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Autore: pheiyu    05/06/2013    3 recensioni
Pitch è tornato, più spietato che mai, e vuole vendetta. Nella notte di Halloween riusciranno i cinque, più qualche strampalato aiuto, qualche vecchio amico e un nuovo combattuto spirito, a salvare sé stessi e i bambini?
Genere: Azione, Comico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, I Cinque Guardiani, Jack Frost, Jamie, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 6

DEADLY WHISPERS UNDER THE MOONLIGHT



Of all the wonders that I yet have heard
It seems to me most strange that man should fear;
Seeing that death, a necessary end,
Will come when it will come.

                     Death, William Shakespeare


A Sotto Mondo non si era mai vista un’espressione tanto amareggiata quanto quella che, in quel momento, stava infierendo sui lineamenti altrimenti perfetti di Cassian.
– Tra un giorno è Halloween. –
Una snella figura annuì senza guardarlo, continuando a guardare fuori dalla finestra qualcosa di invisibile voltandogli le spalle.
– Tra poco più di ventiquattr’ore sarà Halloween. – ripeté Cassian, la cui rituale compostezza minacciava di abbandonarlo da un momento all’altro.
La figura questa volta non mosse nemmeno la testa.
– Halley spogliati qui e subito, e poi baciami!! –
La risposta a quella domanda fu così effimera che nessuno si sarebbe tradito dicendo che, forse, non c’era nemmeno stata.
– Mio Halley! – esalò Cassian sull’orlo di una crisi di nervi. – Non fissare l’aria!!! –
Questa volta Halley si girò e lo guardò corrugando la fronte, riccioli di capelli nerissimi caddero a coprirgli gli occhi vacui. – Scusa, hai detto qualcosa? –
Cassian si morse la lingua per evitare di inveire molto coloritamente.
Da quando era tornato Halley non era stato più lo stesso. Si era fatto spiegare nei dettagli che cosa era accaduto da un esausto Jack Frost ed era riuscito a capire solo in parte quali pensieri ed emozioni potevano agitarsi dentro alla testa del suo Signore.
– I cancelli si apriranno all'alba. – mormorò andandogli vicino e sfiorandogli una spalla per attirare la sua attenzione. – Dovresti unirti ai festeggiamenti e non startene qui da solo a rimuginare. –
Fuori, in effetti, si potevano udire senza alcuna difficoltà i lamenti dei mostri e gli strilli acuti delle streghe, solo in parte smorzati dalla consapevolezza che la Casa Infestata era ancora silenziosa come una tomba. I tonfi echeggianti delle zucche si univano ai passi strascicati degli zombie; mentre i tamburi rollavano senza sosta accanto a focolari accesi un po' ovunque, quasi a casaccio, dai paesani.
I fuochi fatui, impalpabili lune azzurre contro il cielo bluastro, volteggiavano al lento ritmo di una silenziosa danza, lasciandosi trasportare mollemente dalla calda brezza che spirava tra le vie affollate.
– Il tuo è un buon consiglio. – fece Halley, monocorde. – Perché non lo segui tu stesso? –
Era un invito ad andarsene.
Le ombre che sembravano aleggiare in quella stanza si incupirono quando Halley ritornò a fissare un punto indeterminato oltre l'orizzonte, dando il chiaro segnale che per lui la conversazione era conclusa.
Cassian, però, ritentò con dolcezza.
– Credo che quest'anno le streghe si siano impegnate più del solito. Molti mostri giurano di aver provato liquori mortalmente buoni.–
Il silenzio si allargò come una patina sottile, pronta a spezzarsi da un momento all'altro. Le fibre però parvero resistere anche oltre lo stremo, lasciando tra di loro solo la tensione feroce di due volontà che non intendono retrocedere nemmeno di un millimetro sulle loro decisioni.
– Davvero…? – chiese Halley, la voce calma che annunciava tempesta. – Vammi a prendere uno di questi favolosi liquori allora. –
– Non faresti prima venendo con me? – tentò Cassian. – C'è ne sono molti tipi e non vorrei prenderne uno che non sia di tuo gradimento. –
Gli occhi neri di Halley vibrarono, braci non del tutto sopite che minacciavano di risvegliarsi se non lasciate in pace.
– Cassian. –
Una parola, un avvertimento.
Chiudendo lentamente le mani a pugno, serrando la stoffa candida della camicia di Halley dentro alla sua stretta disperata, Cassian sussurrò: – Non farlo. –
Sapeva cosa sarebbe successo non appena fosse uscito da quella stanza, chiudendosi fuori dal mondo di Halley e dalle sue paure; sapeva che non appena gli avesse voltato le spalle, l'unico filo che ancora tratteneva Jack O'Lantern nel loro mondo si sarebbe spezzato…
… per sempre.
– Halley non... –
– Mi pare di averti fatto una richiesta. –
Non una domanda, ma un ordine.
Le dita di Cassian persero la presa sulla stoffa e il braccio gli ricadde lungo il fianco.
– Se è questo quello che desideri. –
– Si. – annuì Halley, irrigidendosi. – È quello che desidero. –
Nessuno stava più parlando dei liquori.
Chinando il capo suo malgrado, Cassian uscì dalla porta e non appena sentì il clangore del gancio che richiudeva l'uscio alle sue spalle, i suoi sensi sviluppati captarono un movimento all'interno della stanza. Poi più nulla.
– Spero che non te ne pentirai, Halley. – sussurrò a fior di labbra, senza riuscire a staccarsi da quella porta; quasi che allontanandosi da quel freddo legno non potesse più continuare ad ingannare sé stesso.
Si appoggiò alla parete e rimase lì, il braccio alzato sul volto e ripiegato sugli occhi a nascondere la sua espressione di puro dolore, incapace di andare avanti e pure di tornare indietro.

***

Toothiana lasciò riposare per qualche attimo le sue ali, muovendole con circospezione come si è soliti fare con una spalla indolenzita.
– Cosa facciamo ora? – chiese avvilita, – Le grotte nere di Pitch erano vuote, il passaggio sotto al letto abbandonato da tempo: non abbiamo più piste da seguire… –
Quella verità venne seguita da un silenzio unanime. Perfino Jack Frost rimase in silenzio, in disparte, senza alcuna idea su quale sarebbe dovuta essere la loro mossa successiva.
– Non li troviamo perché usano la sfera di North per spostarsi. – spiegò Bunnymund, limitandosi a sottolineare ciò che ormai era diventato ovvio a tutti. Candelora però annuì, fissandolo con fervente ammirazione come se solo lui avesse potuto cogliere il punto della situazione in modo così perspicace.
Non appena si accorse di quel fatto, Bunnymund si ritrasse inconsciamente. Le sue labbra recavano ancora un taglio netto, li dove i denti della sciagurata si erano posati in quell'angoscioso bacio, e la ferita gli bruciava tutt'ora con fastidiosa insistenza.
Con espressione colma di dolore, Sandman formò alcune forme dai lineamenti agitati sopra la sua testa e le indicò con entrambi gli indici. Figure minute ed alate scomparvero nel pulviscolo screziato insieme a bambinetti dal floscio cappello a punta.
– Sandy  ha ragione. – commentò North, compito. – Sono spariti anche folletti del pane e fatine delle foglie d'autunno: chi farà lievitare pagnotte ora? E autunno scomparso definitivamente! –
– Finora sono scomparsi…– fece Bunnymund contando sulle zampe senza alcuna allegria. – … la Befana, Capodanno, Ferragosto, Wookey Hole, Giovedì Grasso, May Queen, Cupid Valentine, Marabbecca, i Folletti del Pane, il Leprecauno, buona parte delle Corn Dolly e le fatine delle foglie...–
Sandy si incupì ancora di più e nemmeno una figura dorata apparve sopra la sua testa china.
Jack contemplò i Guardiani capendo che Pitch, infido come un serpente, aveva svelato la sua presenza solo quando era stato troppo tardi per reagire, troppo tardi per sfuggire al letale veleno che aveva iniettato loro insieme alle sue ombre.
"Io ho già vinto."
Jack si rifiutò di credere che fosse possibile: non poteva finire a quel modo.
– Dovremo chiamare a raccolta tutti gli spiriti minori rimasti ancora in vita. –
Era stata Toothy a parlare e tutti si voltarono verso di lei, increduli.
– Ma come vuoi che li chiamiamo? – ribatté Bunnymund, da sempre quello più pragmatico. – Non sono tenuti a rispondere all'Aurora Boreale e la maggior parte di loro nemmeno ci sopporta! –
Sandy divenne ancora più triste, la sua testolina solare non poteva nemmeno concepire l'idea che qualcuno potesse covare del rancore verso di lui.
– Dobbiamo provarci. – rimarcò Toothy. – Non abbiamo scelta. Questa volta se vogliamo vincere avremo bisogno di tutto l'aiuto possibile. – pronunciare l'ultima frase parve costarle molta fatica, nonché un certo sforzo per non inciampare sulle ultime sillabe. – Compreso l'aiuto di quello schifos… heh!…di quel maled… hah! Di Halloween! –
North sollevò entrambe le sopracciglia, colpito da tanta buona volontà, e nel medesimo istante una folata di vento gelido scompigliò il pelo, i capelli e le ali di quattro guardiani.
Nessuno di loro ci badò troppo.
– Se Toothiana può arrivare a compromesso così arduo…– commentò North –… direi che anche voi non dovete essere da meno. –
Simultaneamente North si beccò quattro occhiate di traverso ma la sua giovialità non subì il minimo danno, più imperturbabile di un cielo terso e più inattaccabile della sua stessa logica si limitò a sorridere di rimando.
– Sandy può andare a parlare con Flibbert Gibbert e Bunnymund può andare a far visita a Tiddy Mun. Che ve ne pare? –
– Tu a chi farai visita, North? – volle sapere Bunnymund con un'espressione truce in volto. Candelora fischiò tutta la sua approvazione a quella domanda.
– Oh, io? – gongolò Nicholas St. North. – Io farò guardia al quartier generale nel caso Manny cercasse di contattarci. –
Soddisfatto del programma batté dei colpetti affettuosi sul muso di Bunnymund che ruggì imbestialito.
– Non credo proprio! Perché noi dobbiamo beccarci gli spiriti strambi mentre tu te ne starai in panciolle davanti al caminetto? –
– Perché? –
North sembrò davvero confuso dalla domanda. Una nuvola di concentrazione attraversò il suo volto barbuto costringendolo ad aggrottare le sopracciglia, ma dopo un istante tornò ad illuminarsi. – Ovvio! È perché sono il capo! –
Di nuovo quattro occhiate fulminarono North che incominciò a lisciarsi la barba, compiaciuto dalla sua stessa intelligenza.
– Aspettate…– fece Toothy, guardandosi intorno e rendendosi lentamente conto di una cosa fondamentale.
– Dov'è finito Jack? –
La ventata gelida di prima soffiò nuovamente sulle loro teste, solo che questa volta Jack Frost non era più nemmeno visibile all'orizzonte.

***

Da sopra al muro sul quale si era acquattata quasi un'ora prima, Will-o'-wisp si stiracchiò come una gatta sonnacchiosa guardando con soddisfazione i suoi piccoli fuochi fatui danzare nel vento caldo di Halloween. Creavano una scia luminosa nel cielo, sospesa appena sopra la cima degli alberi, come tante piccole perle cucite sulla seta nera della notte, stentando a non oscurare per bellezza le stelle delle Via Lattea.
I suoi occhi grigi, perlacei come grafite finissima, oziarono su quel paesaggio a lei così familiare: alberi ricurvi, rami adunchi e nere nuvole stracciate dalla luna che brillava su tutto, quieta presenza anche nelle notti più buie. Persino da dove si trovava, vicino al confine col Bosco Nero, poteva udire distintamente le parole della ballata che le zucche cantavano a squarciagola, nella piccola piazza centrale dove era stato allestito il falò più grande.
Pumpkin, pumpkin on the ground…
…How’d you get so big and round?
Le fumose ventate, provenienti per lo più dai calderoni delle streghe ululanti di felicità, fecero frusciare lievemente alcune ciocche di sottili capelli celesti attorno alle sue gote pallide.
– Piccolo spirito, che ci fai qui tutta sola? –
Will si girò sorpresa, aspettandosi qualche scheletro o l'ennesimo verme di terra, venuto a chiederle di ballare sulle note ritmiche dei tamburi.
…Planted as a seed so small…
Ma dietro di lei non c'era nessuno.
– Chi è la? – domandò rabbrividendo nonostante il caldo soffuso che le lambiva la pelle.
– Dovresti fare più attenzione. – continuò la voce, profonda e strascicata. – Potresti fare brutti incontri in una notte come questa. –
…Now you are a great big ball…
– Chi sei? Fatti vedere! – ordinò Will, scattando in piedi, vigile, all'erta. I fuochi fatui fremettero nell'aria, irrequieti quanto la loro padrona. Perché, poi, faceva così freddo?
– Fatti vedere!! –
– Lo vorrei. Lo vorrei davvero. – mormorò la voce senza volto, apparentemente intristita. – Ma poi tu scapperesti via e non giocheresti più con me. –
Il tono col quale erano state pronunciate quelle parole aveva un 'che di triste e malinconico.
…Pumpkin, pumpkin is coming to town…
Will percepì distintamente un refolo di aria gelida insinuarsi sotto i suoi capelli e soffiarle sulla nuca. Nuovamente si voltò ma ne ricavò solo la netta impressione che qualcuno, chiunque egli fosse, si stesse divertendo un mondo a giocare con lei.
– Non è vero. – promise, avventatamente. – Vieni fuori. Non scapperò! –
– Ne sei sicura? – domandò la voce speranzosa. – Giocherai con me? –
…He’s gonna find out…
– No, non giocherò con te! Ho solo detto che non scapperò. –
– Ma così non è divertente. Ed io voglio divertirmi! –
…Who deserves tricks…
– Ne ho abbastanza di tutto questo nascondersi. – decretò Will, perdendo definitivamente la pazienza. – Vieni fuori o giuro che me ne vado! –
– Come desideri. –
 …And who deserves treats…
Una risata bassa e buia, promessa di incubi e di notti insonni, prese forma in una bocca livida e sottile. Uno sguardo malizioso e divertito si materializzò in due occhi di madreperla screziati dell'oro più puro e più ingannevole.
Will spalancò gli occhi: aveva fatto un grosso errore.
– Secondo te questa è una serata adatta a morire, piccolo spirito? –
I fuochi fatui intorno a Will iniziarono a ronzare e a crepitare, impazziti dalla paura. Will invece rimase immobile, incapace persino di muoversi.
Un pensiero inconscio si fece strada nella sua mente: doveva scappare, doveva avvertire Halley.
– Secondo me è perfetta. – sussurrò Pitch Black con un sorriso sornione ad illuminargli il volto scarno. Alzò l'elegante polso in un ordine perentorio, intonando tra sé e sé le ultime sillabe della ballata delle zucche di Halloween.
"…Great Pumpkin is coming to town, little spirit!"

***

Jack Frost planò nemmeno troppo discretamente al limitare di una radura, frenando con i calcagni l'atterraggio troppo irruento e allargando intorno alle sue gambe un turbine di foglie scure dai riflessi del metallo fuso. Il Bosco Nero gli rimandò il suo immobile benvenuto.
Jack, sorpreso, si bloccò aguzzando l'udito.
Il grido che gli era parso di sentire si ripeté più forte di prima per poi scemare in una serie di disperati singhiozzi, sovrastati per potenza da una risata baritonale che ben conosceva. Sfruttando la corrente ascensionale di una colonna d'aria, Jack s'innalzò nuovamente in volo e come un chicco di grandine che abbia puntato la sua preda si slanciò nella direzione della risata.
Individuò le spalle nere di Pitch Black nell'istante in cui queste ultime sparivano dentro ad un portale circolare delle dimensioni di un pozzo. Dall'interno di quel nero buco provenivano dei sussurri variegati, voci perdute appartenute agli spiriti che l'Uomo Nero aveva incatenato e sospiri di morte sotto la luce della luna.
Fu un attimo. Jack non ebbe nemmeno il tempo necessario a riflettere (non che, se ne avesse avuto, lo avrebbe comunque sfruttato per pensare lucidamente sulle sue azioni, s'intenda) perché l'istante prima stava puntando verso Pitch e il secondo dopo verso il passaggio che conduceva al nuovo nascondiglio dell'Uomo Nero. Aggrappandosi al suo bastone con entrambe le mani, diede uno strattone ed accelerò.
Il portale si restrinse e Jack, allungando le braccia davanti al suo volto per acquistare maggior velocità, svicolò dentro agli ultimi barlumi di oscurità prima che essa si richiudesse come una pesante tenda di velluto alle sue spalle, senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio.
– Eccone un'altra da aggiungere alla nostra magnifica collezione, Satia. –
Jack scattò in piedi, pronto a combattere, ma scoprì che la battuta di Pitch Black non era riferita a lui. Proveniva da un corridoio laterale rispetto all'ampio androne in cui si trovava e rimbombava in mille echi, rimbalzando sulle strette pareti, dando solo l'impressione che l'Uomo Nero fosse vicino.
Jack strinse il bastone così forte da conficcarci dentro le sue unghie e, lesto, corse attraverso il porticato racchiuso tra due file di colonne seguendo il suo istinto.
– Manca poco. Così poco, mia diletta. Ma perché quello sguardo? Qualcosa ti intristisce? –
Di colpo l'angusto spazio si allargò e il soffitto svettò verso l'alto, andando a perdersi da qualche parte nel buio sovrastante. Jack appoggiò la mano alla scabra superficie di una delle colonne per studiare il luogo ed ascoltare più agevolmente la conversazione in atto, ma subito la ritrasse, inorridito.
Un vago calore permeava alcuni grossi filamenti neri che sinuosi come tentacoli percorrevano per l'intera lunghezza quella strana colonna. Appoggiandoci nuovamente il palmo della mano scoprì che non si era sbagliato: pulsavano come se fossero vivi.
Alzò la testa per seguire con lo sguardo quei tortuosi sentieri in rilievo e involontariamente si ritrovò a socchiudere le labbra per la sorpresa.
La colonna s'innalzava attraverso l'oscurità della stanza bucandola con un sinistro lucore che emanava. E al suo interno c'era qualcuno.
Impallidendo, indietreggiò ulteriormente, rischiando di uscire allo scoperto.
– Satia, mia dolce e piccola morte, potresti anche rispondere quando ti faccio una domanda diretta, non credi? –
Jack sobbalzò e ritornò con la sua attenzione alla voce di Pitch, nonché al lungo sospiro che colmò con la sua rassegnazione ogni anfratto dell'ambiente in cui si trovava.
– Sei una ben misera compagnia e altrettanto misere sono le tue paure. –
Jack si avvicinò lentamente, tenendosi rasente il muro nel quale erano incastonate come pietre preziose quelle strane stalagmiti che della colonna avevano solo l'apparenza; con lo sguardo continuò a cercare tra le ombre quella più scura di Pitch Black.  
– Lui verrà. Non hai di che preoccuparti. –
Jack si bloccò.
Lui chi? Lo avevano scoperto? Sapevano che era lì?
– Manterrai la tua promessa? –
Era una vocina flebile quella che aveva parlato e Jack stentò a riconoscerla per quella incolore della ragazza che ultimamente sembrava essere diventata la nuova ombra di Pitch Black.
Addossandosi nello spazio rimasto libero tra una stalagmite e il muro retrostante finalmente riuscì ad avere una chiara visione del luogo in cui si trovava.
Sembrava l'interno di una vecchia cattedrale abbandonata; la navata centrale racchiusa in una regolare fila di stalagmiti nere conduceva verso un massiccio altare di pietra su cui era seduta con le gambe ciondoloni una figuretta dalle spalle curve. Ai lati alcune piccole cappelle si alternavano ad ampie vetrate, annerite dal tempo e dall'incuria; al centro la cupola parzialmente crollata lasciava intravedere la luna, unica fonte di luce che faceva piovere come finissima polvere un cono di luce argentata sopra ad una seconda figura dai lisci capelli neri e dalla pelle così bianca da sembrare immacolata.
Pitch Black si voltò proprio in quel momento, l'accenno di un ghigno sulle labbra, quasi avesse sentito di essere osservato segretamente da qualcuno.
– Ma certo, Satia. Ho promesso di non torcergli nemmeno un capello ed io mantengo sempre le mie promesse. –
Furtivo, Jack scivolò nel suo improvvisato riparo, sfuggendo almeno apparentemente agli sguardi inquisitori che l'Uomo Nero lanciava nell'oscurità.
Dalle navate laterali si ergevano altre colonne nere, prigioni di altrettanti spiriti racchiusi in tronchi d'ambra nera fitti come una foresta. Fu in una di questa che Jack scorse incredulo alcune fatine dalle ali ocra o fulve o color paglierino che sembrano pietrificate nell'atto di  volare via da un momento all'altro; poco distanti da loro stava una seconda figura, bassa di statura, barbuta e vestita interamente di verde.
Erano le Fatine delle foglie e il Leprecauno, comprese Jack. Ecco dov'erano finiti tutti gli spiriti scomparsi!
Maledicendo mentalmente Pitch con tutto il calore che uno spirito del gelo è in grado di manifestare, passò alla colonna successiva, cercando febbrilmente un modo per poter liberare i prigionieri intrappolati. Passandoli in rassegna con lo sguardo uno ad uno riconobbe una ragazza dai lunghi capelli neri, stretti in una alta coda che scendeva a lambirle le caviglie; un ometto di pietra dai lineamenti spigolosi con il pugno ancora levato in una eterna ma vana minaccia; un ragazzino magrolino e incredibilmente biondo, tanto da dare l'impressione che una coroncina aurea di riccioli gli cingesse il capo; ed, in lontananza, uno spirito che gli voltava le ampie spalle impedendogli così di scorgere il suo volto. Aveva capelli dalle fresche tonalità rosate ed un arco gigantesco in mano con ancora la dragonne infilata attorno all'esile polso. Uno dei flettenti dell'arco era spezzato e Jack sussultando, ricordò quando Pitch aveva spezzato il suo bastone davanti ai suoi occhi o quando, ancora più dolorosamente, Halley aveva rischiato di perdere Lumin.
La rabbia risalì dentro di lui, facendogli ribollire il ghiaccio nelle vene. Non poteva permettere a Pitch di continuare a farla franca: qualcuno doveva fermarlo.
Lui doveva fermarlo.
Strinse con furia il suo bastone di ghiaccio e legno, ma una voce che non avrebbe mai creduto di sentir risuonare in quel posto, lo destabilizzò con la sua presenza.
Fatti vedere, Pitch!
Anche da quella distanza Jack poté vedere le spalle di Satia raddrizzarsi all'istante e l'espressione di esultanza che si tratteggiò sui contorni dell'Uomo Nero.
 – Oh, sei arrivato quindi? Alla buon ora, mio prezioso alleato. –
Incredulo, Jack osservò quella spettrale figura dalla pelle abbronzata e dagli occhi neri come carboni, incedere verso Pitch mentre una lanterna spenta rollava dietro le sue spalle, cigolando nell'improvviso silenzio che si era creato.
– Però devo ammetterlo: mi hai sorpreso. Avrei giurato che ci avresti messo molto di meno a decidere da che parte stare, Halley…–

***

– Trovare l'uomo della nebbia in mezzo ad un banco di densa nebbia, in quello che credo sia il giorno più nebbioso di tutte le lande del Lincolnshire…– esalò Bunnymund, lasciandosi cadere al suolo – …suppongo che sia quello che molti umani chiamano "trovare un pagliaio in un ago". –
Candelora non era del tutto sicura che il detto facesse esattamente così ma l'idea di contraddire Bunnymund non la sfiorò neppure.
– Proviamo a cercare più avanti. – propose gentilmente. – Magari non abbiamo ancora guardato nei posti giusti. –
– E quali sarebbero i posti giusti? – s'informò Bunnymund con acidità.
Candelora cadde nell'insicurezza. – E-ecco, non saprei. –
Il paesaggio tutt'intorno a loro, di un omogeneo biancore burroso, rimandava solo qualche sporadico stridio di uccello e qualche fruscìo di insetti sotto le loro zampe; null'altro.
– Meglio se rimani in silenzio. Almeno con il tuo fastidioso fischiare non spaventerai i poveretti che abitano in questi acquitrini. –
Candelora si rabbuiò ma rimase in silenzio; Bunnymund continuò imperterrito, senza accorgersi del suo cambio di umore.
– Già se la passano male, se anche infierisci non oso pensare che cosa accadrebbe. –
Bunnymund arruffò il pelo già in disordine per l'aria gonfia di umidità che premeva verso il basso come una calotta asfissiante e sospirò: – Ancora non capisco perché non sei andata con Toothy e sei dovuta venire a rompere le uova a me. –
Improvvisamente una mano spuntò dalla nebbia e spinse Bunnymund da dietro, dentro ad una polla di fanghiglia e muschio galleggiante. Ci fu un tonfo bagnato, seguito da un rumore di denso liquido che si unì allo strillo di sorpresa di Bunnymund.
Fischiando la sua angoscia tra i dentoni sporgenti, Candelora si affrettò a correre in aiuto del suo amato coniglietto.
– S-stai bene? – chiese tendendogli una mano. Bunnymund la rifiutò e si guardò intorno, irato, per poi tornare a posare il suo sguardo su di lei.
– Sei stata tu? –
– NO! – fece Candelora con quello che assomigliava più ad un grido inorridito che non ad una risposta ragionata.
– E allora chi è stato? – chiese sarcasticamente Bunnymund, rialzandosi e allargando le braccia da cui colava abbondante melma verdastra. – Qui ci siamo solo tu ed io! –
Questa volta dalla condensa più fitta  comparve un piede che con uno sgambetto mandò Bunnymund al suolo, con la schiena dentro ad un odoroso strato di funghetti viscidi e marroncini.
Candelora impallidì e i suoi baffi fremettero, agghiacciati.
Un uomo dal corpo evanescente si condensò di fronte a lei e le fece l'occhiolino. – Dipende da chi mi trovo di fronte ma in genere non sopporto la maleducazione. –
– T-tu sei…– balbettò Candelora stentando a riprendersi dalla sorpresa. – S-sei Tiddy Mun? –
I contorni dello spirito persero di nitidezza e rimase solo un sorriso a trentadue denti davanti a lei.
– Dipende da chi lo vuole sapere. –
Bunnymund ringhiò e fece per avventarsi contro l'uomo delle nebbie, ottenendo un risultato che nessuno avrebbe faticato ad immaginare. Candelora lo osservò ad occhi sgranati mentre gli passava palesemente attraverso ed andava a schiantarsi con tutto il suo impeto contro il tronco deforme di un albero senza foglie.
Tiddy Mun, apparentemente divertito, ricomparve disteso su uno dei rami più storti dell'albero in questione con le braccia abbandonate oltre la testa in una posizione di assoluta rilassatezza.
– Che tipo! – ridacchiò, lanciando a Candelora un'occhiata complice.

Forse fu proprio per quell'occhiata che Candelora si decise a prendere finalmente in mano le redini della situazione.
– Io sono Grondhog Day, la marmotta della primavera, e lui è Bunnymund, il coniglietto pasquale.– disse. – E ci serve il tuo aiuto! –
– Dipende da che cosa volete farci con il mio aiuto. – ridacchiò Mun, allungandole un sorriso sornione ma interessato.
– Dobbiamo allearci per sconfiggere l'Uomo Nero. – annunciò Candelora – Ci aiuterai? –

***

Flibbert Gibbert era famosa per essere la donna con la parlantina più sfrenata dell'intero mondo degli spiriti. North doveva avere un senso dello humour davvero nordico per spedire Sandman, notoriamente lo spirito meno espansivo tra tutti quelli esistenti, da colei che invece rappresentava la loquacità fatta persona, o meglio, fatta spirito.
Capelli rossi e ricciuti, sopra ad una bocca piena dello stesso colore e a due occhi dai riflessi ambrati: Flibbert Gibbert non era certamente una da prendere sottogamba.
Fin da quando l'aveva individuata ai bordi di un laghetto, intenta a parlare al suo riflesso con tutta la perseveranza e l'insistenza che si riserva ad una persona in carne ed ossa che non ti stia dando la dovuta attenzione, Sandy aveva intuito che il suo non sarebbe stato un compito facile.
La sua intuizione aveva trovato fondamento all'incirca quando Flibbert Gibbert aveva esclamato con ineguagliabile sicurezza: – Non credo di aver ben capito che cosa vuoi che faccia. Sono impegnata in una discussione della massima importanza e non vedo perché dovrei andarmene proprio ora che il soliloquio stava entrando nel vivo. –
A risponderle ci pensò il suo stesso riflesso che le rivolse un'occhiata d'accondiscendenza. – Povera me. Andarmene ora significherebbe dover prendere una decisione per nulla facile. Io che farei al posto mio? –
Di nuovo a prendere la parola ci pensò Flibbert, seduta su un masso vicino a Sandy.
– Dovrei davvero decidere una cosa così difficile in così poco tempo? Ma non credo che lo farò in ogni caso: si stava parlando di cose serie prima che qualcuno venisse a interrompermi o sbaglio? –
– Oh no, non sbaglio affatto! – rispose Gibbert, il riflesso di Flibbert, sotto lo sguardo ormai disperato di Sandy. – Io non sbaglio mai e il mio verbo è tra i più forbiti e più elogiati da tutti gli spiriti. –
– Vero. Vero. Non per nulla sono lo spirito della dialettica e della facondia! –
– Davvero un buon risultato. Ma ero arrivata a decidere del mio passato e non ero ancora riuscita a discernere cosa era sogno e cosa era realtà. –
–Voglio davvero tornare su quel punto? –
– Nemmeno tanto, ohibò. –
Sandy strizzò le labbra in un'espressione che di solito si assume nelle situazioni senza via di uscita, quelle estremamente orrende e disgraziate.
Cercò per l'ennesima volta di attirare l'attenzione di Flibbert, o di Gibbert a seconda dei casi, creando delle sagome dorate sopra la sua testa dorata.
Tutto invano.
Provò a sbracciarsi e pure a smuovere l'acqua per far sparire quel molesto riflesso di Flibbert, detto Gibbert, in modo che almeno una delle due - che poi erano una sola - potesse ascoltarlo.
Sempre invano.
Alla fine si arrese e decise di aspettare che Flibbert, o Gibbert, smettessero almeno momentaneamente di parlare per potersi intromettere nella loro inconcludente conversazione.
Non sapeva che la sua attesa sarebbe durata quasi sette ore prima che Flibbert accennasse a fermarsi per riflettere su una questione a suo dire molto impegnativa. Il tempo di accorgersi che c'era silenzio, gioire di felicità e incominciare ad alzare le mani per indicare le figure che s'apprestava a creare sopra la sua testa furono esattamente il lasso di tempo che Gibbert impiegò per stizzirsi e reclamare la sua risposta da Flibbert. Quest'ultima riprese immediatamente a parlare con rinnovato vigore.
Sandy materializzò una minuscola spada e valutò quanto avrebbe potuto essere rapida ed indolore una morte per harakiri.

***

– Come sarebbe a dire che non c'è? –Toothy lanciò un'occhiata sprezzante alla mandria di zucche che gli stava di fronte. – So che è qui! Lasciatemi entrare, maledizione! –
Un quartetto ghignante di zucche serrò ulteriormente i ranghi prima di proclamare: – Non puoi passare! No, non puoi! –
– Non puoi! Fatti indietro! –
– Nessuno disturba Jack O'Lantern. –
– Nessuno, già! –
Seppur irritata Toothy cercò di essere ragionevole.
– Devo vederlo assolutamente, non sto scherzando. Abbiamo bisogno del suo aiuto. –  sospirò, chiudendo gli occhi. –  Noi…ehm…io ho davvero bisogno del suo aiuto. –
Se una settimana prima qualcuno le avesse detto che sarebbe andata da Halloween ad implorare per la sua considerazione, si sarebbe fatta una grassa risata e lo avrebbe spedito a raccogliere le dentiere degli anziani senza pensarci due volte.
Troppe cose erano cambiate nel giro di una sola settimana…
 – Per favore…– chiese ancora, cercando di imprimere tutta la sua disperazione in quella supplica. – È in gioco la stabilità dei nostri due mondi: quello degli spiriti e di conseguenza quello dei bambini! –
Le zucche sputarono polpa, quasi soffocandosi con le loro stesse secrezioni. In verità erano troppo stupide per prendere un qualunque tipo di decisione e l'unica cosa che erano brave a fare era eseguire ordini - e nemmeno in quello brillavano troppo - così si limitarono a ripetere di nuovo quello che era stato loro imposto di dire.
– No, Jack O'Lantern non si disturba! –
– Fatti indietro! Non puoi avvicinarti! –
– E nemmeno passare! Nessuno può! –
– Nessuno, già! –
Toothy roteò gli occhi, cercando di decidere se impallinare a suon di molari quelle quattro idiote o, più semplicemente, se innalzarsi in volo e raggiungere in quel modo le stanze di Halley. Dopo aver propeso decisamente per la prima opzione, si risolse a portare a termine la seconda, promettendosi però di ritornare alla prima non appena si fosse ripresentata l'occasione propizia.
Tra gli uggiolii sorpresi e le esclamazioni di rabbia e di indignazione, si involò verso la finestra al secondo piano del ragazzo più ricercato delle ultime ore e sorridendo si disse che qualche molare nel sedere lo avrebbe piazzato volentieri pure a quel maledetto di Halloween.
Atterrò sugli infissi e scrollandosi le ali da un velo di fuliggine che vi si era depositata si posò nel bel mezzo della stanza. Era completamente disadorna, con pareti di pietra e un pavimento austero di legno scuro. Appoggiato al muro per il lato corto stava un ampio letto dalle coperte così scure da sembrare nere.
– Che atmosfera mostruosa. – commentò Toothy, alzando un sopracciglio. Se Jack avesse avuto una stanza tutta sua probabilmente ci sarebbe stata più neve che spazio vitale, considerò guardandosi intorno. Invece quella stanza era… era… non avrebbe saputo come definirla, in verità. Spoglia, forse?
Il suo sguardo ritornò sul letto e lì rimase. Chissà su che tipo di letto dormiva un tipo come Halloween? Duro, morbido? Vi si accostò e ci si sedette sopra a puro scopo scientifico.
Oh, morbido…
Non si accorse della porta che si apriva alle sue spalle e dell'espressione speranzosa di Cassian che si affievoliva fino a scomparire del tutto.
– Tu che ci fai qui? –
Toothy si voltò e balzò in aria, riprendendo a sbattere le ali con più frenesia del solito. – Dunque, io… si… devo parlare con quello scem… ehm… con Halloween! –
Le vecchie abitudini erano dure a morire, nonostante tutto.
– Lui non c'è. – rispose laconico Cassian, appoggiandosi allo stipite della porta col fianco.
Toothy roteò gli occhi. – Lo so: non vuole vedere nessuno e via dicendo ma io devo …–
– No, lui non c'è. – ribadì Cassian con durezza. – Se ne andato e non tornerà più. –
– Che cosa!? Ma tra un paio d'ore inizierà la sua festività! Che cosa gli passa per quella testa bacata? –
– Amore fraterno. – rispose Cassian, abbassando il tono di voce fino a ridurlo ad un sussurro.
– Amore fraterno? – ripeté Toothy, senza capire affatto.
Il volto di Cassian era un'unica lastra di incorruttibile marmo, dura ed impassibile.
– Halley si è unito a Pitch. –




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Ebbene si, nuovi personaggi e nuovi casini, perché il disastro disastrato che avevo già combinato non mi sembrava abbastanza disastroso… :3
E "dulcis in fundo" verso metà (quindi neanche tanto "in fundo" ç_ç) mi è venuto un crampo al pollice destro … -.- così mi imparo a scrivere capitoli sovradimensionati. XD
  
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