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Note: Eccoci al sesto giorno (finalmente :D). Ebbene, finalmente è
arrivato il momento di parlare della mia amatissima coppia Sacro Romano Impero
x Chibitalia, che trovo di una dolcezza infinita, tanto da causare delle carie
per il troppo zucchero (ma li amo anche per questo <3). Io adoro Sacro
Romano Impero fino al midollo, perciò spero davvero di essere riuscita a
descriverlo al meglio e di aver fatto piacere a franciPREUSSENhetalia questa
coppia che io amo tanto, almeno un po’ ;) Dato che di fic strappa-lacrime o non
con protagonisti questi due nel mondo hetaliano ce ne sono a bizzeffe (e sono
tutte meravigliose, comunque <3), ho optato per una AU (non che cambi molto,
ma spero in un tocco di originalità xD) e poiché non si conosce per certo il
nome “umano” di Sacro Romano Impero (nonostante io sia profondamente convinta
che sia Ludwig ù.ù), ebbene, non avrà nome nemmeno in questa flash =) Ero
indecisa se rendere chiara la natura sessuale –maschile- di Chibitalia oppure
no, ma dato che si tratta del punto di vista di SRI ho deciso di mantenere le
sue idee a riguardo >.>
Buona
lettura, e grazie in anticipo a tutti quelli che leggeranno/recensiranno ^^
Ho
deciso di non postare la domenica, perciò domani non ci sarà nessun
aggiornamento… Spero comunque potrete aspettare fino a lunedì ;)
Autore: SunliteGirl
Fandom: Hetalia Axis Powers
Personaggi: Sacro Romano Impero, Chibitalia (Feliciano
Vargas)
Coppia: Sacro Romano Impero x Chibitalia
Rating: Verde
Avvertenze: -
Prompt: forno
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Memorie di un sorriso
L’Italia
era uno strano Paese, o almeno così appariva agli occhi di quel bambino dai
grandi occhi azzurri. Pensava non si sarebbe mai abituato a quella città così
rumorosa, o a quel clima così torrido, rispetto al luogo da cui proveniva. Soprattutto
quella gente così affabile, sorridente e troppo confidenziale gli causava un
certo sospetto, che lo spingeva spesso a chiudersi in un rigoroso silenzio e a
mostrare un’espressione imbronciata. C’era un’unica eccezione, un unico luogo
in cui amava andare. Spesso, mano nella mano, accompagnava sua madre nel forno
del paese in cui si erano trasferiti ormai da un anno. Era un posto caldo,
accogliente, pieno di quei profumi di pane appena sfornato o dei dolci esibiti
in una piccola vetrina. Il bambino amava alzarsi in punta di piedi e
appoggiarsi al vetro del bancone, per osservare i pasticcini alla crema, le
torte al cioccolato di tutti i tipi, oppure quelle pagnotte farcite con
pancetta o peperoni. Però, c’era una cosa che amava più di tutto ciò. E non era
qualcosa che si potesse mangiare, o comprare. Quel qualcosa aveva il sorriso più luminoso e bello del mondo, dei capelli
dalle sfumature rossicce tanto lisci da sembrare quasi fili di seta e un paio
di grandi occhi nocciola, tanto innocenti quanto vivaci. Il bambino non
conosceva il suo nome, né quanti anni avesse, o quali fossero i suoi giochi
preferiti. La verità è che non aveva mai avuto il coraggio di parlarci, di
rivolgerle la più misera domanda. Si limitava ad arrossire, non appena scorgeva
il profilo di quel viso, o non appena sentiva quella risata cristallina, in
grado di illuminargli l’intera giornata. Osservava da lontano quella bambina
aiutare suo padre a portare del pane, o sua madre a sistemare i dolci in
vetrina, sempre con allegria, vivacità. Poi lei si voltava a guardarlo e
arrossiva leggermente, prima di rivolgergli uno dei suoi sorrisi. E allora il
bambino spalancava gli occhi azzurri e, dopo un attimo di smarrimento,
rispondeva a quel sorriso.
I sorrisi che rivolgeva a lui, quelli erano
sempre i più belli.
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