Titolo: Coda
di rospo e lingua di salamandra.
Pairing: Harry/Zayn
Rating: R
Note: Ho
livellato le età di tutti i bimbi, per questo vanno tutti a
scuola insieme e
tante belle cose xD Roba fantasy in agguato.
Disclaimer: Gli
One Direction non mi appartengono bla bla bla.
Zayn si svegliò a causa
della luce che filtrava attraverso
la finestra. Sbadigliò e si stiracchiò.
Guardò l’orologio. Erano a malapena le
nove ed era sabato mattina. Niente scuola, per fortuna. Si sarebbe
volentieri
rimesso a dormire, ma sapeva già che non ci sarebbe riuscito
senza un buio
assoluto e, se doveva restare sdraiato a non far nulla, tanto valeva
iniziare
la giornata.
Si guardò un attimo
intorno. I suoi quattro migliori amici di
sempre dormivano ancora, tutti qua e là sparsi per il
soggiorno del bungalow.
Il patrigno di Harry glielo metteva a disposizione ogni tanto, durante
il fine
settimana, e loro sfruttavano quella piccola libertà al
pieno delle sue
possibilità. La notte precedente erano crollati chi sul
divano o sulla poltrona,
chi sul tappeto, troppo stanchi per raggiungere un vero e proprio letto
e
troppo allegri per ricordarsi dove stesse.
Louis e Liam erano uno sopra
all’altro, spalmati sul divano;
Niall era spaparanzato e a bocca aperta sulla poltrona reclinabile, che
probabilmente aveva allagato di briciole.
Girò la testa verso destra
(movimento che gli provocò una
fitta al collo. Dormire per terra non era stata un’idea
geniale,
evidentemente). Harry ronfava ancora beatamente accanto a lui, dolce e
innocente come un bambino.
Iniziava ad annoiarsi.
Dette qualche colpo
all’amico sulla spalla. Harry non si
mosse neanche di un centimetro.
Gli tirò i capelli, quel
tanto per infastidirlo. Nulla.
Gli tappò il naso. Tempo
qualche secondo e l’altro sobbalzò,
aprendo gli occhi e facendo un profondo respiro.
Zayn soffocò una risata e
mise gentilmente una mano sulla
spalla di Harry che, per la prima volta quella mattina, lo
guardò.
Sentì il suo sorriso
vacillare, quando in un secondo, come
per magia, l’espressione di Harry si fece vaga e sognante.
Con uno slancio,
questi lo abbracciò, una mano fra i suoi capelli e
l’altra che gli accarezzava
affettuosamente tutta la schiena.
Preso in contropiede, Zayn non
riuscì a ricambiare il gesto,
che Harry si era già tirato indietro.
E poi, Harry disse e fece quello che
Zayn non avrebbe mai
dimenticato, quello che nel giro di pochi giorni gli avrebbe cambiato
la vita
per sempre.
Posò le mani sulle sue
guance e si avvicinò a un soffio di
distanza dal viso di Zayn.
«Dormito bene,
amore?» chiese, prima di eliminare quei pochi
millimetri e far combaciare le loro labbra in un casto bacio.
*
Zayn non aveva urlato, assolutamente.
O forse sì, perché in
un attimo la stanza si era riempita di voci appartenenti agli altri tre
che,
troppo presi a lamentarsi, non si erano accorti
dell’espressione sconvolta di
Zayn né di quella felicemente innamorata di Harry.
E poi Harry si alzò e Zayn
rilasciò un respiro che non si
era accorto di aver trattenuto fino a quel momento.
«Chi vuole la
colazione?» senza aspettare risposta, si diresse
in cucina e Zayn, dalla sua posizione, poteva vedere l’amico
– l’amico? – armeggiare
con pentole e
ingredienti vari.
Andò a chiudere la porta.
Aveva bisogno di capire chi avesse
architettato quello strano scherzo o se avesse battuto semplicemente la
testa e
non si ricordasse di stare con Harry o se fosse finito in un universo
parallelo
o se stesse ancora dormendo. Insomma, una spiegazione c’era
di sicuro e lui
l’avrebbe trovata, anche a costo di torturare i suoi migliori
amici.
«Di chi è stata
l’idea?» fece senza tanti preamboli. Il colpevole
avrebbe capito.
Tre facce ugualmente incerte
ricambiarono lo sguardo.
«Uhm, eh?» chiese
Niall, intelligentemente.
«È stata
tua?» si rivolse a Louis. La mente criminale del
gruppo era lui, solo che in genere come partner sceglieva Zayn, quindi
era un
po’ strano per lui trovarsi dall’altra parte della
barricata.
«Amico, non so a cosa tu ti
stia riferendo» rispose, con
quello che pareva un tono sincero. Ma Zayn conosceva quei quattro come
le sue
tasche, c’era cresciuto insieme sin dai tempi
dell’asilo, e sapeva benissimo che,
se nel loro gruppo c’era uno che sapeva recitare e fingere e
farti credere che
la luna era verde, be’, quello era Louis Tomlinson.
«Louis»
ringhiò, sperando fosse un avvertimento sufficiente.
«No, davvero. Di che idea
parli?» e sì, forse era davvero
sincero, pensò Zayn.
Liam lo guardò un
po’ preoccupato, perché in fin dei conti
era Liam. Niall era curioso e non
faceva che spostare la testa da Louis e Zayn e ritorno, mentre Louis
aveva gli
occhi nei suoi, e Zayn capì che stava cercando di farsi
credere.
«Allora Hazza è
impazzito o ha messo su questo scherzo tutto
da solo, perché quando si è svegliato mi ha
chiamato amore e mi ha dato un
bacio. Un fottuto bacio, Louis!» sibilò,
perché non voleva che Harry sentisse
quello che stava raccontando agli altri tre.
Vide che Liam da preoccupato era
diventato confuso e benché
anche gli altri due apparissero un po’ sconcertati dalle sue
parole assurde,
evidentemente ne prevalse la ridicolosità,
perché, in due secondi, Louis e
Niall stavano ridendo a crepapelle, tenendosi la pancia, con la faccia
rossa e
lacrime di divertimento che premevano per uscire dagli occhi.
Zayn li avrebbe uccisi volentieri.
Magari l’avrebbe fatto
davvero.
«Non
c’è un cazzo da ridere, idioti»
sbuffò. Non ci stava
capendo più nulla.
«Non pensavo che Harry
sarebbe mai riuscito a pensare a una
cosa del genere!» smozzicò Louis tra gli ultimi
residui di riso. «Dai, non te
la prendere» aggiunse poi, resosi conto di quanto Zayn fosse
serio. «Avrà
voluto farti uno scherzo. Non mi chiedere come gli sia venuto in mente,
perché
non lo so. Ma è geniale! Geniale!»
ripeté.
Zayn non lo degnò di
risposta e si passò una mano tra i
capelli. Magari avrebbe dovuto sistemarseli, tanto quei tre erano
completamente
inutili. Non sapeva neanche perché avesse sprecato tempo con
loro, a dirla
tutta.
Proprio quando stava per lasciare la
stanza e andare in
bagno, il volto sorridente di Harry sbucò e li
informò che la colazione era
pronta.
Per tutta risposta, lo stomaco di
Zayn brontolò. Forse i
suoi capelli potevano attendere.
*
Quando lunedì mattina
suonò la sveglia, Zayn eruppe con
quello che probabilmente assomigliava a un verso da cavernicoli. Non
aveva
dormito per niente e le occhiaie che si ritrovava lo fecero innervosire
ancora
di più.
Non riuscì neanche a
mangiare nulla, aveva lo stomaco chiuso
e aveva come l’impressione che qualsiasi cosa avesse provato
a masticare
l’avrebbe vomitata nel giro di un secondo.
Era così preso dai suoi
pensieri che, quando uscì, non sentì
neanche sua madre augurargli la buona giornata.
Avrebbe preferito tornare a casa e
nascondersi sotto le
coperte, piuttosto che affrontare quello che sarebbe successo a scuola.
*
Stava trafficando col suo armadietto,
quando sentì un
braccio amichevole posarsi sulla sua spalla e il profumo conosciuto di
Louis
riempirgli le narici.
«Come va, cucciolo?»
lo canzonò.
Zayn digrignò i denti. Da
quando, due giorni prima, Harry
aveva iniziato a chiamarlo in quel modo, Louis e Niall non avevano
fatto altro
che prenderlo in giro – mentre Liam scuoteva la testa da una
parte all’altra,
non sapendo che posizione prendere – e lui, dopo essersi
arrabbiato le prime
dieci venti trenta volte, aveva lasciato perdere.
Non fece in tempo a ribattere
qualcosa di altrettanto antipatico,
che la voce di Harry raggiunse le sue orecchie. Voleva bene
all’altro ragazzo,
davvero, ma se avesse continuato con quello stupido scherzo anche solo
per
un’altra ora, l’avrebbe strozzato. Con affetto, ma
l’avrebbe fatto.
Sabato, dopo averli informati che la
colazione era pronta,
Harry l’aveva stretto di fronte agli altri tre e Zayn era
riuscito a sottrarsi
a un secondo bacio solo per miracolo.
Niall era scoppiato a ridere, di
nuovo, perché quella era
l’unica cosa che evidentemente era in grado di fare e Louis
li aveva guardati a
bocca spalancata.
Zayn gli aveva lanciato
un’occhiata come a dire visto, cosa
ti dicevo, e si era
allontanato da Harry, che aveva messo su un adorabile broncio.
«Adesso basta, Haz, lo
scherzo è bello quando dura poco» gli
aveva detto sorridendo, ma l’altro l’aveva guardato
stranito e non aveva
risposto.
«Davvero, tutti questi
abbracci e, ehm, quel bacio. Non ti
sembra di esagerare?»
Harry l’aveva osservato
come se si fosse impazzito tutto di
un botto.
«No, perché non
dovrei baciare il mio ragazzo?» aveva
chiesto. Probabilmente Zayn era impallidito, perché Harry
aveva continuato. «Cucciolo, stai
bene?»
Non era riuscito a farsi dare altre
spiegazioni, perché le
sghignazzate degli altri tre avevano riempito la stanza e probabilmente
non
sarebbe riuscito a sovrastarle neanche urlando con un megafono.
Dopo colazione, aveva deciso che era
meglio squagliarsela.
Dunque non vedeva Harry da sabato
mattina e quando l’altro
gli fu accanto si ritrovò a sperare di non essere costretto
a interrompere
quella fortunata serie di ore.
«Ehi, Zayn!» lo
salutò, abbracciandolo come ormai sembrava
essere diventata sua abitudine.
Zayn si guardò intorno e
tirò un sospiro di sollievo quando
vide che nessuno li stava fissando. A parte Taylor. Ma lei era strana e
tutti
sapevano che aveva una cotta per Harry da sempre e che non faceva altro
che
mangiarselo con gli occhi (non che avesse davvero qualche speranza,
povera
ragazza), quindi non le dette troppo peso.
«Ehi» rispose,
staccandosi dal corpo dell’altro, mettendo su
un sorriso tirato. «Vado in classe, ci vediamo
dopo» prese le sue cose e corse
via, lasciandosi dietro un Harry un po’ confuso.
Quando entrò in aula, si
sedette vicino a Liam, che arrivava
sempre prima di tutti gli altri, ed emise un leggero lamento.
«Come va?» gli
chiese l’amico, ispezionandolo come per
assicurarsi che non avesse ferite mortali.
«Harry continua a fare
l’idiota» disse laconico, scrollando
le spalle, vagamente infastidito.
«Senti, Zayn. Io
c’ho parlato… e» si bloccò,
incerto. Zayn gli
fece un cenno, perché continuasse. Sapeva che, fra tutti,
Liam era l’unico al
quale potesse chiedere un consiglio serio.
«E…» continuò. «Non
lo so, forse ha
battuto la testa o si è rincretinito, ma non credo stia
scherzando»
Zayn lo fissò dubbioso.
Che fosse impazzita anche l’unica
persona sana del gruppo?
«No, davvero»
cercò di spiegare, dopo aver notato
l’espressione scettica dipinta sul bel volto di Zayn.
«Lo sai com’è Harry. Non
riuscirebbe a restare serio neanche più di dieci minuti, se
facesse uno
scherzo, e, be’, quando gli ho chiesto cosa ci fosse tra di
voi, lui era serio, serio e sicuro.
Te lo immagini
Hazza serio?»
No, non se lo immaginava Harry che
metteva su uno scherzo
tutto da solo, ma quella era l’unica spiegazione che riusciva
a trovare. O,
almeno, l’unica razionale.
«E allora dovrebbe farsi
vedere da uno specialista» sibilò,
acido.
«E allora, forse, dovresti
parlargli. E magari, sii gentile
quando lo farai» cercò di farlo ragionare Liam.
Per Liam, parlare era la risposta a
tutto. Zayn alzò gli
occhi al cielo.
*
Si era mangiato un’unghia
per tutta la mattina, se l’era
praticamente divorata e adesso gli faceva un male atroce. Ma era
l’unica cosa
che lo calmasse almeno un po’ e proprio non era riuscito a
fermarsi.
Sii gentile,
sii
gentile, sì ripeté mentre raggiungeva
Harry nel corridoio.
«Ciao, Haz» il
volto dell’amico si illuminò.
«Ehi, cucciolo» i
ragazzi con cui stava parlando poco prima
li guardarono un po’ perplessi, ma neanche troppo. Harry
aveva fatto outing
secoli prima e a nessuno era mai importato troppo. Probabilmente si
erano solo
stupiti a sentire come Hazza si fosse rivolto a lui.
«Vieni con me? Vorrei
parlarti» chiese. Harry annuì con
entusiasmo – anche troppo,
pensò Zayn
– e, dopo aver salutato gli altri, lo seguì.
Zayn raggiunse un punto del lato
destro del cortile che
sembrava poter dar loro una parvenza di privacy.
Sii gentile,
per
l’ennesima volta le parole di Liam gli risuonavano nel
cervello.
Per prima cosa, doveva capire se
Harry lo stesse prendendo
in giro o meno. Se così non fosse stato, be’,
sinceramente non sapeva che fare.
Magari portarlo da un analista, o qualcosa del genere.
A dirla tutta, non sapeva neanche
come iniziare il discorso.
«Che
c’è, Zayn? Puoi dirmi tutto, lo sai»
sussurrò Harry,
con tono rassicurante, passando una mano sulla sua spalla e poi tra i
suoi
capelli.
«Questo dovrei chiedertelo
io, no?» ribatté, iniziando pian
piano a perdere la pazienza.
«Da un paio di giorni sei
strano» commentò. Oh
certo, rispose mentalmente Zayn. Lo
strano era lui, adesso. Come no.
«Harry, per
favore» pregò. Che poi voleva dire “per
favore,
smettila, mi stai facendo impazzire, quando è troppo
è troppo, ti do un pugno”
tutto insieme.
«Zayn, se
c’è qualcosa che non va, ma non me lo dici, come
speri di risolverlo? Nel pensiero ancora non so leggere»
scherzò Harry,
avvicinandosi all’altro di un passo, tanto che le punte delle
loro scarpe si
toccarono.
Zayn credeva che, tempo un battito di
ciglia, del fumo gli
sarebbe uscito dal naso. Fanculo la gentilezza, se Harry continuava a
comportarsi come fosse innocente allora lui avrebbe giocato sporco.
«Baciami» gli
ordinò, fiducioso che l’amico non si sarebbe
mai spinto a dargli un bacio vero, a ficcargli la lingua in gola,
neanche nel
tentativo di prenderlo in giro.
Zayn registrò come gli
occhi dell’altro si fossero
illuminati alle sue parole e le sue labbra si fossero distese in un
sorriso, e
prima di riuscire a tirarsi indietro, Harry aveva allacciato le braccia
ai suoi
fianchi, stringendolo, e aveva fatto scontrare le loro bocche.
Zayn cercò di terminare il
bacio prima che l’altro lo
approfondisse, ma Harry portò una mano alla sua nuca
bloccandogli qualsiasi
movimento.
Così costretto, Zayn si
trovò a pensare che l’amico aveva le
labbra soffici come quelle di una ragazza. Sorrise al pensiero e Harry
approfittò della sua distrazione per approfondire il bacio,
rendendolo più
appassionato e dominando l’intero atto.
Spiazzato, Zayn ci mise qualche
secondo a rispondere con
altrettanta foga, ma prima che riuscisse a farlo davvero,
l’altro si staccò e
appoggiò la propria fronte alla sua.
Harry aveva stampato in viso
un’espressione beatamente
tenera che fece sorridere Zayn.
«Credo che la pausa sia
finita» disse Harry, riportando
entrambi alla realtà.
Zayn lasciò che
l’altro intrecciasse le loro dita e lo
trascinasse di nuovo dentro all’edificio; solo quando si
ritrovò nell’aula di
storia, con Niall accanto che lo guardava di traverso, si
capacitò di quello
che era successo. Si passò una mano sugli occhi, incredulo.
Sinceramente, non sapeva se essere
più spaventato dal fatto
che, se Harry non stava recitando, allora non aveva la più
pallida idea di
quello che stesse succedendo, o più imbarazzato
perché il bacio gli era
piaciuto. Si sentì arrossire.
Questo non l’avrebbe
rivelato neanche sotto tortura.
*
Avrebbe fatto una lista, decise
mentre l’insegnante di
fisica spiegava qualcosa sul magnetismo, di cui lui però non
aveva sentito
neanche mezza parola. Avrebbe fatto una lista con tutte le spiegazioni,
più o
meno probabili, a quello che gli stava capitando in quei giorni, e
avrebbe
scartato tutte le opzioni fino a che non fosse arrivato a capirci
qualcosa.
Emise un sospiro quando
sentì suonare la campanella che
decretava la fine di quella giornata scolastica assolutamente
infernale. Cercò
di radunare le sue cose il più velocemente possibile,
così da poter scappare
senza incontrare nessuno.
Era già a buon punto del
cortile, quando sentì la voce di
Harry chiamare il suo nome.
«Cazzo»
buttò fuori a mezza voce, abbastanza forte perché
le
persone accanto a lui lo sentissero, ma non troppo da cancellare il
sorriso che
Harry aveva dipinto sul volto mentre gli si avvicinava.
«Vuoi un passaggio? Mia
madre vi-»
«Vado a piedi» lo
interruppe forse in modo eccessivamente
brusco. Ma il sapore di Harry era ancora impresso nella sua memoria e
ogni
volta che ricordava il peso del tocco dell’altro il suo basso
ventre si
risvegliava e le mani iniziavano a sudare, quindi, no,
non si sarebbe dispiaciuto del tono usato.
«Sicuro? Ehi,
Zayn…» iniziò Harry, solo per essere
bloccato
una seconda volta.
«Ci vediamo
domani» e senza ulteriori saluti, si girò e
riprese a camminare.
*
Alzò la testa dal libro
quando sentì il cellulare squillare,
avvertendolo che aveva appena ricevuto un messaggio.
Avrebbe di gran lunga preferito
continuare a studiare,
piuttosto che rispondere a chiunque l’avesse disturbato,
soprattutto se questo
chiunque aveva i capelli ricci e due adorabili fossette, profonde come
il
mondo.
Con un lamento raggiunse il
cellulare. Era Louis. Sentì le
sue spalle rilassarsi, anche se non si era reso conto di averle avute
in tensione,
fino a quel momento.
Che cavolo
hai detto
ad Haz?
Zayn alzò gli occhi.
Niente.
Lapidario, ché Louis in
versione mamma chioccia era
irritante.
Allora
perché è stato
da me fino a cinque minuti fa e sembrava sull’orlo delle
lacrime?!
Zayn si sentì vagamente in
colpa, al pensiero che Harry
stesse per piangere per come l’aveva trattato, ma
sinceramente non sapeva che
farci.
Se
è così, potevi
chiederlo a lui.
Ok, sapeva che si stava comportando
come un bambino e magari
anche come uno str-
Smettila di
fare lo
stronzo, – ecco, appunto – non so che
è successo oggi e non so cosa è successo sabato,
ma, fino a che non troviamo
una soluzione, non puoi trattarlo come fosse un calzino puzzolente.
Questo lo sapeva anche lui, grazie
mille. Tirò un ennesimo
sospiro, ché evidentemente era diventato il suo nuovo hobby,
e rispose.
Lo so,
Louis. È solo
che non so come comportarmi…
Attese giusto qualche secondo e il
suo cellulare si
illuminò.
Cerca di non
trattarlo
male mentre troviamo un modo per risolvere tutto, ok?
La faceva facile, lui.
Ok. A domani.
A domani,
cucciolo.
Oddio, come lo odiava. Forse era il
momento di fare sul
serio quella dannata lista.
*
Era venerdì, e quella
storia andava avanti da una settimana.
Zayn aveva cercato di non pensarci troppo e di comportarsi con Harry
come al
solito, ma l’altro gli aveva reso impossibile attuare il suo
piano. Non faceva
che toccarlo e cercare di baciarlo e stringergli la mano e chiamarlo
con
nomignoli affettuosi; Zayn si sentiva sempre più stronzo,
ogni volta che evitava
il contatto con le labbra di Harry, che con una scusa spostava la sua
mano e
che declinava tutte le proposte di uscire dell’altro.
Più di tutto,
però, sentiva la mancanza di Harry come amico.
Tutto quello stava rovinando il loro rapporto e Zayn non sapeva
più che fare. Avrebbe
voluto poterlo chiamare per andare anche solo a fare un semplice giro,
come era
loro abitudine, o guardare un film o giocare alla Wii, ma sapeva che se
l’avesse fatto per l’altro sarebbe stato
più di qualche momento trascorso in
compagnia e non se la sentiva di illuderlo. Tanto più che
ormai aveva perso la
speranza che Harry stesse scherzando. Questo aveva lasciato, tra le
opzioni
papabili, una follia improvvisa, un’apertura di un varco a un
mondo parallelo,
un cambio di personalità e un rapimento alieno. Nessuna di
quelle pareva
davvero possibile, e a Zayn era venuto più volte il mal di
testa, a pensarci.
Fu riscosso dai suoi pensieri dallo
squillo del telefono.
Probabilmente era qualche venditore che voleva appioppargli qualche
prodotto
strano, e avrebbe davvero preferito non rispondere; si alzò
comunque dalla sua
postazione di fronte alla TV e sollevò la cornetta.
«Ehi,
Zayn» lo
salutò la voce felice della persona che era al centro dei
suoi attuali
pensieri.
«Ciao, Harry»
Zayn avrebbe voluto chiudergli il telefono in
faccia, ma non aveva il cuore di farlo davvero. Avrebbe anche strozzato
volentieri Harry, che furbescamente l’aveva chiamato a casa,
invece di
mandargli un messaggio – che lui più facilmente
sarebbe riuscito a evitare.
Praticamente l’aveva incastrato e adesso era costretto ad
ascoltarlo.
«C’è
quel nuovo film
sui supereroi che volevi vedere, al cinema. Non mi ricordo come si
chiama, lo
sai che mi confondo sempre» Zayn si morse il
labbro, sapendo già dove
l’altro volesse parare e cercando nel frattempo una scusa per
declinare
l’invito che di certo era prossimo a venire.
«Ti
va se andiamo a
vederlo? Poi magari mangiamo un boccone al solito posto»
propose con una
voce esitante che addolcì il cuore a Zayn. Si sentiva una
schiappa,
l’insicurezza dell’altro lo rattristava e sapeva
che c’erano mille ragioni per
le quali avrebbe dovuto dirgli di no, ma non era sicuro di voler
uccidere la
vaga speranza che le sue parole nascondevano, allontanandolo
un’ennesima volta.
Poi magari se si fosse comportato in modo amichevole, facendogli
intendere che
tra loro non ci fosse nulla, Harry sarebbe rinsavito.
«Ehm, ok» rispose
brevemente.
«Allora
ci vediamo al
cinema alle nove» concluse, la gioia ben udibile
dal tono.
«D’accordo. A
dopo» chiuse la chiamata. Sospirò rumorosamente.
Non era sicuro di aver preso la scelta giusta. Affatto.
*
Arrivò al cinema puntuale.
Harry era già lì, le mani nelle
tasche e una sciarpa enorme ad avvolgergli il collo. Sembrava nervoso e
Zayn si
ritrovò a sorridere, senza sapere bene perché.
Quando l’altro lo
notò, lo salutò semplicemente e insieme
entrarono nel cinema. Zayn dovette ammettere che la mancanza di
entusiasmo
nell’altro un po’ lo sorprese.
Come lo stupì
l’assenza assoluta di tentativi volti a
toccarlo durante tutto il film. Si era preoccupato tutto il giorno che
l’altro,
complice il buio, avrebbe sfruttato la situazione e invece niente? Qual
era il
problema? Non lo trovava abbastanza eccitante o sufficientemente
attraente da
volergli stringere un mano? Certo, non si aspettava qualcosa di
più spinto, ma
era certo che Haz avrebbe perlomeno cercato di rubargli qualche bacio.
Non era disappunto, il suo. Ovvio che
no, al massimo era
sollievo.
*
Quando, dopo aver mangiato un boccone
al solito pub, Harry
insistette per riaccompagnarlo a casa, Zayn si ritrovò a
pensare che forse era
per quello che l’altro si era comportato normalmente tutta la
sera, per poterlo
colpire a tradimento alla fine.
«Be’,»
iniziò Harry, una volta arrivati di fronte al portone
dell’appartamento di Zayn. «grazie della
serata» disse, suonando incerto. Quasi
come quella fosse una domanda, più che
un’affermazione. Zayn annuì. «Ci vediamo
domani, allora»
Zayn sollevò un
sopracciglio (come aveva imparato a fare da
Liam; c’era voluta un’intera estate, ma alla fine
c’era riuscito). Davvero?
Tutto lì? Neanche il bacio della buonanotte? Hazza era un
fidanzato pessimo.
O forse, ragionò Zayn,
quando era ormai sotto le coperte,
forse aveva rifiutato così spesso le sue tenerezze e poi un
giorno se ne era
uscito chiedendogli di baciarlo e poi l’aveva rifiutato di
nuovo che Harry non
sapeva più cosa farne, di tutti quei messaggi
contraddittori.
*
Sabato era corso via come un sorso
d’acqua.
Domenica, invece, Harry gli aveva
proposto andare a casa
sua, fare i compiti, magari giocare a qualche videogioco o guardare un
film.
Zayn aveva accettato, perché sua madre era in fermento per
il compleanno di sua
sorella e c’era così tanta confusione, da lui, che
non sentiva neanche i suoi
pensieri.
*
«Ehi» lo
salutò Harry, che aprì la porta con indosso una
tuta due volte più grande di lui. Sembrava un adorabile
pulcino.
«Ciao» rispose,
entrando in casa dell’altro.
«Tesoro?»
chiamò la voce della madre di Haz. I due si
mossero verso di essa, entrando in cucina. «Oh, ciao
Zayn» sorrise, quando si
accorse della sua presenza. «Io esco, voi state in casa,
sì?»
Harry annuì semplicemente,
dirigendosi verso il frigo e
tirandone fuori due lattine di Pepsi.
«Harry mi ha detto che
state insieme» se ne uscì, come se
stesse parlando del pranzo invece che di qualcosa che stava per far
morire Zayn
di autocombustione.
«Ehm…»
disse intelligentemente.
«Non pensavo ti piacessero
anche i ragazzi» gli sorrise, e
ok, lo sapeva che Anne era una madre sprint, ma quello era esagerato
anche per
lei. Forse in famiglia erano stati avvelenati e invece di morire erano
semplicemente
impazziti. Questa possibilità non l’aveva ancora
presa in considerazione, a
pensarci.
«Mamma!» gemette
Harry, rosso in viso. «Ma ti pare!» si
lamentò, e Zayn in quel momento avrebbe voluto davvero
baciarlo. O magari
abbracciarlo. Per ringraziarlo, naturalmente. Ecco, un abbraccio era
meglio.
«Che
c’è? Sono solo curiosa!» si difese la
donna.
Zayn tossicchiò
nervosamente.
«Sì,
be’… neppure io fino a poco fa» si vide
costretto a
rispondere poi, perché la madre di Harry non sembrava aver
intenzione di
iniziare a farsi gli affari suoi.
«Bene, adesso devo proprio
andare. Divertitevi» e il tono
usato fece arrossire Zayn ancora di più, mentre Harry stava
fissando il
pavimento, probabilmente nella speranza che si aprisse e lo
inghiottisse.
«Ehm… mi
dispiace per… ecco, sì»
balbettò Hazza.
«Sì»
deglutì Zayn. «Studiamo?» chiese, poi; i
libri erano
diventati improvvisamente più interessanti.
*
Dopo due orette in cui a malapena
avevano aperto bocca,
troppo impegnati a digerire l’imbarazzo e a seppellirlo sotto
nozioni
scolastiche, Harry si stiracchiò, attirando
l’attenzione di Zayn, che della
seconda guerra mondiale ne aveva fin sopra i capelli.
«Ti va se ci guardiamo un
film?» domandò Harry, che senza
aspettare alcun cenno di assenso si era già alzato e si era
diretto verso il
ripiano sopra la TV, pieno di DVD.
«Uhm, perché
no» rispose, tanto per dire qualcosa.
«Che hai messo?»
chiese poi, sistemandosi sul divano dove,
dopo poco, fu raggiunto dall’altro.
«‘Le pagine della
nostra vita’» disse, come fosse una cosa
ovvia.
Zayn gemette. Essere amico di Harry e
Louis voleva dire
averlo visto ottantamila volte e averlo odiato ciascuna di esse.
Harry ridacchiò,
perché era fondamentalmente sadico.
*
A metà film forse si era
addormentato, perché quando due
labbra delicate si posarono sulla sua guancia e poi sulla fronte, per
poi
spostarsi sul collo in un bacio umido, svegliandolo, sullo schermo
c’erano i
titoli di coda.
Non appena l’altro si
accorse che Zayn si era risvegliato,
gli tappò la bocca con la propria e, davvero, Zayn avrebbe
voluto lamentarsi e
dire che preferiva l’Harry di venerdì sera,
l’Harry che non infilava le mani
sotto la sua maglietta e teneva le sue belle labbra per sé,
ma l’altro non gli
stava dando la possibilità di farlo. Non era colpa sua.
E poi Harry lo spinse giù,
facendolo stendere sul divano,
tenendolo fermo con il peso del suo corpo, e un campanello
d’allarme risuonò
nel cervello di Zayn, ma l’altro si stava strusciando contro
di lui e, viste le
reazioni che stava ottenendo con quei movimenti, non ci sarebbe stato
nulla di
male a farlo continuare.
Ma no, perché Harry non
era in sé e, qualora fosse
rinsavito, ce l’avrebbe avuta a morte con lui e Zayn davvero
non poteva
rischiare di perdere uno dei suoi migliori amici.
Uno dei suoi migliori amici che, in
quel momento, gli stava
slacciando con un sorriso malizioso i pantaloni, e Zayn
provò ad aprire la
bocca e dirgli di fermarsi, ma al posto di parole intelligibili
uscì solo un
gemito strozzato, perché Harry aveva infilato le mani dentro
i suoi boxer e il
cervello di Zayn era diventato solo una distesa di fitta nebbia.
E poi, Harry lo prese in bocca e Zayn
smise di preoccuparsi
di qualsiasi cosa.
*
Louis lo stava guardando perplesso e
intrigato allo stesso
tempo, e Zayn si ritrovò a rabbrividire leggermente, anche
perché già di suo,
l’altro ragazzo – e le sue idee strampalate
– lo preoccupavano tre volte su
quattro.
«Che
c’è?» sbottò, non sopportando
più quegli occhi intenti
addosso a lui.
«Niente»
Sì, certo. E lui era la
fata Turchina.
«Allora smettila di
fissarmi!» non che ci contasse
veramente.
«Haz mi ha raccontato cose
interessanti» buttò là, come
stessero parlando del più e del meno.
Zayn si sentì arrossire
(biasimava Harry anche per quello,
in neanche dieci giorni le sue guance si erano arrossate più
che in tutto il
resto della sua vita), ma non rispose. Sapeva bene che dare corda a
Louis
sarebbe stato un suicidio.
«Da quello che mi ha detto,
mi sembra di capire che questa
situazione non ti annoi più come
all’inizio» commentò. Zayn sapeva che il
tono
dell’altro non voleva essere né cattivo
né accusatorio, ma in quel momento
avrebbe tanto voluto soffocarlo con le bretelle che stava indossando.
«Hai capito male»
borbottò, cercando di far cadere il
discorso. Magari avrebbe dovuto darsela a gambe il più in
fretta possibile.
«Oh, davvero?»
Louis fece il finto tonto. «Allora non è vero
che domenica lui ti ha fatto un pompino sul divano di casa sua e tu
l’hai
ringraziato con una sega?» chiese, accompagnando oscenamente
le parole ai
gesti.
Zayn si guardò intorno,
pregando che nessuno avesse sentito
l’amico dire una sola sillaba. Cavolo, non si era mai sentito
così in imbarazzo
e il suo viso era talmente in fiamme che avrebbe avuto bisogno di un
barile
d’acqua per spengere l’incendio di cui
probabilmente era vittima.
Emise un lamento, anche
perché non sapeva che dire. Se non
che quello stronzo di Harry poteva anche tenere chiusa la bocca. Ok,
cattiva
scelta di parole.
«Senti»
iniziò Louis, quando si accorse che l’altro non
gli
avrebbe spiegato nulla. «Non c’è bisogno
che ti giustifichi, ok? Se Haz ti
piac-»
«Non mi piace
Harry!» quasi urlò, ritrovando la voce.
Anche Louis doveva essere ammattito.
Magari era un virus che
girava e che avrebbe decimato la popolazione in meno di un mese.
Non gli piacevano i ragazzi, e certo
non gli piaceva Harry!
E ok, doveva ammettere che baciarlo e toccarlo non gli erano sembrate
cose
disgustose come avrebbe pensato, e magari Hazza era tenero e ispirava
voglia di
coccole, ma no. Al massimo era colpa dell’altro, lui era solo
una vittima degli
eventi.
E poi Louis su una cosa aveva
ragione, lui non doveva
giustificarsi con nessuno. Tanto meno col suo cervello.
*
E
poi, senza che se ne accorgesse, la situazione gli era sfuggita di mano
e la
lista aveva abbandonato ogni suo pensiero.
Zayn
cercava di non pensarci troppo, di non rivivere nella sua mente tutte
le serate
passate con Harry, tutte le volte che si erano sfiorati per sbaglio o
tutte
quelle in cui si erano toccati e baciati volontariamente.
Cercava
di non rievocare il profumo della pelle di qualcuno che sarebbe dovuto
restare
solamente uno dei suoi migliori amici, di non ricordare la morbidezza
delle sue
labbra o la malizia nei suoi occhi.
Riuscirci
diventava ogni giorno più difficile.
*
All’uscita
di scuola, Zayn si sentì tirare per una spalla. Si
voltò, pronto quasi a urlare
contro chiunque lo avesse strattonato, ma si ritrovò di
fronte gli occhi
azzurri di Louis. Gli occhi azzurri e molto irritati di Louis.
«Ti
devo parlare» disse solamente. Zayn guardò
l’orologio; sua madre stava per
arrivare, ma di solito era sempre un paio di minuti in ritardo. Un
difetto che
lui aveva ereditato alla perfezione.
Fece
un semplice gesto d’assenso all’altro, che lo
trascinò fino a un lato del cortile
dove c’era poca gente e meno orecchie indiscrete.
«Cosa
stai facendo?» chiese, dal nulla.
Zayn
si sentì vagamente aggredito, anche se il tono
dell’amico era tranquillo. Forse
dipendeva dalla mancanza di spensieratezza, che di solito invece
colorava ogni
sua parola, ma comunque Zayn non poté fare a meno di
rispondere in modo
difensivo.
«Stavo
andando a casa. Poi sei arrivato tu e-»
«No,»
lo interruppe. «intendo con Harry. Cosa stai
facendo?» ripeté la domanda,
perché evidentemente lo riteneva un idiota.
«Niente»
rispose, anche perché gli sembrava di ricordare di aver
affrontato già una
volta, con Louis, quello stesso discorso. E proprio come qualche giorno
prima,
Zayn non era interessato a condividere nessuna informazione privata con
l’altro.
«Non
fare il finto tonto, ne abbiamo già parlato. Pensavo che,
quella volta, fosse
stato un errore» alluse, spostando alcuni capelli che come al
solito gli erano
ricaduti sugli occhi.
Zayn
si sentì arrossire. Avrebbe volentieri strozzato Harry non
appena quest’ultimo
fosse entrato nel suo campo visivo.
«Davvero,
Zayn. Cosa stai- cosa state
combinando?»
«Niente.
Niente che sia affare tuo, comunque» rispose Zayn, con forse
troppa acidità
nella voce.
«Ti
piacciono i ragazzi, adesso?» riattaccò
l’altro, non volendo far cadere il
discorso, proprio come il più feroce dei cani non vuole
mollare un suo prezioso
osso.
«Non
essere idiota»
«Allora
ti piace davvero Harry» disse, come fosse
un’affermazione, il volume sempre più
alto. Zayn controllò che nessuno avesse sentito, ma la
scuola era praticamente
deserta, ormai. E se anche qualcuno avesse udito le parole di Louis non
si
sarebbe scandalizzato poi troppo, visto le dimostrazioni
d’affetto che era
solito fargli Harry per i corridoi. «Oppure stai solo
giocando con lui? Quando
rinsavirà e si accorgerà di come l’hai
usato, cosa pensi che farà, eh?»
concluse, gli occhi che bruciavano come fossero in fiamme.
Zayn
non sapeva come rispondere, perché in fondo lui per primo
non capiva cosa
stesse facendo e aveva bisogno di risposte a domande che non aveva
neanche mai
avuto il coraggio di porsi, domande che invece Louis gli stava sputando
addosso
tutte insieme, in quel momento.
Si
sentì un vigliacco quando udì il suo nome gridato
in lontananza dalla voce di
sua madre, ma decise che non gliene importava poi molto. Tutte le scuse
erano
buone per liberarsi di un Louis invadente e delle sue parole
ingombranti.
«Devo
andare. Ci vediamo domani» e prima che Louis potesse fermarlo
o dirgli
qualsiasi altra cosa, si avviò a passo veloce verso
l’auto della madre.
Il
problema era che tutti quei discorsi non volevano saperne di uscire
dalla sua
testa e, se era facile scacciare l’immagine infuriata di
Louis, non lo era fare
altrettanto con quelle di felicità o di eccitazione o di
piacere di Harry che
continuavano a tormentarlo già da un po’ di tempo
e che sembravano farsi, ogni
secondo che passava, più insistenti.
*
Era
passato più di un mese dal giorno in cui Harry era
impazzito, e ormai Zayn non
faceva neanche più caso a quando l’altro gli
stringeva la mano o la salutava
con un bacio. Aveva anche smesso di notare gli sguardi preoccupati di
Liam o
quelli irritati di Louis o quelli ricolmi di patetica tristezza di
Taylor. A
esser sinceri, quella ragazza lo inquietava.
«Stasera
andiamo al luna-park?» domandò Niall, guardando
gli altri quattro, che
risposero con dei sì ugualmente entusiastici.
La
domenica precedente era arrivato in città un parco giochi
ambulante, come
accadeva ogni anno in quel periodo, e per loro cinque era tradizione
passare
più tempo possibile sulle montagne russe o a spaventarsi a
morte a vicenda
nella Casa degli Spettri.
Harry
si emozionava sempre come un bimbo, il volto illuminato di contentezza
e
impiastricciato dallo zucchero filante che si ostinava a comprare
sempre.
Zayn
finse di non far caso che, se gli anni passati la reazione felice di
Harry al
pensiero di passare una serata al parco giochi lo divertiva, adesso la
luce nei
suoi occhi lo inteneriva e i suoi discorsi sulla ruota panoramica gli
davano calci
allo stomaco.
Peccato
che non fosse mai stato troppo bravo a fingere, soprattutto a se stesso.
*
Da
quando era diventato abbastanza grande da poterselo ricordare, il
luna-park
veniva sempre montato nello stesso luogo; era sempre super illuminato,
super
affollato e super chiassoso. Zayn lo adorava, il che era un
po’ assurdo, per un
tipo solitario come lui. Era come l’eccezione che conferma la
regola.
Niall
e Harry regredivano a bambini di cinque anni, Louis dimostrava
quell’età quasi
sempre per cui non si notavano mutamenti comportamentali eccessivi e
Liam
assumeva una posa e un atteggiamento da padre responsabile; gli altri
lo
deridevano sempre un po’ per questo, ma lui scrollava le
spalle e alzava gli
occhi al cielo ogni volta, perché in realtà
assicurarsi che i suoi migliori
amici non combinassero guai e tornassero sempre a casa sani e salvi era
un
compito che non gli dispiaceva troppo assolvere.
Quando
Louis parcheggiò la macchina, quella sera, tutto era uguale
agli anni passati.
Tutto,
tranne le dita di Harry che delicatamente si infilavano tra le sue,
pensò Zayn.
Scrollando la testa, si impose di sorridere e di entrare, facendo
strada agli
altri.
*
Girellarono
per una decina di minuti, non sapendo da dove iniziare. Louis voleva
subito
provare la Casa degli Spettri, Niall avrebbe preferito le Torri Gemelle
e Harry
insisteva, come prima cosa, di comprare dolci.
«Facciamo
che noi» iniziò Zayn, indicando se stesso e Harry.
«andiamo a comprare
schifezze zuccherate di ogni tipo, mentre voi fate un giro nella Casa o
sulle
montagne o dove preferite e poi ci rivediamo tra un quarto
d’ora davanti alle
giostre» propose, perché Harry aveva iniziato a
tirargli il braccio parlando di
noccioline e lui voleva evitare che glielo staccasse, mille
grazie.
Niall
aveva già iniziato a trascinar via gli altri due, ma Zayn
poté comunque notare
lo sguardo a metà tra il perplesso e l’indignato
che colorava il viso di Louis.
Ingoiando un senso di colpa che non sapeva di star provando,
seguì Harry verso
la bancarella che pareva più fornita.
Ci
misero metà del tempo a disposizione solo per scegliere cosa
comprare, poiché
Harry era la persona più indecisa sulla faccia della terra,
evidentemente.
Quando
ebbero finito di pagare, Harry iniziò a tirarlo
un’altra volta. Doveva essere
uno sport, si disse Zayn, notando quanto l’altro provasse
gusto a farlo.
Si
fermarono solo di fronte alla ruota panoramica che sovrastava qualsiasi
altra
struttura del parco.
«Dovremmo
già essere dagli altri» Zayn disse, dopo aver
controllato l’orologio.
Harry
si voltò con l’espressione da cucciolo.
«Ti
pregoooo» supplicò, strascicando la o
e guardandolo fisso con i suoi grandi occhi verdi.
Zayn
cercò di resistere, davvero, ma già da tempo
aveva imparato che probabilmente
riuscirci non era nel suo DNA, che con lui, in un modo o
nell’altro, qualsiasi
cosa Harry volesse, sarebbe riuscito a ottenerla.
«D’accordo»
sospirò, tirando fuori il cellulare per avvertire gli altri
del loro piccolo
ritardo.
Quando
entrarono nella piccola cabina, Zayn si sentì un
po’ idiota. Harry dovette
notare il suo imbarazzo, perché gli posò una mano
sulla coscia e gli sorrise,
rassicurante.
«È
carino, no?» chiese, guardando prima lui poi il panorama.
«È
stupido» controbatté Zayn.
«Romantico»
ribatté l’altro e Zayn lasciò cadere il
discorso, anche perché, in fondo,
romantico lo era davvero.
E
poi vedere Harry felice rendeva felice anche lui; non che non
succedesse anche
prima di quella situazione disastrosa – quando erano solo
amici, ovviamente, ma
sapere di essere il motivo principale di tutte quelle emozioni positive
era
completamente diverso. Lo riscaldava, e Zayn si sentiva sciocco a
pensarci,
quindi cercava di farlo il meno possibile.
*
Quando
finalmente raggiunsero gli altri, Niall stava parlando tutto eccitato,
si
agitava e saltellava più del solito, mentre Louis rideva e
Liam cercava di dare
all’amico un contegno, in modo da non attirare
l’attenzione di tutta la città.
«Ehi,
finalmente!» esclamò Niall, non appena li vide
arrivare. «C’è un nuovo stand,
dobbiamo andarci assolutamente» terminò, le guance
accese come fosse un
cinquenne di fronte al gioco più sensazionale in vendita.
«Vendono
birra irlandese?» chiese Zayn, più per prenderlo
in giro che perché ci credesse
seriamente.
«Ah
ah, simpatico! È-»
«Una
fattucchiera o una truffatrice simile» sbottò
scettico Liam, che sembrava molto
meno interessato a tutto ciò di Niall.
«Non
è una truffatrice! Legge le mani, le carte, le
sfere… predice il futuro,
insomma! Dai, è divertente!» squittì
emozionato.
«È
più stupido della ruota panoramica»
commentò Zayn, che la pensava un po’ come
Liam. Si guadagnò una gomitata da Harry, che –
quasi per ripicca – esclamò
subito un allegro ci sto.
Liam
e Zayn, messi alle strette e in minoranza numerica, si videro obbligati
a
seguire gli altri tre, consolandosi con l’idea che almeno si
sarebbero fatti
una risata.
*
Vedendo
l’esterno, Zayn confermò l’idea che si
era fatto di tutto ciò: un’insegna
luminosa attirava la gente, che per la maggior parte se ne andava via
ridendo,
e un cartellone pieno di frasi a effetto e dell’elenco di
tutte le pratiche
magiche offerte a prezzi esagerati era posto all’entrata,
costituita da pesanti
tende di velluto rosso cupo.
L’interno
era anche peggio: un odore di incenso uccideva l’olfatto e le
luce soffusa
faceva lo stesso con la vista.
Stava
per rigirarsi e uscire, quando una voce falsamente profonda lo
fermò.
Una
donna di mezza età, con più anelli al dito che
capelli in testa, apparve
davanti a loro e li scrutò con un’attenzione che a
Zayn parve ridicola. Quasi
ebbe paura che avesse intuito i suoi pensieri, quando il suo sguardo si
posò su
di lui, ma lei, disinteressata, passò oltre.
Guardò Harry, che stava proprio
accanto a lui e i suoi occhi scuri si spalancarono
all’inverosimile, mentre la
sua bocca rossa si piegò in una curva di preoccupazione.
«Siete
qui per lui» affermò, e Zayn sollevò le
sopracciglia. Lo sapeva che la voce
cupa era finta, visto che la maga aveva
appena parlato con limpidezza.
«No,
in rea-» iniziò Niall, che voleva davvero che
qualcuno gli leggesse la mano.
«Povero
ragazzo» se ne uscì la donna, preoccupata. Zayn si
chiese se fosse un trucco.
Se, invece di una lei, fosse stato un uomo, le avrebbe già
dato un cazzotto,
specialmente perché il suo tono stava iniziando a
innervosire anche Harry.
«Dovremmo
sederci» disse, indicando un grosso tappeto lì
vicino, pieno di cuscini, e
iniziando a tirar Harry, non voltandosi a controllare che gli altri
quattro la
seguissero.
*
La
donna, che in arte era conosciuta come Lady Sibill, disse di chiamarsi
Jane e
offrì a tutti una tazza di tè.
Ok, pensò Zayn, questo era strano. Ma si
rassicurò,
guardando gli altri, la sua stessa perplessità stampata sui
loro volti.
Stava
iniziando a innervosirsi, visto che Jane non faceva che fissare Harry
con occhi
a metà tra l’ansioso e il pensieroso, ma poi la
ciarlatana si decise a parlare.
«Come
ti senti?» chiese a Harry, che la guardò di
rimando, perplesso.
«Ehm»
iniziò, intelligentemente. Si voltò verso Zayn,
come a chiedergli aiuto, ma
Jane intervenne di nuovo.
«Hai
uno strano odore» commentò, e Zayn era sicuro che,
se i suoi occhi avessero
potuto lanciare fiamme, quella pazza si sarebbe ritrovata arrostita nel
giro di
un paio di secondi. Strano odore? Harry? E ok che lui era di parte, ma
forse la
donna aveva bisogno di un controllo medico.
Stava
per rispondere lui e prendere le difese del suo ragazzo (era
così arrabbiato
che non si accorse neanche di aver appena pensato, per la prima volta,
a Harry
come al proprio ragazzo), quando quest’ultimo cadde
all’indietro, il rumore del
suo corpo contro il pavimento attutito dai numerosi cuscini.
In
un attimo, Zayn gli fu sopra, poi si diede dello scemo,
perché probabilmente
Harry si stava solo fingendo offeso e allora gli diede uno schiaffetto
sulla
guancia, ma l’altro non si mosse di una virgola.
Provò a scuoterlo per la
spalla e a fargli il solletico, ma i suoi occhi restarono perfettamente
chiusi
e il volto assolutamente tranquillo e imperturbato.
Zayn
si voltò a guardare gli altri, che erano rimasti immobili
nelle loro posizioni,
senza capire nulla di quello che stesse accadendo, e poi
fissò Jane. La donna
era tutta intenta a osservare Harry, il cipiglio ancora più
preoccupato di
prima e le mani che, nervose, non stavano ferme un attimo.
Zayn
aveva già iniziato a congetturare le ipotesi peggiori,
quando Harry emise un
suono leggero.
Si
avvicinò di più e si rese conto che quelli erano
i rumori che faceva sempre
quando era addormentato.
«Sta
dormendo» disse con un fil di voce, neanche avesse paura di
svegliarlo.
Ma
la cosa aveva sempre meno senso e, se quella cazzo di Lady Sibill non
gli
avesse dato una spiegazione convincente nel giro di un nanosecondo,
l’avrebbe
strangolata.
«Cosa
gli ha fatto?» l’aveva avvelenato col
tè? O l’aveva punto con una siringa piena
di sonnifero mentre nessun altro guardava?
«Io
nulla. Ma qualcun altro sì» sentenziò,
criptica.
Zayn
stava per sbottare, lo sapeva. A un certo punto sentì la
mano rassicurante di
Liam sul proprio braccio e, come per magia, il tocco
dell’altro riuscì a
calmare il suo respiro e i suoi progetti d’omicidio.
«Chi?»
cosa perché quando? Una serie di domande lunga quanto la
muraglia cinese
vorticarono nella sua testa.
«Questo
non lo so» Zayn strinse i pugni. «Ma credo che
qualcuno stia scherzando con la
magia senza conoscerne nulla»
Liam
sbuffò e Zayn sentì una specie di ringhio feroce
riempire la stanza. Solo
quando vide la donna guardarlo sconcertata, capì che era
stato lui a emetterlo.
«Non
ci credi, vero? Alla magia, intendo. Molti sono scettici, in questo
mondo, ma
incantesimi e malocchi non sono meno reali di te»
spiegò, mentre Zayn iniziava
di nuovo a perdere la calma.
«Quindi
ci sta dicendo che Hazza si è addormentato così,
dal nulla, e che è colpa di
qualche incompetente?» scherzò Louis.
«Proprio
così» confermò Jane, ma prima che
potesse continuare la frase, sentirono
aprirsi le grandi tende e videro comparire un volto noto.
Taylor
si guardò intorno e, quando si accorse della loro presenza,
impallidì, gli
occhi spaventati fissi su Harry sdraiato.
Balbettò
qualcosa di inintelligibile e, cercando di districarsi il
più in fretta
possibile, uscì dalla stanza a gambe levate.
Tutti
e quattro si voltarono in contemporanea verso Jane, che stava ancora
osservando
il punto in cui la loro compagna di scuola era apparsa.
«Ha
lo stesso odore… solo più forte…
dovreste seguirla e-» non fece neanche in
tempo a finire che tutti e quattro si erano alzati. «Non
tu!» esclamò, e Zayn
si accorse che si stava rivolgendo proprio a lui. «Tu,
resta»
E,
con un cenno d’assenso da parte degli altri, si rimise a
sedere accanto a
Harry, in attesa di capire qualcosa di quell’immenso disastro.
*
«La
ragazzina che è appena entrata»
«Viene
a scuola con noi» la interruppe Zayn. «Si chiama
Taylor e…» lasciò in sospeso
la frase, mentre prendeva ad accarezzare i capelli di Harry, che
dormiva
placidamente su una sua coscia. «E ha una cotta per Harry.
Quasi un’ossessione,
direi»
Jane
annuì, concentrata.
«Ha
lo stesso odore del tuo ragazzo» concluse. «Oh, non
ti ho letto nel pensiero,
non preoccuparti. Si vede dalle tue reazioni e da come lo
guardi» disse, perché
probabilmente aveva notato come Zayn fosse arrossito alle sue
precedenti
parole.
«E
questo che vuol dire?» chiese, per cambiare argomento.
«Che
il malocchio e anche quest’incantesimo sono opera sua. Ma
credo che non abbiano
avuto l’esito da lei auspicato» rispose.
Zayn
era senza parole. Più la donna parlava e meno lui capiva.
«C’è
un modo per farlo risvegliare?» in fondo, quella era la cosa
che più lo
premeva.
«Certo.
Questo è un incantesimo classico. Probabilmente Taylor
voleva farsi notare da
Harry e ha finito per farlo cadere in un sonno eterno»
«Eterno?»
Zayn voleva vomitare.
«Sì.
Solo un bacio d’amore vero potrà
spezzarlo» ecco, come era finito in cazzo di
film Disney?, avrebbe proprio voluto saperlo. Magari si sarebbe
svegliato e si
sarebbe accorto che tutto era uno scherzo, oppure Louis sarebbe
spuntato da
dietro le sue spalle urlando allo scherzo e Niall sarebbe scoppiato a
ridere a
crepapelle.
Guardò
Harry, che sembrava tutto meno che un attore calato in una parte, ma,
al
contrario, aveva l’espressione serena di un diciottenne
addormentato, la bocca
leggermente aperta, il respiro lento e le mani che stringevano
delicatamente i
jeans di Zayn.
«Hai
parlato anche di malocchio» disse, ricordandosene.
«Già.
Quando l’ho guardato me ne sono accorta subito. E lo ha
addosso da un bel po’,
di questo sono certa. Ma non so dire quali conseguenze abbia
avuto» ammise,
quasi contro voglia.
Zayn
elaborò le parole della donna e smise di accarezzare Harry.
«L’ha
fatto innamorare di me»
*
Zayn
le raccontò tutto, dalla prima volta che Harry se ne era
uscito con quella
storia del fidanzamento a quello che era accaduto pochi secondi prima
di fare
la sua conoscenza, quella sera.
Per
quanto potesse sembrare assurdo, la storia del malocchio spiegava
perché, da un
giorno all’altro, Harry avesse iniziato a comportarsi in modo
strano. Quasi lo
sollevava, il pensiero che l’altro non fosse impazzito, ma
fosse sotto
l’incantesimo di una povera idiota innamorata che giocava con
cose più grandi
di lei.
Quando
finì di parlare, Jane confermò che sì,
i suoi dubbi erano più che fondati e che
quella Taylor doveva aver sbagliato anche in quel caso, facendo
sì che Harry,
invece di invaghirsi di lei, si innamorasse di lui.
«Perché
io?» domando Zayn, il tono infelice.
«Non
so neanche questo. La ragazza voleva con ogni probabilità
fare un incantesimo.
Ne è uscito fuori una specie di malocchio che potrebbe aver
fatto innamorare
Harry di te perché sei stato la prima persona che ha visto,
dopo essersi
svegliato. Ma può anche darsi che il malocchio abbia solo
rafforzato dei
sentimenti che già c’erano o che abbia indotto
Harry a credere reale qualcosa
che fino a quel momento era stata solo una speranza, per lui. Quale
delle
ipotesi sia quella vera, però, non possiamo
saperlo.» spiegò, con dolcezza,
come se volesse evitare a Zayn qualsiasi dolore.
«E»
iniziò, fermandosi a raccogliere un po’ coraggio.
«E c’è un modo per-» ma non
riuscì a concludere, la voce gli morì in gola.
«Farò
un semplice infuso» lo rassicurò.
Un
semplice infuso e tutto sarebbe finito.
La
situazione sarebbe anche stata comica, se lui non fosse stato uno dei
protagonisti della vicenda. Era ironico pensare che, se
l’avesse scoperto solo
un mese fa, l’infuso sarebbe stato visto come un miracolo e
lui l’avrebbe
accolto come la cosa più gradita del mondo.
Adesso,
invece, più che della manna dal cielo, aveva i connotati di
una sentenza di
morte e lui avrebbe solo voluto tornarsene a casa con Harry e non saper
mai
nulla di quella storia del malocchio. Vivere nell’ignoranza
più completa.
L’ignoranza più completa era sottovalutata, si
disse Zayn.
Si
diede un calcio mentale. Sarebbe stato sciocco, da parte sua, voler
continuare
a vivere una menzogna. Perché i sentimenti di Harry non
erano altro che quello:
finti e irreali.
E
Zayn sapeva benissimo che, anche se – al contrario
– i suoi erano veri e forti
e lo divoravano ogni giorno un po’ di più, quella
situazione era tutta
sbagliata.
Magari
per un attimo aveva pensato a non parlarne con nessuno, del malocchio e
dell’infuso. Ma era consapevole del fatto che, se davvero
amava Harry (e ormai
era inutile anche solo provare a negarlo), doveva fare la cosa giusta.
Anche se
fare la cosa giusta significava liberarlo dai sentimenti che credeva di
provare
per lui.
Con
un sorriso amaro, Zayn si chiese come avesse fatto a infilarsi in una
situazione così tanto assurda. Si chiese come fosse stato
così idiota da
lasciarsi coinvolgere da Harry in quella relazione senza futuro e come,
da
distaccato e freddo, fosse finito a strapparsi i capelli
all’idea che non
avrebbe più baciato quelle labbra o accarezzato quei capelli
o toccato quel
corpo.
Ma
la cosa peggiore di tutte era che Louis aveva ragione. Harry avrebbe
riacquistato lucidità e l’avrebbe odiato per
sempre per averlo amato contro la
sua reale volontà.
E
se già l’idea di perdere Harry come fidanzato era
insopportabile, quella di
perdere la sua amicizia era quasi impensabile.
Zayn
si ritrovò a guardare il Bell’Addormentato e a
sperare di essere lui quello
destinato a dormire per sempre.
*
«Quindi
devo solo baciarlo?» chiese ancora. Jane gli aveva detto che,
anche se sembrava
troppo fiabesco per essere vero, quella era l’unica soluzione
per risvegliare
Harry. La donna annuì, sorridendo leggermente, un sorriso
che non le arrivò agli
occhi. Zayn poteva vedere quanto anche lei fosse triste per lui;
avrebbe voluto
abbracciarla e consolarla, ma non riusciva a fare nulla che non fosse
fissare
Harry con rassegnazione. Le sue labbra
erano la fine di tutto.
«E
l’infuso? Quanto ci metterà ad agire?»
«Qualche
minuto, in proporzione a quanto tempo è passato dal
malocchio»
Zayn
fece un respiro, si alzò e prese in braccio Harry. Lo
posò sul divano che stava
accanto a un tavolo pieno di cianfrusaglie, come tazze di
tè, sfere di vetro,
tarocchi. Non gli pareva quasi possibile che cose del genere fossero
reali
davvero.
Con
la coda dell’occhio, vide Jane appoggiare proprio su quel
tavolo la tazza con
l’infuso. Poi, sentì l’orlo del vestito
di Jane frusciare e quando si voltò,
lei non c’era più. La ringraziò
mentalmente per avergli lasciato un po’ di
privacy.
Le
labbra di Harry erano rosse e leggermente socchiuse. Di esse, Zayn
conosceva
tutto; il sapore e la consistenza erano impressi nella sua memoria
indelebilmente e l’idea che quella sarebbe stata
l’ultima volta in cui le
avrebbe baciate era assurda e terrificante insieme.
Restò
qualche minuto a fissarle, incapace di muoversi come di fronte a un
pericolo
mortale, con la gola secca e le ginocchia molli. Avrebbe dato tutto
quello che
aveva per non essere lì in quel momento, avrebbe fatto
cambio di vita con
chiunque altro al mondo; poi si accorse che, anche se quel mese era
stato breve
e fittizio, per lui era stato allo stesso tempo intenso e magico e che
avrebbe
preferito vivere per sempre nella nostalgia, piuttosto che non sapere
cosa
volesse dire amare Harry.
Si
avvicinò, restando a un soffio dal volto
dell’altro. E se non avesse
funzionato? Se l’avesse baciato e l’altro invece
che svegliarsi avesse
continuato a dormire bellamente? E se davvero fosse stato solo un
sogno? Fa’chesiaunsogno
Fa’chesiaunsogno Fa’chesiaunsogno, era
tutto quello che vorticava nella sua
testa.
Ma,
purtroppo, quella situazione era reale quanto la stretta che provava al
cuore.
Fece un profondo respiro e, chiudendo la mente a qualsiasi altro
pensiero che
non fosse Harry, lo baciò.
Ritirandosi
indietro, pensò che non avesse funzionato. Gli occhi di
Harry erano ancora
chiusi e il suo volto immobile. Poi, in un secondo, si
ritrovò a specchiarsi in
quelle pozze meravigliosamente verdi che lo guardavano storditi, ma
allo stesso
tempo felici. Felici e innamorati.
Ancora per poco, una voce maligna gli
sussurrò all’orecchio e Zayn si sforzò
di ricambiare il sorriso che adesso
aleggiava sulle labbra dell’altro.
«Ehi»
lo salutò Harry, come si fosse svegliato dopo una delle loro
solite notti
brave, invece che da quella specie di incubo. Zayn si sentì
improvvisamente
tranquillo, come se un peso enorme fosse appena sparito dal suo stomaco.
«Ehi,
come ti senti?» Zayn gli chiese, aiutandolo a mettersi seduto.
«Ehm,
bene. Bene» ripeté quasi convinto.
Completamente
perso a osservare Harry e la sua reazione al risveglio, per pochi
attimi non si
curò di altro. Fu come se si fosse dimenticato di tutto il
resto, di tutto
quello che c’era intorno e di quello che era accaduto nelle
ultime ore.
Fu
come se quel bacio non fosse stato uno specchio che rifletteva i suoi
sentimenti, per Zayn, ma in realtà lo era eccome. E quando
lo registrò, si
ricordò improvvisamente di quello che sarebbe successo dopo.
Tutte
le sue paure tornarono contemporaneamente e forse Harry se ne accorse,
poiché
posò una mano sulla sua spalla e iniziò ad
accarezzarlo lungo la schiena e il
collo e il braccio e Zayn, davvero, non riusciva a credere che quella
era
l’ultima volta in cui l’altro si sarebbe comportato
in modo così affettuoso,
con lui.
Ingoiò
un groppo amaro e si costrinse a sorridere a Harry. Tutto era
già abbastanza
disastroso senza che l’altro si preoccupasse per lui.
«Che
è successo?» gli domandò, curioso,
finalmente cercando delle risposte al
torpore del suo corpo e alla presenza del divano.
«Sei
svenuto» mentì Zayn, non sapendo dove cominciare a
spiegare quella situazione
insensata e non avendo neanche le forze per farlo. «Jane ti
ha preparato una
tisana che ti rimetterà in sesto» disse con un
filo di voce.
Alzarsi,
prendere la tazza e porgerla a Harry furono le cose più
difficili che avesse
mai fatto in vita sua. La gola il cuore i polmoni erano tutti
sprofondati
addosso allo stomaco. Zayn sapeva che Harry non era morto, che era
lì davanti a
lui, ma era un po’ come se il suo Harry
non ci sarebbe più stato, dopo che avesse bevuto
quell’intruglio. Un po’ come
se non ci fosse più stata la persona con cui aveva passato
l’ultimo mese; il
che era un po’ assurdo, perché l’Harry
che aveva imparato ad amare era lo
stesso amico con cui era cresciuto. Però sapeva anche che,
con quel liquido, se
ne andava via l’Harry con cui aveva condiviso sentimenti ed
emozioni, e proprio
come era stato reticente a lasciarsi andare all’inizio,
adesso lo era a lasciar
andare l’altro.
Che situazione stupida, rise dentro di sé,
anche
se non c’era al mondo qualcosa che lo rendesse meno felice di
tutto ciò.
Guardò
Harry portare alle labbra l’infuso e seppe di non essere in
grado di resistere
alla delusione, la repulsione, forse l’odio che sarebbero
comparsi negli occhi
dell’altro, nel momento in cui esso avesse fatto effetto.
Sapeva
di non essere abbastanza forte né abbastanza coraggioso da
assistere.
Senza
indugiare oltre e fingendo di non sentire la voce di Harry che lo
richiamava,
uscì in fretta dalla stanza. Passando per l’altra
sala, vide che gli altri
erano tornati e che tra loro c’erano anche Taylor e Jane, che
sembravano
immerse in un discorso importante.
Senza
fermarsi neanche da loro, neppure per dare qualche rassicurazione su
Harry,
scappò dall’odore d’incenso e da quella
luce soffusa e finalmente si ritrovò
all’aria aperta.
*
Aveva
corso e quando i suoi polmoni avevano iniziato a ribellarsi, dando
segni di
collasso, aveva rallentato il passo.
Non
poteva tornare a casa, non subito almeno, dunque si era infilato in una
piccola
sala da tè che non frequentavano e che non era sulla strada.
Zayn era quasi
certo che lì nessuno dei suoi amici l’avrebbe
cercato.
Per
questo, si ritrovava seduto nella più completa solitudine
davanti a una
cioccolata calda, il cellulare sul tavolino in modalità
silenzioso che non la
smetteva di illuminarsi. Aveva evitato ogni chiamata e intendeva farlo
più a
lungo possibile.
Con
una certa amarezza, constatò che nessuna era da parte di
Harry. Non che si
aspettasse altro, in ogni caso, ma questo non rendeva la sua delusione
meno
dolorosa.
Dopo
un paio d’ore stava per addormentarsi. Sbadigliando,
realizzò che ormai tornare
a casa era quasi sicuro e che dopo mezzanotte nessuno sarebbe arrivato
a
suonare alla porta di casa.
*
Sabato
non aveva scuola. Decise di rintanarsi in casa, fingersi malato e non
farsi
vedere da nessuno, tanto più che non aveva dormito tutta la
notte, i suoi occhi
erano rossi a causa del mancato sonno (no,
non aveva pianto, affatto) e il suo aspetto era orribile.
Sperava
che Louis non si presentasse a casa sua. Non aveva fatto altro che
mandargli
sms per tutta la mattinata e sinceramente non aveva alcun interesse a
sentirsi
dire i soliti te l’avevo detto
e gli
inutili vedrai che si metterà
tutto a
posto.
Voleva
solo crogiolarsi nel tepore del proprio letto e non pensare a nulla. O
almeno
provarci.
*
Si
risvegliò dopo quelli che parvero una manciata di minuti.
Erano passate tre ore
abbondanti, si accorse invece guardando l’orologio, e il
suono del suo
cellulare stava uccidendo i suoi timpani. Lo afferrò con
ogni intenzione di
spengerlo, ma il numero spropositato di chiamate perse e di messaggi
ricevuti
lo impressionò troppo.
Liam
gli diceva di riguardarsi e che, quando se la fosse sentita, lui
sarebbe stato
lì pronto ad ascoltarlo; Zayn sorrise, l’altro
sapeva sempre quando spingere e
quando aspettare.
Niall
gli chiedeva, in un paio di messaggi, come stesse e faceva battute
alcoliche,
ma quella era normale amministrazione.
Tutti
gli altri sms erano di Louis, uno più agitato
dell’altro.
Passavano
da un semplice dove sei, a se non la smetti ti prendo a calci e
finivano con la lapidario sei un idiota.
Che
amico dolce aveva.
Spense
comunque il cellulare, perché forse aveva davvero ragione
Louis e lui era un
idiota, ma non aveva alcuna voglia di affrontare nessuno, in quel
momento.
Richiuse
gli occhi e sospirò forte.
Il
sonno
non ci mise troppo ad avvolgerlo nuovamente.
*
Quando si risvegliò per la
seconda volta, era buio e il
campanello non la voleva smettere di graffiargli le orecchie.
Con un ringhio si alzò dal
letto, pronto a inveire contro
uno qualsiasi dei suoi genitori che, tornando a casa dal lavoro, doveva
essersi
accorto di aver lasciato le chiavi a casa.
A pochi passi dal portone
urlò un arrivo
sull’orlo del rabbioso, nella speranza che il suono acuto
smettesse. Odiava essere svegliato, ancora di più se in modo
così aggressivo.
«Avevo capito dieci squilli
fa, non c’er-» iniziò a inveire,
per poi fermarsi non appena si rese conto che davanti a lui non
c’era il volto
stanco di sua madre, ma quello arrabbiato di Harry.
Cazzo.
Harry non aspettò neanche
di essere invitato a entrare e
Zayn si maledisse internamente perché a diciotto anni ancora
non aveva imparato
a chiedere un semplice chi è? alla
persona alla porta. Idiota.
Harry sembrava star bene, si disse
Zayn. L’infuso aveva
funzionato di sicuro perché era da troppo tempo che
l’altro non si faceva
sentire, e questo – unito all’espressione che aveva
in quel momento – ne era
una prova schiacciante.
Zayn si sentiva in imbarazzo, a stare
lì, in piedi, a
fissare tutto meno che l’altro ragazzo, senza proferir
parola. E dire che aveva
sempre amato il silenzio; in quel momento avrebbe preferito sentire la
voce
irritante di Tayor Swift alla radio, piuttosto che quel nulla
agghiacciante.
«Sei arrabbiato»
disse, alla fine (perché non ce la faceva
più e sarebbe esploso in due secondi se uno di loro non
avesse pronunciato
almeno una lettera), sottolineando l’evidenza.
«Jane mi ha raccontato come
sono andate le cose» spiegò
Harry.
Ecco, quello era il momento in cui
avrebbe dovuto scusarsi,
implorare perdono e sperare solo che Harry non volesse mettere una
pietra sopra
la loro amicizia. Zayn lo sapeva bene.
«Io…»
farfugliò, perché scusarsi e pregare non erano
cose
che gli riuscivano troppo bene.
«Non so se sono arrabbiato
più con te o con me stesso!»
esplose Harry, togliendolo dall’imbarazzo.
Zayn annuì soltanto,
aspettando che l’altro continuasse e si
spiegasse.
«No, non è
vero» rettificò due secondi dopo,
perché forse
era bipolare. «Sono incazzato da morire con te» e
Zayn questo lo poteva ben
vedere dai suoi occhi. «Che ti è preso, ieri, da
andartene via in quel modo,
come un pazzo?»
No, doveva proprio spiegarglielo?
Sinceramente lo credeva
più intuitivo. Magari era una domanda retorica, si disse.
Solo che Harry
sembrava proprio aspettarsi una sua qualche risposta.
Prese un po’
d’aria, come ad allentare la tensione.
«Io…
oddio» non aveva mai dovuto dire qualcosa di altrettanto
difficile. «Non volevo
vedere gli effetti dell’infuso» disse, chiaro e
semplice. Dritto al punto.
«Perché?»
forse non così dritto.
«Perché non
volevo vedere nei tuoi occhi l’odio e il
disgusto e la rabbia che provi anche adesso»
«Certo che sono arrabbiato,
sei scappato lasciandomi lì come
se non te ne importasse nulla!» quasi gridò Harry.
«Non è
vero» mormorò Zayn, «non me ne sono
andato perché non
me ne importa nulla» specificò, perché
Harry lo stava guardando come fosse un
pazzo che non riesce a ricordarsi neanche quello che ha mangiato a
pranzo.
«Allora
perché?» rincarò Harry, come se di
tutto il discorso
di Zayn non avesse sentito neanche una parola. Forse l’infuso
l’aveva reso
mezzo sordo.
«Te l’ho detto
perché» disse Zayn, non volendo ripetere
tutto dall’inizio.
«Per la rabbia?»
chiese, quasi a volere una conferma. «Se
non te ne fossi andato, non mi sarei arrabbiato» sostenne.
Zayn sbuffò. Sì, come
no.
Harry lo fissò storto.
«E poi magari mi avresti
dato una pacca sulla spalla, come
nulla fosse, eh?» il tono della voce che saliva,
perché stava iniziando a
perdere la pazienza di fronte a quell’Harry poco perspicace.
«Senti, mi dispiace, ok?
È anche colpa mia, lo so, ma non
l’ho chiesto io quello stupido malocchio» disse
Harry, e Zayn non ci stava più
capendo nulla, come d’altronde era accaduto spesso in quel
periodo.
«Non
vedo come
possa essere colpa tua» cercò di tranquillizzarsi,
altrimenti non sarebbero
andati da nessuna parte.
Harry arrossì e a vederlo
Zayn ebbe una specie di tuffo al
cuore. Le guance imporporate dell’altro gli erano mancate
quasi quanto la sua
voce, in quella manciata di ore.
«Jane»
cominciò, e Zayn poté notare che parlare era
quasi
diventato uno sforzo, a causa dell’imbarazzo. «mi
ha detto che il malocchio ha
ingigantito quello che provavo per te e mi ha spinto a credermi
corrisposto.
Quindi è anche colpa
mia» terminò,
accompagnando la frase con una scrollata di spalla.
«A me Jane ha detto che
poteva essere anche colpa del fatto
che sono stato la prima persona che hai visto, dopo esserti
svegliato» che mi sembra anche
piuttosto probabile,
aggiunse mentalmente.
Harry sembrò arrossire
ancora di più.
«Sì,
ma…» interrompendosi, abbassò lo
sguardo. «ma è vero.
Che mi piacevi già»
Zayn non credeva alle sue orecchie.
Se le cose stavano così,
magari Harry lo voleva ancora? Magari non gli avrebbe tirato un pugno e
detto
che non voleva vederlo mai più?
«Quindi mi dispiace, ok,
che mi sono gettato addosso a te e
mi sono imposto come tuo fidanzato per tutto questo tempo. Ma di certo
non ti
avrei odiato, anzi… all’inizio ho pensato che tu
odiassi me»
Non sapeva neanche più
cosa rispondere, tanto era felice. Se
Harry provava qualcosa per lui, tutto era secondario. Avesse avuto la
polverina
magica di Trilli, in quel momento avrebbe spiccato il volo.
Fece un tentativo di avvicinamento,
visto che, da quando
Harry era arrivato, erano rimasti a fissarsi dai lati opposti della
stanza.
«E se ripenso a come mi
allontanavi e a come ti infastidivo,
vorrei sotterrarmi» aggiunse. Adesso che aveva preso il via,
sembrava non
essere in grado di fermarsi.
«Perché io avrei
dovuto odiare te?» di
tutte le cose
che aveva detto Harry, quella proprio non aveva senso.
«Ma mi hai baciato e io mi
sono risvegliato e sei scappato.
Ma poi Jane ha detto…» adesso al posto della
rabbia c’era un velo di
incertezza.
Zayn avrebbe voluto urlare che non lo
odiava affatto e che sì,
lo amava da impazzire, da quanto tempo non lo sapeva più
neanche lui, e che per
questo si era risvegliato – grazie a Dio, perché
se non avesse funzionato, Zayn
non sapeva come avrebbe reagito – e che lo amava e che gli
dispiaceva di
essersene andato e che aveva avuto paura. E l’aveva
già detto che l’amava?
Vide Harry passarsi una mano sugli
occhi, per poi
immergersela tra i bei ricci castani, lo sguardo sempre più
incerto.
«Non me ne sono andato
perché non mi importa di te» ripeté,
più che altro per prendere tempo. Non era un tipo molto
sentimentale, lui, queste
cose gli riuscivano da schifo.
«E allora
perché?» chiese Harry, come fosse una questione di
vita o di morte. «Non ci sto capendo più
nulla» sussurrò piano.
«Perché»
Zayn si fece coraggio. Che poi era una cosa
stupida, loro due erano stupidi, invece di parlare potevano
già essere stesi
sul divano, uno addosso all’altro. «pensavo che
appena ti fossi svegliato, mi
avresti odiato per» averti baciato,
toccato, scopato «le cose che abbiamo fatto
insieme. Pensavo che ti
avrebbero fatto schifo e che ti saresti pentito di averle fatte, anche
se non
ne avevi il controllo, e mi sono sentito così in colpa
perché in fondo lo
sapevo che non eri in te, ma più il tempo passava,
più diventava impossibile
fermarmi. Però sì, è anche colpa tua.
È colpa tua se nel giro di una battito di
ciglia mi hai fatto perdere la testa per te, Haz» Zayn quasi
non riusciva a
credere a quello che aveva appena detto. Aver confessato come si
sentiva
l’aveva alleggerito di venti chili e il suo stomaco non era
più stritolato da
una mano d’acciaio, come aveva avuto l’impressione
fosse, per tutto quel tempo.
«E se Jane aveva ragione
sul malocchio, allora l’aveva anche
sul bacio» concluse, forse in maniera troppo criptica,
perché Harry lo stava
ancora guardando poco convinto. O magari non era felice quanto Zayn di
scoprire
che entrambi provavano qualcosa per l’altro. Zayn, come era
arrivato, scacciò
quel brutto pensiero.
Non sapeva più che altro
dire, quindi scelse le parole più
inflazionate che conoscesse.
«Ti amo, Hazza»
E, come se essersi alleggerito non
bastasse, il volto di
Harry si illuminò del più largo dei sorrisi, di
un’espressione in grado di
ripagare qualsiasi cosa, anche l’imbarazzo cocente dovuto a
parole balbettate e
pregne di insicurezza.
Era l’espressione che, per
prima, l’aveva fatto innamorare
stupidamente di Harry.
Come si fosse teletrasportato, Zayn
si ritrovò Harry a un
soffio di distanza.
«Ti amo
anch’io»
Non riusciva a credere che la
situazione si fosse stravolta
fino a quel punto. Che quello che era nato come un rapporto forzato e
non
voluto era diventato quell’amore tenero e passionale allo
stesso tempo, che si
agitava nel suo cuore.
Non riusciva a credere che Harry
fosse lì sul serio, a
dirgli che le sue preoccupazioni dell’ultimo giorno erano
state inutili, che lo
amava davvero e che poteva toccarlo di nuovo. Finalmente.
E, come fosse stato in un sogno, Zayn
allacciò le mani ai
fianchi di Harry e riassaporò quelle labbra che pensava non
avrebbe mai più
baciato.
«Ricominciamo daccapo,
vuoi?» gli sussurrò Harry, dopo aver
interrotto il bacio per prendere fiato.
«Ricominciamo»
ripeté, a corto di parole, dopo averne usate
nell’ultima mezzora più di quante credesse
possibile per lui, in una vita
intera.
E – davvero – a
Zayn sembrava di sentire gli uccellini
cantare ed era quasi certo che, di lì a poco, qualcuno
avrebbe esclamato, con
voce solenne, e vissero per sempre felici
e contenti, come nella più scontata delle fiabe.
Solo che, invece, era tutto vero, e
per una volta la realtà
era decisamente migliore della fantasia.
Fine.
Note:
Scritta quando ancora avevo tempo per
respirare ç__ç
Sorry se non ha senso, in
realtà nasce più come presa in
giro che altro, per cui se v’è parsa assurda
stupida una perdita di tempo ecc
ecc, scusate ancora, avete proprio ragione L
Visto che è giugno, un
grande in bocca al lupo per chi ha
gli esami!
Se voleste farmi sapere cosa ne
pensate, rischiarereste le
mie giornate, ma davvero davvero davvero tanto J
A presto, spero!!!