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Autore: Ellies    09/06/2013    1 recensioni
Frank, erano anni che aveva capito che Hugo non era più il suo semplice migliore amico. Le guance rosse, i balbetti e gli sguardi evitati non erano più la semplice timidezza di un ragazzo introverso.
Hugo gli piaceva, e aveva una paura dannata che avrebbe rovinato tutto, se gliene avesse parlato.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Frank, Paciock, Jr, Hugo, Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Frank Jr Paciock poteva sembrare l'esatta copia del padre, se non fosse stato che era decisamente troppo alto per la sua età, aveva i capelli biondi e degli enormi occhiali che nascondevano i suoi occhi chiari.
Il carattere era uguale a quello del Paciock adulto, quando era ancora un bambino: timido, riservato, e con una tendenza ad arrossire più del dovuto.
Si ricordava la prima volta che suo padre l'aveva portato a casa Weasley.
Aveva cinque anni.
Era stato attaccato ai pantaloni di Neville tutto il pomeriggio, costantemente rosso per le occhiate poco discrete del piccolo di casa, Hugo, che lo guardava con quegli occhi così azzurri, striati di verde in qualche punto, ma che non diceva nulla, semplicemente lo osservava.
Hugo, d'altro canto, era felice di conoscere Frank. Ne aveva sentito parlare, e ancora non capiva perché i suoi genitori gli avessero fatto quel lungo discorso sul fatto di non dargli fastidio, quando fosse arrivato. Lui voleva giocare e basta, che male c'era?
Ma quando l'aveva visto entrare in casa, aveva deciso di fare il bravo.
Magari la mamma gli avrebbe dato l'ultima fetta di torta, quella sera.
Così stette solamente ad osservarlo, non riuscendo a capacitarsi di come facesse, un bambino di soli cinque anni, ad essere già così alto.
Quella sera ripensò continuamente al suo nuovo amico, ed entrò nella camera dei genitori, gattonando sul letto ed infilandosi tra Hermione e Ron.

"Mamma, quel Frankie mi piace un sacco, lo sai?"

"È così timido, tesoro mio."

"Solo con voi. Con me non lo sarebbe. Io sto simpatico alla gente."

E Hermione lo strinse con un sorriso, pensando che, con suo figlio, quel ragazzino non avrebbe avuto nessuna speranza di uscirne, se non come il suo nuovo compagno di giochi.
Le raccomandazioni erano state fatte di nuovo, il giorno dopo, e molto accuratamente. Ma si sa che i bambini tendono ad ascoltare molto poco i genitori, e così quando Frank acconsentì a tornare da loro il pomeriggio dopo, venne accolto da un Hugo decisamente euforico, che gli si lanciò letteralmente addosso e lo strinse per la vita, urlando con tutta la sua vocina da bambino un enorme 'Frankie, mi sei mancato!'.
Il suddetto Frank, restò immobile sotto la stretta di quel tornado vivente, con gli occhi spalancati dietro alle lenti che nemmeno gli servivano. Non fece in tempo a riprendersi da quello shock che, sotto lo sguardo vagamente preoccupato dei suoi genitori, Hugo lo trascinò in camera, e lo fece sedere sul letto, guardandolo con un sorriso smagliante e gli occhi spalancati.
Frankie pensò che quel ragazzino gli ricordasse moltissimo una piccola scimmia.

"Perché non parli? Sei tutto rosso, Frankie, lo sai? Vuoi giocare?"

Lo guardò spaesato, il piccolo Paciock, come se non riuscisse a capire quello che dicesse.

"C-come?"

"Chiedevo se ti andasse di giocare con me. Sai, ho un sacco di giochi, e poi... So fare questo."

Chiuse gli occhi e si concentrò su di lui, facendo appena in modo che si sollevasse di alcuni centimetri, quel poco che bastava per non fargli sentire più il materasso sotto il suo peso.
Il ragazzo trasalì, ma Hugo lo fece tornare subito a sedere sulla superficie morbida e sicura del letto.

"Non dire a nessuno che l'ho fatto, okay? A mamma non va giù che faccia magie a casa."

E si mise a gattoni, gli prese la mano e incastrò con un po' di difficoltà i loro due mignoli, con la lingua di fuori come se fosse estremamente concentrato, dal momento che Frank non accennava a volergli agevolare il movimento, e teneva la mano serrata come se ne andasse della sua stessa vita.

"Promesso?"

Hugo lo guardava, sempre con gli occhi spalancati -forse non lo faceva nemmeno apposta- in attesa che rispondesse.
Da parte sua, Frank, non sapeva che fare.
Non si era mai aperto con nessun altro, e nessuno aveva mai cercato di instaurare un rapporto che fosse d'amicizia con quel piccolo, grande bambino troppo timido.
Eppure Hugo... Non lo conosceva, ma l'aveva fatto. Era riuscito ad entrare nella sua corazza, senza che lui se ne accorgesse, in due soli brevissimi giorni, e si stava avvicinando pericolosamente al vero lui.
Avrebbe dovuto permettergli di sfiorarlo?

"P-promesso.."

Mormorò, con un fil di voce, aumentando impercettibilmente la stretta -per Hugo- ma moltissimo per lui, ed era un enorme passo avanti.
Aveva deciso di avvicinarsi perché, beh... A Frankie piacevano le scimmie.
 

-

 
Erano passati dieci anni, e ancora non riusciva a credere che quell'anno avrebbe avuto i G.U.F.O.
Erano passati dieci anni, e l'amicizia con Hugo si era intensificata, fino a diventare quasi indispensabile. Un migliore amico che era il suo opposto; lui timido e riservato, Hugo esuberante e sempre in movimento.
Frank un calmo Tassorosso, Hugo un fiero Grifondoro.

Non sarebbero potuti essere più differenti, ma loro si volevano bene così, e se Hugo era riuscito a superare la barriera che Frank imponeva a tutti, qualcosa avrebbe dovuto pur significare.

Era in biblioteca a leggere distrattamente un libro Babbano, quando qualcuno gli arrivò alle spalle e gli gettò le braccia al collo. Dovette trattenersi per non lanciare un piccolo urlo, ed era già pronto a sgridare Hugo -sapeva essere lui il criminale che aveva attentato al suo cuore- quando si scontrò con i suoi occhi, e non poté rimanere arrabbiato.
Come se normalmente potesse farlo. Era troppo buono, lui.
Quegli occhi lo avevano stregato sin dalla prima volta che si erano incontrati. Belli, luminosi e profondi. Erano Hugo, e lui... A lui piacevano un sacco.

"Ciao. Che studi?"

Hugo si sedette svogliatamente sul tavolo, e cercò di sbirciare il titolo del libricino che aveva in mano.

"Non ci credo. Un altro di quei tuoi cosi Babbani?"

Frank arrossì fino alla punta delle orecchie, e chiuse velocemente il libro, gettandolo nella borsa.

"N-non è un coso, Hug. È--"

"Lo so, lo so. Un Man... Min... Quelle cose a fumetti, insomma."

"Manga!"

"Si, si... Quelli. Potresti prestarmene alcuni, no? Dici sempre che sono bellissimi. Per esempio quello che stavi leggendo..."

Curioso, maledetto Hugo! Frank arrossì ancora di più, mentre si alzava dalla sedia, dandogli le spalle cercando di far scemare il rossore bollente dal viso. Perché parlava sempre con quel tono, poi? Sembrava così... Strano, diverso.
Oh, si sarebbe vergognato così tanto se Hugo avesse visto alcune delle sue collezioni...

"Che ti prende, Frankie?" Parlò, con la sua voce calda e morbida, che accennava alla preoccupazione.

"Nulla, assolutamente nulla!"
"E allora torna qui, razza di idiota."

Prese un respiro e si girò, trovandosi faccia a faccia con il suo migliore amico, che gli si era avvicinato e lo guardava con un sorriso divertito.
Diamine, era un vero tappo. Se solo si fosse avvicinato un po' di più avrebbe potuto abbracciarlo. Aveva sempre amato il modo in cui riusciva a sentire il suo cuore battere.
Si era perso talmente nei suoi pensieri -sul suo dannatissimo migliore amico- che nemmeno si era accorto che aveva ricominciato a parlare.

"Cosa c'è? Hai paura che io scopra... I tuoi volumi nascosti nei mantelli vecchi?"

Una risata squarciò il silenzio che perlomeno sarebbe dovuto essere mantenuto in biblioteca, e Frank questa volta sbiancò, invece di arrossire.
Cosa aveva detto? Come era possibile che Hugo lo sapesse?

Dovresti sapere che a lui non puoi nascondere nulla, piccolo Frankie.

Mise a tacere la sua coscienza e con quel poco di coraggio che aveva lo guardò, mormorando alcune parole.

"C-che stai dicendo?"

Negare, negare sempre, soldato!

"Trovo che siano letture... Interessanti. Ma devo ammettere che mi hai stupito, Gigante, non pensavo ti interessassi di... Quegli argomenti."

Se mai si era sentito in imbarazzo, questo era ancora peggio, e la cosa davvero peggiore era che vedeva Hugo che non riusciva a trattenere un sorrisino, e non capiva il perché, come se la cosa non l'avesse turbato affatto.

"Hug, io..."

Come giustificarsi? Ormai sapeva tutto, tutto!

"Oh, sta' zitto."

E lo prese per mano, lo guardò negli occhi e gli disse senza troppe cerimonie che sarebbero andati a studiare in un altro luogo, che poi scoprì, con sommo orrore, essere il Dormitorio di Grinfondoro.
Che cosa voleva fare?
Lo trascinò nella camerata del quinto anno, deserta, e lo fece sedere sul letto, per poi guardarlo con un piccolo sorriso nervoso.
Frank si accorse che era appena rosso sulle guance e un sorriso di vittoria gli solcò le labbra, felice che per una volta fosse l'altro ad aver assunto quel delizioso color fragola che di solito toccava a lui. Ma quel sorriso durò poco, perché Hugo si stava mordendo le labbra, come fosse preoccupato, e lui non riusciva a distogliere lo sguardo da quel punto. Si decise a smettere di guardarlo ma non ci riuscì, perché incontrò i suoi occhi -che col tempo erano diventati sempre più verdi- e ribollì di nuovo.

"Hugo, che cosa-"

Tentò di parlare, ma venne interrotto dalla voce del ragazzo.

"Mi piaci."

Due parole, due semplici parole che, dannazione, lo uccisero.
Perché lui, Frank, erano anni che aveva capito che Hugo non era più il suo semplice migliore amico. Le guance rosse, i balbetti e gli sguardi evitati non erano più la semplice timidezza di un ragazzo introverso.
Hugo gli piaceva, e aveva una paura dannata che avrebbe rovinato tutto, se gliene avesse parlato.
Hugo non era come lui, ne era convinto. Convinto che lui avesse qualcosa di sbagliato per desiderarlo, qualche volta. Per volere i suoi occhi stretti con i suoi, le sue labbra più vicine. Come nei libri che leggeva.
E non solo.
Dopo dieci anni, era così innamorato di lui.

"Frank, ti prego, dimmi qualcosa."

Silenzio.

Non stare zitto, parla. Diglielo, diglielo!

"Frank..."

Non sopportava la sua voce così triste, scoraggiata. Perché stava succedendo? Sarebbero dovuti essere felici, ormai.

Diglielo, regalagli un sorriso.

E invece solo il silenzio.
Frank era sempre stato maledettamente incapace di usare le parole quando si trattava di sentimenti. Se c'era da ripetere la frase di un libro, però, era a suo agio.
E allora perché non riusciva a dire quelle semplici parole, che aveva tanto ripetuto nella sua mente? Sarebbe bastato un poco di coraggio, che il ragazzo diceva sempre di possedere, sotto sotto.

Sai di possederlo.

Come per magia, le sue  gambe si mossero, e si alzò dal letto sul quale era rimasto nella medesima posizione per tutto quel tempo, tanto che aveva le membra intorpidite e camminava barcollando.
Si fermò davanti a lui come un soldatino, ironicamente rigido, e lo guardò, perdendosi  per la millesima volta nei suoi occhi spettacolari, e le parole gli uscirono in un sussurro.

"Io ti amo."



Angolo dell'autrice.

Me ne esco con questa coppia che, per molti -o tutti- potrebbe essere improbabilissima, ma che per me è, boh, troppo importante. Era una coppia che ruolavo con il mio Hugo e che, poi, è semplicemente finita. 
Ci tenevo, comunque a pubblicarla, perché per me Hugo è troppo dolce, anche se fuori fa il duro. 

Alla prossima (spero tra molto poco).

El.
   
 
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