Rob osservava ininterrottamente Chester e la ragazza svenuta la notte precedente nell'hotel che parlavano seduti al bar della hall. Lui e il resto della band avevano deciso di rimanere lì ancora due giorni, “giusto per sbrigare qualche commissione” aveva detto Chester, ma in cuor suo sapeva che l'unica commissione da sbrigare era scoprire qualcosa di più su quella donna che aveva rianimato con cura e, magari, creare un legame di...amicizia.

«Credimi se ti dico che è un sogno bere un succo di mirtillo con il cantante dei Linkin Park»

«Ma no, che sogno? Sono una persona come tutte le altre...solo che canto in una band famosa»

«E dici poco? Oh, questo giorno non me lo scorderò mai!»

«Ma strano che non mi hai ancora chiesto una foto o un autografo»

«E a cosa servirebbe? In fondo sono sempre cose che puoi perdere...invece le parole e le immagini restano impresse nella mente!»

«Che ragionamento un po'....controsenso, ma va bene»

Chester la guardò curioso. Aveva scoperto già molte cose di quella ragazza: vent'otto anni, nativa di Los Angeles e single, soprattutto single. A lui piaceva davvero molto; i lunghi capelli color rosso ramato, la corporatura esile ma si statura considerevole, il modo di vestire alla moda ma senza troppe cianfrusaglie e quel viso...così angelico che a volte Chester aveva l'impressione di stare in Paradiso. La voce poi! Così calda e avvolgente! Si chiamava Scarlett.

«Sai, Scarlett, non mi è mai capitato di parlare con una persona tanto a lungo»

«Mi ritengo fortunata, allora»

«E fai bene! Senti, ma da quanto tempo lavori qui?»

«Da troppo. Ieri quando mi sono sentita male avevo appena parlato con...»

«Con?»

«Scusami, ma non vorrei annoiarti. Sono problemi miei, non posso coinvolgerti! E poi tu sei Chester Bennington...cosa ti importa dei miei problemi?»

Scarlett si rese conto di aver esagerato. Chester si era dimostrato molto disponibile, gentile e umile e lei non aveva nessun diritto di trattarlo così.

«Scusa! E' che...»

«Non c'è problema. Scusami tu, dovevo farmi gli affari miei»

«No! Non è assolutamente colpa tua! E' che...ieri mi hanno licenziata. Lascio il posto a un'altra entro sei mesi»

«Ah, capisco...beh, allora sei giustificata... ma se abiti da sola e non hai parenti qui a Berlino...come pensi di cavartela?»

«Non so. Forse ritornerò a Los Angeles o forse mi metterò alla ricerca di un lavoro qui»

«Los Angeles, eh? Sai che noi veniamo da lì, vero?»

«Sì»

Una lacrima rigò il volto di Scarlett.

«Non devi sentirti così...in fondo tutti abbiamo passato momenti brutti! Ci vorrà del tempo ma vedrai che tutto si sistemerà»

«Il tempo è sempre relativo, Chester»

«Dici?»

«Dico, dico... per un malato terminale sei mesi sono una vita, benchè non molto lunga. Per un bimbo di tre anni che aspetta il Natale sono un'eternità alla quale è persino impossibile pensare» Sospirò.

«Per me è un battito di ciglio»

«Per me no. Ma cambiamo discorso...non ho voglia di deprimermi alle quattro del pomeriggio!»

«Ma sì...ti va di andare a fare un giro?»

«Perchè no?»

Chester porse il braccio a Scarlett, che scese dall'alto sgabello nel quale sedeva. Poi rivolse uno sguardo complice a Rob e lui, per tutta risposta, gli fece l'occhiolino. Chissà cos'aveva capito. Ma poco importava adesso, perchè avrebbe passato un pomeriggio bellissimo, se lo sentiva. E Anche Scarlett se lo sentiva. Insieme uscirono dall'hotel.