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Autore: LuceSinistra    05/06/2013    2 recensioni
Se qualche giorno prima avessero nominato Sabaku no Temari dinanzi a Shikamaru, lui si sarebbe limitato a ricordare una ragazzina di qualche anno più grande di lui, proveniente dal villaggio della sabbia assieme ai due suoi fratelli psicotici quanto inquietanti, terrificante nel modo di affrontare i nemici – ancora aveva in mente lo scontro con la povera TenTen – e assolutamente petulante – ancora aveva in mente il suo scontro con quella seccatura presuntuosa.
“E come si fa, Nara?”
“A fare cosa?”
“Quello che fai tu”.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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 Che a Shikamaru Nara piacesse stare sdraiato a guardare il cielo sopra di sé, era ormai chiaro al mondo. Poteva starsene tranquillo per qualche ora, godersi la brezza leggera e la rassicurante ombra proiettata dalle nuvole sopra la sua testa, senza dover pensare a tutte quelle cose seccanti che gli capitavano da quando il suo maestro, Asuma Sarutobi, aveva deciso di farlo partecipare all’esame dei Chuunin molto tempo prima.
Quella giornata, in particolare, sembrava perfetta da trascorrere pigramente addormentato da qualche parte. E poi se lo meritava. In fondo Shikamaru aveva sgobbato per portare a termine il compito che gli era stato assegnato dall’Hokage – cosa non facile vista la presenza di una certa Kunoichi della sabbia tremendamente seccante. Eppure lui aveva stoicamente sopportato ed ora meritava quella pausa.
Qualcuno, però, sembrava non essere d’accordo con lui.
“Che cosa ci fai qui, seccatura?” domandò all’indirizzo della figura che si era fermata a due passi da lui.
“Come facevi a sapere che fossi io?”. Temari guardò con attenzione Shikamaru Nara sdraiato all’ombra di un grosso albero, con ancora gli occhi chiusi e forse ancora mezzo addormentato. Soprattutto si soffermò sulla sua posa sfatta, la divisa sgualcita e qualche ciuffo di capelli neri che gli fuoriuscivano dal codino.
Eccola qua, la quintessenza della pigrizia, pensò la ragazza mentre incrociava le braccia sotto al seno, assumendo una posizione che non prometteva nulla di buono.
“Perché, nonostante sia un’abile e terrificante Jonin, ti muovi come un elefante” rispose Shikamaru con la consueta calma. Ancora non aveva aperto gli occhi, ma adesso un piccolo sorriso gli sfiorava le labbra.
Temari avvertì l’impulso di impugnare il suo ventaglio e uccidere il Nara seduta stante, ma poi ci ripensò, non volendo causare un incidente diplomatico.
“Non dovresti offendere, piuttosto ringraziarmi” riprese. “Ti ho cercato per metà villaggio, vagabondando alla ricerca della tua capigliatura oscena, ma non ti ho trovato da nessuna parte. Pensavo allora che fossi morto, caduto in un dirupo o ucciso da un ninja nemico che aveva prontamente nascosto il cadavere da qualche parte, m-“
“Dovrei ringraziarti per aver pensato che fossi morto?” l’interruppe Shikamaru, per nulla scosso dalla rivelazione.
“Ma” continuò Temari, ignorando volutamente l’altro. “sarebbe stata una fortuna troppo grande, quindi mi sono rivolta ai tuoi amici. Ho prima parlato con la sciacquetta bionda, rischiando di avere un esaurimento nervoso, poi ho chiesto a quello ciccione e lui mi ha suggerito di provare qui. Beh deve conoscerti molto bene perché non si sbagliava: stavi poltrendo come tuo solito, pigrone”.
A questo punto Shikamaru aprì gli occhi e, puntellandosi sui gomiti, guardò Temari. Aveva ragione, Choji lo conosceva veramente bene, eppure un altro pensiero si era insinuato nella sua mente geniale. Un pensiero che aveva mosso qualcosa dentro di sé in modo impercettibile.
“E perché mi stavi cercando?”. Guardò i suoi piedi, coperti da sandali, le sue caviglie non proprio sottili, una porzione – troppo misera, dannazione! – di gambe, avvolte da un kimono nero e lungo, poi passò alla vita e al seno messo ancora più in risalto dalle braccia piegate. Lì Shikamaru si soffermò qualche decimo di secondo in più e quasi non notò il momento in cui Temari piegò la testa a lato e corrucciò le labbra carnose.
“Te ne sei dimenticato, vero?” disse, lapidaria.
Il ragazzo scavò a fondo nella propria memoria, ma non vi trovò nulla. La Kunoichi dovette comprendere perché riprese subito la parola.
“Dovevamo ricontrollare alcuni documenti” soffiò.
Soffiò… come un cazzo di felino! Per un momento Shikamaru pensò che lo avrebbe attaccato alla gola, uccidendolo. Ma non avvenne, per fortuna sua e della sua misera esistenza. Si lasciò cadere di nuovo, portando le braccia a sostegno della testa, e chiuse di nuovo gli occhi.
“Me ne ero scordato” mormorò, infine, tra i denti. Non riusciva a vederla, ma era sicuro che Temari stesse ghignando. Aspettò allora il momento della risposta tagliente – perché sia mai che la Sabaku non abbia l’ultima parola! -, una qualsiasi frecciatina all’indirizzo della sua personalità pigra e, invece, ancora una volta lo sorprese. Da Temari non proveniva alcuna parola, solo silenzio. Poi un tonfo e Shikamaru capì che gli si era seduta accanto, con la solita grazia femminile.
“Così è questo che fai quando non ti alleni o non hai missioni da svolgere” buttò lì la ragazza per fare conversazione. Proprio non le piaceva stare zitta.
“Mhm” mugugnò Shikamaru. Qualcosa gli diceva che la giornata tranquilla era ormai finita.
“Potresti almeno rispondere in modo decente”.
“Ma non ho niente da dire”.
“Tu non hai mai niente da dire”.
“Mhm”.
Temari assottigliò lo sguardo e con decisione gli rifilò una gomitata nel fianco. Shikamaru boccheggiò per qualche secondo, riuscendo comunque a mantenere un’espressione annoiata ed impassibile.
Ma come cavolo ci riesce?
Nulla sembrava scalfirlo, nulla sembrava interessargli. Fatta eccezione per le nuvole.
“Allora?” incalzò, di nuovo, Temari. “Cosa fai qui? Dormi, guardi il cielo, ignori il lavoro che l’Hokage ti ha assegnato…”
“Riposo” replicò l’altro, asciutto.
“Questo lo sappiamo tutti, piagnone. Intendo dire, perché?”.
“Perché mi piace”.
“Ti piace stare qui, da solo e sotto un albero, senza fare niente?”.
“Mi piace stare qui, da solo e sotto un albero, perché mi aiuta a riflettere” sottolineò il chuunin.
Eppure Temari sembrava ancora perplessa. Quello che amava fare Shikamaru per lei non aveva alcun senso. Se avesse avuto del tempo libero a disposizione, l’avrebbe passato a fare cose utili: come allenarsi e diventare più forte, per esempio; o chiacchierare con Kankuro, come facevano quando erano bambini, informandosi sulle sue marionette e sulle nuove tecniche che aveva imparato con fatica; o, ancora, avrebbe sorvegliato Gaara, ormai Kazekage, e sarebbe stata felice di aiutarlo, se lui gliel’avesse chiesto. Insomma Temari avrebbe fatto molte cose, tranne starsene seduta a poltrire, ignorando anche i propri doveri.
Però se a lui piace così tanto…
“E come si fa, Nara?” domandò, appoggiandosi col busto all’albero. Shikamaru si voltò.
“A fare cosa?”.
“Quello che fai tu”.
Era una domanda strana. Forse la più strana che gli avessero mai posto, soprattutto perché proveniva da lei. Shikamaru era intelligente, molto più di tutti gli altri, ma in quel momento non aveva idea di cosa rispondere. A lui veniva così naturale…
“Primo, credo che tu debba stare zitta” esordì all’improvviso. Temari assottigliò lo sguardo, più divertito che irritato, rivolta al chuunin della foglia, rifilandogli un’altra gomitata, ma talmente debole da sfiorarlo appena. “Secondo, rilassati e smetti di arrovellarti il cervello. Terzo, guarda le nuvole e lascia che le tue palpebre si abbassino. Magari ti addormenti e la smetti di seccare” concluse con uno sbadiglio.
Se qualche giorno prima avessero nominato Sabaku no Temari dinanzi a Shikamaru, lui si sarebbe limitato a ricordare una ragazzina di qualche anno più grande di lui, proveniente dal villaggio della sabbia assieme ai due suoi fratelli psicotici quanto inquietanti, terrificante nel modo di affrontare i nemici – ancora aveva in mente lo scontro con la povera TenTen – e assolutamente petulante – ancora aveva in mente il suo scontro con quella seccatura presuntuosa. Con un po’ più di fastidio avrebbe ricordato anche di quando lei lo salvò dalla ninja del suono – e poi venivano anche a dirgli che le donne non erano delle seccature e pure strambe! – e di quando lo vide piangere in ospedale, proprio come un bambino piagnone. Tuttavia, per Shikamaru Nara, Temari non era nulla, se non un insieme di ricordi, quasi tutti terrificanti, di qualche anno prima. Aveva ammesso anche i pregi, seppur nascosti e di molto, della kunoichi. Come il coraggio di affrontare il nemico, una straordinaria abilità col gigantesco ventaglio che si portava dietro e una certa propensione all’analisi e alla strategia nel combattimento – cosa da non sottovalutare, soprattutto quando si è cresciuti in un villaggio di esaltati. Eppure lei non era altro che una donna, quindi una seccatura da evitare per quanto possibile.
Poi era arrivata al loro villaggio come ambasciatrice e a lui era stato affidato il compito di farle da guida. E Shikamaru aveva cominciato a guardarla in modo diverso.
Lui odiava le donne, e andava bene; le trovava estremamente seccanti, e andava bene anche questo. Però, lavorando assieme, si era reso conto che la compagnia di Temari non era poi così male, che il suo sorriso, anche se raro, era comunque sincero. Per non parlare del fatto che i suoi ricordi erano formati da una ragazza arrogante che se ne andava in giro con quattro codini osceni, molto più del suo, mentre adesso si ritrovava di fronte ad una donna.
Shikamaru deglutì.
Poteva osservarla di nascosto, attraverso gli occhi semichiusi. Osservare le gambe al suo petto, strette tra le braccia forti, segnate da qualche graffio, segno di una ferita rimarginata; il kimono svolazzare leggero lungo la curva dei fianchi.
Poteva sentirne il respiro e persino leggerle i pensieri. Si ritrovò a sorridere, immaginando che Temari si stesse sforzando di apparire annoiata, proprio come lui. Non ce l’avrebbe mai fatta.
Tuttavia dovette ammettere che averla accanto, silenziosa e concentrata come quando revisionavano i documenti per gli esami dei chuunin, non era una brutta sensazione. Avrebbe potuto allungare una mano e sfiorarla, ma gli parve un gesto troppo azzardato. In quel caso l’avrebbe ucciso sul serio.
“Nara” lo richiamò Temari, ridestandolo dai suoi pensieri. “Mi sto annoiando”.
“Bene, è un buon segno allora. Vuol dire che stai imparando” replicò divertito.
“No, pigrone. Intendo che mi sto annoiando davvero”.
“Ed io cosa dovrei farci?”.
Il sole stavo tramontando a Konoha e le nuvole si stavano colorando di un tenue rosa. Il ninja della foglia  non si era reso conto di quanto fosse tardi.
Mia madre mi ucciderà.
“Ho fame” asserì d’un tratto Temari, con tono petulante. Shikamaru allora si alzò, una mano nella tasca dei pantaloni e l’altra tesa verso la compagna, l’espressione annoiata come sempre, che riusciva a nascondere bene i pensieri che gli passavano per la testa in quei giorni.
“Andiamo a mangiare” propose, sbadigliando.
“Se lo dici così mi fai passare la voglia, Nara. Fingi almeno di esserne felice”. Temari ignorò la mano del ragazzo e si alzò da sola, dimostrando di non aver bisogno di alcun aiuto.
“Vuoi venire o no?” domandò spazientito Shikamaru.
“E va bene, vengo. Ho troppa fame e poi non posso rifiutare un appuntamento, no?”.
“Ancora con questa storia? Naruto è veramente un idiota”.
“Questa volta, e questa sola tienilo a mente, devo darti ragione”.
“Wow, un evento straordinario”.
“Lo sai, sei cresciuto Nara. Sei diventato davvero alto” disse d’un tratto Temari, guardandolo, mentre camminava a qualche passo da lui. “Potresti quasi passare per un uomo… quasi”.
“E tu quasi per una donna, seccatura” mormorò.
“Chiudi quella bocca e muoviti che ho fame!”.
E poi lo fece. Temari sorrise, di quel sorriso raro e sincero che solo lui e pochi altri conoscevano, e Shikamaru dimenticò che il suo riposo tranquillo era stato interrotto, dimenticò sua madre e i rimproveri che gli avrebbe probabilmente rivolto per non averla avvisata e dimenticò tutti i suoi discorsi sulle donne e sulle seccature. Pensò che avrebbe potuto accontentarla per una volta. Vinse la pigrizia, aumentò l’andatura e la raggiunse, così vicini da sfiorarsi.
È un po’ come tenersi per mano, no?
 
 
 
Note:
Abbiate pietà ç_ç E' la prima fic sul fandom di Naruto. Non ho idea di come mi sia venuta in mente l'idea di scriverla, ma stamattina pensavo a questa coppia (che adoro, da sempre!) e ho pensato di scriverci qualcosa. Non so se i personaggi siano effettivamente IC, lo spero... in caso contrario fatemelo sapere, in modo anche da mettere il relativo avvertimento. E non so neanche se abbia un qualche senso... volevo mettere un bacio, un'allusione piccante o una qualsiasi cosa che non fossero i pensieri scemi di Shikamaru, ma non ci sono riuscita e non so perchè ç_ç In realtà la fine non mi piace granchè, è come se mancansse qualcosa (un bacio!!) ma ho preferito non cambiarla e lasciarla così com'era venuta. Spero comunque che possiate apprezzare, almeno lo sforzo! xD E lunga vita allo Shikatema!!

  
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