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Autore: Ciambellee    06/06/2013    0 recensioni
Maria Grazia è una ragazza timida e chiusa e che odia il mondo. Inizierà ad amarlo solo con uno strano incontro...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Chiusa. -L’unico aggettivo adatto a descriverla.- Attacca chi cerca di aprire quella sua porta, chiudendogliela in faccia. Non adatta a rapporti interpersonali”. Erano queste le crude parole del signor Belverde. Un uomo sulla cinquantina. Barba ancora nera e folta, capelli scuri. I colori non le piacevano affatto. Non li distingueva, non perché non potesse, ma semplicemente non voleva. I suoi occhi, i vestiti, i capelli e perfino la pelle; non sapeva quale fosse il loro colore. Pensava in modo superficiale. E oltrepassava la porta dello psicologo gentilmente aperta dalla madre. Mentre cercava di mettersi nelle orecchie le cuffie. La canzone non la doveva scegliere, era sempre la stessa. Non le importavano le parole, il ritmo, la musica. Le bastava solo che facesse rumore; doveva oscurare il silenzio di quel mondo, del “circo degli elefanti”, come lo chiamava lei. Era solita assegnare un animale ad ogni cosa. Il suo animale preferito era l’elefante. Grigio, senza un colore preciso. Enorme ma anche gracile. Può urlare senza fare rumore. Identico a lei, solo che lei era piccola come una nocciolina. Stranamente però lei odiava gli elefanti. Si facevano così facilmente sottomettere. Lei non era così. La sua strada doveva essere una sola, scelta da lei. Nessuno poteva obbligarla a cambiarla. Era sua abitudine imporre la sua volontà sugli altri. Ecco perché appariva strana, malvagia e, come tutti dicevano, “acida”. , pensava ogni volta che vedeva qualcuno che cercava di accettarla. Quelle cuffie le amava tanto. Forse erano la cosa che più amava. Erano blu. Riusciva a vedere solo il colore del suo portale verso l’allegria. La musica gliene dava tanta. Urlava ciò che lei non poteva dire. Ultimamente ascoltava sempre un brano, un gruppo. Non era una canzone d’amore. I compagni dicevano che un essere come lei non poteva provare amore. Era forse una musica che parlava della morte della propria anima. La morte dell'anima è indubbiamente triste. Spesso si chiedeva se aveva un’anima. Pensava che forse quelle persone, gli elefanti, potessero avere ragione. Cambiava subito idea quando chiudeva gli occhi, spesso nel buio, con le lacrime agli occhi e riusciva a vedere la luce. Aveva caldo, nell’interno dello stomaco. Sotto il cuore, sopra l’ombelico dove spesso le mani si fermavano. Il suo letto, il suo cuscino, le sue lacrime la conoscevano bene quella luce. Ogni notte l’addormentava. Era l’energia che il giorno dopo l’avrebbe fatta andare avanti. Mai capì l’importanza di quella luce finchè non le fu dopo strappata. Ogni mattina non si ricordava mai cosa aveva sognato. Rimanevano solo i segni di agitazione nel letto: cuscini a terra, lenzuola scoperte, oggetti caduti e sogni, sogni infranti, fuoriusciti dagli occhi ed assorbiti da chissà qual demone. Nessuno seppe mai il suo sogno; lei era l’unica che si avvicinava a capirlo, ma quella luce finiva prima che lei potesse cominciare. “Come hai dormito tesoro?” “Come dormono le foglie la prima sera che cadono dall’albero” “Wow, come sei poetica oggi, Mary” Odiava il suo nome, Maria Grazia; era stupido e da “poppanti”, come diceva. Non lo sentiva suo, come la sua vita. “Oggi ho freddo. La scuola non mi va. Tutti mi odiano. Sono brutta, acida, cattiva. Perché devono criticarmi? Che girino lo sguardo. Nessuno, o quasi, vuole vedermi, perché devono farlo?” “Calmati dai. E’ l’ultimo mese, tra poco non avrai più i loro occhi puntati addosso. Adesso siediti che ci sono le crepes”. Sapeva non l’avrebbe fatto. Non si sedeva mai per mangiare. Sempre al volo. Come i suoi pensieri. Se mai li avesse avuti. “Fottiti, ritorno a dormire” Così andò via; non notava le lacrime della madre a queste parole. Non vedeva il colore rosso della cucina mischiato al nero delle lacrime. Perché le lacrime sono trasparenti se buttano fuori il male? Chiudeva la porta e come prima si stendeva sul letto; non avrebbe dormito. Sarebbe stata una giornata intera a pensare, forse dopo qualche ora avrebbe pensato a qualcosa di buffo, forse agli elefanti e le noccioline. L’unica risata che poteva fare in un giorno. Nessuno sapeva come era fatto il suo sorriso; nemmeno lei.
  
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