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Autore: shadow_sea    05/06/2013    6 recensioni
Il seguito di "Come ai vecchi tempi".
Questa volta le avventure del comandante Trinity Shepard fanno riferimento agli eventi narrati in Mass Effect 3.
Come nella storia precedente, la mia intenzione è quella di scrivere storie che traggano spunto dal gioco originale e se ne discostino allo stesso tempo, sempre attente a non stravolgere la trama o i personaggi. Le storie che troverete qui sono frutto di considerazioni ed emozioni personali, sono frutto del mio amore appassionato per questa trilogia e per Shepard ma, soprattutto, per Garrus Vakarian.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shepard e Vakarian'
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ANSIE E TIMORI


I’m sorry - 1



- IDA, mi servono informazioni su Garrus nell’ultima settimana - chiese la Chakwas, dopo aver scorso i dati che Shepard aveva estratto dal suo factotum.
- Puoi essere più specifica, dottoressa?
- Dammi informazioni sui suoi periodi di sonno.
- Non è una richiesta a cui posso rispondere. Rilevo costantemente le funzioni neurovegetative di ciascun membro dell’equipaggio, registrandole su apposite memorie, ma non so distinguere fra sonno e veglia - spiegò la IA - L’attività cerebrale nel sonno può superare di molte volte quella dei periodi coscienti e dalle mie registrazioni non posso sapere se, o quando, Garrus abbia perso consapevolezza del mondo che lo circondava.
- E dalle immagini delle telecamere nella batteria primaria?
- Non registro immagini, dottoressa.
- Ma non ricordi neppure? - intervenne il comandante.
- Non registrando, non posso ricordare.

- Cosa puoi dirmi allora, dottoressa? - chiese il comandante.
- E’ possibile che Garrus abbia dormito poco o nulla, ultimamente. Buona parte dei parametri vitali sono fuori degli standard. Alcune letture sono... beh, preoccupanti... Parlerei di una sorta di break down - ammise la Chakwas.
- Soluzioni? - chiese sbrigativamente Shepard.
- Non posso somministrargli nulla senza un’indagine più accurata. Dovrei parlargli... Te ne rendi conto, immagino... - rispose la dottoressa, stringendosi nelle spalle, mentre notava come il comandante si fosse girato per uscire dall’infermeria prima ancora che lei finisse di parlare.

Shepard tornò nella batteria primaria, prese la coperta appoggiata sopra il materasso e un paio di datapad. Sul primo, che lasciò in bella vista sopra il computer di Garrus, inserì le frasi Ho bisogno di parlarti. Vieni da me quando ti svegli, mentre il secondo se lo portò appresso, dopo averci appuntato le stesse identiche parole.
Tornò nell’alloggiamento del Thanix e coprì il corpo raggomitolato di Garrus con la coperta poi, durante il percorso a ritroso, lasciò il secondo datapad contro la corazza abbandonata. Infine passò a mensa, recuperò un paio di bottiglie di vino per entrambi e si rintanò nel suo alloggio. Ora avrebbe solo aspettato pazientemente.

- Cosa succede, comandante? - fu la domanda che la destò di soprassalto a notte fonda. Comprese di trovarsi sdraiata sul letto, di traverso, sopra la coperta, ancora con l’uniforme addosso e attorniata dai soliti datapad pieni di appunti e di notizie provenienti dai vari settori della galassia.
“Svegliati. E’ qui, come gli hai ordinato. Vedi di capire come cazzo sta”.
- Come stai, Garrus? - chiese, accendendo la prima luce a portata di mano, realizzando che in ogni caso non sarebbe riuscita a conoscere le condizioni di salute del turian solo studiandone il volto.
- Bene.
- Cosa facevi giù, nell’alloggiamento del Thanix?
- Controllavo un rumore che non mi spiegavo, una sorta di attrito fastidioso.
- Da quanto tempo non dormi?
- Mi sono appena svegliato...
“Dovrei ridere per questa battuta idiota? Non ho voglia di giochini scemi, razza di deficiente”.
- Si, va bene... non intendevo questo. Hai capito la domanda.
- Sto bene, comandante.
“No che non stai bene, cazzo!” imprecò nella mente, irritata con Garrus e con se stessa. Si alzò in piedi, fissando il turian negli occhi.
- Non è ammesso dormire nell’alloggiamento del Thanix. Credo che i motivi siano ovvi - furono le frasi che le vennero spontaneamente alle labbra e che suonarono come un rimprovero aspro.
- Non capiterà più, comandante - rispose con calma Garrus, prima di aggiungere - C’è altro?
“Certo che c’è altro! Mi hai fatto spaventare...” fu la confessione che non riuscì a pronunciare.
- Volevo aggiornarti: stiamo portando la nave sulla Cittadella, per effettuare un check up completo - dichiarò invece - Segna solo tutto quello che non funziona o non ti convince, ma non metterti ad aggiustare cose. Non ce n’è bisogno.
- Va bene, comandante - rispose il turian, cominciando a girarsi per uscire dalla cabina.

“Dove pensi di andare? Non ti ho autorizzato a lasciare la mia cabina... E’ da quando sei entrato che stai cercando di andartene... Maledizione!... Ma poi, io... Io... Ma io, cosa cazzo sto facendo?”.
- Sono io ad aver bisogno di te, non la dannatissima Normandy.
“Oh, finalmente! Ti ci voleva così tanto ad ammetterlo?” si chiese, vedendo che Garrus si bloccava di colpo, girando il capo verso di lei con un’espressione confusa, incerto di aver compreso esattamente il significato di quella frase inattesa.
- Mi fai compagnia?
- Se è questo che vuoi... - rispose il turian, poco convinto, avvicinandosi.

- Cosa non funziona, secondo te? - chiese Shepard dopo che entrambi si furono seduti sul divano ed ebbero bevuto dei lunghi sorsi dalle bottiglie che adesso stringevano in mano.
- In cosa? Nella guerra contro i Razziatori? - domandò a sua volta il turian.
- No. In noi: in me, in te...
- Ti hanno caricato di un peso che sarebbe insopportabile per chiunque altro e io sono assolutamente incapace di aiutarti - fu la diagnosi secca e sicura.
- Siamo arrivati fino a qui solo perché sei sempre stato al mio fianco. Mi sarei arresa tanto tempo fa, se fossi stata sola, o se ci fosse stato chiunque altro al tuo posto - gli confessò quietamente, guardandolo negli occhi.
- E allora cosa non funziona, secondo te? - le rigirò la domanda Garrus, ancora poco persuaso.
- Nulla. Non c’è assolutamente nulla che non funzioni, salvo che ho abusato della tua capacità di comprensione... “comportandomi come una stronza...”.
- Non credo di aver capito.
- Ho sempre dato per scontato che tu restassi al mio fianco. Anche quando ho avuto bisogno di restare sola, come un animale selvatico che deve leccarsi le proprie ferite al sicuro della sua tana, ho immaginato che ti avrei ritrovato, non appena fossi stata abbastanza in forze per tornare all’aperto - cercò di spiegare.
Fece una pausa e lo guardò - Sei ancora lì, all’entrata della mia tana?
- Non saprei dove altro andare.

- Siamo costretti a prenderci qualche giorno di pausa, da ora fino a quando la Normandy tornerà ad essere pienamente operativa. Vorrei che riuscissimo a tirarne fuori una vacanza. Potrebbe essere l’ultima che ci viene concessa - rilevò Shepard dopo aver finito la bottiglia e averla posata sul tavolino di fronte al divano, per poi prendere uno dei datapad appoggiati sul letto.
- Una vacanza, Shep?
- Sì, assolutamente!
- Ok. Passami un po’ quel datapad. Cosa racconta di bello?
- La posizione delle flotte batarian.
- Uhm... interessante... - osservò - E quello? - chiese ancora, alzandosi dal divano e indicandone uno appoggiato sul letto, lontano dal mucchio dei restanti rapporti, a portata di mano del comandante.
- Sono gli spostamenti delle pattuglie guidate da Anderson nell’ultima settimana e la dislocazione dei rifugi di fortuna creati attorno alle maggiori città sulla Terra - rispose lei prendendolo fra le dita, come un piccolo gioiello prezioso.
- Bene, dai qui. Uhm... questo potrebbe essere un rapporto sui Commando Asari - scandì, alzandone uno a caso dal mucchio - Questo è uno sulla flotta Turian... uno sulla fanteria Krogan, poi Sole Blu, Elcor... Ma ci sono anche gli Elcor? - chiese stupito - Ma dai! Pure i Volus... Incredibile! E qui, uhm... altri mercenari, credo. E poi, beh sì, ovvio... i Salarian. E dove sono i Quarian e Geth?... Uhm, saranno questi? E qui? Ohhh, ma questo datapad è una meraviglia! Qui abbiamo addirittura la probabile localizzazione della base dell’Uomo Misterioso. Non è vero, Shep? Deve essere il pezzo raro della collezione...
- Sì... Forse... Non so se sia quello il datapad giusto... Non credo, però... Aveva la cornice rossa, mi pare...
- Vuoi andare ancora in vacanza?
- Devo aspettare, Garrus, non posso fare altro...

- In effetti... sembra l’unica soluzione ragionevole - concordò il turian, finendo di raccogliere gli ultimi tre datapad rimasti sul letto.
- Ma le cose vanno fatte bene o non si cominciano neppure - osservò prima di entrare nel bagno del comandante.
- NOOOOOO - fece appena in tempo a urlare Shepard, mentre alle sue orecchie giungeva il frastuono inconfondibile del trituratore di rifiuti che stava masticando voracemente la ventina di datapad datigli in pasto dalle generose mani del turian. Il suono delle lame rotanti dentate che sbriciolavano plastica, circuiti e pezzi di metallo lacerò le orecchie e il cuore del comandante.

- Sono disarmato. Se esco a mani alzate pensi di potermi permettere di lasciare la tua cabina illeso? - fu la richiesta che le giunse dopo che la macchina distruttrice ebbe emesso l’ultimo piccolo tonfo, quasi fosse il rutto soddisfatto di un umano che ha mangiato e bevuto troppo.
“E sta pure ridendo il deficiente!” notò con rabbia, mentre entrava nel bagno animata da una furia cieca che non sapeva se avesse mai provato prima.
Garrus era accoccolato sul pavimento, in preda a un’evidente crisi di risate, che non gli consentiva neppure di restare in piedi. Lo fissò allibita, non riuscendo a credere a quella manifestazione di follia assoluta.
- Shepard, ovviamente ho tutte le copie dei documenti appena distrutti - fu la tempestiva comunicazione della IA, mentre Garrus, nel vederla entrare in bagno con quella furia devastatrice che le rifulgeva intorno, non riusciva ad emettere altri suoni se non una ininterrotta serie di singhiozzi sempre più sonori.

- Lo sai che hai rischiato che mi arrabbiassi sul serio? - gli chiese Shepard ridacchiando, poco prima di addormentarsi.
- L’ho capito quando ti ho vista entrare in bagno. Non credevo avessi scordato IDA...
- Sei completamente folle.
- Non riuscivo a smettere di ridere, anche se per qualche secondo ho temuto che avresti potuto uccidermi seduta stante.
- Non ho ucciso Kaidan quando mi ha puntato una pistola contro sulla Cittadella, dubito che potrei uccidere mai te... - fu l’ultima frase che Shepard sussurrò prima di addormentarsi, grata di ritrovarsi ancora una volta fra le braccia del turian.

°°°°°

I’m sorry - 2



- Vai via? - fu la domanda che fermò i movimenti lenti che Garrus stava eseguendo da un paio di minuti nell’oscurità azzurrina della cabina, con lentezza accorta, per districarsi dalla presa del comandante senza disturbarla.
- Non volevo svegliarti.
La richiesta - Puoi restare un altro po’? - lo lasciò interdetto, ma tornò a sdraiarsi. Dopo una manciata di minuti che Shepard passò a girarsi e rigirarsi nervosamente, Garrus la sentì sbuffare e a alla fine esclamare con rabbia - Va bene, vai pure. Tanto non riesco ad addormentarmi.
- Non mi spiacerebbe ritrovarti sveglia - commentò lui, con sussurro nell’orecchio.
- Ah... ma... torni? - fu la domanda inattesa che lei pronunciò con una voce stranamente tesa.
- Certo.
- Davvero?
- Ho solo fame. Sto morendo di fame, a dire il vero... - ridacchiò lui, prima di rendersi conto che Shepard stava piangendo.

- Per gli Spiriti! - commentò scuotendola, dopo averle preso i polsi fra le mani - Ma sei scema? Dove pensavi che andassi?
- Via... - fu la risposta che lei formulò in un bisbiglio quasi inavvertibile, con la faccia nascosta dentro la federa del lenzuolo, sentendosi una perfetta idiota.
- Chiediamo a IDA se mi porta da mangiare qui a letto? - le propose ridendo, prima di aggiungere - Magari le possiamo comprare anche una divisa da cameriera...
- Portami una birra quando torni, scemo di un turian - rispose Shepard, mentre scendeva dal letto per andare a lavarsi la faccia in bagno.

“Ultimamente ti sei comportata male con Garrus. Lo riconosci, eh, brutta stronza?” si accusò fissandosi allo specchio sopra il lavandino.
“E adesso lo stai facendo preoccupare” si accusò ancora.
“Ma se non potessi lasciarmi andare neppure con lui, sarei crollata tanto tempo fa” ammise, nascondendo le lacrime nel tepore del braccio piegato che poggiava sul lavandino, mentre la mente spezzettava frasi dolorose “Sto andando a pezzi. Sono in mezzo a questo dannato labirinto in cui continuo a perdere amici e compagni, senza avere idea se esista una via d’uscita. Non so neppure se mi interessi più trovarla. So solo che devo andare avanti. Mettere un piede avanti all’altro e continuare. Continuare fino a che... fino a che ce la farò”.

Garrus rimase a mangiare appollaiato su una sedia davanti alla cucina della Normandy. Avrebbe potuto portare tutto nella cabina di Shepard, ma voleva prendersi un po’ di tempo per riflettere tranquillamente. Era rimasto colpito che lei avesse immaginato una sua fuga silenziosa nel mezzo della notte. Non era mai successo nulla del genere: Shepard e Vakarian, la coppia indissolubile, dai tempi della SR1. Dopo la gita sulla cima del Presidio, poi, era impossibile. Aveva fatto una promessa, una promessa da turian, e lei doveva saperlo.

“Se ne andrà lei, non io...” gli sembrò l’unica spiegazione possibile.
Se la missione lo avesse richiesto, lo avrebbe abbandonato.
Lo avrebbe fatto lei, come lo avrebbe fatto anche lui, al suo posto. Non sempre esistevano scelte.
Aveva compiuto un gesto simile proprio pochi giorni fa e ne stava ancora pagando le conseguenze. Aveva consigliato il Primarca di dirigere tutte le truppe verso il fronte comune anti-Razziatore, abbandonando Palaven, perché non c’era altra soluzione possibile. Il sollievo che suo padre e Solana fossero riusciti a lasciare il pianeta natale appena in tempo, non riusciva a compensare in alcun modo il dolore per aver consigliato di abbandonare il resto della popolazione al proprio destino.
Ma Garrus era un turian: sapeva affrontare decisioni disperate e pagarne il peso. E Shepard era un soldato.
Avrebbero portato avanti una missione loro assegnata ad ogni costo, magari morendo nel profondo dell’anima, ma avrebbero compiuto ogni passo che fosse risultato indispensabile per il successo.
Ma perché Shepard potesse ritenere che la terrificante possibilità di abbandonarlo si dovesse presentare, rimaneva un interrogativo al quale non sapeva rispondere. Nemmeno lei probabilmente lo sapeva. Forse immaginava che stavolta sarebbe morta sul serio...
Scosse la testa, prese una bottiglia di birra per il comandante, e risalì sul ponte uno.

°°°°°

Shepard si risvegliò d’improvviso quando era ancora l’alba: un urlo poderoso era risuonato inaspettatamente nella stanza. Accese la luce e vide Garrus seduto sul letto, con una mano serrata attorno al lenzuolo aggrovigliato. Un’espressione di terrore gli alterava la faccia e lui sembrò far fatica a realizzare dove si trovasse.
- Va tutto bene - cercò di rassicurarlo, prendendogli la mano e provando a dischiuderla con gentilezza.
Il turian emise un lungo sospiro rumoroso e si appoggiò contro la spalliera del letto, tremando.
- Hai sognato?
- Sì. Mia madre - rispose Garrus - La battaglia su Thessia deve avermi sconvolto più di quanto pensassi. Tu appesa nel vuoto... io ferito e lontanissimo.
- Racconta il sogno. Non ho più voglia di dormire. E’ quasi giorno.
- Ero tornato bambino. Mia madre e io stavamo camminando su un sentiero di montagna. Dopo una curva, il terreno smottava sotto i nostri piedi: io riuscivo a tenermi in equilibrio, ma lei scivolava. Le avevo afferrato una mano, ma non riuscivo a trattenerla. Ho urlato... e lei mi ha guardato con dolcezza. Con l’altra mano si è sganciata la catenina che portava al collo e me l’ha passata Voglio che la tenga tu. Poi si è lasciata cadere.
Qui Garrus tacque, mentre ripensava alla parte dell’incubo che l’aveva davvero sconvolto: il viso della madre diventava quello di Shepard: era il suo comandante a lasciarsi cadere nel vuoto, non Halia. Quella parte non l’avrebbe raccontata a Trinity o, almeno, non gliela avrebbe raccontata prima di capire esattamente cosa potesse significare.
- So che tua madre è morta quando eri un ragazzo, ma non so altro di lei - osservò Shepard, sperando che lui avesse voglia di raccontarle un piccolo pezzo della sua vita.

- Era malata - rispose Garrus dopo un attimo di riflessione - Alcuni turian soffrono di una malattia genetica legata all’elevata presenza di metallo nell’organismo. E’ una malattia che attacca il sistema nervoso centrale e ne causa il progressivo deterioramento, fino alla morte. Non esiste alcuna cura.
Garrus non aggiunse alcun dettaglio, mentre Shepard cercava di stringerlo in qualche modo fra le braccia. Non era mai riuscita a trovare il sistema per effettuare quella manovra. Lui poteva tenerla stretta senza pericolo, perché le placche sul petto e sullo stomaco erano piatte e arrotondate, ma lei non riusciva a fare altrettanto. Il carapace sulla schiena era pieno di spuntoni e i bordi erano taglienti.
L’unica volta in cui aveva provato a stringerselo addosso, in un abbraccio che dichiarava conforto, Shepard si era trovata coperta di leggere abrasioni, con un bel foro sullo stinco e con un grosso taglio sul braccio e lui le si era rivoltato contro con vera rabbia. Dopo averla rudemente disinfettata con una quantità di medigel bastante a curare tutto l’equipaggio della Normandy, era andato a farsi una doccia pronunciando tutte le imprecazioni che conosceva.
Anche in quel momento, nonostante fosse ancora sconvolto dal sogno, Garrus le intimò di piantarla e se la mise in grembo, prima di cominciare a raccontare.

- Era la sera di un giorno qualsiasi quando la voce di mia madre mi chiamò dalla sua stanza della nostra casa su Palaven. Ricordo che quando entrai fui felice di vederla seduta sul letto, con un’espressione tranquilla e serena che negli ultimi tempi non aveva più avuto.
- Credo che nel mese precedente avesse sofferto molto, nonostante le medicine. Forse soffriva perché era abbastanza lucida e si rendeva conto delle sue condizioni... non so bene; ero giovane... avevo appena 13 anni. Molte cose le ho capite quando sono diventato più grande, altre le ho apprese in seguito, da mio padre.
Shepard si accoccolò ancora di più fra le braccia del turian continuando ad ascoltarlo in silenzio.
- Mia madre mi chiese di sedermi sul letto accanto a lei e sganciò il fermaglio della sua catenina. Sono certo di non averla mai vista senza quel piccolo ciondolo appeso al collo che mio padre le aveva regalato tanti anni prima.
- Mi aprì la mano e me lo pose sul palmo. Voglio che lo tenga tu mi disse, richiudendomi le dita. Poi aggiunse che desiderava vedere mia sorella e mi chiese di chiamargliela.



- Se fossi stato poco più grande forse mi sarei preoccupato, ma allora non capii il senso di quel regalo - aggiunse Garrus prendendo dalla piccola tasca dell’uniforme, all’altezza del petto, un ciondolo formato da un cerchio, con tanti poligoni regolari inscritti al suo interno. Si partiva dalla forma più semplice, il triangolo equilatero, per passare al quadrato, al pentagono, all’esagono e così via, fino ad arrivare a un poligono formato da una quantità innumerevole di lati, che quasi si fondeva con la circonferenza che lo racchiudeva.
Era realizzato in un uno strano metallo che Shepard non sapeva riconoscere e che, a seconda della luce che lo raggiungeva, emetteva piccoli baluginii di luce azzurrina.
- E’ stupendo.
- E’ quanto di più caro io abbia mai avuto in tutta la mia vita.
- Fu l’ultima volta in cui vedesti tua madre viva?
- Si. Oggi so che nel corso di quella notte mio padre la aiutò a morire.

Poi Garrus tacque, turbato non dal sogno in sé, ma da quello che significava l’aver sognato, mentre lei rifletteva sulla forza dell’amore di un marito turian, disposto a pagare quel tributo alla sua coscienza, in nome di un sollievo misericordioso. Quello era un gesto che la razza umana faceva ancora estrema fatica ad accettare come diritto e dovere di un individuo che soffre una pena straziante, senza possibilità di salvezza e senza più speranze.

Garrus restò in silenzio, cercando di liberarsi dalla preoccupazione per quello che il sogno poteva rivelare: era un soldato e un turian, non si struggeva inutilmente sul rischio che si corre in uno scontro. Era certo che l’episodio di Thessia non fosse la causa di quell’incubo, ma non se ne sentiva affatto rassicurato.
Lo raggelava il dubbio che il suo subconscio avesse capito meglio della sua ragione come Shepard si trovasse sul punto di rottura e che sarebbe bastato poco a mandarla in frantumi.
Non poteva permettere che Atlante venisse schiacciato dalla volta celeste, ma non riusciva a trovare nulla di più valido che restare fedelmente al suo fianco, come aveva sempre fatto.
Restò in silenzio a coccolarla e a farsi coccolare fino a quando fu ora di cominciare un nuovo giorno.



Nota
Un grazie di cuore a Chiara, che ha creato per me l’immagine del ciondolo di Halia
  
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