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Autore: arabellas    07/06/2013    3 recensioni
"La distanza uccide ogni cosa.
I rapporti,la pazienza,le persone.
E ha ucciso,anche noi,anche me. "
dal quaderno di Harry,giorno 416.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quando Louis vide dalla piccola finestrella del bungalow il generale Kesington farsi strada verso il suo accampamento,seppe con certezza che quella giornata stava per finire male,o,presumibilmente,come lui aveva sperato non finisse.
Era maggio,l'aria afosa di Agadez era soffocante,persino per un londinese abituato a vivere nell'umidità di Londra. Cosa aveva fatto di sbagliato quel giorno? Assolutamente niente,aveva evitato un attentato nel centro della città, disinnescando una piccola bomba trovata sotto una panchina del parco pubblico,poi si era spostato nella base fuori i quartieri residenziali,seguendo le istruzioni alla lettera.
Ma quando il generale Kesington veniva a bussare alla tua porta,c'era da stare attenti. Louis pregò tutti gli dei di non aver fatto niente di male.
I capelli sudaticci e sporchi gli si incollarono sulla fronte,oscurandogli parzialmente la vista. Trasalì quando tre colpi appena accennati fecero tremare la porta - e le gambe di Louis! - che si alzò con una lentezza snervante per aprire la tanto odiata porta.
«Soldato! » esclamò Kesington portandosi la mano alla fronte nel classico segno di saluto militare.
«Signore.» rispose Louis,scattando sull'attenti.
«Riposo.» disse,facendo un piccolo cenno con la testa.
Il ragazzo rilassò le spalle,sempre rimanendo in tensione. Kesington metteva a disagio,ti faceva incrinare ogni singolo nervo. Sarà stata l'altezza e la mole esagerata,lo sguardo torvo e minaccioso,l'incredibile quantità di medaglie disseminate sul petto.
Non si sapeva molto su di lui,apparte che sua moglie era un generale come lui,morta circa 3 prima anni in una missione spionistica,ed il motivo per cui si era stabilito ad Agadez.
Dopo qualche secondo di silenzio,Louis si decise a parlare.
«A cosa devo la sua presenza qui,signore? » disse,la voce velata da evidente preoccupazione.
«Solo buone notizie,soldato.»
La mente del ragazzo cominciò ad affollarsi di domande. Era forse salito di grado? Impossibile. Aveva una nuova missione? Lo sperava. Odiava passare le giornate rinchiuso nel bungalow oppure perlustrare i confini. Perché in quei momenti era solo,e i pensieri volavano liberi,riportandolo a Londra dal suo Harry,facendogli immaginare di essere tra le lenzuola del loro letto,magari di prima mattina,quando lui si risvegliava tra le braccia del riccio,attaccato al suo petto,con i capelli scompigliati e le labbra rosse per i morsi,i baci appassionati della notte appena passata. Immaginava Harry che giocava con le punte dei suoi capelli,attorcigliandoseli tra le dita,e col suo sorriso tutte fossette che diceva "buongiorno amore mio". E in quei momenti si sentiva davvero solo,perché Harry era tutto ciò che aveva. Quel ragazzo aveva occupato ogni angolo della vita di Louis,riducendosi quasi ad essere l'uno dipendente dall'altro. E quando erano insieme si sentivano felici di questa dipendenza,ma quando si trovavano a centinaia di chilometri di distanza,li lacerava.
Kesington frugò nel marsupio legato saldamente alla sua vita,estrendone una busta.
« Congratulazioni soldato,sei sollevato dalla carica. Torna pure a Londra. » esclamò sorridendo e porgendo la busta a Louis,che la aprì tremando.
Aeroporto Nazionale Agadez - Aeroporto Londra centrale. Posto B1,seconda classe.
Strinse la mano al generale,che si congedò con un cenno della testa.
Appena fu sicuro di essere completamente solo,scoppiò a piangere. Felicità,paura,gioia e ansia si scaricarono in quel pianto.
Dopo mesi di sofferenza,solitudine,lontananza da Harry,stava per ritornare tutto esattamente come prima,solo lui e il suo ragazzo nella loro isola di felicità,nel loro piccolo angolo di paradiso.
Decise di non dire niente ad Harry,sarebbe stata una sorpresa.
E fu proprio questo l'errore di Louis,che infatti,fu inquieto per tutto il viaggio,dando la colpa della sua ansia al cambio d'orario,alla stanchezza,all'impazienza di rivedere la sua ragione di vita,il suo dio personale.
Atterrò nel primo pomeriggio,affrettandosi in tutto quello che faceva,dal ritirare i bagagli,alle carte di sbarco. Pregustava già il momento in cui le labbra del più piccolo avrebbero sfiorato le sue,lasciando tanti piccoli baci attorno alla bocca,per poi abbandonarsi al piacere delle loro lingue intrecciate. E magari avrebbero anche fatto l'amore,dopotutto erano mesi e mesi che Louis non si beava della vista del bel corpo di Harry.
Fluttuò tra le sensazioni che i ricordi del suo ragazzo gli procuravano,mentre correva verso le porte d'uscita dell'aeroporto,che in quel momento sembravano l'ingresso per il paradiso.
L'aria afosa e umidiccia della capitale inglese gli sferzò il viso,e si sentì finalmente a casa.
Il tragitto in taxi sembrò l'attesa più lunga della sua vita,mentre il tassametro aumentava i soldi della corsa,facendolo solo innervosire di più.
Louis intravide il suo quartiere ancora prima di arrivarci,e il suo cuore cominciò ad accellelare ad ogni curva.
Il giardino della signora Perks,l'officina di Mike,il negozio di tatuaggi di Josh,dove si erano fatti tatuare le più svariate cose,dedicandosele a vicenda. Cinque case dopo,il taxi si fermò.
Louis gettò letteralmente le banconote addosso al tassista,esclamando un «tenga il resto!» mentre correva,quasi pareva che volasse,verso la porta di casa.
Tutti i mesi che erano trascorsi sognandolo,tutto l'amore che era riuscito ad accumulare per quel ragazzo,tutte le certezze,tutti i progetti per il futuro che avevano fatto insieme, tutto quello su cui la vita di Louis di basava crollò appena aprì la porta di casa sua.
La prima cosa che notò furono i foglietti,tanti post-it attaccati alle pareti e sparsi nel corridoio. Lasciò cadere la valigia,chinandosi a raccoglierene uno.
Riconobbe la grafia di Harry, 'giorno 378' diceva. Ne raccolse un altro,stavolta con scritto 'giorno 456'.
Ce ne erano centinaia,in tutte le stanze del primo piano,tutti con lo stesso 'giorno' ma con numeri differenti.
Louis era totalmente sconcertato.
« Harry,Harry! » cominciò a chiamarlo. Buttò i post-it sul tavolo della cucina,correndo verso le scale. L'inquietudine si era intensificata,e gli stava totalmente spaccando la pancia in due.
La casa era un disastro,e di Harry neanche l'ombra.
Sembrava che nessuno ci entrasse da giorni,il profumo di Harry,quel dolce aroma di fiori tropicali che aveva insistito tanto per mettere in dei vasetti disseminati nelle varie stanze,svanito nel nulla.
Louis temeva il peggio,ma il peggio doveva ancora arrivare.
Piccole chiazze rosso scuro tempestavano gli scalini della seconda rampa di scale,mentre dal pianerottolo,una lunga scia dello stesso colore era ben visibile sul pavimento bianco.
La striscia a tratti si interrompeva,lasciando delle piccole gocce,che il ragazzo notò,ancora fresche.
Con l'indice sfiorò una delle macchioline,portandosi il dito al naso.
Sperò con tutto se stesso di sentire il classico odore della vernice,con cui era solito pitturare il tetto del bungalow alla base,invece fu totalmente diverso.
Sangue.
In quel momento,le forze sembrarono abbandonarlo,tanto che dovette aggrapparsi allo stipite di una porta per non collassare a terra.
« Harry...» sussurrò,in preda ad un capogiro. Si appellò a tutta la sua forza di volontà per non svenire,e continuò il giro della casa,camminando lentamente,appoggiandosi ad ogni mobile o muro per non precipitare.
La sua mente non era capace di formulare pensieri coerenti,offuscata com'era dal senso di nausea che minacciava di farlo vomitare da un da un minuto all'altro.
La scia continuava verso il bagno,e Louis la seguì, essendo l'unica certezza che aveva in quel momento.
Si interrompeva nel bagno,dove sull'uscio della porta era distesa una lunga asciugamano bianca,macchiata di sangue anch'essa.
Di Harry nessuna traccia.
Pensava di essere in un film horror,e forse ne sarebbe stato più contento.
Notò con orrore che la vasca era piena,quasi colma fino all'orlo,di un liquido arancione.
Non vide più niente,solo si accasciò a terra e vomitò,vomitò anche l'anima.
Si sentiva...no,anzi,non si sentiva,non aveva emozioni.
Non aveva la più pallida idea di ciò che stesse succedendo,non sapeva dove fosse l'unica ragione della sua esistenza,temeva il peggio.
Rimase lì per quelle che sembravano ore,ma potevano essere anche secondi o minuti,tanto che aveva perso la cognizione del tempo.
Principalmente pensava a Harry,cercava di imprimerlo nella sua testa,pensava alle sue labbra morbide, ai suoi occhi verdi che sembravano volergli leggere anche l'anima,pensava alla sua voce che intonava la loro canzone preferita,quella che gli aveva dedicato,che ora sembrava così vicina,come se lui fosse distante solo qualche metro.
La sua voce...continuava a sentirla nelle orecchie,i versi si succedevano.
La sua voce. Ma era diversa dal solito. Quasi stesse cantando a fatica,come se gli mancasse l'aria.
Quella voce.
E poi Louis ne fu sicuro,non stava immaginando niente.
Harry stava cantando.
E Louis ritrovò la forza di alzarsi in piedi e correre su per le scale che davano l'accesso al tetto.
Un sorriso gli comparve sul volto quando notò che avvicinandosi la voce si faceva più forte.
Cadde,si rialzò,e continuò a correre.
Si buttò sul portone,spalancandolo,col fiato corto.
Una pioggerella calda lo investì in pieno,mentre cercava Harry con lo sguardo.
Al posto del suo ragazzo,c'era un bambino,seduto,che gli dava le spalle.
Louis si avvicinò timorosamente,facendo ogni passo con una lentezza estenuante.
Quando era a pochi passi dal bambino smunto ed esile,quest'ultimo si girò.
A Louis cadde il cielo addosso.
Non era un bambino,era Harry,il suo Harry,nello stato più brutto in cui una persona possa trovarsi.
« Harry...sei...tu?» mormorò.
Impossibile. Gli occhi scavati,non più verdi. Vuoti,spenti,senza la scintilla allegra di molti mesi prima. Le labbra fini,screpolate,rigate da croste di sangue,non più piene e morbide.
Abbassò lo sguardo,sulle sue braccia. Fu come perdere cent'anni di vita in un colpo solo. Decine,centinaia di tagli,che partivano dalle spalle,continuavano sugli avambracci,sul braccio e sui polsi,alcuni dei quali sanguinanti. Tra le mani scheletriche stringeva una penna che sembrava persino troppo pesante.
Le gambe,ancora più esili di come erano,si stringevano attorno ad un quadernino.
Sembrava morto. La pelle cadaverica,i lividi sulla faccia,i tagli.
Louis cadde a terra. Le sue gambe non riuscivano a reggere il peso di tutto quello che stava succedendo.
Piangeva un pianto disperato,guardando come Harry si era ridotto in sua assenza.
Quest'ultimo lo guardava apatico,come se non capisse.
E Louis in poteva fare altro che piangere,perché non aveva più ragione di vivere senza Harry.
Perché Harry non esisteva più. Aveva smesso di esistere già molto tempo prima, dopo la partenza di Louis.
Gli aveva scritto lettere su lettere,aspettando una risposta,che non era mai arrivata,ma non per colpa di Louis,semplicemente non gli era permesso ricevere niente dall'esterno.
Poi Harry si era arreso,aveva guardato ogni giorno il telegiornale,sentendo di soldati morti nelle missioni in Nigeria,e semplicemente si era convinto del fatto che il ragazzo che amava fosse morto.
E poi piano,piano,aveva cominciato a morire anche lui. Ogni giorno che passava senza di lui lo scriveva su dei foglietti,che abbandonava in quella che doveva essere la casa di Louis. Aveva smesso di mangiare,e dimagriva a vista d'occhio,ma lui non importava. Senza Lou,che ragione aveva di essere sempre perfetto?
Voleva uccidere il suo corpo. Tutto ciò che lo rendeva schiavo di quella stupida vita terrena,perciò si picchiava,si tagliava.
Quando Louis era salito sul tetto,era già troppo tardi. Era già morto.
Vederlo piangere lo straniva. Non era abituato ad esprimere le proprie emozioni,neanche quando era stato spensierato e innamorato di Louis.
Louis cominciò a sentirsi esattamente come Harry già dal momento in cui incontrò i suoi occhi.
« Ti amo,ti amo,ti amo...per favore,non abbandonarmi...»
Inutile.
Louis si sentiva straziato,morto,svuotato di ogni vita.
Harry si alzò lentamente,traballante sulle gambe ossute.
Allontanandosi da Louis e dirigendosi verso il cornicione,ricominciando quella specie di litania che era la loro canzone.
« a drop in the ocean,a change in the weather...» salì uno scalino,guardando i piani sottostanti.
« i was praying that you and me might end up together...» si voltò verso Louis,che lo guardava con gli occhi pieni di lacrime.
« is like whishing for rain as we stand in the desert,but I'm holding you closer than most...» sorrise. Era un sorriso triste,stanco,sconfitto. Cominciò a piovere copiosamente.
Un lampo di paura attraversò gli occhi di Louis.
« cause you are my heaven.» Harry inchiodò gli occhi di Louis,che scattò in piedi,correndo verso il riccio.
« ti ho amato. » mormorò Harry,lasciandosi cadere giù,trascianando con se anche Louis,che si era aggrappato a lui nel vano tentativo di salvarlo.
"Hai dato un senso alla mia vita,stai per darne uno alla mia morte."
e dopo fu solo buio.
 



ciao gente!
premetto che non sono bravissima a scrivere,ma ho fatto del mio meglio,e mi piace. (:
se vi piace recensite,mi farebbe davvero molto piacere sentire qualche vostro parere!
se volete parlarmi,this is me .
  
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