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Autore: saveme1D    07/06/2013    2 recensioni
Io e Harry eravamo, siamo migliori amici.
Più cresciamo e più le persone dicono che tra noi due c'è qualcosa, dicono che maschio e femmina non possono essere così amici senza amarsi.
Forse le persone hanno ragione.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Harry Styles
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Ti ricordi cosa stavamo facendo in questa foto?”
Si mise a ridere: “Certo, come potrei dimenticarlo? Avevi fatto una belle caduta!”
Continuava a ridere. “Ma cosa ridi, potevo farmi davvero male!” Non smetteva. Lo lasciai fare. La sua risata era fantastica, somigliava un po’ alle onde che si infrangono sugli scogli, o al vento che soffia fra gli alberi. E’ uno di quei suoni che senti tuoi, che in qualche modo fanno parte di te, come quando vai al mare, lo stesso dell’anno prima e dell’anno prima ancora e senti che quello è il tuo mare, lo riconosci, senti il rumore di quelle onde, che, se non fossero quelle, lo capiresti subito. E’ lo stesso per me: la sua risata è come la mia, quando lui ride, devo ridere anche io, perché è così contagiosa, è come un profumo che ti inonda e con la sua fragranza ti avvolge e ti fa sentire così libera, così felice. Io e lui siamo come una sola persona, siamo cresciuti insieme. Quando eravamo piccoli eravamo sempre insieme e la gente, come dice spesso mia madre, non capiva mai veramente cosa eravamo: fratelli, cugini, alcuni dicevo perfino gemelli. Eravamo, siamo migliori amici. Più cresciamo e più le persone dicono che tra noi due c’è qualcosa, dicono che un maschio e una femmina non possono essere così amici senza amarsi.
Forse le persone hanno ragione.

Stavo ridendo anche io e nemmeno me ne accorsi presa com’ero nelle mie riflessioni.
Tutto s’interruppe: “ Ma sono l’unico che ha fame in questa città? Sono già le sette e mezzo e mia madre non mi ha ancora preparato la cena!”
“A me sembra che quelle cose che tieni sulla pancia siano mani e che quelle poggiate in terra siano gambe! Oh, ma sai che secondo me sapresti camminare fino a casa e con quegli arti speciali che si muovono potresti prepararti un panino!”
“ Ehi buona idea piccolo genio! Vieni con me?”
“Si, ma solo se fai un panino pure a me.”
“D’accordo, ma sarà solo per questa volta!”
Gli diedi una piccola pacca sulla spalla e insieme ci alzammo per andare verso casa sua, che dal parco non distava molto.
Faceva freddo, la stagione autunnale stava arrivando e il vento pungente cominciava a soffiare più del solito.
Arrivammo a casa e all’interno c’era un caldo davvero accogliente e si sentiva anche profumo di cibo appena cucinato.
Conoscevo quella casa come le mie tasche e avrei potuto vagare di stanza in stanza con gli occhi chiusi.
Sua madre era in cucina e aveva appena sfornato una torta salata con delle patatine. Il mio stomaco si fece sentire. “Emma sei affamata!” mi disse sua madre.
Era una donna sulla cinquantina, molto gentile, premurosa ed era come se fosse una mia seconda madre, mi conosceva da quando ero piccola e mi aveva sempre trattato molto bene. Le volevo bene, anche se l’unica cosa che ci legava era il figlio, Harry.
“Harry, la fai venire a casa e non le offri niente da mangiare? E’ sempre il solito: sedici anni che vi conoscete e non è cambiato di una virgola!” disse guardandomi e sorridendomi.
“Sì, è sempre il solito piccolo Harry, che si mangiava tutte le caramelle senza offrirne nemmeno una alla sua migliore amica.” dissi, e io e sua madre ci mettemmo a ridere, mentre lui ci guardava indispettito.
“ Mamma siamo appena arrivati, facci almeno togliere i cappotti.”

Ci accomodammo a mangiare e sua madre ci offrì due porzioni abbondanti di torta salata e patate arrosto. Era tutto delizioso e me lo gustai fino all’ultimo boccone, ero davvero affamata, era dalla mattina che non mangiavo. Ringraziai e verso le nove tornai a casa. Harry mi accompagnò, non lo aveva mai fatto prima, ma diceva che era buio e che c’era brutto tempo. Camminammo per un po’ e ad un certo punto mi mise la sua giacca sulle spalle:”Non si sa mai, sei così piccola che magari questo vento ti porta via.”
Probabilmente lo avevo guardato con una faccia strana perché mi disse:”Guarda che era una battuta!”
Ci tenemmo circa dieci minuti per arrivare a casa e quando stavo per entrare, mi fermò afferrandomi per la mano, me la strinse, ma con delicatezza, sembrava volesse dirmi qualcosa, ma restammo lì, in silenzio per circa un minuto. Non capivo. Perché si stava comportando così? Non lo aveva mai fatto prima, era così serio e i suoi occhi erano così vuoti, profondi, scuri nonostante fossero di un verde brillante. Non lo avevo mai visto così, era turbato, quasi sembrava che mi guardasse come se non mi conoscesse o come se dovesse dirmi addio per sempre.
Poco dopo mia madre venì ad aprirmi e ci vide così, assorti e taciturni, forse per la prima volta: “Emma, Harry, state bene?” Ci riprendemmo da quella specie di ipnosi: “Mamma ma che domande fai?” dissi un po’ imbarazzata, “Certo che stiamo bene!”
Ci salutammo ma, per la prima volta in sedici anni, mi sembrammo soltanto due conoscenti, quasi sconosciuti.
“Ehi, ma cosa stava succedendo là fuori?” mi disse mia madre. Non avevo voglia di parlarne, così gli dissi che non era niente e andai in camera mia, mi sdraiai sul letto e mi misi a pensare.
  
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