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Autore: ELLEcrz    07/06/2013    7 recensioni
Klaroline is THE way!
Gli occhi di Caroline non guardano più Klaus allo stesso modo, questo la spaventa, la confonde, la cambia. La cambia ma non la rende diversa da Klaus.
“Noi siamo uguali, Caroline” [Cit. Klaus]
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PERICOLO SPOILER EPISODIO 4x22
('He s' invece che 'He's' è un errore, nelle parole di Brad Pitt, 'Inevitable')

He s a weakness


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Era passato un solo giorno da quando avevo creduto di aver perso tutto. Perdere mia madre sarebbe stato come perdere tutto. Sarei rimasta sola, sola con un eternità davanti.
Per fortuna era ancora qui, insieme a me, cercando di sopravvivere in un mondo che sempre più la terrorizzava, quel mondo di cui io facevo parte.
Terrorizzava lei quanto me, ero costretta continuamente a guardarmi le spalle e diffidare sempre di chi mi stava davanti, ora più che mai.
Mi sono sempre ritenuta una ragazza forte e coraggiosa, affrontavo le avversità a testa alta, senza paura, con decisione, ma ogni mia certezza era miseramente crollata.
Silas era riuscito ad entrarmi nella testa senza la minima fatica, riuscendo a confondermi con Klaus, ero fuggita in preda al panico, non ero riuscita a proteggere mia madre e a malapena a salvarla.
La abbracciavo, grata che fosse ancora con me, prima di lasciare il soggiorno ed uscire di casa.
Cosa c'era da salvare di quella giornata catastrofica? Elena era tornata. O meglio, una parte di lei.
Aveva sì riacceso le sue emozioni ma aveva concentrato ogni sua terminazione nervosa sull'odio che provava nei confronti di Katherine, nel desiderio di ucciderla, nel desiderio di vendetta. Non era, perciò, tornata realmente.

Al Grill, era lì che la stavo aspettando, accomodata ad uno dei tavoli all'esterno- Quel pomeriggio primaverile, se pur soleggiato, era mite e leggermente ventoso. Nell'attesa, estrassi il blocco di buste e francobolli dalla borsa, posizionandoli tatticamente sul tavolino, preparandomi psicologicamente a compilare un numero infinito di lettere.
«Quante sono? 200? 300?» mi chiese Matt divertito, avvicinandosi al mio tavolo.
Mi voltai in sua direzione con sguardo solenne «Su per giù, direi di sì!» pronunciai altezzosa «In qualche modo dovrò pur pagarmelo il college» continuai prima che entrambi scoppiassimo a ridere.
«Io invece rimarrò qui a servire i tavoli del Grill» aggiunse in tono ironico e malinconico allo stesso tempo.
Non ebbi il tempo di ribattere perchè Elena sopraggiunse in quel preciso istante con un timido «Ehi»
«Elena» pronunciammo all'unisono io e Matt.
L'imbarazzo era comprensibile, qualche giorno prima aveva pur sempre cercato di uccidere entrambi, di certo non le avremmo potuto portare rancore per questo, consapevoli non fosse realmente 'lei'.
Ci scambiammo qualche sguardo prima di riuscire a spezzare il ghiaccio.
«Sarà meglio iniziare a scrivere questi maledetti inviti, sono un'infinità ed, ok che ho l'eternità davanti ma ci terrei a spedirli prima di diplomarmi» scherzai riuscendo a strappare un sorriso ai miei interlocutori.
Elena si accomodò sulla sedia di fronte alla mia.
«Se avete bisogno di qualcosa, fate un cenno» ci invitò Matt prima di rientrare dentro il locale.
Le passai alcune lettere, insieme a francobolli e penna, sicura che di suo non li avrebbe portati. Piombammo così in un silenzio pesante. Mi concentrai sui miei indirizzi controllandola con la coda dell'occhio, traspariva perfettamente quanto svogliata fosse. Stava staccando il suo primo francobollo quando io ne avevo ormai incollati una decina, concludendo il primo gruppo di parenti ed amici.
«Francobollo, per piacere» le chiesi.
Me lo porse trattenendo probabilmente un sospiro ed iniziando finalmente a parlare.
«Non devi fingere di essere gentile con me, Caroline. So che è solo un piano per farmi distrarre»
Alzai lo sguardo su di lei, prestandole attenzione. Chiuse la penna che le avevo dato, riponendola sul tavolino.
«Hai finito?» chiesi stupita «Sono solo al mio secondo gruppo» guardai la decina di lettere già compilate sul tavolo.
«Abbiamo amici di famiglia a Denver.» mi spiegò mostrandomi la lettera «a parte loro, a nessuno importa del mio diploma e ad essere onesti, nemmeno a me.» abbassò lo sguardo, quasi stanca.
«Sai, ti senti così adesso» replicai subito io cercando di convincerla «ma una volta che avrai superato questa fase di odio per Katherine..»
«Aspetta!» interruppe il mio flusso di parole «Sai dove si trova Katherine?» mi chiese con sguardo indagatore, più attenta alle mie parole che mai in quel pomeriggio.
«No, perchè dovrei saperlo?» non avrei dovuto tirare in ballo Katherine.
«Si ma Caroline, se lo sapessi me lo diresti, vero?» continuò ansiosa.
«Elena, sei ossessionata» le risposi sospirando annoiata e pronta a tornare sui miei inviti.
«Caroline, ascoltami» mi afferrò con forza la mano sorprendendomi. «Se sai dove si trova, devi dirmelo» mi ordinò agitata.
«Non lo so» allontanai la mia mano, liberandola dalla sua presa «Elena..» mi guardai intorno, cercando la calma «rilassati.»
Ci guardammo per alcuni secondi dritte negli occhi cercando di ristabilire un po' di calma. Per i minuti a seguire nessuna delle due proferì parola. Avevo ripreso il ritmo nello scrivere gli inviti mentre lei si guardava intorno, seccata.
«Io entro» mi avvertì alzandosi di scatto.
Non dissi nulla e continuai il mio lavoro senza distrarmi ulteriormente. Avrei potuto risparmiare tempo facendo stampare gli inviti ma scritti a mano facevano tutt'altra figura, erano più raffinati e curati
I prossimi sulla lista erano gli zii della Louisiana. Bob e Mary. Scrissi i loro nomi nella calligrafia curata che possedevo, a seguire, il loro indirizzo.

804 South Jahncke Avanue, Covington

Convington, lago Pontchartrain, sponda opposta: New Orleans. Klaus. Non potei controllare la mia mente. Non fu solo il collegamento tra le due città, distanti diverse miglia, a lasciarmi interdetta, quanto più il pensiero che ne seguì.
Se avessi spedito un invito a Klaus?
Mi guardai intorno, imbarazzata, come se qualcuno avesse potuto sentire i miei pensieri, come se qualcuno, puntando il suo sguardo su di me, potesse giudicare quel desiderio improprio che era nato nella mia mente.
Forse ero addirittura arrossita.
L'idea di quell'invito mi metteva a disagio perchè, in qualche modo, era proibito. Come potevo rinvitare il lupo cattivo in città?
Eppure quella parte di me che lo desiderava qui a festeggiare, in quel giorno speciale per me, prevaleva su quella razionale. L'idea di riaverlo qui mi dava un inquietante senso di completezza, come se la sua assenza non avrebbe reso il diploma perfetto come avrei desiderato che fosse.
L'unico problema? Sapevo si trovasse a New Orleans ma non avevo né indirizzo, né alcun modo per rintracciarlo.
Sbuffai, rilassandomi sullo schienale della sedia.
Abbandonando questi pensieri mi guardai nuovamente attorno, senza puntare lo sguardo su qualcosa in particolare. Guardai le persone sedute agli altri tavoli che chiacchieravano amabilmente o leggevano davanti una tazza di caffè, le ragazze che attraversarono la strada con in mano buste di diversi negozi, la coppia di anziani seduta sulla panchina all'aldilà del parco che discuteva su chissà quale argomento. L'enfasi nella gestualità della donna mi incuriosì perciò affinai l'udito e la vista per poter seguire la loro lite ma non appena li misi perfettamente a fuoco, riconobbi una figura alle loro spalle che puntava lo sguardo su di me.
Klaus?
Stava sorridendo, divertito come sempre.
Un colpo di vento improvviso fece volare via un paio dei miei inviti, dovetti controllarmi per non recuperarli ad una velocità che non sarebbe di certo passata inosservata. Quando puntai nuovamente lo sguardo sul parco, la figura era scomparsa.
Scossi la testa, sicura che fosse solo uno scherzo della mia mente, Silas o non Silas, mi era già capitato in passato di vederlo dove in realtà lui non si trovava.
Sorrisi di me stessa.
Raggruppai gli inviti che erano rimasti sul tavolo, decisa ad entrare al Grill e continuare dentro la stesura degli indirizzi, dato che ormai il sole iniziava a calare.
Il locale era abbastanza affollato, come era solito in pomeriggi come quello. Dopo aver visto Elena intenta a recuperare le freccette, mi diressi verso il bancone dove trovai un cliente indesiderato che si intratteneva con Matt. La presenza di Rebekah non mi sorprendeva affatto.
«Matt» mi annunciai sorridendogli «Rebekah» pronunciai il suo nome con meno enfasi.
«E buon pomeriggio anche a te Caroline» ribatté lei.
Non le badai e, poggiata la borsa sul bancone, ne versai il contenuto. Me ne mancavano ormai solo un paio, grazie al cielo, perchè ero davvero estenuata.
Non potei non notare lo sguardo che Rebekah rivolse agli inviti.
«Qualche problema?» le chiesi mentre trascrivevo un indirizzo.
«Mi stavo solo domandando, se avessi un innato spirito familiare o solo bisogno di un ingente quantità di soldi» il suo tono era ironico. 
«O ti sorprende solamente che io, a differenza tua, abbia qualcuno da invitare?» la guardi sorridendole ironicamente quanto lo era stato il suo tono poco prima.
La mia replica era al quanto scontata ma rimase interdetta ugualmente per una frazione di secondo.
«Non ti scordare l'invito per mio fratello allora, 2681 Coliseum Street, nel caso te lo stessi chiedendo e volessi anche lui qui» lo sguardo indagatore e malizioso che ne seguì mi stupì. «di certo io non lo voglio rivedere per i prossimi secoli.» fortunatamente spostò il discorso su di lei.
Il suo era di certo un commento acido nei miei confronti, quanto in quelli del fratello. Mi infastidiva che ogni tipo di connessione che ci fosse tra me e Klaus venisse anche solo menzionata dagli altri. Nessuno aveva il diritto di parlarne, perchè non c'era nulla da dire e specialmente, non sapevano realmente nulla.
Non seguirono parole mentre compilai gli ultimi inviti. Matt dietro al bancone continuò a servire drink e Rebekah, non so esattamente perchè rimanesse lì.
«E fine» sospirai soddisfatta.
«Finalmente» sussurrò lei.
Doveva sempre e comunque parlare.
Mi voltai leggermente sullo sgabello rivolgendomi al locale che si era affollato ancor di più. Osservando due ragazzi entrare riuscii a scorgere quello che stava succedendo fuori. La sera era ormai calata ed una specie di bufera si era scatenata, dato il movimento agitato delle foglie colpite dal vento.
«Dovrebbe piovere stasera?» chiesi spontaneamente.
«Ti sempre una meteorologa?» commentò lei annoiata.
La guardai, chinando leggermente la testa. Divertente!
Sospirai e lo sguardo mi cadde oltre Rebekah. Elena era ancora alle prese con le freccette.
«Qualcuno deve fare qualcosa, prima che esploda» mi rivolsi ad entrambi, preoccupata.
Tratteneva ogni tipo di emozione e la sua ossessione per Katherine la rendeva folle.
«Ci penso io» Rebekah saltò giù dallo sgabello, lasciando sia me che Matt di stucco.
Non ebbi il tempo di replicare, afferrò una bottiglia da dietro il bancone ed un bicchiere da shot. Non ci restò che seguire la scena da lontano.
«Che intenzioni ha?» chiesi a Matt ancora sconcertata.
«Chi può saperlo.»
Rebekah era infinitamente insopportabile, non l'avevo tollerata dal primo istante in cui l'avevo vista, e non solo per il fatto che ha cercato di ucciderci tutti fin da subito, ma per i suoi modi di fare, come questa ricerca di redenzione nei confronti di Matt, se però poteva tornarci utile, meglio per noi, le ero grata.
«Senti, Rebekah, ho capito che abbiamo avuto una fase stile Thelma e Louise quando le mie emozioni erano spente, ma lascia che chiarisca una cosa: non siamo amiche» Il tentativo di Rebekah non sembrava essere andato a buon fine.
Mi alzai dallo sgabello, raggiungendole.
«E noi, invece?» mi intromisi nel loro discorso «Siamo ancora amiche?» il suo comportamento era indecifrabile. «Tutte le cose che hai detto quando le tue emozioni erano spente, è davvero così che ti senti?» magari non aveva semplicemente il coraggio di ammetterlo.
«Caroline, non ho davvero voglia di fare un viaggio tra i ricordi» non era una risposta, e io ne pretendevo una.
«Beh, ma quando hai detto, e ti cito, 'sei un mostro ripugnante, succhiasangue e maniaco del controllo', pensi davvero quelle cose?» volevo solamente la verità.
Seguì una breve pausa durante la quale ponderò le parole che seguirono.
«Se stai aspettando delle scuse, non ne avrai» non era un no, anzi. Abbassai lo sguardo. «Non posso permettermi di sentirmi male, perchè se mi sento male, allora sento tutto e.. abbiamo visto tutti come gestisco la cosa» poteva nascondersi dietro questa scusa ora, ma non poteva continuare così per sempre.
All'improvviso le luci del locale si spensero e piombammo nell'oscurità.
«Ma che diavolo...» sbuffò Elena ormai alle mie spalle.
Vidi Matt dirigersi verso l'uscita, perciò lo seguii e lo stesso fece Rebekah. Non appena aprimmo la porta la forza del vento ci colpì. Era una vera tormenta, come se da un momento all'altro un tornado dovesse scatenarsi sulla città. Foglie, giornali, fogli, ogni cosa abbastanza leggera perchè venisse alzata ad almeno un metro da terra dal vento ora si trovava in aria. Era incredibile.
«La corrente è spenta ovunque» fece notare Rebekah.
«Chiamo mia mamma, magari sa cosa sta succedendo!!» Urlai perchè riuscissero a sentirmi. Estratto il cellulare rientrai aspettando risposta. Il locale era ormai quasi deserto.
Dopo un paio di squilli, rispose «Mamma, che sta succedendo?» non le lasciai il tempo di parlare.
«Tesoro, Stefan e Damon vi stanno raggiungendo. Si tratta di Silas» pronunciò quel nome con terrore mentre un brivido percorse la mia schiena. «Ti spiegheranno tutto loro.»
Riemersi dal mio stato di mutismo, sconvolta per la notizia ricevuta. «D'accordo.» pensai al peggio «Ti voglio bene, mamma.»
«Anch'io tesoro. Ci vediamo più tardi a casa quando quest'inferno sarà finito» mi rassicurò.
«Sì» risposi semplicemente prima di sentirla riattaccare.
Abbassai il telefono ed iniziai ad agitarmi. Il velo stava per cadere, un vero inferno si sarebbe scatenato.
Matt e Rebekah rientrarono. «Allora?» domandò lui.
«Non sono riuscita a sapere molto, vi basti sapere che si tratta di Silas. Il velo sta per cadere.»
Si scambiarono uno sguardo preoccupato e sconvolto.
«Cosa possiamo fare?» chiese Rebekah in torno allarmato.
«Damon e Stefan stanno arrivando e sapranno dirci qualcosa in più.» non sapevo nient'altro. Mi guardai intorno. «Matt dobbiamo fare un po' di luce» dovevo tenermi impegnata con qualcosa.
«D'accordo. Vado a prendere delle candele, tu controlla in magazzino, dovrebbero esserci delle torce»
«Ok» riposi secca cercando di calmarmi e dirigendoi verso il magazzino.
Le abilità da vampiro mi permettevano di poter vedere discretamente anche al buio. Controllai ogni scaffale sino a trovarne un paio nell'ultimo. Provai ad accenderne una, non funzionava.
«Forza!» Le diedi un paio di colpetti agitata, quando finalmente si accese riuscii in parte a rilassarmi anch'io.
Alzai lo sguardo seguendo il fascio luminoso. Quando notai che stava illuminando dei piedi sobbalzai ed un leggero grido uscì involontario dalle mie labbra. La pila mi cadde a terra. La riafferrai e terrorizzata ne alzai la luce sino ad illuminare il viso della persona che si trovava ad un paio di metri da me. Conoscevo quel cappotto e conoscevo ancora meglio quel viso.
«Klaus?» mugolii.
Lui crucciò il viso «Mmmh..Quasi» replicò.
«Silas» sussurrai flebile.
«Piacere di rivederti, Caroline» Mi portai le mani alla testa stringendo gli occhi, d'istinto, i battiti del mio cuore, come i respiri, accelerarono il loro normale ritmo.
«Non è così semplice sbarazzarsi di me» pronunciò in un sussurrò al mio orecchio, con quella voce seducente che non gli apparteneva. Quell'improvvisa vicinanza mi fece scattare all'indietro e urtare lo scaffale.
Tremante riportai la mani lungo i fianchi e cercai un po' del mio coraggio. «Cosa vuoi da me?» gli lanciai uno sguardo pieno di rabbia.
«Da te, tesoro? Assolutamente nulla»
«Non saresti qui, con tutto quello che sta succedendo là fuori, se non ti servisse qualcosa» gli feci notare. Un velo di sicurezza traspariva dal tono della mia voce.
«Be', è per questo che mi piaci» il tono e lo sguardo che mi rivolse pronunciando quelle parole mi invasero, confusero, come in un Dèjà vu.


«Giusto per essere chiari, sono troppo furba per farmi sedurre da te»
Quella panchina, la luna piena sopra le nostre teste, la sua sfida a prova a conoscerlo.
«Be', è per questo che mi piaci»


Mi stava facendo rivivere quel momento. «Esci dalla mia testa» gli ordinai, stringendo gli occhi e cercando di evadere da quei pensieri.


«Perchè mi sono ritrovata a sperare di poter scordare le cose orribili che hai fatto» la gola secca, le forze che mi abbandonavano man mano che il suo veleno si diffondeva.
«Ma non ci riesci. Puoi farlo?» quella flebile speranza nella sua voce.
Il coraggio che non ebbi nel rispondere di sì a quella domanda, sì potevo dimenticare ma non potevo dirglielo, non ne ero in grado.


Riaprii gli occhi e lui era ancora davanti a me. Sorridente e vittorioso.


«E perchè l'hai conservato?» il disegno regalatomi da Klaus, stretto tra le mani di Tyler.
«Non lo so» era la risposta secca che gli avevo fornito.


«Lo sapevi benissimo invece» di nuovo mi sussurrò all'orecchio. «Nel profondo del tuo cuore, lo sapevi il perchè, ma avevi paura ad ammetterlo, persino il solo pensiero ti spaventava»
«Tu non sai niente» gli urlai contro.
«Vedi Caroline, è tutto qui nella tua testa»


«Non sottovalutare il fascino dell'oscurità, Stefan. Anche i cuori più puri ne sono attratti»


Le sensazioni provate quando Klaus pronunciò quelle parole rivivevano ora in me, come se fossi di nuovo lì.
«Smettila.» sussurrai «perchè mi stai facendo questo?»


«Perchè sono un puro perfido e non posso resistere»
«No. È perchè sei ferito.»


«Basta» caddi in ginocchio, sconfitta.


«Sono esattamente dove voglio essere» afferravo il braccio di Klaus, sotto il sole di New Orleans.


«Ti fa soffrire?» mi domandò piegandosi sulle ginocchia e portando il viso alla stessa altezza del mio. «Perchè Klaus è una tua debolezza.»
Scossi la testa in segno di dissenso, non avevo la forza per replicare avendo sprecato ogni briciolo di energia cercando di liberare la mia mente dalla sua presenza.
«Caroline?» mi richiamò in tono accusatorio «lo sai.»
Non volevo che mi privasse di quelli che erano i miei segreti più personali.
Trattenni il respiro cercando di frenare la lacrima che rigò il mio viso. Avevo paura, mi sentivo indifesa, costretta a subire senza potermi ribellare chissà quale destino mi aspettasse. Sbattei la nuca contro lo scaffale alle mie spalle, facendo rovesciare a terra una scatola di arnesi.
Ero completamente impotente.
«Elena non aveva ragione. Non era lui che prendevi in giro, ma te stessa.» Non avevo nulla per cui replicare, la risposta la sapevamo entrambi.
«Ti piace il modo in cui ti fa sentire, non è così?» mi stava aprendo gli occhi su cose che già sapevo, che temevo e tenevo nascoste.
«Ti fa sentire forte, sicura di te, desiderabile» 'completa' sussurrai nella mia mente.
«Che interesse hai a mostrarmi tutto questo?» l'odio nei suoi confronti era palpabile mentre pronunciavo quelle parole.
«Mi piace semplicemente sfruttare le debolezze delle persone, dimostrare loro che non possono nulla.» ci pensò su «e per noia. Sono rimasto bloccato per 2000 anni, dovevo pur trovarlo un modo per passare il tempo.» afferrò una ciocca dei miei capelli. «e mi servivi. Tutto questo è solo un perditempo.»
Un rumore sembrò distrarlo, facendolo voltare verso la porta per una frazione di secondo.
Ripuntò i suoi occhi sui miei. «Ora devo andare, tesoro» raccolse da terra un coltellino estraendone la lama, lo avvicinò al mio polso e con un colpo secco mi tagliò. Me lo consegnò poi, poggiandone l'impugnatura sul palmo della mia mano «Continua a tagliarti» mi ordinò e quelle furono le ultime parole che percepii prima che ogni cosa piombasse nell'oscurità.
Venni avvolta come da una fitta nebbia. Attorno a me non esisteva più nulla. C'ero solo io, ed il coltellino che stringevo nella mano destra.
L'unica cosa che potessi fare? Continuare a tagliarmi.

Devo continuare a tagliarmi.

Devo continuare a tagliarmi.

Devo continuare a tagliarmi.




Una luce mi colpì, rischiarando la nebbia. Seguii con lo sguardo quella luce continuando imperterrita a tagliarmi.

«Caroline, perchè sei ancora qui..» non riconobbi quella voce che mi giunse ovattata e flebile.
«Devo continuare a tagliarmi.» risposi a chiunque fosse.
«Caroline!» la voce era più vicina ed acuta.
«Smettila Caroline!» iniziò a strattonarmi.
«Devo continuare a tagliarmi.»
«Smettila!» era una donna, credo.
Mi sollevò da terra, o almeno quella fu la sensazione, trascinandomi in un posto più luminoso, dove la nebbia venne solo in parte, impercettibilmente, dissolta.
«Oddio, Caroline» un'altra voce si aggiunse alla prima, più profonda, probabilmente maschile. Non potevo concentrarmi su di loro. Dovevo continuare a tagliarmi.
«Avvisa Damon che quella con loro non è Caroline ma Silas»
Mi face sedere nuovamente.
«Caroline, ehi, reagisci!» aveva preso la mia testa fra le sue mani.
«Ho bisogno di sanguinare» era l'unico sollievo che potessi trovare. Dovevo sanguinare, dovevo continuare a tagliarmi. Era l'unica cosa che sapessi fare. L'unica cosa che dovevo fare. «Silas vuole che io sanguini»
«Basta. Stai avendo delle allucinazioni» non capivo le sue parole.
Intravidi una lama poco lontana da me, mi lanciai di peso in sua direzione. «Lasciamelo fare. Ho bisogno di farlo»
«Ti taglierai via le mani!» non mi interessava. Cercai di usare tutta la mia forza per raggiungere quella lama, mi sentivo persa. Avevo bisogno di tagliarmi.
«Lasciami andare!» urlai.
«Hai provato a soggiogarla?» era ricomparsa la voce maschile mentre io cercavo di divincolarmi da qualsiasi cosa mi stesse trattenendo.
«Non posso. Ha bevuto verbena»
«Lasciami andare!» soffocavo, dovevo raggiungere quelle forbici.
«Ascolta, Caroline, ti stai per diplomare e lo zio Bob e la zia Mary vogliono davvero che tu lo faccia con entrambe le tue mani» avevo raggiunto il limite.
«Devo continuare a tagliarmi» mi rivolsi alla fonte della voce.
«Devo continuare a tagliarmi» la supplicai
«Devo continuare a tagliarmi» ripetei disperata.
«Basta!» urlò strattonandomi, alzandomi e colpendomi al viso, in piena guancia.


La nebbia si dissolse completamente in una frazione di secondo. Mi portai le mani alla testa socchiudendo gli occhi, confusa e furiosa.
Spalancai gli occhi riconoscendo finalmente di chi fosse quella voce femminile, chi mi aveva appena dato uno schiaffo, Rebekah.
«Stronza!» sputai adirata.
«Questa è la Caroline che conosco e detesto.»
Abbassai lo sguardo, cercando una spiegazione, persa.
Sollevai leggermente le mie mani insanguinate, sussultando. Cos'avevo fatto?
«Caroline.» sussurrò Matt alle mie spalle. Mi voltai verso di lui senza scostare lo sguardo dalle mani. «Caroline, va tutto bene. Ora stai bene» cercò di rassicurarmi.
«Devo...» sospirai lo guardia negli occhi vacua «Devo lavarmi i polsi» affermai ancora sconcertata.
Afferrai una candela e raggiunsi il bagno. Aprii il rubinetto e lasciai i polsi sotto l'acqua corrente, in qualche modo, l'acqua calda riuscì a rilassarmi.
Feci lunghi respiri, riequilibrando respirazione e battiti cardiaci. La parte fisica sarebbe stata più semplice rispetto a quella psicologica che mi aspettava.
Silas si era completamente preso gioco di me. Sfruttando la mia debolezza. La mia debolezza? Si, Klaus lo era. Era inevitabile ripensare a tutte le cose che mi aveva detto, i ricordi che aveva fatto riemergere, le paure ed i segreti che avevo nascosto a tutti, e sopratutto a me stessa.
Feci un altro lungo respiro.
Chiusi il rubinetto ed asciugai le mani nell'asciugamano pulito preso sotto al lavandino.
Alzai lo sguardo sul riflesso del mio volto allo specchio. Era a dir poco stravolto. Mi sciacquai anche il viso, cancellando ogni segno di quello che era successo.
Inspirai ed uscii dal bagno.
«Ehi» Matt mi stava aspettando appoggiato al muro. «Tutto a posto?» mi chiese dolcemente, con quel tono amorevole che era solito usare.
«Si, grazie Matt»
«Non è me che dovresti ringraziare» puntualizzò ironico.
Entrambi ci voltammo a guardare Rebekah che dall'altra parte del locale stava sistemando il piccolo disastro che dovevo aver causato.
Mi avvicinai sollevando lo sgabello al bancone.
«Ehi» sussurrò lei guardandomi.
«Ti...» schiarii la voce «Ti volevo ringraziare, Rebekah» pronunciai sincera ed imbarazzata.
«Non c'è di che» segui un breve momento impacciato «Era da un po' che volevo farlo, a dire il vero.» aggiunse ed entrambe non trattenemmo una risata.
«Cercherò di ricambiare il favore se si presenterà l'occasione.»
A seguire, tutti e tre, piombammo in un silenzio statico, agitati ma silenziosi, ansiosi di ricevere notizie. Non potevamo fare altro che aspettare.
Ero agitata ed ancora scossa per quello che era successo, desideravo non ripensarci, ma era inevitabile. Mi sedetti su uno degli sgabelli del bancone, accanto alla mia borsa. Raccolsi gli inviti che erano ancora sparsi sul piano bar, un paio erano rimasti immacolati. Ne afferrai uno e rimasi a guardarlo, rigirandolo tra le mani, la carta ruvida sfiorava la mia dita, mentre me lo passavo da una mano all'altra.
L'ultima volta Silas mi aveva conficcato un paletto di legno dritto al cuore ma quello che era successo oggi mi aveva spaventato molto di più. Forse perchè avevo già avuto modo di tremare al solo suono del suo nome, dopo aver conosciuto quello che era in grado di fare, forse perchè mi aveva spogliato di ogni mio segreto, mettendomi difronte a quella mia segreta paura, tutto questo nella costante minaccia di rimanere ferita fisicamente e non solo psicologicamente.
Klaus. Da quando era diventato una mia debolezza? Come poteva esserlo diventato? Lo ero stata io per lui, o almeno era per questo che usavano sempre me per distrarlo, sfruttavano quell'inclinazione che lui sembrava provare nei miei confronti. Ma lui. Lui non poteva essere una mia debolezza. Era stato lui stesso, in qualche modo, ad insegnarmi ad essere forte, era anche per merito suo che mi sentivo coraggiosa e capace di fronteggiare il mondo. Era una mia debolezza perchè era una mia insicurezza.
Sì, mi sentivo insicura perchè ogni cosa che lo riguardasse la nascondevo. Non volevo pensarci. Non doveva nemmeno esistere.
Non c'era ragione, motivo, azione al mondo che avrebbe dovuto portarmi ad avere un'inclinazione nei suoi confronti. Nessuna!
Accartocciai con una mano il foglio di carta.
Era difficile nascondere questi pensieri quando rimanevo sola, quando ero costretta a pensarci. Quando la sua assenza mi aveva messo di fronte al malsano significato che la sua presenza qui avesse per me.
Perchè era sbagliato, per un milioni di motivi.
Era sbagliata, spaventosa e pericolosa quella sensazione di nostalgia che provavo.
Non poteva mancarmi, non doveva.
Mi ero sforzata con tutte le mie forze di sopprimere queste emozioni, ma come potevo quindi criticare Elena. Io ero la prima a concentrare ogni mia fibra nervosa ed impedirmi di provare quelle specifiche sensazioni. Di fatto, sarei esplosa anch'io prima o poi.
Basta!
Afferrai un'altro invito, stappai la penna e stesi quell'invito:


Klaus Mikaleson
Coliseum Street 2681,
New Orleans.


Presi un francobollo e lo attaccai all'angolo. Richiusi la penna ed infilai quest'invito insieme agli altri dentro la borsa. Diedi un colpo secco al bancone e mi alzai. Afferrai la borsa e mi diressi all'uscita.
«Dove stai andando?» mi domandò Matt.
«Devo spedire gli inviti per il diploma» risposi, come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
«Là fuori c'è la fine del mondo e tu pensi agli inviti?» mi domandò incredula Rebekah.
Un esercito di creature sovrannaturali assetate di vendetta si aggirava per la città e la mia preoccupazione era spedire degli stupidi inviti, tra cui quello per Klaus, per un'effimera cerimonia umana?
«Sì» risposi senza aggiungere altro, spalancando la porta.
Mi ero ripromessa che nulla mi avrebbe strappato questi preziosi momenti della mia umanità e così sarebbe stato, fine del mondo o non fine del mondo.
Il vento era scomparso, ora regnava un'inquietante calma piatta.
La buca per le lettere era poco distante dal Grill. Estrassi il pacco di inviti, abbassando il piccolo coperchio della fessura.
Infilai tutti gli inviti nella buca tranne quello di Klaus.
Iniziai a guardarlo, fissando quel nome, quell'indirizzo, quella città.
Ma che diavolo stavo facendo? Mi sentivo così sciocca. Cosa speravo di ottenere? O meglio, cosa volevo?
Probabilmente non avrebbe badato minimamente all'invito, probabilmente aveva ben altro a cui pensare a New Orleans, probabilmente, si era già dimenticato di me.
Non mi importava.
Infilai l'invito e richiusi la buca. Quel che era fatto era fatto!
Mi voltai soddisfatta diretta di nuovo al Grill senza aver alcun ripensamento.


Non feci in tempo a raggiungere la porta del locale che il cellulare nella borsa iniziò a squillare.
'Stefan.' Risposi immediatamente.
«Stefan. State tutti bene?» domandai subito preoccupata.
«È finita. Bonnie ha fatto tornare il corpo di Silas in pietra. Il velo è calato ed Elena è con Jeremy ora, è di nuovo Elena, la nostra Elena.» disse soddisfatto.
Sospirai sollevata e felice, immaginando Elena e Jeremy insieme in quel momento.
«E il corpo di Silas?»
«Ci stanno pensando Damon e Rick» il suono di quel nome mi causò un inevitabile tonfo al cuore.
«Rick» sussurrai.
«Sì, lui e Jeremy non sono però i soli ad essere tornati, ho appena dovuto seppellire il corpo di Kol in mezzo al bosco, e chissà chi altro c'è qui fuori.» L'immagine del corpo carbonizzato di Kol mi risalì alla mente. «Non ancora per molto. Bonnie sta rialzando il velo.»
Per quanto l'idea di trovarmi dinanzi ad un gruppo di sovrannaturali assassini potesse spaventarmi, il dolore per non avere l'opportunità di salutare né Jeremy né Rick era più intenso.
«Sarò lì tra qualche minuto.» mi avvisò e riattaccò.
Entrai al Grill con un sorriso smagliante che non sfoggiavo da giorni. Matt e Rebekah erano seduti ad un tavolo, li raggiunsi subito spiegando loro quanto Stefan mi avesse appena riferito.
Istintivamente io e Matt ci abbracciammo, felici.
«Ottimo. Visto che non c'è più alcun pericolo io me ne vado» avvisò Rebekah a suo modo felice e sollevata ma al tempo stesso in lieve imbarazzo.
«Grazie per la compagnia» intervenne Matt.
«E grazie per... Be' grazie» aggiunsi io.
«Certo.» ci rivolse un sorriso imbarazzato ma soddisfatto prima di lasciarci soli.
Abbracciai di nuovo Matt, troppo felice per il sollievo e la gioia che provavo.
Silas non era più una minaccia, eravamo vivi, stavamo tutti bene, Elena era tornata Elena.
«Sarà meglio iniziare chiudere» suggerì Matt, dirigendosi verso il retro del locale.
Proprio quando scomparve dalla mia vista, giunse Stefan che, con una strana aria sconfitta in volto, si sedette al primo tavolo.
Afferrai dal bancone una bottiglia e due bicchieri prima di raggiungerlo.
«Bene, sei qui» mi introdussi sedendomi al suo tavolo «Dobbiamo festeggiare»
«Beh, non sono proprio dell'umore per festeggiare» confessò.
«Che problema hai?» iniziai ad aprire la bottiglia «Silas è morto, o quello che è, e tu te ne stai seduto lì in stato vegetativo.» Cosa c'era che non andava? Lo fissai dritto negli occhi.
Sospirò.
«C'era qualcuno che pensavo avrei visto oggi, e non è successo. Tutto qui» fu sincero e profondamente malinconico.
'Lexi'. La sua migliore amica. La sua tristezza mi contagiò.
«Sarà meglio che tu non stia parlando di me» una voce femminile che non avevo mai sentito si aggiunse alla nostra conversazione.
Alzai lo sguardo, era dietro di lui.
Stefan mi guardò incredulo, cercando conferma leggendo la mia espressione.
«Non ci credo» si voltò e si sorrisero. L'abbraccio che segui fu così perfetto che mi commosse, il mio cuore si riempì di gioia nel vederli.
Non avevo mai avuto modo di conoscere Lexi ma sapevo che aveva salvato Stefan, più di una volta, e questo mi bastava per adorarla. Mi bastava per essere onorata quando Stefan mi aveva paragonata a lei.
«Grazie per averlo tenuto d'occhio questo qui» si rivolse a me.
Annuì con un cenno del capo, sorridendo.
Si allontanarono per trascorrere insieme quegli ultimi istanti prima che il velo fosse sollevato nuovamente e io di certo non volevo intromettermi in quel momento che doveva essere solo loro.
Ora anche Stefan era felice, ora era tutto perfetto.

Tutti stavano bene, io stavo bene.

Silas se n'era andato.
I miei segreti, i miei pensieri, le mie paure erano di nuove solo mie ma probabilmente non sarebbero più rimaste nascoste nel profondo del mio cuore, come prima. 




Spazio autore:

E FINALMENTE ecco il 4° capitolo. Spero davvero che l'attesa venga ripagata. Personalmente sono molto fiera di questo capitolo. Finalmente Caroline ha dovuto fare i conti con quello che prova per Klaus grazie al nostro amico Silas. :)
Ho come sempre seguito il telefilm e vi avviso che solo il prossimo capitolo seguirà interamente il telefilm poi questa storia avrà il suo vero e proprio inizio. 
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto, in particolar modo la scena tra Silas e Caroline che mi ha impegnato maggiormente e sulla quale ero meno convinta.
Vi chiedo scusa per questo ritardo ma queste due ultime settimane di scuola sono state davvero impegnative ed ora inizia la preparazione per gli esami ma avrò certamente più tempo a disposizione per il mio amato Klaroline.
Detto questo, ringrazio come sempre chi ha 
aggiunto la storia alle preferite, seguite, ricordate ed anche i lettori silenziosi.
Grazie a coloro che hanno recensito lo scorso capitolo:


Mery1992
TheOtherSalvatore
Elyxa85
Tv_dipendente
elyforgotten
Greta_Mrg
pillyA
Miss love94

Come saprete, le recensioni sono molto importanti, perciò grazie grazie grazie per aver impeganto un paio di minuti ed avermi scritto il vostro parere, via recensione ma anche via messaggio privato. Davvero GRAZIE.

Direi che è tutto Sweethearts, alla prossima,
Un bacio,

ELLEcrz.



ps: spero il capitolo non sia troppo lungo :P

  
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