Era notte. Notte profonda di sonno e
di sogni, scura come i
capelli di una donna che attende.
La luce ambarica dei lampioni filtrava dalla finestra,
mentre febbraio turbinava tra le strade di una Londra impigrita
dall’inverno.
Era notte, e Tom guardava Josie dormire.
Era capace di restare a guardarla per ore intere: immobile,
le mani appoggiate ai braccioli della poltrona, lo sguardo a volte
vacuo, altre
volte rapito, triste, lontano.
Quel giorno sul viso affilato si disegnava un’espressione
compiaciuta: osservava con quanta previdenza Josie restasse la creatura
più
bella a cui avesse dato forma. La donna più incantevole che
avesse plasmato.
Molto meglio di qualsiasi sua seguace magra di sangue e coltelli.
Ebbene, Josie dormiva, Tom la fissava, oltre le palpebre
vibranti di avventure surreali: cosa sognava? Come obbedendo alla
tacita
domanda del Signore Oscuro, la donna gemette nel sonno e
portò la mano sinistra
a stringere la destra, dove riposava la piccola fede d’oro
bianco che le aveva
infilato venti anni prima.
Tom inclinò la testa pensieroso: quante volte aveva dovuto
compiere quel gesto pensando a Lui, per riprodurlo con tanta
facilità
nell’incoscienza del sonno? Quante volte aveva cercato di
sfilarlo leccandosi
il dito, o inumidendolo con un panno pregno di olio di semi, o sapone
scheggiato?
Ma vi era un incantesimo, ovviamente, non era così facile
liberarsi di lui. Quell’anello era solo la fine o
l’inizio di una catena che
stringeva il suo cuore pulsante. Solo quando il cuore avrebbe smesso di
amare,
Josie Bliss si sarebbe potuta liberare della piccola vera. E questo era
impossibile.
Poiché la donna è fatta per amare. La donna
è plasmata
apposta per donare e ricevere amore, è una coppa piena di
vino amaro e costoso.
Per questo soffre, per questo ama.
Per questo siamo stupide. Perché amiamo,
incondizionatamente, anche quando ci si calpesta, e perdoniamo.
Non c’era bisogno di toccarla, Tom non ne aveva bisogno.
Ogni fibra dello spirito di lei si
tendeva verso di lui, notte e giorno. E un contatto perenne li univa.
Non c’era
bisogno di parlarle: Josie sentiva. Sentiva quando lui aveva paura,
quando
odiava, quando si infuriava. Sentiva quando la pensava, quando godeva
con altre
donne, quando uccideva.
Ma quella notte fu diverso.
Josie era tormentata, si girava e rigirava nel letto.
All’improvviso,
allungò una piccola mano, e un braccio rotondo, un collo di
un cigno, come una
preghiera, come una supplica. Un suono dolce e inarticolato le
sfuggì dalle
labbra, tese verso il cielo, tese verso un bacio.
“Tom…”
Lord Voldemort sentì il
corpo dolergli da ogni parte,
squassato dalla sua tenerezza infinita, ogni muscolo, ogni vena, ogni
rimasuglio di umanità, seppellito sotto strati di odio e
vendetta, di cadaveri
bianchi e di orrore, mentre negli occhi gli correva un guizzo vermiglio.
La sentiva più vicina che mai, e non gli bastava.
Guardò
Josie, la sua donna, la sua compagna, guardò sua moglie. Il
braccio inerte
sulla trapunta, la bocca socchiusa come la di una donna di uno
scandaloso
ritratto.
Si alzò di scatto e con due lunghe falcate
affiancò il letto.
La scavalcò con cura, facendo attenzione a non svegliarla.
Affondò il naso in
quei capelli assurdi, che la gente si voltava a guardare per strada. La
strinse, forte, ferocemente. Lei non aprì gli occhi, ma un
sorriso beato le
attraversò il volto. Si accoccolò ancora di
più contro il suo corpo scarno, per
aderire perfettamente. Lui intrecciò la sua mano lunga e
nodosa alla sua, le
passò un braccio sotto il capo, la obbligò a
girarsi, naso contro naso, respiro
di uno nel respiro dell’altro, occhi inumani venati di rosso
e ciglia vibranti,
ancora chiuse, ancora addormentate. Josie tastò il suo
volto, le labbra
sottili, con gentile premura, carezzò il collo freddo e le
arterie pulsanti.
Non gli importava del mattino, della opinioni dei vicini,
del Profeta che avrebbe annunciato altre morti innocenti, non gli
importava di
essere stata abbandonata più e più volte, di
compiere un peccato mortale, di
poter perdere il lavoro e di poter essere arrestata, di disonorare il
nome di
sua madre e della sua famiglia, di svergognare se stessa, né
degli orfani e
delle vedove, non gli importava del Marchio Nero, dei Mangiamorte,
della sua
anima frantumata, né delle sue mani macchiate di sangue.
“Ti amo tanto, tanto, tanto” mormorò.
Quel qualcosa nel petto di Tom, invece di acquietarsi, gridava ancora di più, frastornato dagli spasimi. Le strinse la piccola testolina rossa.
“Lo so.”