Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: _Zexion_    06/06/2013    1 recensioni
Erano stati addestrati per morire, carne da macello travestiti da soldati.
Non per combattere, ma per riuscire a sopravvivere. Una sola speranza contro quelli che li avevano costretti a ridursi come un gregge di pecore costantemente guardate dai lupi.
Genere: Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Eren Jaeger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: We are (so alone)
Fandom: Shingeki no Kyojin
Rating: Verde
Avvertimenti: Song –fic / One - Shot
Note:Er masochismo de prima mattina. (?) Anyway. Lo avevo promesso tipo un mese fa ma mi ero detta “Con calma” e la calma si è trasformata in un mese e poi accantonata xD Stamattina mi sono sentita in colpa.
Una cosa alla volta si può fare tutto u_u Così eccola qua. Dunque, avrei voluto rendere di più, di sicuro. Ho ricontrollato, ma può essermi sfuggito qualche errore E’ spoiler per chi non è in pari con l’anime e lievemente anche per chi non legge il manga. Sta a voi rischiare u__u Detto ciò non mi dilungo, vi lascio alla storia Ah giusto, la canzone è We are di Ana Johnsson.

We are (so alone)

 

« What about the world today
What about the place that we call home
We' ve never been so many
And we've never been so alone....»


La sensazione del sangue sulle mani, il respiro affannoso mentre cercava di lottare per la sua vita, per il suo respiro, per portare un solo raggio di sole che avrebbe potuto risollevare gli animi da tutta quella situazione.
Era quello che si era prefissato nel momento in cui si era arruolato nella Legione Esplorativa e lo sapeva.
Eren lo aveva sempre saputo, circondato dai cadaveri della propria squadra, di nuovo.
Erano stati addestrati per morire, carne da macello travestiti da soldati.
Non per combattere, ma per riuscire a sopravvivere. Una sola speranza contro quelli che li avevano costretti a ridursi come un gregge di pecore costantemente guardate dai lupi.
Lo sapeva mentre stringeva i pugni ed azionava lo strumento di Manovra Tridimensionale prima che un Titano si accorgesse di lui, lasciando indietro il cadavere di un compagno.
Morivano per la causa, per andare avanti, per trovare un modo di sopravvivere.
Erano stati addestrati per morire, si ripeté nella testa mentre fuggiva lontano verso il suono di ritirata, ma non erano stati addestrati per cancellare la rabbia del fallimento quando qualcuno moriva tra le tue braccia.


« See the devil on the doorstep now (my oh my).
Telling everybody oh just how to live their lives.»

 

« PERCHE’ CI SIAMO RITIRATI? » La voce che risuonava nell’alloggio momentaneo, sicuro dicevano, incurante di poter attirare qualcosa. Qualcuno.
« Calmati, Jaeger. » Nessun sentimento, una maschera complessa di quella che era la personalità di Rivaille, mentre ripuliva minuziosamente le proprie armi dal sangue invisibile dei Titani. Un tic nervoso che lo caratterizzava nella sua psicologia. Chi rimaneva normale in tutto quel mondo disastrato?
Eren strinse i pugni, ficcandosi le unghie nei palmi sotto lo sguardo di Hanji e Irvin che si scambiarono un’occhiata consapevole, nel silenzio degli altri commilitoni.
« Potevamo… potevo trasformarmi e salvarli! Ce l’avrei fatta! » Un sussurro più che udibile il suo, Mikasa già pronta a tendere la mano per cercare di risollevare il morale del compagno, Armin che la osservava rimanendo immobile.
Ma di nuovo la voce di Rivaille interruppe il silenzio, mentre alzava lo sguardo sul proprio cadetto.
« Come ti ho già fatto presente, le scelte sono tue. Devi essere in grado di pensare velocemente e non pentirti in seguito. Tu sei padrone di te stesso, Jaeger. »
Senza aggiungere altro, semplicemente posando le armi ora perfette, prese in mano qualcos’altro. Odiava la sporcizia intorno a sé e puliva, puliva, continuava a pulire, ma il marcio di quel mondo sembrava non finire mai.


« You keep watching from your picket fence
You keep talking but it makes no sense
You say we're not responsible
But we are, we are
You wash your hands and come out clean
Fail to recognise the enemies within
You say we're not responsible
But we are, we are, we are, we are. »


« DANNAZIONE! » Quello che rimaneva di una spada usata fu lanciato lontano, verso il muro di quella casa abbandonata. Armin e Mikasa seguivano Eren silenziosamente, senza emettere un solo suono, vedendolo disperarsi per quello che reputava l’ennesimo fallimento.
E in fondo sapevano tutti che lo era, ma di fronti a così tanti nemici molto più forti di loro erano come insetti che cercavano di sfuggire dalla ragnatela del ragno che si divertiva nell’osservarli, mandarli nel panico, fargli capire quanto insulsi fossero a confronto, oramai in trappola.
Con mille punti di domanda, vuoti inspiegabili, un circolo vizioso senza uscita.

« One step forward making two steps back (my oh my) »


« Eren, abbiamo fatto ciò che potevamo. Non devi darti la colpa di ciò che è successo… »
Parole dette a vuoto quelle di Mikasa che lo osservava ora senza nemmeno provare ad avvicinarsi. Conosceva l’amico di infanzia, com’era fatto e cosa ne poteva pensare di tutto quello. Ma parlando lucidamente non vi era altra scelta. Seppur per garantire la vita di pochi avevano dovuto ritirarsi, sacrificando quella di altri.
Andava così, da sempre.
« No. NO. Di più, di più, potevamo fare di più! Potevamo riuscirci! Non erano anomali, se mi fossi trasformato, se fossi stato più veloce, loro… »
« Sarebbero morti lo stesso. » La voce tremolante di Armin lo interruppe, focalizzando l’attenzione di Mikasa e lasciando che i pugni di Eren si stringessero ancora ed ancora. Ma nessun dolore avrebbe spazzato via ciò che di sbagliato aveva dentro.
« Non puoi salvarli tutti, Eren. » Un sussurro, una verità, detta con una calma che avrebbe lacerato ciò che di intatto era rimasto. « Sei umano anche tu. »
Nessun richiamo, la consapevolezza che scendeva lungo quel corpo chinato in avanti, tremolante. Per la rabbia, per la frustrazione.
Nessuno era adatto a combattere in quel modo, a vedere tutta quella morte. Non lo erano loro come non lo erano i loro superiori. Abituarsi a veder morire, ad essere impotenti. Non c’era soluzione, solamente l’illusione di una scelta.

« Lining up for the grand illusion
No answers for no questions asked
Lining up for the execution
Without knowing why
. »


« Abbiamo abbastanza scorte di gas per farcela, per provarci di nuovo. Questa volta dobbiamo tornare indietro con un risultato, QUALSIASI risultato.
Siamo di meno, è vero, ma possiamo farcela. I Titani si sono diretti più lontani rispetto a ieri, è importante per noi riconquistare il Wall Rose.  Eren. »
Lo sguardo di Irvin si posò su quello del ragazzo, rimasto in silenzio per tutta la spiegazione del piano che li avrebbe coinvolti all’alba. Remore di quanto era successo, passivo fisicamente mentre si distruggeva mentalmente. Senza nessuna salvezza.
« E’ probabile che vicino a casa tua vi siano cinque Titani, sono stati avvistati nei dintorni, di rispettivamente tre, cinque, tredici, nove e quindici metri. Io ed Hanji ti copriremo le spalle, mentre Rivaille, Mikasa, Armin si occuperanno di tenere la zona salva insieme agli altri. Per questo abbiamo bisogno che ti trasformi quanto basta per ucciderli. Dopodiché avremo bisogno della chiave. »
Eren rimase in silenzio, mentre guardava il foglio di carta che mostrava la piantina. Quando sollevò lo sguardo, fu solo per passare in rassegna quelli altrui, dei propri amici e del proprio Caporale, inespressivo come sempre.
« Ce la posso fare. » Nessun obiezione ne tentativo di ribellione per quel piano. Farcela con quella nuova speranza, senza possibilità di sbagliare, solo andando avanti.
Erano stati addestrati per morire dando l’illusione di salvare l’umanità. Un palliativo per non sentirsi messi alle strette.
Ma Eren credeva fermamente in tutto quello.
« Ce la farò. »

« It’s all about power then
By taking control
Breaking the will
Raping the soul
They suck us dry till there’s nothing left
My oh my, my oh my. »


Non vi era salvezza, solo speranza. Ognuno inseguiva i suoi sogni, si aggrappava alla vita per quella che era, per ciò che poteva essere se mai fossero riusciti a portare risultati concreti a casa.
Dentro quelle mura erano bestie da macello incapaci di ribellarsi.
Al di fuori di esse erano soldati che lottavano per la libertà, riconquistare il loro posto nel mondo. Non più prigionieri, non più prede ma cacciatori.
I cavalli galoppavano veloci, mentre qualcuno si serviva sin da subito dello strumento di manovra tridimensionale per assicurarsi che non vi fossero giganti nelle vicinanze.
Non più folli nel credere che vi fosse uno spiraglio di luce nell’oscurità, solamente consapevoli di dover combattere e sopravvivere.
« UN TITANO A ORE 10. NOVE METRI, PUNTA DA QUESTA PARTE. E’ DA SOLO. »
« ANDATE. » Un cenno con una mano da Irvin e la squadra si divise, pronta a combattere, pronta a riprovarci ancora un’ultima volta prima della ritirata definitiva. Eren continuava a galoppare seguito da quella che era la sua nuova squadra, Mikasa ed Armin che si dividevano, lasciando i cavalli ad altri, Rivaille perennemente dietro di loro, in allerta.
« CAPITANO, UN ALTRO TITANO CORRE DA QUESTA PARTE, CREDO SIA UN ANOMALO, ALTO QUATTRO METRI. »
Irvin strinse le labbra, consapevole che oramai era iniziata la battaglia. Un altro cenno della mano e la seconda squadra partì, seguita da Rivaille.

« What about the world today
What about the place that we call home
We' ve never been so many
And we've never been so alone.... »


La formazione divisa esattamente com’era stato pianificato, oramai ai confine delle mura. Eren sentiva il sangue pulsare all’idea di tornare a casa dopo tutti quegli anni, la nebbia che tentava di prendergli la mente ricordando l’ultima volta che vi era stato, il dolore di ciò che era successo e la consapevolezza che non poteva farsi travolgere dalle emozioni proprio in quel momento.
Potevano gridare, provare, tornare e ripartire sino a che i piedi non avrebbero sanguinato, sino a che avrebbero respirato perché erano.
Si ripromise che lo sarebbero stati, che non avrebbe lasciato che quella spedizione divenisse inutile, non finché avrebbe avuto sangue in corpo, volontà di andare avanti.
« CAPITANO CI SIAMO. »
« EREN, TOCCA A TE. »
Un respiro profondo, poi un altro. Quando riaprì gli occhi poté vedere un paio di Titani girarsi verso di loro, con quel sorriso raccapricciante sul volto mentre già pregustavano una vittoria che non aveva intenzione di dargli.
Non questa volta.
Si portò la mano alle labbra e morse, più forte che riuscì, sentendo il sangue penetrargli la gola, acre e ferroso, amaro.
L’attimo dopo vi fu solo fumo e consapevolezza, lucidità nella sua mente da Titano.
Erano alla resa dei conti e non vi sarebbe stata un’altra chance.

« So alone. »

  
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