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Autore: plateau_    05/06/2013    2 recensioni
Modern!Au, Parigi 2012/2013, liceo. JehanxBahorel, con leggeri accenni a EnjolrasxGrantaire, MariusxCosette, JolyxMusichetta, CombeferrexEponine.
Bahorel, tipico ragazzo che non ha niente da perdere: alcol, risse e ragazze sono il suo pane quotidiano. Jehan, tipico ragazzo che ha tutto e niente: non amici, ma dei fogli bianchi, una penna e un flauto traverso.
Un incontro nel cortile della scuola in una situazione burrascosa; cosa nasce di buono dall'unione di un cardo e un'orchidea?
La storia si sviluppa sulle note del primo cd dei Mumford and Sons, "Sigh no more": un capitolo per ogni canzone.
Spero la storia possa piacervi, malgrado il pairing non sia uno dei più considerati dal fandom... in ogni caso, buona lettura!
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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But it was not your fault but mine
And it was your heart on the line
I really fucked it up this time
Didn’t I, my dear?
Mumford and Sons, Little lion man.

Bahorel.

La mia vita in Inghilterra non è stata poi così male.
Insomma, c’è la nebbia, c’è il freddo, c’è la pioggia, il grigio ovunque… ma chi voglio prendere in giro? Ci sono stato malissimo; ma non mi lamento più di tanto: sono venuto qui di mia spontanea volontà.
Perché? Perché sono un codardo, e perché non sono mai stato bravo ad affrontare le cose che mi spaventano.
Questa volta però l’ho fatta grossa.
Ho abbandonato Jehan. Non passa giorno in cui non mi penta di quello che ho fatto: ed è per questo che ho deciso di ritornare. Ho bisogno di vedere Jehan, chiedergli  scusa – anche prendermi un calcio nei bassifondi se devo. Sono pronto al sacrificio.
Non biasimerò Jehan se vorrà farmi del male o ignorarmi completamente. Ho sbagliato a troncare così i rapporti con lui. Avevo paura di non essere all’altezza, ma… non posso negare l’evidenza, non posso cambiare ciò che è vero e reale: lo amo. Lo amo, e niente e nessuno potrà mai imperdimi di amarlo.
Perché deve essere così.
Se dovesse decidere di ignorarmi, troverei il modo di farmi perdonare. Se dovesse decidere di prendermi a pugni, mi offrirei volentieri ai suoi colpi.
Sono disperato. E spezzato, e confuso. Sono sparito per sei mesi nel niente, sono andato via, e ho lasciato la mia vita e il mio cuore in Francia per paura.
È stata tutta colpa mia. Ho giocato con i sentimenti di Jehan, e non mi perdonerò mai abbastanza per quello che ho fatto: l’ho lasciato per paura di fargli male, ma gli ho fatto male lasciandolo.
Sono un coglione, in parole povere.
Mi trovo su un aereo diretto per Parigi, a giocare con il mio smartphone a qualche giochino scemo. Accanto a me c’è un bambino francese, e quella che mi pare aver capito sia sua sorella. Manca solo un’ora all’atterraggio – minuto più, minuto meno – e non riesco a stare calmo.
La scuola qui a Londra è finita, ho passato l’anno e non ho niente di cui preoccuparmi. Zia mi ha praticamente costretto a tornare quando le ho spiegato il perché della mia fuga nella terra del tè e della bella musica.
«Ciao.» Due grandi occhioni azzurri mi squadrano curiosi.
«Gavroche, non infastidire il signore.» Quella che dovrebbe essere sua sorella mi guarda con aria dispiaciuta. «Scusa,» aggiunge. «È che non riesce proprio a stare fermo e buono».
«Oh, non ti preoccupare…»
«Éponine.»
«Non ti preoccupare, Éponine. Non mi dà fastidio.» Le sorrido, tornando poi a fissare il bambino. Il nome della ragazza mi dice qualcosa…
 «Ciao Gavroche, io sono Bahorel. C’è qualcosa che posso fare per te?»
«Bahorel? Sei per caso l’amico che fa boxe di Marius? Marius Pontmercy?  Mi ha parlato parecchio dell’ABC e…» Reclina la testa di lato, studiandomi.
«Lo conosci? Conosci Marius-amo-Cosette-così-tanto-Pontmercy? Siete per caso di Parigi?»
«È suo amico. Anche Cosette è sua amica.» Dice, indicando con un cenno la sorella. Torno a guardarla.
Lei mi sorride benevola: «Andiamo insieme ad inglese e matematica, è lui che dà ripetizioni a questo marmocchio.» Dice, scompigliando i capelli ad un infastidito Gavroche. «Suppongo che anche tu frequenti la stessa scuola, o erro? Non mi sembra di averti mai visto in giro. Anche se in realtà sono arrivata solo quest’anno.»
«O, in realtà quest’anno ci sono stato poco a scuola, ho fatto qualche mese qui in Inghilterra.»
«Bahorel, posso giocare con il tuo cellulare?» Gavroche ci interrompe, mostrandomi due occhioni supplicanti ai quali non posso dire di no.
«Certo, tieni.» Éponine pare contrariata, ma resta in silenzio. Cosa fare, se non mettere su un’amorevole chiacchierata fa compatrioti e concittadini?
«Marius non ha mai parlato di te, eppure ho già sentito il tuo nome.» Inizio, non sapendo bene che dire. «Anche se, pensandoci bene, Marius parla sempre e solo di Cosette. È abbastanza stancante a volte, ma siamo abituati alle sue lagne. Il peggio è passato: adesso stanno insieme, ma durante l’anno e mezzo di stalking… Enjolras è stato costretto a bandirlo dalle assemblee dell’ABC per un po’, era diventato insopportabile. Non so davvero con quale coraggio Courfeyrac è riuscito a conviverci, dal momento che condividono la casa.»
Eponine scoppia a ridere. «Ne so qualcosa, è grazie a me che è riuscito a rintracciarla. Ho dovuto fare Cupido per un bel po’ portando messaggi e soffiate di qua e di là, l’ho aiutato anche a prepararsi per il primo appuntamento e tutte le cose varie… probabilmente adesso senza di me si sarebbe trovato ancora nella fase stalking.»
«Un giorno mi piacerebbe conoscere Cosette, e capire cosa ha di tanto speciale.»
«Oh, è una ragazza davvero molto carina.»
«Ha un bel culo.» La voce di Gavroche ci interrompe all’improvviso, e sono costretto a guardare altrove per evitare di ridere sguaiatamente rompendo il silenzio dell’aereo.
Dopo una bella tirata di orecchie, Éponine torna a sorridermi. «Scusa, è che non riesco proprio a controllarlo. È una peste, non so come comportarmi con lui. Comunque, dicevo… uhm, diciamo che sono una specie di consulente in questioni d’amore. Sono brava a dare consigli, e mi piace ascoltare la gente.»
«Capiti a puntino, allora.» Dico, più a me che a lei. Mi osserva con aria interrogatoria. Devo proprio?
«Diciamo che ultimamente ho fatto un grande errore… Riassumendo, ho lasciato una persona per evitare di farle del male in qualsiasi modo, ma l’ho praticamente distrutta lasciandola. Cioè, non lo sento da quando sono partito, ma so che c’è rimasto male…» Sospiro, non riuscendo neanche a parlare correttamente. Sono un’idiota, e la conferma non tarda ad arrivare.
«Sei un’idiota. Spaventato, certo, ma pur sempre un’idiota. Posso dirti solo una cosa, ed è qualcosa di abbastanza ovvio: spero per te che tu sia su questo aereo per tornare dal ragazzo X e chiedergli scusa per tutto quello che hai fatto. Perché altrimenti…» La interrompo.
«Sì, sono sull’aereo per tornare da lui e sì, mi scuserò per tutto quello che ho fatto. E ho appena ricordato una cosa.»
«Cosa?»
«Tu sei la ragazza che ultimamente ha fatto una corte spietata a Combeferre.» Dico, sorridendo sornione. Eponine arrossisce violentemente.
«Veram… veramente io… io…»
«Tranquilla, non ti preoccupare. Combeferre apprezza, e presto farà il primo passo. Stai pronta.»
Quest’ultima frase non fa altro che rendere di una tonalità ancora più accesa del rosso standard le guance della povera ragazza.
Iniziamo a parlare del suo viaggio in Inghilterra, di come è stata costretta a passare le ultime settimane da sua nonna in una cittadina nei pressi di Londra e di come quindi ha perso gli ultimi giorni di scuola; chiacchieriamo di un po’ di tutto, almeno il tempo passa più velocemente. Sono fortunato ad aver trovato dei parigini – amici dei miei amici, non potevo chiedere di più – su questo volo: parlare mi ha aiutato a dimenticare parte delle mie agitazioni.
«Bahorel,» Gavroche mi chiama, porgendomi il telefono, interrompendo un’animata discussione sul nostro insegnante di fisica – a quanto pare quell’idiota insegna ad entrambi. «Ti è arrivato un messaggio, è un certo J…» Sussulto, trattenendo il respiro.
«…Joly, tieni.»
Sospiro profondamente, prendendo il cellulare fra le mani. Apro il messaggio.

 
“Credo sia mio dovere avvisarti: qualche ora fa hanno trovato Jehan a scuola, è stato picchiato.
Siamo in ospedale, sembra essere abbastanza grave.
Ti chiamo appena posso.”

 
Deglutisco più volte, cercando di afferrare ed elaborare il contenuto del messaggio. La mano inizia a tremarmi.
«Tutto bene?» Mi chiedono Gavroche ed Éponine, all’unisono.
“No, niente va bene. È in ospedale. È stato picchiato. Ed io non sono lì.”
Una hostess si avvicina con il carrello, e su questo in un angolo c’è un vaso con un paio di fiori all’interno. Il Fato sa essere bastardo e sarcastico. Orchidee.
Tutto quello che riesco a mormorare è con voce intrisa di panico: «Quando cazzo atterra questo aereo?» 
  
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