Limit
A stento riuscì a chiudere la porta dietro di sé aiutandosi con il piede, costretto in quei dannati tacchi a spillo. Si liberò le braccia posando le numerose buste della spesa sul tavolo da pranzo, posò la posta che teneva stretta fra le labbra sul tavolino davanti al divano e buttò le chiavi nel cassettino all’ingresso con fare affrettato per fiondarsi – poi – sul divano e liberarsi finalmente di quelle scarpe assassine. Un sospiro di sollievo le uscì più forte del solito, esplicitando la sua stanchezza.
Giornata infernale.
I piedi le facevano male.
Le spalle le facevano male.
La testa le faceva male.
La vita stessa le faceva male.
Raccolse le scarpe e si trascinò nel bagno; quasi non fece in tempo a guardarsi allo specchio che una lacrima le era già sfuggita dalla palpebra, percorrendo la guancia. Così, al limite del possibile, il suo autocontrollo andò in frantumi, sgretolandosi come una di quelle palline di sabbia si sgretola tra le mani di un bambino.
E pianse.