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Autore: GraStew    05/06/2013    11 recensioni
Martina è la classica ragazza acqua e sapone. Ha vissuto molte esperienze tristi, ma nonostante ciò non si lascia distruggere da niente. Tutto cambierà un giorno d'estate, quando il suo cuore verrà spezzato per l'ennesima volta. Questa è la storia di una vendetta, di un'amore che non porterà niente di buono. Questa è la storia di Martina, una ragazza che avrà bisogno dell'aiuto degli altri per riuscire a sopravvivere e per continuare ad amare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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Hurt Lovers

*Una brutta giornata*


-Primo capitolo-

 
Odio dover iniziare la giornata con il broncio. Detesto dovermi svegliare di malumore, ma purtroppo in questi giorni è sempre così e non capisco il perché. Trovo un difetto per tutto e rispondo con tono acido a chiunque.
«Martina scendi», urla Marta dal piano di sotto.
Fisso il mio aspetto allo specchio e un senso di nervosismo mi pervade all’istante. Non mi piaccio; sono una semplice ragazza dagli occhi azzurri e dai capelli rossi. Qualche lentiggine contrasta il colorito della mia carnagione: sono bianca come il latte.
Devo andare a scuola ma non ho nessuna voglia; tre interrogazioni e un compito farebbero venire la febbre a chiunque.
Frequento l’ultimo anno di liceo scientifico e queste sono le ultime verifiche prima degli esami di Stato.
Ancora non so cosa farò appena uscirò dalla scuola superiore, ma sinceramente non mi interessa.
«Martina è tardi», urla ancora Marta.
Sbuffo e mi abbasso per recuperare lo zaino da terra. La mia attenzione viene attirata dal portafoto che c’è sopra il comodino.
Ci sono due foto; una rappresenta mio padre con me e mia sorella in braccio mentre nell’altra c’è una giovane donna bionda mentre tiene in braccio un neonato.
Mi si stringe il cuore a vederla.
Mi sono chiesta molte volte il perché del suo gesto così assurdo, ma non sono riuscita a darmi una risposta.
Non so niente di lei, tranne che si chiama Maria e che è mia madre.
Mi ha abbandonata, anzi ci ha lasciati, quando avevo poco più di tre mesi e mia sorella Greta due anni.
Ho chiesto più volte a mio padre di parlarmi di lei ma si è sempre rifiutato credo perché gli faceva male pensare a lei e al male che gli aveva procurato.
Mio padre si chiamava Nicola ed era una gran bella persona.  Era un uomo magnifico, uno di quelli pronti a sacrificare tutto per la sua famiglia ed in effetti è quello che ha fatto.
Era un padre amorevole, affettuoso e sapeva sempre consigliare bene, senza mai criticare le scelte altrui e senza arrabbiarsi.
È morto due anni fa all’età di trentotto anni per colpa di una malattia che non lascia scampo a nessuno: la leucemia.
Mi manca da morire ma cerco di andare avanti; so che lui vorrebbe così ed io voglio rispettare le sue parole;
inutile dire che ogni tanto non ci riesco perché la mancanza e il dolore prendono il sopravvento.
Mio padre era un ottimo avvocato, uno dei migliori qui in città ed è per questo che non ci ha mai fatto mancare niente.
Ogni mattina avevamo la colazione pronta, la merenda per la scuola e tutti i pasti necessari durante la giornata.
È stato un padre, una madre, un amico.
Con lui potevo parlare di tutto; sapeva sempre trovare le giuste parole per consigliarmi.
Io e Greta abbiamo sempre cercato di non farlo soffrire ed è per questo, forse, che siamo due ragazze con la testa sulle spalle.
Lei studia giurisprudenza perché vuole seguire le sue orme, io ancora non so cosa ne sarà della mia vita.
Voglio godermi ogni attimo senza pensare al futuro; infondo oggi ci siamo, domani non si sa.
«Marti mi presti la tua maglietta, quella rossa scollata dietro?», mi chiede mia sorella gridando dato che è nella sua camera.
«Sì, vieni tu però», le dico afferrando la maglietta da dentro la piccola cabina armadio che ho nella mia stanza.
«Oggi esco con Emanuele», annuncia Greta con aria sognante. La guardo e scoppio a ridere quasi con le lacrime.
«Perché ridi, scusa? Cos’ho detto di tanto divertente? Non sei felice per me?», domanda sbuffando sonoramente.
Lo potrei essere se lui fosse un bravo ragazzo e non si scopasse tutte.
«Lo sai il perché, Greta. Mi dici il motivo per il quale ti ostini a volerlo vedere?».
«Sono innamorata di lui, Martina», confessa guardandomi negli occhi. Possibile che ho una sorella tutta scema?
«Sono felice per te, ma non mi fido di lui».
«Deve stare bene a me, non a te. Pensa a Marco tu», borbotta prendendomi la maglietta dalle mani quasi strappandola.
«Stronza!» esclamo furiosa.
Ogni volta che litighiamo tira fuori il nome del mio ex e questa cosa mi manda in bestia. Sto soffrendo tuttora per quello che mi ha fatto e lei lo fa di proposito.
Sono stata insieme a Marco per ben tre anni e un giorno, di punto in bianco, si presenta alla mia porta dicendomi che non poteva più stare con me e mi ha lasciata.
Per fortuna non frequentiamo la stessa scuola altrimenti lo avrei odiato ancora di più.
Purtroppo è il fratello di una delle mie due migliori amiche e anche se non voglio sono costretta a vederlo fuori scuola quando passa a prenderla o quando l’accompagna.
Ho donato tutta me stessa a quel ragazzo e lui si è approfittato di me come se fossi un giocattolo; appena non sono andata più bene mi ha sostituita con una mezza sciacquetta tutto trucco e niente cervello. Le mie amiche, Chiara ed Elisa, continuano a dirmi che sono innamorata di lui e che sono solamente gelosa mentre io sostengo il contrario.
«Martina ma cosa stai facendo?», continua imperterrita Marta dal piano di sotto.
Sbuffo mentre guardo mia sorella,  le sorrido e scendo giù arrivando in cucina proprio mentre Marta sta versando il caffè nella tazzina
«Sono qui», le dico poggiando lo zaino a terra. Non vedo l’ora che questo supplizio finisca.
«Buongiorno», esclama lei tutta contenta.
«Come mai di buon umore?», le domando sedendomi a tavola e afferrando una fetta biscottata.
«Beh… oggi arriva mio fratello, Giuseppe. Ti ricordi? Te ne avevo parlato», mi dice alzando un sopracciglio.
Ah già! Suo fratello è partito qualche mese fa per l’Inghilterra ed è rimasto là. Adesso, avendo due settimane di ferie, ha deciso di scendere in Italia insieme ad un suo amico e Marta ha pensato di farli stare qui a casa nostra.
Guardo la donna di fronte a me e ammetto di essere abbastanza invidiosa, ma anche tanto affezionata. Ha trentadue anni ed è davvero una brava persona. Si è trasferita a casa nostra circa cinque anni fa e praticamente c’ha fatto da madre nonostante non sia molto più grande di noi.
È di una bellezza sconvolgente e mi dispiace che abbia dovuto soffrire così tanto. È la proprietaria di un hotel ed è sempre impegnata tra ospiti, cucina e dipendenti. Non è molto grande, ma le richiede un sacco di tempo.
È il tipo che se tutto non va come dice lei si arrabbia. Siamo molto simili caratterialmente e andiamo molto d’accordo.
«Ah, sì! Beh, vedi che dopo la scuola vado da papà al cimitero», le faccio presente alzandomi e prendendo lo zaino.
«Okay, piccola. Mi raccomando».
«Tranquilla. Mi accompagna Eli, anche lei lo vuole salutare», mormoro distrattamente.
Lei mi sorride nonostante sappia che dentro sta morendo. Ricordo quando papà c’è l’ha presentata. Tremava come una foglia ed era talmente imbarazzata che non spiccicava una sola parola. Credo che avesse paura di una reazione negativa da parte mia e di mia sorella. Per fortuna, un mesetto dopo abbiamo preso confidenza.
«Tutto bene, Martina?», mi chiede con tono preoccupato.
Annuisco e mi alzo per abbracciarla; gesto che ricambia affettuosamente. «Questo amico di tuo fratello è anche tuo amico?», le chiedo ammiccando un sorriso.
«In realtà sì! Le nostre famiglie si conoscono da tanto tempo. Vengono ogni estate qui in Italia per il mare e abbiamo passato molto tempo insieme. È un tipo apposto e sono sicura che ti piacerà. Parla perfettamente l’italiano così non avrai problemi dato che in inglese sei una schiappa» farfuglia per non farsi sentire.
«Ti ho sentita, sai? Proprio divertente», le dico facendole la linguaccia.
«Magari puoi farti dare delle ripetizioni».
«Vedremo. Perché viene anche lui?».
«Mio fratello mi ha detto che ha litigato con il padre perché secondo lui avrebbe dovuto seguire le sue orme, cosa che ovviamente il mio amico non vuole fare. Lui, se non erro, ha studiato lingue in quanto il suo sogno è voler fare l’interprete, però suo padre vorrebbe che facesse il medico. Classica storia, insomma. Genitore prepotente e figlio che si ribella. In effetti ha tutti i diritti di fare quello che desidera. Ha quasi ventotto anni e non può stare sempre con i suoi con la laurea che possiede. Mi ha chiesto se possiamo ospitarlo per un po’, anche dopo la ripartenza di mio fratello ed io ho accettato. Spero non sia un problema per te e per tua sorella. Giusto finché non trova un lavoro», mi spiega in modo molto preciso. Amo questa donna anche per questo: non tralascia nulla e spiega con una tale semplicità da far invidia anche ad una maestra dell’asilo.
«Basta che è figo», interviene mia sorella facendoci ridere a crepapelle. È sempre la solita!
«Per me sì, poi mi direte stasera», dice facendoci l’occhiolino. «Adesso Martina a scuola, che è tardi», brontola guardando l’orologio posizionato proprio nella parete di fronte a lei.
Annuisco, le saluto ed esco di casa per affrontare una nuova giornata negativa, sicuramente. 
Quando arrivo la campanella è suonata da qualche minuto e tutti si stanno affrettando per entrare in classe.
Io, essendo sempre puntuale, non mi scompongo se arrivo in ritardo. Gli stessi professori mi venerano e non mi rimproverano mai.
«Marti», la voce della mia migliore amica mi giunge alle orecchie facendomi sorridere.
Mi volte e la vedo tutta sorridente avvicinarsi a me. Tiene in mano il cellulare segno che mi deve leggere qualche messaggio.
«Ciao Chiara», le dico sorridendo a mia volta.
«Tutto bene?».
«Sì, tu? Chi è nel messaggio?», le chiedo incuriosita.
«Emanuele», dice emozionata.
«Non avevo dubbi», scuoto la testa mentre avanzo verso la nostra classe. Oltre ad essere la mia migliore amica e sorella di Marco, è anche la mia compagna di banco insieme ad Elisa che oggi entrerà alla seconda ora.
«Non vuoi sapere che dice?», mi domanda con il broncio. Questa è esattamente la stessa scena di tutte le mattine; io le dico di no e lei fa la finta offesa fin quando non accetto di sentire tutto.
«Spara», brontolo annoiata.
«Ha detto che mi ama».
«Wow! Che novità».
«Perché sei così stronza?», mi chiede mentre prendiamo posto in aula. L’insegnante delle prime due ore, quello che doveva interrogare, non viene e i miei compagni stanno facendo festa grande.
«Dai, scherzo! Sono contenta per te, tesoro».
«Davvero?».
«Certo, sciocchina! Raccontami tutto».
Lei, ovviamente, non si lascia perdere l’occasione e inizia a parlare a raffica. Il tutto dura esattamente un’ora prima dell’arrivo di Elisa. È bianca in viso e ha un pessimo aspetto.
«Tutto bene?», le chiediamo io e Chiara appena si siede accanto a noi. Lei ci guarda e afflitta scuote la testa.
«Devo dirvi una cosa e sono sicura che non vi piacerà. Non sono d’accordo, ma non posso farci niente», brontola tenendo gli occhi chiusi.
«Dai, spara», interviene Chiara impaziente.
«Devo trasferirmi», mormora guardandoci.
Io e la mia amica sgraniamo gli occhi e la fissiamo senza dire una parola. Noi tre siamo sempre state indivisibili fin dalle elementari, se non dall’asilo e sapere che non sarà più così mi fa stare male.
«Perché? Quando?», le chiedo disperata.
«I miei genitori hanno già organizzato tutto. Partirò appena finirò gli esami e cioè tra due mesi, ragazze. Mio padre ha avuto un’ottima opportunità di lavoro a Firenze e sono costretta a seguirli. Sapete come sono fatti. Hanno già affittato una casa là e visto qualche università per me. Non ho scampo se non quello di accettare la loro volontà, almeno finchè non avrò un buon lavoro e potrò stare da sola», ci spiega quasi con le lacrime agli occhi, «ci sentiremo ogni giorno, però. Su skype, su facebook e via telefono. Non vi abbandonerò, promesso», continua a dire quasi per rassicurare se stessa.
«Ti vogliamo bene, tesoro», diciamo all’unisono io e Chiara. Ci abbracciamo e una lacrima scivola sui nostri visi.
 
«E quindi oggi arriva il fratello di Marta?, mi chiede Alessio, un altro mio amico. L’unico amico maschio che ho, obiettivamente.
«Sì, insieme ad un altro amico».
«Ah sì? Peccato che non ci sia un’amica, anche. Mi piacciono le inglesine», dice facendomi ridere.
«Sempre il solito. Non cambiare mai, mi raccomando», mormoro dandogli una pacca sulla spalla.
«Ovvio, baby»
«E non mi chiamare così. Lo sai che mi da fastidio», borbotto indispettita.
Il mio amico scoppia a ridere e insieme proseguiamo fino alla strada che porta al cimitero. Lui non vuole mai entrare con me perché dice che non se la sente, in realtà credo che lo faccia per lasciarmi un po’ da sola con lui.
Avrebbe dovuto accompagnarmi la mia amica Elisa, ma è dovuta correre subito a casa con la promessa che verrà domani. Ogni giorno prima di tornare a casa passo da lui; non riuscirei a sopportare di trascorrere il tempo in modo diverso. Non sto molto, ma anche cinque minuti mi bastano.
Saluto Alessio con un bacio sulla guancia e proseguo fino alla lapide di mio padre. Ogni giorno compro un fiore e glielo lascio in modo che siano sempre freschi.
Greta, invece, è più restia nel senso che preferisce venire una volta a settimana come se questo non le recasse tanto dolore. Non accetta la sua perdita e cerca in tutti i modi di non pensarci, cosa che purtroppo non le riesce molto bene.
«Ciao papà», mormoro sedendomi a terra. Tolgo un fiore che si è seccato e aggiungo quello fresco, una rosa bianca, le sue preferite. «Elisa deve partire ed io mi sento estremamente triste. Non riesco ad accettare la cosa. Se tu fossi qui, mi diresti che non mi devo preoccupare perché se un amore o un’amicizia è forte sopravvive a tutto. Sai che io le voglio un bene assurdo e anche che sono troppo sensibile. Spero di farcela, davvero. Sono sicura che tu mi accompagnerai in questo percorso, così come hai sempre fatto. Stasera arriva Giuseppe con l’inglese; non so neanche come si chiama. Spero sia simpatico almeno. Marta ogni giorno cerca di andare avanti e anche Greta ed io. Ti vogliamo bene papà e ci manchi. Ti sento sempre, però. So che tu stai accanto a noi in ogni momento. Devo scappare oggi che devo aiutare Marta con i preparativi. Ci vediamo domani, papà», mormoro contro il marmo bianco su cui è inserita la sua foto. Bacio proprio quest’ultima e mi alzo a stento. Ogni volta le lacrime mi fanno tremare perfino il petto. Una folata di vento mi fa capire che mio padre mi sta baciando. Sorrido e mi faccio forza.
Il mio cellulare squilla proprio ora che non voglio parlare con nessuno. Sembra che lo facciano apposta; ogni volta che piango mi chiamano e sono costretti a sentirmi con la voce roca.
«Pronto», mormoro senza neanche guardare il display.
«Ciao Marti», sento dire dall’altro capo del telefono ad un Marco con una voce davvero sexy. Il mio ex che mi chiama. Cosa diavolo vuole? E perché mi ostino a credere che sia sexy?
Lo è, in effetti.
«Che vuoi?», gli chiedo cercando di mantenere un tono neutrale.
«Hai pianto?», mi domanda quasi preoccupato. Avrà sbattuto la testa, sicuro!
«Non ti interessa. Che diavolo vuoi, Marco?», sbraito.
«Voglio sapere come stai e anche se ti va di vederci. Devo parlarti», mi dice trattenendo un sospiro. Si sono coalizzati tutti per farmi incavolare e piangere oggi? Diamine!
«Non è possibile, lo sai. Non voglio vederti».
«Per favore».
Lui che mi supplica? Oh oh!
«Dammi un valido motivo per il quale io debba dirti di sì».
«Perché… dannazione, mi manchi!», esclama tutto d’un fiato.
Cosa sentono le mie orecchie? Il mio cuore perde un battito per poi iniziare a pulsare troppo velocemente.
«Non ti credo»
«Devi, invece. Ti prego! Solo per cinque minuti e poi se non vorrai vedermi più lo accetterò», mugugna quasi disperato.
Infondo cosa potrà farmi ancora? Mi ha illusa e trattata da schifo… perdere cinque minuti per sentire cosa deve dirmi non mi costa nulla.
«Va bene, Marco. Solo cinque minuti, massimo dieci», gli dico facendolo ridere.
«Passo a prenderti stasera alle dieci, okay?».
«Va bene. A dopo»
«Grazie», sussurra per poi chiudere il telefono.
Ecco perché lo amo: sa essere dolce in modo indiscutibilmente schifoso. Sono proprio curiosa di sapere cosa diavolo vorrà da me. Forse è solo uno scherzo… spero di no! 



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Ciao a tutti ^^ eccoci qua con il primo capitolo ufficiale di Hurt Lovers. Qui avete iniziato a conoscere qualche personaggio ^^ Tengo a precisare che gli attori che prestano il volto ai miei personaggi sono Emma Stone per Martina, Ryan Gosling e Andrew Garfield ad altri due ragazzi che ancora non conoscete. 
Rachel Mcdamas da il volto a Marta, mentre Alyson Michalka da il volte a Greta ^^ Penn Badgley, invece, lo da a Marco ^^ 
Tutti i personaggi li potrete vedere nel mio gruppo, in quanto tra un pò creerò l'album in modo da rendervi più facile tutto :)
GraStewEfp è il mio gruppo ^^ 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto :) un bacio
Gra

   
 
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