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Autore: sandragili    07/06/2013    2 recensioni
Una delle città metropolitane più importanti d'Italia interamente vista da una meridionale in viaggio.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Milano sa di piscio e tossine. E' come una grossa sigaretta accesa, dappertutto si sente quell’odore pregnante di città industriale.
Sempre cupa, sempre grigia, io non vi trovo alcuna bellezza.
Passeggiando per il centro noto gente schiva, poco cordiale, nessuno sorride.   
Eppure tutto funziona magicamente a Milano. Ferma a piazza delle colonne posso sapere dalla pensilina del tram tra quanto passerà e se porta ritardo; posso raggiungere la periferia in meno di un’ora; posso scegliere un itinerario e portarlo a termine senza intoppi. Eppure nessuno ride. I negozi espongono perennemente promozioni e offerte imperdibili e competitive. Ho una vasta scelta: ci sono le maggiori catene di negozi in franchising, negozi di dischi, di quadri e chi più ne ha più ne metta. Entro nella galleria. Forse questo è lo scorcio di Milano che preferisco.
Guardo l’insegna del Campari e mi sembra di tornare sessant’anni addietro. I colori della galleria sono bellissimi, qualunque fotografo, anche quello più imbranato, potrebbe realizzare scatti fantastici con quei colori. Sfumano dal giallo al beige, sembrano svanire tra le ombre create dai lampioni e vengono enfatizzati in qualche punto dai chiaro scuri. Per il resto non mi piace nulla di Milano. Nessuno ride. Esco dalla galleria e mi reco in Via Montenapoleone. Sembra che qui la crisi non sia arrivata, Prada, Gucci, Burbery espongono manichini dai prezzi scioccanti. Eppure sono gli stores maggiormente affollati. Ma..nemmeno qui qualcuno ride. Forse è vero che i soldi non fanno la felicità allora. Continuando a passeggiare vedo il mio negozio preferito. Forse ci entrerò, forse guarderò da fuori qualche manichino. Decido di proseguire. Fa freddo, è Dicembre e fa maledettamente freddo. Per una siciliana doc come me il freddo è un grande ostacolo. Non c’è il tepore della mia cara isola, c’è un freddo che intorpidisce i sensi, penetra nelle ossa. Forse è per questo che nessuno ride. Hanno tutti il naso rosso rosso e fazzoletto alla mano. Cappelli, sciarpe, guanti annessi e connessi. Io giro con il mio cappottino nero che in Sicilia uso solo in condizioni estreme.
Quanto mi manca la mia città. Lì tutti ridono. Eppure i negozi sono vuoti.
Il tram non passa mai. Prada non c’è. La galleria sì. La galleria è tenuta male ma è molto simile a quella della mia terra natia.  Questo freddo mi ha fatto venire fame. Inizialmente avevo deciso di tornare a casa per immergere un pezzo enorme di pandoro nella cioccolata calda, come mi avrebbe fatto trovare mio padre sul tavolo della mia camera. Eppure decisi di dare fiducia a questa città così fumosa. Entro in un piccolo bar vicino al tram- che poi ogni bar è vicino al tram se si considera che il tram passa dappertutto-. Entro, chiedo un cappuccino e una brioche. Almeno, a casa avrei fatto così. Il cameriere, freddo ma gentile, arriva in un battibaleno. Mi porge educatamente il cappuccino e anche la cosiddetta “brioche”.
Guardo quel cornetto, per giunta piccolo e poco appetitoso. Penso abbia sbagliato l’ordine invece mi risponde che non conosce nessun dolciume rotondo col cappello.
Decisi di pagare e di tornare in Sicilia, qui non ride nessuno, nemmeno io di fronte ad una falsa brioche. 

  
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