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Autore: Alice_xD    09/06/2013    1 recensioni
[Seguel di Spezzata]
Sento delle mani coprirmi gli occhi, ma so esattamente chi è. Il cuore mi batte all’impazzata, un profumo di muschio si diffonde vicino a me e il mio stomaco si contorce in una morsa deliziosa.
“So che sei tu, Eddy”, dico.
Rido leggermente quando mi morsica piano il collo. “Lo sai che non mi piace quel soprannome”, dice.
Mi volto e congiungo le nostre labbra mentre le mie mani su posizionano dietro il suo collo e le sue braccia mi stringono a lui.
“Sei in ritardo”, dico sulle sue labbra.
“Lo so, papà voleva farsi bello per tua madre”, dice.
Rido. “Sembrano due ragazzi al loro primo appuntamento”.
“Beh forse perché questo è il loro primo appuntamento”, mi corregge.
Annuisco riappropiandomi delle sue labbra.
“Ti amo”.
“Anche io”.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Rose Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Lily/Scorpius
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Quanto tempo è per sempre?'
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INTERA


 

Ricordati chi sei,
ricordati da dove vieni,
ricordati il tuo passato
senza subirlo mai.

 

Sorrido e sospiro contemporaneamente. Mi lego i capelli in un chignon disordinato e improvvisato mentre cammino lungo il sentiero che porta alla Tana.
Sono di ritorno da una passeggiata, il venticello primaverile e il sole caldo in una giornata di metà Marzo mi aveva fatto venire voglia di camminare. Anche se mi manca ancora più di metà strada sento già il vociare dei miei parenti all’interno e esternamente della casa dei nonni.
Prendo un lungo respiro ispirando aria fresca, cercando di controllare i miei battiti cardiaci improvvisamente accelerati. Ma è quello che succede quando penso a lui.
Ho dovuto faticare tanto per cercare di tornare me stessa dopo quello che è successo, quasi un anno fa. Scorpius - il ragazzo di mia cugina Lily - mi aveva umiliato davanti a tutta la scuola, preferendo lei e me.
“Cosa credevi? Che ti amassi veramente? Che provassi anche la minima attrazione verso di te quando ho fra le mani un angelo come questo?”.
Le sue parole mi rimbombano nelle orecchie, davanti agli occhi ho l’immagine di loro due che si baciano davanti a tutta la Sala Grande quando era il mio fidanzato.
Ma queste parole non hanno più l’effetto di una volta. Non sento più il cuore spezzato e tutto questo lo devo a lui.
Non mi sono mai accorta di lui, o meglio, me ne accorgevo quando litigavamo come pazzi perché io e lui siamo stati come - a detta della preside Mcgranitt - Hermione Granger e Draco Malfoy ai loro tempi. Dopo setti anni di insulti, incantesimi lanciati quando l’altro non guardava, la preside ha avuto la brillante idea di farci diventare compagni di banco in ogni lezione, condividere lo stesso dormitorio e persino i pasti.
                                        
La preside ci guarda, è veramente arrabbiata questa volta. Mi muovo leggermente sulla sedia a disagio, mentre Zabini sbuffa leggermente. La Mcgranitt gli lancia un’occhiata glaciale prima di sospirare pesantemente e fregarsi gli occhi.
“Ho avuto molta pazienza con voi due, i vostri genitori erano i miei migliori studenti ai loro tempi e ho creduto all’inizio che la vostra rivalità fosse dovuta solo alle vostre case di appartenenza, ma adesso la situazione mi è sfuggita di mano e di questo posso solo incolparmi per averla presa sotto gamba”, dice.
Ci guarda, gli occhi seri e decisi. “Avete due opzioni: la prima venire espulsi”.
“No, per favore!”, la interrompo pensando immediatamente alla reazione dei miei genitori, soprattutto mia madre.
“Non c’è qualcos’altro che possiamo fare?”, chiede Zabini. Forse anche lui, sotto sotto, ha paura di essere espulso.
“La seconda opzione..”, continua la preside quasi senza tenere conto di essere stata interrotta.
“..è la seguente: condividerete tutto. Dormitorio, lezioni, pranzi, cene e colazioni. Non voglio vedervi litigare neanche una volta e vi prometto che vi terrò sotto stretta sorveglianza. Dopo va uno va anche l’altro”.
La guardo sbigottita. Cavolo sto seriamente pensando alla prima opzione. “Ma..dormitorio?”, chiedo.
Punta lo sguardo su di me. “Nella torre Est ho provveduto ad arredare una specie di appartamento con due camere e un specie di Sala Comune. Quando vi ho nominato Caposcuola ho subito scartato l’idea di trasferirvi lì come da tradizione date le vostre idee diverse, ma adesso non mi lasciate altra scelta”, risponde.
“E per i pranzi e le altre cose? Noi apparteniamo a due Case diverso, ergo due tavoli diversi”, dice Zabini.
“Un mese pranzerete a un tavolo, il mese successivo all’altro”, risponde semplicemente.
Al solo pensiero di pranzare al tavolo Serpeverde il respiro accelera.
“Non accetto discussioni in merito a questo argomento, questa è la mia ultima decisione a proposito”, conclude.
Ci fa capire benissimo che la discussione è finita, io e Zabini non possiamo fare altro che alzarci e dirigersi verso i nostri dormitori. Per una volta, nessuno dei due parla.

All’inizio c’era indifferenza, poi è nata la curiosità, un reciproco rispetto e l’amicizia. Nessuno, nemmeno noi, potevamo pensare che questa si sarebbe trasformata in qualcosa di più.
 
“Io prendo la stanza più grande”.
Sono le prime parole che mi dice da quando, quasi dieci minuti fa, ci siamo recati nel nostro nuovo dormitorio. Lo guardo, scettica, pensando che la preside abbia creato delle stanze equamente uguali, ma non lo dico lasciandolo ancora per qualche minuto nella sua più totale ignoranza.
“Fai come ti pare basta che mi lasci quella più lontana dalla porta”, borbotto.
Mi guarda di sottecchi, apre la porta e ci ritroviamo in una stanza circolare con due divani, un tavolino da caffè, una grande libreria già piena di libri, una finestra che da sul campo da Quidditch e un camino. E’ accogliente dopo tutto.
Dal lato opposto dal camino ci sono due porte. Mi dirigo velocemente a quella vicino alla finestra, ma Zabini mi supera e apre la porta. Lo guardo malissimo.
“Questa è la mia stanza”, dico. Lui sbuffa.
“Devo capire qual è quella più grande, quindi taci”, ribatte.
Gonfio le guancie diventando completamente rossa.
Faccio per ribattere quando lui esce e borbotta una cosa come: “Non mi piace questa stanza”.
Lo guardo meravigliata e entro: in mezzo c’è un letto matrimoniale a baldacchino con rifiniture blu e vicino c’è un comodino. Al lato opposto del letto si apre una piccola finestra e una libreria vuota. Vedo una porta e suppongo debba essere il bagno. Esco per vedere la sua stanza e sorrido quando noto che sono perfettamente uguali. Lui non c’è, probabilmente si è rintanato in bagno così decido anche io di andare a farmi una doccia.
Spalanco la porta e sento quasi il rumore della mia mascella cadere sul pavimento: Zabini mi fissa, con le sopracciglia alzate, un ghigno degno di Draco Malfoy sulle labbra e..senza maglietta.
“Non hai mai visto un ragazzo senza maglietta?”, chiede sogghignando.
Quelle parole mi risvegliano come una doccia fredda e lo guardo malissimo. “Cosa ci fai nel mio bagno?”, domando calcando sul “mio”.
“A quanto pare la vecchia non ha specificato il fatto che oltre tutto dovremmo condividere anche il bagno”, risponde.
“Cosa?”, urlo. “Io non condividerò mai il bagno con te!”, continuo.
“Beh Weasley dovrai abituarti all’idea”, dice semplicemente.
Esco furente sbattendo la porta del bagno, sdraiandomi sul letto.
La mia vita è ufficialmente finita, penso sconsolata.

“Dai Rose non fare così”, cerca di consolarmi Albus.
Lo guardo male. “Certo non sei tu che devi convivere ventiquattro ore su ventiquattro con la persona che più detesti al mondo”, dico.
“Guarda che vivo ancora con mia sorella”, borbotta.
Mi volto subito verso di lui e lo abbraccio. “Alby, non devi odiare tua sorella solo per quello che ha fatto”, dico.
“Solo? Lei ti ha rovinato la vita insieme a Scorpius”, ribatte.
Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi verdi. “E’ un problema mio quello che ha fatto, Sev. Io sono cugina e lei è tua sorella, è normale che tu metta prima lei di me”.
“Lo sai che tu per me vieni prima di qualsiasi altra persona. Sei la mia migliore amica, se qualcuno fa un torto a te direttamente lo fa anche a me”, dice stringendomi a se.
Sorriso sul suo petto e poi sbuffo quando suona la campanella. Devo tornare in dormitorio.
“Dai, non fare così. E’ già passata una settimana”, dice prima di darmi un bacio sulla guancia e scomparire dietro il ritratto.
 
Sbatto la porta del dormitorio. Gli occhi lucidi e uno strappo al cuore.
Zabini è seduto sul divano, sta leggendo un libro e appena entro alza gli occhi verso di me e rimane un attimo interdetto.
“Che è successo?”, chiede.
Lo ignoro e mi rifugio in camera da letto senza rispondere, sprofondando la faccia nel cuscino mentre altre lacrime scendevano dagli occhi.
Qualcuno bussa alla porta.
“Vattene”, dico.
“E’ ora di cena”, ribatte.
“Non ho fame”.
“Tu esci subito da questa stanza oppure vengo io a prenderti”.
“Non pensarci neanche”.
“Vuoi scommettere?”.
Sbuffo e mi alzo. Spalanco la porta, preparandomi a una serie di prese in giro per i miei capelli scompigliati e gli occhi gonfi, ma non fa nulla di tutto questo.
“Non mi sento tanto bene oggi quindi credo che mangerò qui”, dice.
Lo guardo stupefatta e noto che il tavolino è stato trasformato in un tavolo apparecchiato per due. “Per sbaglio ho detto agli elfi che siamo in due, non ti dispiace, vero?”, chiede.
Scuoto la testa meravigliata e mi siedo.
Mangiamo in silenzio, ognuno perso nei proprio pensieri.
“Grazie Edward”, sussurro.
Si ferma e si volta poco prima di entrare in camera. Mi guarda, mi scruta e io non posso fare altro che ricambiare lo sguardo con il cuore che batte.
“Non montarti la testa”, dice soltanto prima di chiudersi la porta alle spalle.
Sorrido e sparecchio. Il malumore è passato.
 
“Sicura di stare bene?”, chiede.
Annuisco e tiro su con il naso. “Sono solo una sfigata. Mi sembrava troppo bello passare le vacanze di Natale senza febbre”, dico.
Edward ghigna e mi passa uno straccio freddo sulla fronte. “Tranquilla tra poco verrò a farti compagnia”, dice anche lui con il naso rosso.
Rido. “Beh almeno ci faremmo compagnia durante le vacanze. Non c’è la faccio a tornare a casa” dico. Lui annuisce. “Posso farti una domanda?”, chiedo.
Annuisce ancora. “Perché sei rimasto qui con me?”.
Sospira. Ha gli occhi lucidi a causa della febbre e so di averceli pure io.
“Queste vacanze le passiamo con i miei zii”, risponde dopo un po’.
“Oh”, mi esce. Quindi se lui fosse andato le avrebbe passate anche con Scorpius.
Ma perché non ci è andato?
Glielo domando. Mi guarda con quegli occhi che ultimamente mi stanno facendo battere forte il cuore.
“Non lo so..ultimamente mi da leggermente fastidio”, ammette.
“E’..per me?”, chiedo.
“Stai facendo un po’ troppe domande”, dice infastidito alzandosi.
Lo seguo immediatamente e lo blocco per un braccio. A causa di questo mi ritrovo incastrata tra lui e il muro, con le sue braccia che mi circondano i fianchi.
Noto solo adesso che abbiamo entrambi il fiato corto.
Appoggia la sua fronte sulla mia.
“Io..io voglio provare a fare una cosa”, sussurra a un centimetro dalle mie labbra.
Non dico niente, neanche lo fermo. Lo voglio anche io.
Si avvicina sempre di più fino a quando le sue labbra non toccano le mie.
Sento il cuore scoppiare dalla felicità, il respiro mi si ferma vicino ai polmoni. Resto immobile sperando che questo non sia solo un sogno, ma la pura realtà.
Lui, vedendo che non ricambio, si allontana leggermente e io mi muovo d’istinto: gli circondo il collo con le mani riportandolo vicino a congiungendo le nostre labbra.
Mi circonda i fianchi con le mani, stringendo, ricambiando il bacio nato con dolcezza e terminato con ardore.
Ci stacchiamo solo per mancanza di ossigeno.
“E’ da tanto che lo volevo fare”, sussurra.
“E’ da tanto che lo aspettavo”, sussurro.
Sorride, accarezzandomi la guancia per poi ritornare a baciarmi.
 
Sento le guancie in fiamme a quel ricordo.
La nostra storia non è stata facile, mio padre non ne era entusiasta, ma alla fine ha ceduto. Complice anche il fatto che lui mi rendesse felice.
Sento delle mani coprirmi gli occhi, ma so esattamente chi è. Il cuore mi batte all’impazzata, un profumo di muschio si diffonde vicino a me e il mio stomaco si contorce in una morsa deliziosa.
“So che sei tu, Eddy”, dico.
Rido leggermente quando mi morsica piano il collo. “Lo sai che non mi piace quel soprannome”, dice.
Mi volto e congiungo le nostre labbra mentre le mie mani su posizionano dietro il suo collo e le sue braccia mi stringono a lui.
“Sei in ritardo”, dico sulle sue labbra.
“Lo so, papà voleva farsi bello per tua madre”, dice.
Rido. “Sembrano due ragazzi al loro primo appuntamento”.
“Beh forse perché questo è il loro primo appuntamento”, mi corregge.
Annuisco riappropiandomi  delle sue labbra.
“Ti amo”.
“Anche io”.


[continua]

  
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