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Autore: MaricciaWeasley    06/06/2013    0 recensioni
Giulia,di sedici anni,vive da sei anni in un paesino della provincia di Bari. Prima di allora era stata costretta a trasferirsi più volte ,ma negli ultimi tempi aveva cominciato a pensare che sarebbe rimasta lì per sempre.. ma ovviamente si sbagliava. Anche questa volta le toccherà cominciare tutto daccapo.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Giulia!Giulia!»

La voce della mamma risuonava lontana. Avrei voluto non farla preoccupare, ma come avrei potuto data la notizia appena ricevuta? No, non sarei tornata indietro per nulla al mondo. Corsi. E continuai a correre per un po’ finché non raggiunsi la piazza. Mi sedetti sulla panchina più vicina e mi lasciai andare. Non m’importava affatto se qualcuno avesse visto che piangevo, nulla al mondo sarebbe riuscito a placarmi.
Com’è potuto succedere? Mi avevano promesso che non ce ne saremmo più andati da qui! Come avrei potuto dire ai miei amici che li avrei lasciati? Questo fu l’ultimo pensiero che balenò nella mia mente prima che la stanchezza, la delusione, la tristezza prendessero il sopravvento su di me e lasciassero che io perdessi i sensi sulla fredda panchina.
 
 
Quando mi risvegliai mi ritrovai nel mio letto, avvolta nelle soffici coperte di lino. Come ci ero finita lì? E che cosa era successo? Come erano riusciti a trovarmi? Una ridda di domande mi esplodeva nella testa. Ero confusa. Scostai il ciuffo di capelli biondo rame davanti agli occhi e mi diressi alla finestra. Era buio fuori e le luci del palazzo di fronte erano accese. Con una nota di tristezza immaginai quanto potessero essere felici lì. Consapevoli che nulla al mondo li avrebbe portati via da questo posto. Con un tuffo al cuore notai attorno a me gli scatoloni pronti per essere riempiti. D’un tratto la porta si aprì e un uomo alto, con capelli castano chiari e dagli occhi verdi stava correndo a braccia tese verso di me. Papà. Mi abbracciò, quasi come se fossi stata via da lì per un anno. Mi accarezzò i lunghi capelli e mi baciò sulla fronte poi mi strinse forte a sé e cominciò a piangere. «Non farlo mai più!» mi aveva detto con il volto rigato dalle lacrime e mentre la presa si allentava. Non avrei potuto far altro che abbracciarlo. Mi sentivo un po’ in colpa, in verità. Amavo papà. Era sempre così tenero e dolce con me! Ma odiavo il suo lavoro. Era questo il motivo per cui, per la sesta volta nella mia vita, ero stata costretta a trasferirmi. Papà è un insegnante precario e quasi ogni due o tre anni eravamo costretti a spostarci. Non ha mai trovato un posto fisso. Ma eravamo qui da sei anni e mi ero quasi convinta del fatto che ci saremmo rimasti. Ma evidentemente mi sbagliavo. Ora mi toccava ricominciare tutto daccapo e il solo pensiero mi faceva sentire triste. Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei affezionata così tanto a quel posto? Uno sguardo alle fotografie sulla mensola e in un attimo vidi scorrere le immagini di questi ultimi sei anni. Le passeggiate sulla spiaggia, le strade, i palazzi, i negozi ..e la scuola. Già la scuola. Ora che ci penso mi sarebbe mancata anche quella. Il professor Baluardi era il mio insegnante preferito. Insegnava lettere. Era un uomo alto, sulla cinquantina d’anni ,smilzo ed aveva un viso cordiale. Chiunque gli avesse rivolto la parola avrebbe trovato nel suo sguardo una serenità assoluta. Era uno di quei prof capaci di invogliarti a seguire le lezioni. Avrei tanto voluto che insegnasse solo lui! E poi c’era lei, la professoressa Federici. Insegnava latino e, sinceramente, non mi è mai andata a genio per quanto la materia potesse interessarmi. Ma sì, penso che anche lei mi mancherà. Come mi mancherà la mia migliore amica, Annalisa. Ero davvero affezionata a lei. Quando le ho detto che mi sarebbe toccato trasferirmi mi aveva promesso che, ovunque fossi andata, mi avrebbe scritto e sarebbe venuta anche a trovarmi! Da una parte è stata una consolazione ma poi ho riflettuto sul fatto che mi sarebbe mancato sentire la sua voce tutti i giorni, le nostre chiacchierate durante le lezioni e alla mensa, le nostre uscite in centro nel pomeriggio ..mi sarebbe mancato davvero tutto quanto di lei.
 

***

 
La sera prima della mia partenza, organizzammo un party a casa di Celeste, una nostra amica. Fu il migliore della storia. Vissi quegli ultimi istanti lì momento per momento, così che in futuro avrei potuto ricordare ogni singolo attimo, ogni piccolo particolare. Ormai mi ero rassegnata, non avrei potuto fare niente per impedire alla mia famiglia di partire. Passai le ultime ore di quella sera a consolare i miei amici. Dentro soffrivo, ma non avrei mai potuto dire loro che stavo male o li avrei fatti stare peggio.
Promisi loro che mi sarei fatta sentire spesso e che ogni tanto avrei scritto loro qualcosa o che gli avrei mandato una foto del posto in cui vivo. Sembravano un po’ rincuorati dal fatto che non li avrei mai dimenticati. Il campanello squillò: mio fratello era venuto a prendermi. «Aspetta un attimo, abbiamo una sorpresa per te!» avevano esclamato tutti quanti all’unisono. Mi voltai e li guardai con aria interrogativa e Annalisa si fece avanti con un piccolo pacco. «Quando ti sentirai sola» disse, abbracciandomi «Questo regalo ti ricorderà che da qualche parte, anche se lontani da te, ci sono i tuoi amici che ti vogliono bene. » La guardai. Una lacrima mi solcò il viso, ma mi affrettai ad asciugarla. «Mi mancherete.» dissi con un filo di voce e dando un ultimo abbraccio a tutti. Richiusi la porta alle mie spalle e mi chiesi quando li avrei rivisti. Chissà che cosa faranno, chi incontreranno, a cosa penseranno quando non ci sarò. Vorrei poterli stringere ancora un ultima volta anche se non è un vero e proprio addio questo. Aprii la portiera della vettura e saltai dentro. Era l’ultima volta che avrei rivisto quella città.
Il sole era alto nel cielo. Dovevano essere all’incirca le dieci quando la mamma mi chiamò. Ci eravamo fermati ad un autogrill nelle vicinanze di Castellammare per fare colazione. «Quando arriveremo?» chiesi a papà mentre la sorridente cameriera dietro il bancone ci stava servendo un cornetto ed una tazza di caffè. «Non molto .. circa due ore.» «Ancora?» sbuffai. Non avrei retto molto a lungo in quella vettura, mi stavo annoiando. Avevo già vissuto quell’esperienza prima d’ora e ogni volta si tramutava in qualcosa di noioso ed interminabile. Pagammo alla cassiera il dovuto e poi partimmo alla volta del parcheggio. Con un po’ di tristezza pensai a che cosa stessero facendo i miei amici. Probabilmente, staranno giocando in piazza o staranno chiacchierando in un bar. Erano passate solo poche ore e già mi mancavano un sacco!
Se fossi rimasta, a quest’ora mi sarei recata a casa di Annalisa e ci saremmo preparate ad uscire e poi avremmo fatto il nostro solito giro per i negozi. Era divertente fare shopping con lei. Era l’unica che conoscessi che se ne intendesse in campo di moda e ogni tanto esordiva con un «Ma guarda quello, è fantastico!» oppure con un «Questo abbinamento proprio non va, no no! » . Io so bene che avrò sempre nostalgia di tutto questo ma allo stesso tempo spero di trovare nuove compagnie lì a Roma. Infondo, chi mi dice che non troverò delle persone speciali così come le avevo trovate nella città in cui vivevo fino a ieri? Chi mi dice che non troverò anche qui delle persone degne di essere definite amiche? E se per caso avessi trovato una persona simile al prof Baluardi? E se questa volta saremmo rimasti lì per sempre? La risposta mi attendeva all’arrivo nella grande città. 
   
 
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