Six Fool Moons
Grell
era a dir poco seccato.
Le
aveva praticamente servito la sua lista della morte su
un piatto d’argento. Le aveva dato l’occasione che
tanto bramava e quella
squilibrata, dopo cinque giorni, ancora non si era fatta vedere. Non
era riuscita
a liberarsi dalle catene? O, più semplicemente, era stata
scoperta mentre
cercava di scappare?
Che
delusione.
Vista
la sua smania di uccidere chicchessia, era sicuro che si sarebbe
fatta viva entro ventiquattr’ore al massimo. Sentiva di aver
fatto un errore di
valutazione, riponendo in lei più fiducia di quanta ne
meritasse.
Sospirando
e scuotendo la testa, Grell si avviò verso la dimora della
sua prossima vittima, un uomo di settant’anni che, a minuti,
sarebbe morto di
arresto cardiaco. Vecchi, che noia.
Si
appollaiò sul tetto di un palazzo e si mise a spiare
l’uomo
attraverso una finestra aperta.
Il
vecchio stava seduto ad un tavolo e si stringeva il petto con volto
sofferente, probabilmente l’infarto era già in
corso. Nella notte, la stanza
era appena illuminata da un’unica lampada.
Annoiato,
lo osservò cadere dalla sedia, portarsi le mani al petto e
annaspare alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi. Tirò
forte la tovaglia
che era sopra il tavolo e la trascinò giù con
sé, rischiando di far cadere la
lampada che vi era poggiata sopra. La luce nella stanza
cambiò improvvisamente.
Fu
in quel momento che la vide.
Non
se ne accorse subito, concentrato com’era sulla sua vittima,
ma
Grace era lì.
Respirava
affannosamente, addossata a una delle pareti. La luce si
rifletteva appena sulle sue labbra umettate e sulle lenti lucide dei
suoi
occhiali.
Grell
socchiuse gli occhi per vederla meglio.
Da
quanto tempo era lì? Come aveva fatto ad entrare?
Non
ne aveva la più pallida idea.
Ma
sorrise comunque, tirando un sospiro di sollievo.
Perché
ci avesse messo così tanto, non lo sapeva, ma meglio tardi
che
mai.
Il
petto di lei si sollevava e si abbassava ritmicamente, le labbra mute
e tremanti: la luce fioca della lampada la faceva apparire
incredibilmente
spaventata e fragile.
Era
il momento.
Grell
saltò giù dal tetto e piombò sul
davanzale della finestra.
Lei
ebbe un sussulto nel vederlo così all’improvviso,
le labbra tumide
si contrassero immediatamente in una smorfia rabbiosa, i suoi occhi
diventarono
braci roventi.
Grell
sorrise, compassionevole.
Dopo
tutta la spavalderia dimostrata, ora lei se ne stava nascosta
nell’ombra come un ratto schifoso, senza fare niente. Ovvio,
visto che il
giudizio di un’anima non era una faccenda di sua competenza.
Pur essendo Grace
palesemente spaesata e, come Grell ebbe occasione di notare, disarmata,
decise
di metterla alla prova.
Ridacchiò.
–Che ti prende, Gracie? Non sei riuscita a procurarti una
Death Scythe? Tiro a indovinare: sei venuta qui in tutta fretta e non
hai pensato
di rubare una falce. Dico bene?- scosse la testa, nonostante Grace
fosse
visibilmente nervosa. –Ti presenti qui in ritardo, sprovvista
di armi e
addirittura ti nascondi. Sei proprio una vergogna di shinigami.
-Sta’
zitto!
L’orologio
batté le ventitré. A breve quel poveruomo ignaro
sarebbe
morto.
Il
grido di disperazione di Grace, però, coprì
completamente i rintocchi
del pendolo e un piacevole senso di colpa assalì Grell.
Poche
semplici parole erano state sufficienti a metterla in agitazione.
Meglio di quanto osasse sperare.
Sapeva
bene che, per ottenere una qualche reazione da lei, bisognava
farla infuriare.
Infatti,
quando l’uomo la guardò negli occhi con terrore
crescente,
Grace capì di non avere più tempo: lo
assalì e lo inchiodò a terra sotto di
sé.
Grell
si sedette, con calma.
Si
godette lo spettacolo.
Grace
si chinò su quell’uomo, che non aveva
più neanche la forza di
divincolarsi, e vinta da un insano bisogno, si lasciò
guidare da esso.
Iniziò
a mangiarlo.
Gli
rosicchiò la spalla, mentre quello piangeva e tentava invano
di
implorarla di smettere. Ma lei, sorda a qualunque supplica, si
cibò della sua
carne e si dissetò con il suo sangue.
Il
respiro dell’uomo divenne sempre più debole,
mentre cercava di
portarsi il braccio rimasto integro al petto. Il momento della sua
morte stava
per arrivare e, per Grell, era arrivato il momento di capire quanto
davvero
Grace fosse capace.
Si
schiarì la voce per attirare la sua attenzione.
-Avrei
un’anima da mietere, se non ti dispiace.- disse.
–Sai, non vorrei
fare tardi.
Allentò
la presa sulla propria falce della morte, sicuro che Grace
avrebbe tentato di rubargliela. Un malcelato sorriso gli
affiorò in volto.
Lei
si voltò, ringhiandogli contro con la bocca e il collo
grondanti di
sangue. Gli strappò la motosega di mano, esattamente come
previsto, si alzò in
piedi troneggiando sull’uomo morente.
Sollevò
l’arma sopra di sé e, riabbassandola con tutta la
forza che
possedeva, lo colpì in pieno petto. I Cinematic Records
balzarono fuori
all’istante, una di quelle pellicole tentò di
avvilupparsi alla gamba di Grace,
ma non ne ebbe la possibilità. Lei smorzò sul
nascere quelle che le si
ribellavano.
Le
memorie di quell’uomo cercarono di soffocarla, di entrare
dentro di
lei, ma il corpo di Grace agiva ormai come animato da
volontà propria e nessuno
di quei ricordi avrebbe potuto deviare la sua mente, fin troppo
distorta per
poter essere penetrata.
Continuò
imperterrita a infliggere colpi su colpi a quel corpo, gingillo
impotente del suo volere perverso. I Cinematic Records non riuscirono
ad
impossessarsi di lei, delle sue braccia indemoniate che si muovevano
meccanicamente con sempre maggiore violenza.
Continuò
a torturarlo finché quasi non perse il respiro.
Era
allo stremo della fatica, il suo volto agonizzante ne era la prova.
Ma
continuò a colpirlo fin quando tutti i Cinematic Records si
piegarono
di fronte alla sua collera incessante e si raccolsero, remissivamente,
nella
falce della morte di Grell. Quando quello straziante flusso di ricordi
cessò e
la vittima esalò il suo ultimo respiro, Grace
crollò a terra.
Dalle
sue labbra si librò un urlo straziante.
-Meritava
di morire.- ridacchiò eccitata, con voce esile. Si
sfiorò le
labbra, intrise di sangue. –Era solo un insegnante
nullatenente che picchiava
sua moglie. Non ha mai combinato niente nella sua vita. Meritava di
soffrire.
Grell
si alzò in piedi.
Osservando
quella scena da semplice spettatore, doveva ammettere di
essersi divertito parecchio. Certo, come missione era stata abbastanza
semplice, e il fatto che quei Cinematic Records così fragili
le avessero dato
tanto filo da torcere era la prova che Grace non era ancora del tutto
pronta.
D’altronde, non poteva dire di non essere rimasto colpito. La
guardò dall’alto
in basso, sorridendo appena.
-Sutcliff!
Riconobbe
all’istante quella voce autoritaria.
William.
Entrò
nell’appartamento dalla finestra. Grell si voltò
atterrito verso
di lui, fissando Grace, ormai priva di sensi, che ancora stringeva la
motosega
tra le sue mani, e il cadavere, mutilato dai denti appuntiti della
shinigami.
-Che
cosa hai fatto?- chiese il moro, disgustato.
-Will,
nel tuo ufficio, ora.- disse con risolutezza. –Io e te
dobbiamo
parlare.
-Le
hai concesso di mietere una delle tue anime?- William lo
colpì forte
con la propria falce. –Sei impazzito per caso? Hai idea del
pericolo a cui ci
hai esposti?
Grell
si massaggiò il punto dolorante. –Se
l’è cavata bene, mi pare.
-Lo
ha mangiato e tu hai il coraggio di dire che se
l’è cavata
bene?!
-È
comunque riuscita a raccogliere un’anima. Non è
questo l’importante?
Il
moro prese un profondo respiro, mantenendo a stento il suo contegno,
poi proseguì.
-Forse
tu non ti rendi conto di ciò che hai fatto. Hai consegnato
la tua
falce della morte a quella... maniaca! Hai messo in pericolo noi e
quegli
umani. Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.
Grell
scosse la testa. Quando William faceva l’ottuso, lo amava
meno che
mai.
-Non
è andata male, e tu lo sai.- ribatté, girandogli
intorno. –Dovresti
smetterla di pensare a cosa sarebbe potuto accadere e iniziare a
pensare a cosa
accadrà, invece.
William
si sedette alla scrivania e si massaggiò le tempie. Grell lo
osservava, aspettando che lui lo invitasse a continuare.
Nel
silenzio potevano sentire l’eco di urla lontane, ed entrambi
sapevano a chi appartenevano. Grell cercò di nascondere un
intimo sorriso di
soddisfazione.
-Non
la senti, Will?- si sedette sulla scrivania, accavallando le gambe.
–L’hai appena rimessa in cella e lei già
non ne può più. Le cose peggioreranno,
gli altri si chiederanno il perché di queste urla,
cominceranno a fare domande
e tu come hai intenzione di rispondere?
-Non
lo so.- disse, inquieto, ma mantenendo il proprio contegno.
Gli
occhi di Grell luccicarono. –Io invece sì.
A
sentire queste parole William sbuffò e voltò la
testa dall’altra parte
pur di non essere costretto a guardarlo. Non voleva prestargli
attenzione.
Ma
Grell non gradiva essere ignorato in quel modo, così ancora
una volta
si ritrovò a continuare il proprio discorso come fosse un
monologo, senza
curarsi dell’indifferenza di William.
-Grace
voleva soltanto mietere un’anima, per questo è
scappata. Ma non
scapperebbe più se soltanto tu le concedessi qualche...
-Fa’
silenzio.
William
lo colpì di nuovo, più forte e con più
rabbia. Lo guardò quasi
con odio e, per un momento, arrivò a detestarlo.
Ciò
che Grell aveva in mente non solo era immorale, sbagliato e
perverso, non solo andava contro ogni principio e contro ogni regola.
Era
una prospettiva a dir poco spaventosa.
Non
sarebbe mai accaduto, lui non lo avrebbe mai permesso.
-Puoi
scordartelo, Sutcliff.- gli sibilò a denti stretti.
-Perché,
tu hai altre idee?- si mise le mani sui fianchi. –Non puoi
ucciderla e non puoi neanche lasciarla lì in cella, a
strillare come un’aquila,
e magari rischiare che scappi di nuovo. Se tu le passassi qualche
missione ogni
tanto, visto che a quanto pare riesce a portarle a termine...
-No,
non ci riesce, è questo il punto.- precisò.
–Dovremmo permetterle
di banchettare con tutte le sue vittime? Non se ne parla.
-È
soltanto per farla stare buona! Se tu...
William
lo fece scendere dalla scrivania e lo allontano da sé,
puntandogli contro al sua falce.
-Io
devo andare.- si sistemò gli occhiali. –Non
avvicinarti a me, e non
seguirmi, o te ne farò pentire. Tu resterai al tuo posto,
lei resterà al suo. Sono
stato chiaro?
Detto
questo, uscì dalla stanza, lasciando Grell da solo. Sapeva
perfettamente a chi rivolgersi.
Il
funerale di Daniel Hudson fu una cerimonia sobria. Ben poche persone
a piangere al capezzale della bara. La salma dell’anziano,
per qualche
misteriosa ragione, non venne mostrata a nessuno.
Un
uomo in nero, fuori dalla porta della chiesa, sfoggiava un largo
sorriso, del tutto inappropriato vista la drammatica situazione.
William si
avvicinò a lui.
-Scusate.-
disse, per richiamare la sua attenzione.
Il
becchino si voltò verso il moro. –William T.
Spears, che piacevole
sorpresa. Cosa ti porta qui?
-Ho bisogno di un vostro giudizio. Solo uno shinigami leggendario come voi può risolvere questo enigma.
Angolo dell'autrice:
Chiedo
perdono per essermi fatta attendere così tanto... Tra un
blocco dello scrittore e l'altro, ho completamente perso il capitolo
successivo a questo e,
visto che avrei voluto pubblicarli insieme, ho dovuto riscriverlo
daccapo.
Ma ci vorrebbe troppo tempo a correggere il tutto, quindi per ora
pubblico questa, che è la prima parte dell'ultimo capitolo.
Ringrazio come sempre ScratchGlissando per le sue correzioni.
Rigrazio anche LittleBloodyGirl, MisaMichaelis, BeaLovesOscarinobello,
Mikhael98 e ShinigamiGirl per le recensioni.
Ringrazio infine AmyFallen, che mi segue sempre e che sopporta tutti i
miei sproloqui su questa storia xD
Al prossimo
(e definitivamente ultimo)
capitolo!