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Autore: Doila483    06/06/2013    3 recensioni
Alex, una ragazzina di quindici anni, con un sogno, che condivideva col resto del mondo.
Il suo sogno aveva un nome: Justin Bieber. Il suo idolo. Nonostante non l'avesse mai incontrato, mai visto, credeva nel Never Say Never. Sapeva che sarebbe arrivato il suo momento... e non si sbagliava.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le giornate passarono, e tutte allo stesso modo: l'assenza di Justin si sentiva pesantemente e Alex si chiedeva come fosse possibile. L'aveva visto solo tre volte, eppure le sembrava di averlo visto ogni giorno per quindici anni. Le sembrava di essere stata privata del suo più grande amico, della persona più importante della sua vita, e in un certo senso era così.
Le giornate passavano, ma nonostante il Sole di fine Settembre, per Alex le giornate erano tristi, buie, lei era spenta. Molti sicuramente avrebbero fatto i salti di gioia al suo posto perché, cavolo, veder- incontrare tre volte il proprio idolo -e soprattutto in quel modo- non era roba da tutti i giorni e non erano cose che tutti potevano vivere. Ma Alex non riusciva a farli.. quei salti di gioia. 
Dentro di sé era felice, cacchio se lo era, ma purtroppo il dolore si faceva spazio nel suo corpo ogni giorno di più: Justin le mancava costantemente, lei voleva viverlo, voleva vederlo sorridere, voleva farlo sorridere.
Voleva esserci davvero, voleva far parte della sua vita, anche come una semplice amica. Lei voleva solo avere un ruolo, un posticino, nella vita di quel ragazzo.. perché lui caratterizzava la sua di vita.
Lui era presente in ogni cosa, e non così per dire, lo era davvero. Alex doveva ancora scoprire come fosse possibile tutto ciò, ma suppose che quello fosse semplicemente l'amore e ne comprendeva l'importanza e la bellezza, nonostante i dolori. 
Ma ecco, forse è proprio il dolore a rendere vivo un amore. Non ci devono solo essere frasi romantiche, non ci deve solo essere la voglia di sorridere e di urlare al mondo quanto si è felici. Ci devono essere anche le lacrime, ci deve essere il dolore. Sono le cose brutte a rendere forte e bello qualcosa. Un po' contorto come pensiero, ma incredibilmente vero.
Alex si chiedeva sempre dove lui fosse e perché lei non fosse con lui. Si chiedeva se lui le dedicasse qualche pensiero, ma poi il suo essere pessimista -realista, diceva lei- la costringeva a scacciare anche il più piccolo bel pensiero.
Era stata ottimista per quattro anni, non lo capiva quel suo cambiamento. Sapeva solo che poteva vedere Justin anche ogni giorno, ma non sarebbe mai riuscita a diventare qualcuno per lui quando invece lei lo desiderava tremendamente.
Quando invece lui era tutto per lei.
E Sonny le continuava a ripetere che non era impossibile, che era sicura che un posticino nella vita di Justin ce l'aveva, perché lui si era preoccupato nel vederla in lacrime davanti allo studio e l'aveva accompagnata a casa, quando molti non l'avrebbero fatto. Lui si era procurato dei biglietti per lei, non glieli aveva fatti pagare, glieli aveva regalati. Ma Sonny aveva gli occhi coperti dal prosciutto, secondo Alex, perché non riusciva a vedere come stavano realmente le cose: Alex era una ragazza comune di Los Angeles -rettifico, una povera ragazza comune di Los Angeles-, aveva quindici anni, andava ancora a scuola e per giunta non piaceva a nessuno. Come poteva una così diventare qualcuno per.. Justin Bieber? Lui era troppo persino per il mondo stesso, figurarsi per Alex.
Ma no, Sonny continuava a fantasticare, mentre Alex dentro di sé moriva ogni giorno perché doveva vivere con la consapevolezza che il suo amore non contava niente al di fuori di sé, e che un giorno -chissà quanto lontano- tutto quello sarebbe finito perché Justin aveva la sua vita, e anche Alex.
Per adesso, solo una cosa le salvava le giornate; solo un raggio di luce le illuminava: aveva la certezza che il 3 Ottobre avrebbe visto Justin.
Sì, nonostante il dolore, andava avanti con questo pensiero. Un pensiero che però non durava granché perché la consapevolezza che anche quel giorno sarebbe passato tagliava in due Alex. E poi cosa sarebbe successo? Cosa sarebbe venuto dopo? Alex aveva solo quella certezza -che comunque la salvava-, ma il dopo la spaventava.
 
Quella mattina Alex si era alzata presto. Era Domenica e doveva recarsi al Cafe Americano già alle 07:00 -anche se il bar apriva due ore prima per i dipendenti-. 
In quei giorni Ruth aveva sempre chiamato a casa per assicurarsi che Alex ci fosse. Era un gesto davvero carino, anche se dopo un po' pesava. Ma era comprensibile, Alex aveva fatto prendere un bel colpo a tutti, qualche giorno prima, quando era 'scappata' di casa. Da allora si preoccupavano tutti, anche i vicini.
In quel momento Alex era in bagno ad asciugarsi il viso e aggiustarsi e, senza apparente motivo, decise di osservarsi meglio.
Scrutava il suo viso come se non fosse il suo.
Due occhi grandi e azzurri, contornati da lunghe ciglia nere. I suoi occhi erano davvero belli, piacevano a tutti, e anche le ciglia facevano colpo: quand'era piccola tutti chiedevano a sua madre "Alex già usa il mascara?", ed era per questo che lei non si truccava molto, ed era raro che lo facesse. A volte quando passava un pomeriggio con Sonny, questa faceva alcuni 'esperimenti' su Alex per il trucco. La sua amica voleva tanto diventare una make up artist, e Alex era sicura che un giorno ce l'avrebbe fatta, perché era davvero brava. Con lei, Sonny si limitava a un po' di matita nera sulle palpebre; a volte usava sia il nero che il celeste, per far risaltare i suoi occhi. Infatti, dopo, Alex notava sempre come i suoi occhi sembrassero più grandi. Non era abituata a vedersi truccata in quel modo, il nero su di lei sapeva quasi di sporco, ma Sonny era davvero brava ed era in grado di farle piacere anche un colore pesante come il nero.
I suoi occhi non erano belli solo per il loro colore, ma anche per la loro profondità. Tutti le dicevano che quegli occhi parlavano, da essi traspariva tutta la bontà di Alex, era possibile leggerle l'anima. 
Il suo sguardo scivolò più giù, scrutando il suo corpo: non poteva lamentarsi del suo fisico, era bello, e i suoi lineamenti erano delicati. 
Si fermò su quel dettaglio: non poté fare a meno di pensare che le mani grandi e mascoline di Justin sarebbero state perfette sul suo corpo, e le sue carezze sarebbero state uniche. Le dita di Justin sembravano ruvide in confronto a quelle di Alex -e forse lo erano davvero- ed erano decisamente più grandi.
Lei non lo faceva apposta, era Justin che si intrufolava prepotentemente nei suoi pensieri, ma doveva ammettere che l'idea di trovarsi veramente tra le sue mani le piaceva, la faceva tremare. 
Voleva far intrecciare le loro dita, chissà se un giorno ci sarebbe riuscita.
I suoi occhi passarano dal suo corpo ai suoi capelli castani che a lei piacevano tanto, ma la sua contemplazione venne interrotta da Mila che la chiamava dalla cucina.
Alex lanciò un'ultima occhiata allo specchio aggiustandosi i capelli, e uscì dal bagno dirigendosi in cucina.
« Sbrigati a fare colazione, altrimenti arrivi tardi » le disse Mila, mentre finiva di pulire il piano della cucina. 
Alex lanciò un'occhiata all'orologio sulla sua sinistra e non se lo fece ripetere due volte: impugnò la sua forchetta e mangiò la sua colazione. Nel mentre, c'era silenzio, si sentiva solo il rumore del panno che sfregava sul ripiano della cucina.
« Mamma.. » parlò Alex.
« Dimmi » rispose Mila senza rivolgerle lo sguardo, intenta a eliminare una macchia che sembrava non volersene andare.
« ..A bollette come stiamo messe? » chiese la ragazzina, mentre finiva la sua colazione. Il suo lavoro -faceva ancora strano dirlo!- la faceva pensare automaticamente alle bollette, alla sua casa.
« Ho pagato tutto! La cassetta della posta è vuota da quasi tre settimane! Da quanto non ci capitava! Perché? » all'ultima parola si era voltata per guardare sua figlia, curiosa. 
« Non lo so, pensando al lavoro mi sono ricordata delle bollette e ho notato che non ti sei disperata in questi giorni » spiegò Alex abbozzando un sorriso.
« E' andato tutto bene » disse Mila sorridente. Quel mese non si era disperata neanche un po', la cosa le piaceva e voleva tanto cominciare a farci l'abitudine, ma sapeva di non poterselo permettere.
« Meglio così » finì la ragazzina, bevendo il succo di frutta davanti a sè. Bevve fino all'ultima goccia, lanciò un'occhiata all'orologio e si alzò dalla sedia.
« Io vado! »
« Okay amore, buona giornata » disse Mila avvicinandosi alla figlia e dandole un bacio sulla guancia « Torna a casa, eh! »
Ad Alex venne da ridere. Le venne da pensare che quella storia sarebbe andata avanti per ancora molto tempo, sicuramente.
« Sì, tranquilla » rispose ridacchiando « A più tardi! »
« A dopo, amore » disse Mila sorridendole.
La ragazza si diresse verso l'ingresso e uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Era una bella giornata e faceva caldo. Ma dopotutto era il 30 Settembre e Alex amava credere che fosse ancora estate.
Dopo essersi guardata intorno si mise la strada sotto i piedi. E non seppe perché, ma lanciò un'occhiata alla cassetta della posta. 
Forse perché le era capitato ogni tanto di lanciarle un'occhiata. Forse perché poco prima aveva chiesto delle bollette a sua madre e lei aveva risposto che la cassetta era vuota da settimane. E se invece qualcuno avesse scritto loro che non avevano pagato qualcosa e magari avrebbero tolto la luce? O avrebbero staccato il telefono? L'attenzione ci stava tutta e lei teneva molto alla sua casa.
Si avvicinò alla cassetta e si sentì leggermente strana -quello era compito della madre, era lei che ogni mattina andava a controllare, non Alex-.
Vide qualcosa, qualcosa di bianco, come se ci fosse una lettera che non era stata infilata del tutto dentro e la cassetta fosse stata chiusa male. 
Aprì la cassetta e trovò dentro una busta, con un angolino un po' piegato. Aggrottò le sopracciglia e prese ad agitarsi un po'.
Ecco, doveva aspettarselo -e sotto sotto se l'aspettava, forse per quello aveva dato un'occhiata alla cassetta-: non avevano pagato qualcosa. Oppure il pagamento era andato male, oppure era saltato fuori qualche altra cosa, oppure.. oppure niente, cosa ne sapeva Alex?
Prese la busta e se la rigirò tra le mani, cercando di capire di cosa si trattasse.
I suoi pensieri cambiarono quando su quella busta non lesse il nome di sua madre, ma il suo.
Alex.
Chi poteva scrivere ad Alex? Chi, se lei non conosceva nessuno? Chi aveva il suo indirizzo? Chi la cercava? 
Guardò bene la busta che aveva tra le sue mani ma c'era solo il destinatario. Nessuna traccia del mittente. Com'era possibile?
Aprì la busta e guardò al suo interno. Ma le sue aspettative -se così potevano chiamarsi- vennero deluse: non vi trovò una lettera ma un'altra cosa, al momento non sapeva neanche lei di cosa si trattasse. Non era di carta, ma di plastica. Tirò fuori il contenuto e non studiò per molto l'oggetto che aveva tra le mani, poiché il tempo si era fermato nell'istante in cui i suoi occhi avevano incontrato la figura di Justin.
Cos'era quella busta? Perché all'interno c'erano delle cose su Justin?
....Perché sull'immagine di Justin c'era scritto "MEET AND GREET"?
Gli occhi di Alex si spalancarono in un modo incredibile, e sembravano correre da una parte all'altra. 
Alex non sapeva cosa guardare, cosa pensare. Pensò subito che fosse uno scherzo, fu più forte di lei. Quando lesse quelle parole, quando lesse "JUSTIN BIEBER", quando vide l'immagine di un Justin che portava la mano sulla nuca, qualcosa dentro di lei scattò facendole credere che fosse uno scherzo. Ma se era ciò che credeva.. perché il suo cuore andava a mille? Aveva represso l'istinto di urlare, doveva prima capire.
Si guardò intorno, pensando che qualcuno fosse lì, nascosto, per vedere la sua reazione. Magari qualche idiota della sua scuola che per qualche strano motivo conosceva l'indirizzo di casa di Alex e ora voleva farle venire un infarto.
Stava prendendo in considerazione tutto, tranne la cosa più bella, più grande, forse più ovvia: era vero e magari era stato Justin a darglieli.
Questo pensiero le attraversò la mente giusto per qualche frazione di secondo, e sparì automaticamente perché Alex si rifiutava di credere che fosse possibile.
Non.. non poteva essere vero.
..Giusto?
Non poteva succedere! Justin.. non faceva queste cose!
....O sì?
Sì, Justin le faceva, Justin ne era capace. E' solo che non poteva farlo con lei. Non.. semplicemente non poteva! Chi era lei per avere tutto ciò? Chi era lei per avere questi privilegi? C'erano milioni di Beliebers che piangevano nei propri letti ogni giorno, e quei pass li doveva ricevere.. lei, Alex? Perché? Era ovvio che fosse uno scherzo, perché avrebbe dovuto essere vero?
Lei però voleva sperarci. Anche se i pensieri più brutti le stavano attraversando la mente e struggendo ogni speranza, lei non voleva arrendersi, non voleva credere sul serio che quello non fosse vero, lei desiderava tremendamente che fossero veri pass e che fossero i suoi pass. Suoi e di nessun altro.
Con le mani che le tremavano, gli occhi leggermente umidi, il cervello in tilt, Alex ritornò alla porta di casa, suonando.
I passi di Mila che si avvicinava all'ingresso si sentivano da fuori, e Alex non sapeva cosa avrebbe dovuto dirle. Non riusciva a formare una frase di senso logico, non riusciva a pensare.
Mila aprì la porta e quando vide ancora sua figlia davanti a sé aggrottò le sopracciglia.
« Alex, che fai ancora qui? Hai dimenticato qualcosa? » chiese guardandola e sentendosi un punto interrogativo.
La vide con gli occhi lucidi e nell'istante in cui Mila stava per aprire bocca e chiederle cosa avesse e perché stesse sul punto di piangere, sua figlia le porse qualcosa. Abbassò lo sguardo e i suoi occhi vennero catturati inizialmente dall'immagine di Justin.
« Cosa sono? » chiese un atttimo prima di leggere 'MEET AND GREET'
I suoi occhi si spalancarono com'era successo ad Alex non molti secondi prima e il suo cervello sembrava avesse scioperato all'improvviso.
« Oh mio Dio, dove li hai trovati? » chiese subito, alzando velocemente la testa per incontrare nuovamente gli occhi annacquati di sua figlia, visibilmente scossa.
« Nella cassetta della posta » rispose lei, tranquilla. No, non tranquilla, perché lei era tutto fuorché tranquilla. Più che altro.. sconvolta.
« Cosa? Nella nostra cassetta della posta? »
Alex annuì, ma non stava guardando sua madre negli occhi, il suo sguardo era bloccato su quei pass.
« Oh mio Dio! » sfiatò Mila, rivolgendo un altro sguardo incredulo ai pass che aveva tra le sue mani « Oh mio Dio! Alex! Ma ti rendi conto? »
Alex scosse la testa meccanicamente, come se non fosse lì, come se non fosse presente. Come se ci fosse il suo corpo, ma non la sua testa. Ed effettivamente era così, anche il suo cervello aveva scioperato all'improvviso. 
« E se fosse uno scherzo? » disse subito Alex, rivolgendo uno sguardo a sua madre.
« Ma quale scherzo! Ma non capisci?! » disse Mila cominciando ad alzare la voce, cominciando a farsi prendere dall'entusiasmo.
« Cosa? » chiese Alex, con il cuore a mille. Cosa doveva capire?
« E' stato Justin! » disse Mila non riuscendo a trattenersi. Sembrava un'adolescente, un'amica di Alex. Una ragazzina che, in preda all'allegria, faceva notare alla sua migliore amica che il ragazzo con il quale usciva era visibilmente innamorato di lei. Sembrava una liceale.
« No » disse Alex, senza aggiungere altro.
No. No, non era stato Justin. Non era stato lui, e quei pass non erano veri, non erano suoi.
No. Molto semplice. Una parolina monosillabica, composta da due lettere, una negazione chiarissima: no.
No, perché Justin non poteva avere un cuore così grande; no, perché Justin non poteva essere così buono, dolce, così maledettamente perfetto; no, perché lei non poteva essere stata ancora una volta tra i suoi pensieri; no, perché lei non era niente e non poteva ricevere tanto; no, perché quello era un sogno, non poteva essere reale; no, perché.. perché no, cavolo.
« Come no? Alex, svegliati! Dammi la busta » disse, sfilandole la busta dalle mani e guardandola, rigirandosela tra le mani.
I suoi occhi si fermarono sulla grafia ordinata che spiccava sulla parte anteriore della busta. C'era scritto sempliemente 'Alex'. 
Un sorriso le sfuggì, era tutto troppo bello e lei ne era sicura: era stato Justin; sua figlia non lo capiva -o meglio, non voleva capirlo-, ma lei ne era più che sicura.
Quel Justin era una meraviglia di persona.
Mila, abituata a ricevere tante lettere, notò subito che sulla busta non c'era né il loro indirizzo, né il cognome di Alex, e tantomeno il nome o l'indirizzo del mittente.
« Non c'è niente, c'è scritto solo Alex » disse, infatti « Questa cosa non ti fa pensare? » chiese sorridendole, sperando che sua figlia si decidesse a crederci.
« Sì, penso che questo scherzo non sia stato fatto bene, il cretino che ha messo la busta lì dentro non ha messo il nome di Justin, e ciò non rende la cosa credibile »
A sentire quelle parole Mila alzò di poco gli occhi al cielo. Sua figlia era veramente così testarda o stava solo scappando in ogni modo possibile dalla realtà? Non c'arrivava davvero o voleva solamente e disperatamente non crederci? Perché era così impossibile per lei? Dopotutto Justin era stato a casa loro giorni prima -cavolo, era stranissimo anche solo pensarlo-, quindi conosceva la via, la casa. Alex era una scema a credere che fosse uno scherzo. Mila da fuori vedeva perfettamente la realtà.
« Amore, proprio non ti viene da pensare al fatto che Justin non potesse mettere il suo nome e il suo indirizzo? Proprio non ti viene da pensare che Justin abbia scritto solo il tuo nome perché non conosce il tuo cognome? Non ti viene da pensare che non l'abbia spedita, ma l'abbia messa lui stesso nella cassetta, o che qualcuno l'abbia fatto per lui? Davvero non c'arrivi? »
Quelle parole colpirono Alex. 
..Non c'aveva pensato
Justin non conosceva il suo cognome, ma conosceva la sua casa, la sua via! Solo che non credeva possibile che Justin ricordasse il nome della sua via, il numero civico. Non.. poteva essere vero. Come poteva ricordarsi anche di una cosa così stupida, di una cosa che riguardava Alex e non lui? Come poteva ricordarsene con tutti i pensieri, le preoccupazioni, il lavoro, eccetera? Come, come?
« Tu.. credi? » chiese Alex, necessitando una risposta positiva, che non la facesse sentire l'unica scema, che potesse darle speranza, che potesse tranquillizzarla e darle la certezza che sì, era tutto vero, era stato di nuovo Justin.
« Non è ovvio? » disse Mila, sorridendo dolcemente alla figlia.
In quel momento Alex aveva uno sguardo quasi terrorizzato che non sapeva dove poggiarsi: un po' guardava i pass, un po' Mila, un po' la cucina, un po' il corridoio. Alex non sapeva cosa guardare, si sentiva tremendamente confusa, Mila riusciva a vederlo e provò una tenerezza assurda.
Lo sguardo di Alex si fermò in quello di Mila e la fissò per pochi secondi, trovando la risposta in sua madre.
Era stato Justin.
All'improvviso le sembrava così chiaro, quasi si chiese come avesse potuto credere il contrario, credere che fosse uno scherzo.
« Oddio » disse Alex, facendo notare a sua madre che aveva finalmente realizzato « Oddio! Ho i pass per incontrare Justin! Oddio! » 
Il suo respiro si fece più veloce, così come accadde al suo cuore che non voleva saperne di star calmo e battere normalmente.
Mila si lasciò prendere dall'entusiasmo della figlia e, lanciando un gridolino, abbracciò la figlia.
« Amore, ma questo Justin è un ragazzo tanto caro! Ti ha regalato biglietti per vederlo in concerto e nel backstage! Non avrei mai pensato che fosse capace di ciò! »
Alex invece lo sapeva. Non credeva potesse succedere a lei, okay, ma sapeva che Justin aveva un cuore d'oro e che per le sue Beliebers faceva di tutto, e ogni volta riusciva a farle sorridere. Justin era quel ragazzo che non vuole vedere lacrime sul viso di una ragazza, vuole vedere un sorriso bello, grande e sincero; era quel ragazzo che pur di avere la certezza che una persona stesse bene, se ne prendeva cura in diversi modi; era quel ragazzo che per rendere felice una persona -una ragazza- faceva di tutto. Era quel tipo di ragazzo che si pensava non esistesse, e invece no, c'era, ed era proprio lui, Justin.
« Mamma, Justin è la perfezione, lo vuoi capire? Sono quattro anni che te lo dico. Oddio. » disse lei, staccandosi.
Mila sorrise a quelle parole. Sua figlia era pazza di quel Justin, addirittura da vederlo perfetto, ma per quanto potesse essere dolce, intelligente e buono, non era perfetto, perché nessun lo era. Alex era solo accecata dall'amore.
..Quello era il pensiero di Mila.
Alex invece avrebbe pensato il contrario: non era lei a essere accecata dall'amore, ma era sua mamma a non conoscerlo. Alex si sentiva legata a Justin ogni senso, Alex dentro di sé sentiva di conoscerlo, sentiva di conoscere veramente tutte le opere di bene che Justin aveva fatto per molte scuole, molti bambini sfortunati, molte Beliebers, e per la sua famiglia. Sentiva di aver parlato per anni con Justin, di aver avuto più volte l'occasione di scoprire cosa ci fosse nel suo cuore, e sentiva di conoscere la risposta: tanta tanta bontà, che lei vedeva in un suo sguardo, in suo sorriso.
Justin era tanto buono. Faceva i suoi sbagli, certo, ma era una persona con dei valori, dei princìpi, e questo lo rendeva perfetto.
« Amore, so che chiedo troppo, ma cerca di darti una calmata adesso » cominciò ridendo lievemente, mentre vedeva davanti a sé un Alex felicissima che non la smetteva di muoversi « Devi andare a lavorare, stai facendo tardi! Li conservo io questi, stai tranquilla! »
Ah già, il lavoro. In quei minuti aveva sconnesso del tutto il cervello e se ne era completamente dimenticata.
Non le pesava andare a lavorare, dopotutto l'aveva voluto lei quel posto al bar, li voleva lei i soldi, ma in quel momento desiderava semplicemente restare a casa, buttarsi sul letto e consumare con gli occhi quei pass, e fantasticare su ciò che sarebbe accaduto quel giorno.
Mancavano pochi giorni, ormai. Erano quattro, a essere precisi, e lei era emozionata e contenta di rivedere Justin, soprattutto da così vicino; ma non si sarebbe aspettata di certo dei pass per incontrarlo. Neanche ci sperava più, dentro di sé pensava 'Chissà se lo rivedrò un giorno, se ci parlerò ancora, se potrò ancora sentire le sue braccia attorno a me, se potrò ancora ritrovarmi i suoi occhi nei miei. Chissà se e quando accadrà.', e invece in quel momento sapeva che sarebbe accaduto e sapeva quando: quattro giorni la speravano dal suo più grande sogno.
« Mh, va bene, vado » disse Alex, con ancora la voce tremante e le gambe che ballavano. 
A Mila venne da ridere nel vedere la propria figlia in quelle condizioni. Non l'aveva mai vista così. L'aveva vista contenta, sì, in quindici anni era capitato tantissime volte, capitava soprattutto quando Alex era con suo padre... ma in quel modo non l'aveva mai vista, poteva giurarlo, era una cosa nuova.
In quei giorni, poi, l'aveva vista quasi triste, strana. Da quando era tornata a casa dopo quel.. giorno in cui si era allontanata non dicendo niente a nessuno, Alex era diversa, e Mila sentiva che il suo star male era in qualche modo legato a Justin. Lo sapeva perché Alex in vita sua, oltre che per la perdita di suo padre, aveva sofferto solamente per Justin. 
E invece, in quel momento, era contenta, quasi poteva scoppiare e liberare tantissimi coriandoli.
Justin la cambiava, Justin la faceva stare bene. Era l'unica persona che fosse mai riuscita ad avere un simile potere su Alex. Justin era la felicità di Alex, glielo si leggeva negli occhi.
Mila ridacchiò ancora: « Vai. Ciao, amore » disse abbracciandola e dandole un bacio in testa.
Alex si girò, aprì la porta e con un sorriso a trentadue denti stampato in viso, si diresse verso il Cafe Americano. Quella mattina era uscita da casa due volte: la prima volta sembrava afflitta, la seconda volta sembrava la felicità personificata. 
...Era così chiaro, lo era da quattro anni, ma in quel momento lo era più che mai:
Justin era l'unica vera forma di felicità che potesse mai seriamente pervaderla.
Justin era il suo sorriso più grande, bello e sincero.
Justin era la sua felicità.
 
 
 
*
 
 
 
Quei giorni erano passati molto velocemente per Justin.
Si svegliava quando il Sole faceva capolino a Est, un battito di ciglia, e già era ora di andare a dormire perché la giornata era finita.
Justin era stato molto preso dal suo lavoro, dalle prove del Tour, i nuovi ballerini, le nuove coreografie, era stato tutto molto veloce. Un attimo prima che entrasse nella sala prove aveva il Sole proprio sulla testa, e quando usciva ormai era tramontato.
Quello era un ritmo così frenetico che Justin ancora sopportava, dopotutto era pronto per tutto quello, era ciò che aveva sempre sognato. Ma il pensiero che avrebbe dovuto vivere quella situazione per un anno un po' lo spaventò.
Era un bel pensiero, questo sì, un anno di musica, concerti, viaggi. Avrebbe visto il mondo intero, conosciuto le città più belle e importanti, avrebbe conosciuto tantissime tradizioni diverse dalle sue, avrebbe imparato tante cose nel poco tempo che aveva per impararle. Ma il fatto che fosse un anno pieno un po' lo spaventava, perché era umano e sfortunatamente non era immune allo stress.
Per non parlare poi, del fatto che solo il giorno prima c'era stato il primo concerto del Believe Tour.
Era andato tutto a gonfie vele, era stato tutto molto bello, soprattutto perché quel concerto era per una sola persona, nel suo cuore.
Avalanna.
Avalanna, quella bambina a cui Justin teneva in modo sincero; quella bambina che già era stata privata della cosa più bella che si possa desiderare: la vita. Quella bambina tremendamente bella, che Justin aveva ormai sotto la sua ala protettiva.
Il cantante aveva sofferto quando gli era giunta la notizia che quell'angioletto era tornato al suo posto: in Paradiso. Aveva sofferto, perché non riteneva fosse giusto che una bambina così piccola potesse già provare tanto dolore, e dovesse dire addio alla sua famiglia.
Non aveva avuto il tempo di fare le sue esperienze, ma ne aveva vissuta una grande con Justin, e lui si sentiva onorato per questo.
La sera precedente, il cantante non aveva fatto salire una ragazza sul palco come era solito fare. Aveva lasciato che il mondo vedesse quanto lui tenesse a quella bambina che, anche se non gli apparteneva, gli era stata portata via ingiustamente. Avalanna era la sua ragazza. La ragazza che Justin aveva fatto sentire speciale ogni volta che poteva, ma quella sera più che mai. La ragazza che Justin voleva amare, la ragazza alla quale Justin chiedeva di conoscere il suo mondo, farne parte.
Lui guardava lo schermo posizionato sopra il palco, la guardava mentre il cuore gli si stringeva in petto, e le dedicava One Less Lonely Girl. La indicava, come se l'avesse avuta davvero davanti a sé. 
Ma lei c'era, lui ne era sicuro. Quella sera Avalanna era lì presente e stava ricevendo ancora una volta l'amore di Justin, l'amore che lei meritava.
Probabilmente anche per questo era andato tutto bene quella sera: Avalanna era con lui, e niente poteva andar male.
 
Quella mattina Justin era a Las Vegas per il concerto che si sarebbe tenuto quella stessa sera.
Era una star, aveva già fatto tantissimi concerti, e la sera prima aveva finalmente iniziato il Believe Tour, ma ancora si sentiva agitato. Era normale, e molto probabilmente quella cosa non sarebbe mai cambiata.
Si era sempre chiesto come si sentisse Michael Jackson quando saliva sul palco, davanti a tutta quella gente. Come faceva a reggere la tensione? Come faceva a salire sul palco sapendo che una città intera lo guardava? Come poteva fare tutto perfettamente, non sbagliare mai? Come si sentiva nel preciso istante in cui i suoi piedi toccavano il palco per la prima volta in una serata?
Se l'era sempre chiesto, e ora aveva la risposta. Era una risposta che non andava detta, ma sentita, perché non c'erano parole per spiegare come ci si sentisse nell'affrontare quella vita, nel vivere quel sogno.
In quel momento Justin era al MGM Gran Garden Arena. Fuori c'erano le sue fan in fila che cantavano le sue canzoni, urlavano e lo chiamavano.
Era bello essere amati.
Il Gran Garden Arena era enorme, a Justin piacque subito. Ci sarebbero entrate tantissime persone, il che gli metteva un'ansia incredibile. Ma anche se gli sembrava impossibile, si disse che doveva cominciare a farci l'abitudine perché non solo avrebbe avuto un altro concerto a distanza di due giorni, ma ne avrebbe avuti all'incirca altri 130. 
Il solo pensiero gli fece tremare le gambe. Centotrenta concerti, mica poco. In tutto il mondo.
Non conosceva le date, l'ordine delle città che doveva visitare, ma tanto per cominciare sapeva che quella sera toccava a Las Vegas -ma davvero?- e che il concerto successivo sarebbe stato a Los Angeles il 2 Ottobre e un altro il giorno dopo.
Stranamente, quando il suo pensiero passò a Los Angeles, non gli vennero in mente gli alberi che caratterizzavano la California, il clima caldo, eccetera, come succedeva qualvolta pensasse alla sua adorata città, bensì gli balenò in mente tutt'altra immagine.
Non era l'immagine di un paesaggio, un posto che aveva visto e che gli era piaciuto, o l'immagine dello Staples Center; era l'immagine di una persona.
Era l'immagine di Alex.
Alex e i suoi occhioni azzuri che lo avevano colpito.
Alex e i suoi sorrisi nascosti, Alex e la sua timidezza, Alex e la sua fragilità.
Alex e.. Alex.
Da quando in qua pensava alle sue fan in quel senso? Cosa gli era capitato? Si era perso qualcosa? Un pezzo della sua vita che non conosceva? Perché associava quella bellissima città a quella ragazza? Non aveva senso. Lui neanche sapeva chi fosse.
...Non sapeva chi fosse, però i biglietti per il concerto e i pass per il backstage glieli aveva regalati come fossero state figurine.
Justin scosse la testa, convincendosi del fatto che non pensava ad Alex in quel senso. Era solamente una ragazza, una fan, e di fan ne aveva viste parecchie.
...Sì? Ne aveva viste così tante da ricordare solo il viso di Alex? Perché era così, era vero: in quel momento non riusciva a ricordarsi i volti di chi aveva incontrato, ricordava solo quello di Alex. Eppure lui aveva incontrato più volte le stesse fan. In quel momento non sapeva fare degli esempi, ma sapeva che era capitato.
Forse perché Alex l'aveva vista da poco? Forse perché Alex era stata l'unica fan che Justin avesse accompagnato a casa? Forse perché era l'unica che lui sapeva fosse scappata di casa per raggiungerlo e vederlo anche solo per pochi istanti?
Di domande ce n'erano fin troppe. Il problema era che non aveva risposte, neanche una. 
Per quanto potesse essere strano, si ritrovò a pensare che fosse qualcosa stava accadendo nella sua testa bacata. Qualcosa che lui desiderava accadesse, ma che in quel momento lo terrorizzava.
Alex aveva un viso così dolce, sembrava aver paura di qualsiasi cosa, glielo si leggeva negli occhi.
Quando lui aveva fissato il suo sguardo nel cielo che Alex racchiudeva nei suoi occhi, gli era sembrato di leggerle l'anima, di vedere tutte le sue paure, tutto il dolore che aveva provato, tutto l'amore che cercava.
Il corpo esile di Alex sembrava fosse stato creato apposta per essere circondato dalle braccia possenti del cantante. 
Le sue mani erano lisce, morbide. Lo sapeva perché il giorno in cui l'aveva vista in lacrime fuori dalla sala prove, Alex aveva poggiato le mani sulle sue braccia per un attimo.
Alex aveva fatto la sua figura e neanche lo sapeva. Justin se ne stava accorgendo proprio in quell'attimo, e rimase spiazzato da tutti quei pensieri.
Rimase spiazzato dal fatto che ricordasse moltissime cose di Alex, e forse il primo segno era proprio che ricordasse persino la via e la casa, con tutti i posti che aveva visitato, lui ricordava la casa di Alex.
Cosa gli stava succedendo? Sentiva di doverle stare accanto, di farla sorridere. Sentiva di non poter sopportare il fatto che Alex avesse sofferto in passato, sentiva di dover fare qualcosa per far sì che il futuro fosse diverso.
Era strano, perché molti suoi fan avevano tantissimi problemi, forse anche cento volte più gravi di quelli di Alex, e la cosa gli dispiaceva molto, se avesse potuto avrebbe fatto qualcosa per tutti, ma in quel momento era di Alex che gli importava. Doveva cominciare a farla star bene, a entrare pian piano nel suo mondo -anche se lui ne era il centro-.
A quei pensieri, avvertì una strana sensazione dentro di sé, non sapeva di preciso dove. Era nello stomaco, o forse un po' più su. Forse vicino al cuore, forse al centro del petto. Forse un po' ovunque.
Colpa di quegli occhioni azzurri che l'avevano catturato. Colpa di quella dolcezza che la caratterizzava dalla punta dei capelli alla punta dei piedi.
Colpa dell'amore che Alex racchiudeva in sé e che attirava Justin come calamita.
Forse stava esagerando. Forse pensare faceva male.
Quando pensi ti fotti. Non devi mai pensare, perché la tua mente comincia a fare lunghi giri, comincia a pensare cose che non credevi di poter pensare; i pensieri piano piano portano alla confusione.
E Justin in quel momento si sentiva confuso. Aveva pensato troppo, e ora sentiva i battiti del suo cuore andare un po' più veloce.
 
Cosa gli stava succedendo?



 
CIAO RAGAZZE :)
ALLORA VISTO CHE TIPO DUE, TRE RAGAZZE MI HANNO CHIESTO SE MI SONO ISPIRATA A QUALCUNO PER I PERSONAGGI, VI MOSTRO SUBITO I LORO VISI :)

ALEX (destra) E SONNY (sinistra):

https://fbcdn-sphotos-c-a.akamaihd.net/hphotos-ak-frc1/944189_358487587606824_280941308_n.jpg

MILA:
https://fbcdn-sphotos-g-a.akamaihd.net/hphotos-ak-ash3/580420_358487657606817_1025758405_n.jpg

E OVVIAMENTE JUSTIN, LOL:
https://fbcdn-sphotos-a-a.akamaihd.net/hphotos-ak-ash3/6578_358487844273465_184433128_n.jpg

 
VI CHIEDO SCUSA SE QUESTO CAPITOLO E' CORTO E NON HA NULLA DI SPECIALE, MA AVEVO DECISO DI FARE QUESTE DUE PARTI DOPO LA 'SCOMPARSA' (?) DI ALEX, E PRIMA DEL CONCERTO (CHE SARA' FORSE IL MOMENTO PIU' BELLO DEI PRIMI UNDICI CAPITOLI).
NON VOLEVO CHE L'UNDICESIMO CAPITOLO VENISSE CHILOMETRICO PERCHE' NON VOGLIO ANNOIARE NESSUNO, E NELLO STESSO TEMPO VOLEVO METTERE UN PO' DI SUSPANCE HAHAHA.
MI RENDO CONTO CHE POTREI AVERVI DELUSE, INFATTI MI SPIACE UN SACCO, MA SPERO COMUNQUE CHE CONTINUIATE A LEGGERE LA STORIA :) MI SPIACE SOPRATTUTTO CHE CI SONO UN SACCO DI ERRORI, L'HO RILETTA E ME NE SONO ACCORTA, APPENA POSSO L'AGGIUSTO.
SE RECENSITE MI FATE UN GROSSO FAVORE, PERCHE' RIPETO CHE HO BISOGNO DI SAPERE COSA NE PENSATE, SE VI PIACE, SE NON VI PIACE, COSA PENSATE CHE POSSA SUCCEDERE NEL PROSSIMO CAPITOLO, ECCETERA.
 
SPERO COMUNQUE CHE VI PIACCIA, MAGARI SIETE BRAVE A TROVARE IL LATO BELLO DELLE COSE BRUTTE HAHA CIAO :)
  
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