel buio tra le fronde dei lecci fingendo di ridere su ciò che ci spaventava; in quel momento nessuno di noi rideva, l’oscurità ci attanagliava soffocando il respiro, cercavo solo di tenerlo vicino, cecavo solo di non perderlo nelle tenebre.  

Eravamo fottuti.

Davvero Fiamma, se in quel momento non ti avessi visto probabilmente mi sarei lasciata andare. 
   
 
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