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Autore: Sweetie616    25/12/2007    7 recensioni
Elizabeth Browning è, apparentemente, l'unica donna al mondo completamente immune al fascino di Ville Valo. Ma si sa che quando l'amore chiama, bisogna seguirlo, specie se ci si mette di mezzo l'atmosfera natalizia di Helsinki...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don’t close your Heart

18 novembre

 “Cazzo!” esclamai aprendo gli occhi e guardando l’orologio. La sveglia non aveva suonato, o, cosa più probabile, io non l’avevo sentita. E dovevo essere all’Università tra meno di un’ora... e non per una lezione qualunque: la mia prima lezione all’Università di Helsinki, dove frequentavo il primo anno di dottorato al Dipartimento di Letteratura angloamericana. E cosa andavo a combinare? Arrivavo in ritardo proprio quando il professore aveva deciso di affidarmi una lezione! Solo io potevo fare una cosa del genere...

Mi lavai e vestii in tutta fretta, scesi in strada escludendo a priori l’idea di prendere il tram. L’unica soluzione era il taxi. Accidenti a me e a quando avevo deciso di prendere una casa vicino al mare anziché vicino all’Università. Il quartiere di Munkkiniemi era sì bellissimo, ma decisamente scomodo se sei una in perenne ritardo.

Vidi arrivare un taxi e mi lanciai quasi sotto le ruote. Peccato che non fui l’unica a farlo. Accanto a me, un ragazzo aveva appena fatto la stessa cosa. Alzai lo sguardo verso di lui. Era vestito completamente di nero, unica eccezione una sciarpa azzurra, e aveva un cappellino di lana nero calato fin quasi sugli occhi, di un verde intenso. Finlandese, senza alcun dubbio.

“Ti prego, devo andare al lavoro e sono in terribile ritardo” implorai, in inglese sperando che capisse. Ancora non me la cavavo proprio bene con il finlandese, vivevo ad Helsinki da poco meno di due mesi.

Mi fece un sorrisetto...un bellissimo sorrisetto, indubbiamente. “Stesso problema” ridacchiò “credo di non aver sentito la sveglia”.

“Ok, mi dispiace, ma ho terribilmente bisogno di questo taxi, se vuoi scusarmi...” feci per salire ma mi fermò.

“No aspetta!” disse “Non posso aspettarne un altro, è un problema se salgo anch’io?”

Lo guardai, confusa. “N-no... basta che la prima tappa sia la mia”.

“Affare fatto” sorrise.

Salimmo entrambi sul sedile posteriore, dissi al taxista – una donna- la mia destinazione, e il mio sconosciuto compagno di viaggio fece lo stesso. La taxista non gli staccò per un attimo gli occhi di dosso. Sì, indubbiamente era carino ma dal mio punto di vista niente di speciale... ma due o tre volte rischiammo di tamponare la macchina davanti perché quella tizia non faceva altro che guardarlo. Sbuffai. Il ragazzo accanto a me se ne accorse, e mi sorrise di nuovo.

Finalmente arrivammo all’Università. Feci per pagare la corsa, ma il mio compagno di viaggio mi fermò.

“Sei stata gentilissima, è il minimo che io possa fare”. Disse, sorridendomi di nuovo .

Protestai. Il ragazzo vestito di nero rise. “Vuol dire che la prossima volta che saremo entrambi in ritardo pagherai tu!”

Sorrisi a mia volta, ringraziai e scesi dal taxi.

“Aspetta!”

Mi voltai verso di lui.

“Ci hai ripensato?” chiesi.

Lui sorrise. “No... volevo semplicemente darti questo, se stasera non hai niente da fare e ti va di sentire un po’ di musica...”

Mi mise in mano il biglietto di un locale. Lo guardai, perplessa.

“Grazie... io devo proprio andare ora..”

Ci salutammo, e il taxi si allontanò. Che strano tipo, pensai.

Mentre camminavo a passo sostenuto verso il dipartimento, diedi una rapida occhiata al biglietto. “Tavastia Klubi” . Mai sentito.

 

Arrivai due minuti esatti prima dell’inizio della lezione, che per fortuna andò bene.

Due ore dopo, finalmente raggiunsi il piccolo studio che dividevo con gli altri dottorandi: Jack, americano, Karin e Marianne, finlandesi. Mi ero trovata subito bene, con loro. Mi ero anche presa una cotta per Jack, ovviamente non ricambiata, visto che lui moriva dietro a Karin.

“Ellie, abbiamo fatto tardi stamattina?” ridacchiò Jack.

Sbuffai, e raccontai loro le mie disavventure mattutine, compreso lo strano incontro nel taxi.

“E mi ha anche dato il biglietto per un concerto! Un tipo davvero assurdo!” conclusi.

“Quale concerto?” chiese Marianne, patita di musica. Le porsi il biglietto.

Spalancò gli occhi “Il Tavastia? Ma stasera non suonano mica....”

“Gli HIM!!!” esclamò Karin.

Le due ragazze si scambiarono un’occhiata perplessa. Guardai Jack. Nessuno dei due disse nulla, ma la domanda che avevamo negli occhi era la stessa. Chi diavolo erano gli HIM?

“Ellie... com’era, precisamente, il ragazzo che hai incontrato in taxi?”  chiese Karin.

“Era ...alto, occhi verdi...boh, carino...normale.”

Marianne spalancò gli occhi. “Naa, ma dai Karin, non penserai mica...? lui non è né carino né normale...è...è...”

“Ma il taxi l’hanno preso a Munkkiniemi...fai 2+2...”

“Cioè, tu pensi che Elizabeth abbia diviso il taxi con...Ville Valo?” disse Marianne, spalancando gli occhi.

“Potrei sapere qual è il problema...e chi sarebbe questo Ville Valo?” chiesi.

“L’uomo più bello e sexy del mondo!” esclamò Karin. “Non è possibile che tu non te ne sia accorta, però...”

“Aspetta!” esclamai. “Abbiamo rischiato due volte un incidente perché la taxista non faceva altro che guardarlo...”

“Era lui, senza alcun dubbio!” rise Marianne.

“C’è un unico modo per toglierci il dubbio!” esclamò Karin. “Qui c’è scritto che l’ingresso è per quattro persone...stasera tutti al Tavastia!”

“Ma non ci penso nemmeno!” protestai.

“Ma dai, sarà divertente! E servirà a farci un po’ di cultura sulla musica finlandese!” disse Jack, strizzandomi l’occhio. Come dirgli di no, se mi guardava così? Anche se una parte di me sapeva benissimo che il suo unico interesse era passare la serata con Karin, non con me.

 

Marianne si presentò a casa mia intorno alle sei. Ci conoscevamo da poco, ma la consideravo una vera amica. Era così dolce, divertente e solare, la prima persona che mi aveva aiutato ad ambientarmi ad Helsinki. E ora aveva deciso di scegliermi i vestiti per la serata.

Passò mezz’ora con la testa nel mio armadio, uscendone con in mano un paio di jeans e una maglia nera che lasciava le spalle scoperte. Un regalo di mia sorella, che non usavo mai.

“Che fatica! Tutti questi vestiti, e le uniche cose adatte per il Tavastia sono queste! Dovremmo proprio andare a fare shopping, prima o poi!”

“Cos ’hanno i miei vestiti che non vanno?” chiesi.

“Sono da... londinese perfettina, laureata con il massimo dei voti, ecco..”

Risi. In breve, era il mio ritratto. “Una gran palla, insomma!”

“Se solo la piantassi di star dietro a quell’altra gran palla di Jack, poi...”

Sbuffai. Marianne non capiva proprio cosa ci trovassi in Jack. D’accordo, non era esattamente bello. Ma era affascinante, colto, educato.  Avrei potuto passare ore e ore a parlare con lui.

“Meriti di meglio, Ellie...” disse Marianne. “Ad esempio, se davvero il ragazzo di stamattina era Ville Valo, e ti ha invitato al concerto...”

“Scordatelo. Potrebbe anche essere, come dici tu, l’uomo più bello del mondo, ma io con uno così non uscirei mai e poi mai!”

“Con te non c’è speranza” disse la mia amica, rassegnata.

Mi obbligò ad indossare i vestiti che aveva scelto, mi truccò, nonostante le mie proteste, e pretese che lasciassi i capelli sciolti. Una montagna di capelli rossi che non riuscivo a tenere a posto in nessun modo.

Ci avviammo verso il Tavastia con la macchina di Marianne, mentre Jack, ovviamente, si era offerto di andare a prendere Karin. Quando arrivammo erano già lì, in fila davanti alla porta del locale.

 

Il ragazzo all’ingresso squadrò il biglietto, poi me. “Con questo hai anche l’ingresso al backstage, lo sapevi?” chiese.

Mentre stavo per rispondergli che a me, del backstage, non importava proprio nulla, Marianne si intromise nella conversazione.

“Certo che lo sapeva! Non vediamo l’ora!”

Le lanciai un’occhiataccia.

Quando la band salì sul palco, riconobbi subito il ragazzo del taxi. E proprio come avevano sospettato Marianne e Karin, era Ville Valo, ovvero, ai miei occhi, l’essere più tatuato, egocentrico e montato del pianeta.

 

E nel backstage, incurante di tutte le ragazze (tra cui Marianne) che erano lì per lui, venne proprio verso di me, in disparte in un angolino, impaziente che quella tortura finisse.

“Ciao” salutò. “Sono contento che tu sia venuta.”

“Mi hanno praticamente obbligata” puntualizzai. Non sapevo perché, ma in lui c’era qualcosa che proprio non sopportavo, anche se in realtà non lo conoscevo affatto.

Mi guardò, probabilmente incuriosito dalla mia affermazione.

“Non ci siamo nemmeno presentati, stamattina. Ville Hermanni Valo” disse, porgendomi la mano.

“Elizabeth Browning” dissi.

“Dovresti vestirti così anche per andare al lavoro” disse “Stamattina eri carina, ma ora.... A proposito che lavoro fai?”

“Lavoro al dipartimento di letteratura dell’Università” risposi, distrattamente, mentre guardavo Marianne che, tutta entusiasta, stava chiacchierando con i ragazzi della band.

“Invece il mio lavoro, come avrai capito,  è questo...”.

Annuii, con un’espressione perplessa.... Lo definiva lavoro?

Quanto mi dava ai nervi il modo in cui mi guardava. Sembrava che mi stesse spogliando con gli occhi. In più,  da quando ero lì, si era acceso almeno tre sigarette, e io odiavo la puzza di fumo.

“Fumi sempre come un turco, tu?” gli dissi.

“E tu, sei sempre così acida?” rispose, con un sorriso. Era veramente insopportabile. Gli lanciai un’occhiataccia, poi decisi che era proprio il caso di andarmene.

“Beh, io devo andare. Grazie ancora per stamattina, e per il concerto. ”

“...che non ti è piaciuto” ridacchiò.

“Non è colpa tua... è che il metal mi fa schifo.”

“Sei sincera, almeno” commentò. “Ciao Elizabeth...anzi, Ellie...la tua amica prima ti ha chiamata così, se non sbaglio.”

“Non mi sembra che tu sia mio amico, però. Ciao Ville”. Dissi, uscendo. Quello, l’uomo più bello e sexy del mondo? Egocentrico, viziato e fumatore accanito! Ma con tutti ragazzi che potevano esserci ad Helsinki dovevo incontrare proprio lui?

 

19 novembre

Entrando nello studio, trovai una sorpresa. Una rosa color cremisi, bellissima, sulla mia scrivania.

Diedi un’occhiata a Jack, che, assorto, lavorava al computer. Possibile che fosse stato lui?

“Ciao Jack..” dissi, con un tono insolitamente dolce, per me.

“Ciao Ellie! Chi è il tuo ammiratore segreto?” chiese, indicando la rosa.

Non era opera sua, ovvio. Ma allora, chi...?

Mi avvicinai alla scrivania. Attaccato alla rosa, c’era un biglietto. “Ora lo sapremo” dissi a Jack.

Quando lessi il contenuto del biglietto, sbiancai di colpo.

 

 “Ti somiglia, non trovi? Anche lei è bellissima, ma piena di spine... ti auguro una buona giornata. Ville.”

 

Oh. Mio. Dio. Nascosi il viso tra le mani. Jack mi guardò perplesso.

“Ellie....?”

“E’ Ville Valo” dissi.

“Chi?”

“Il tipo del taxi, il cantante di ieri sera. Ville, quello egocentrico, montato e fumatore accanito”. Ed ero stata io stessa a dirgli dove lavoravo!

Ma quello fu solo l’inizio. Sì, perché ogni mattina, da quel giorno, trovai una rosa dello stesso colore ad attendermi sulla scrivania. Karin e Marianne, ormai, mi avevano dato definitivamente per pazza. Mi definivano “l’unica donna in grado di resistere al fascino di Ville Valo”.  Ma non potevo farci nulla. Sì indubbiamente era anche carino, ma era così irritante e odioso che non avrei ceduto mai e poi mai ai suoi penosi tentativi di invitarmi ad uscire. Insomma, Helsinki era piena di ragazze, perché proprio io?

 

20 novembre

“Ogni mattina spero che tu sia in ritardo per incontrarti, ma evidentemente la tua sveglia è contro di me. Ville”

21 novembre.

“Sono stanco di parlare da solo. Questo è il mio numero..... vedi tu. Ville”

22 novembre.

“Oggi dovresti fare tu un regalo a me, visto che è il mio compleanno. Potresti almeno chiamarmi. Ville.”

23 novembre.

Domani parto. Ovviamente non ti interessa, ma volevo dirtelo. Ville”

24 novembre.

“Pensavi di non trovarla, stamattina, eh? Sbagliato! Non sentire troppo la mia mancanza. Ville”

25 novembre

Abbiamo finito di registrare prima del previsto. Domani sera sarò ad Helsinki, vieni a cena con me? Ville”

Esasperata, presi il cellulare e scrissi un messaggio.

“Puoi anche scordartelo. Elizabeth.”

Dopo pochi secondi, arrivò la risposta. “Ho il tuo numero, è pur sempre qualcosa. V ”  

Sorrisi. Uno a zero per lui, al mio numero non avevo proprio pensato.

Scrissi un altro messaggio. “.... ma non hai il permesso di usarlo. E.”

Rispose di nuovo. “Per ora...ma io non ho fretta. V.”

Di nuovo mi fece sorridere, ma decisi di non rispondere.

26 novembre

“L’invito per stasera è ancora valido. Buona giornata, Ville”

27 novembre

“Nessuna risposta equivale a no? Ville”

28 novembre

“Cosa devo fare per farti capire che non sono stronzo come pensi tu? Ville”

29 novembre

“Ok, basta inviti a cena. Che ne dici di un aperitivo? Ville”

30 novembre

“Ti chiedo solo di darmi una possibilità...se non va, ti prometto di lasciarti in pace. Ville”

1 dicembre

“Per quanto ancora continuerai a rifiutare i miei inviti? Ville”

Non si poteva continuare in questo modo. Decisi di rispondergli:

“Finchè tu non ti stancherai di invitarmi. E.”

E come l’altra volta, il messaggio di risposta non si fece attendere. “Va bene. Hai vinto tu, mi sono stancato. Quindi in teoria ora dovresti accettare... “

Scoppiai a ridere appena lessi la risposta, mentre Marianne mi guardava con aria interrogativa. Le feci leggere il biglietto e i due messaggi.

“Ma dai, è carinissimo! Non puoi continuare a dirgli di no...ma poi come si fa a dire di no a Ville?”

Sbuffai. “Non lo sopporto, Mari, davvero...”

“Ma almeno dagli una possibilità! Ti manda una rosa al giorno e riceve in cambio solo risposte acide! “

Sbuffai di nuovo. “Va bene. Passeremo la serata a litigare, almeno si renderà conto una volta per tutte che non potrà mai funzionare e mi lascerà in pace!”

Marianne mi guardò, poco convinta. Presi il telefono e scrissi il messaggio.

“No, stavolta hai vinto tu, ma non ti ci abituare! A che ora ci vediamo stasera? E.”

Chiamò due secondi dopo, chiedendomi se il messaggio lo avevo davvero scritto io.

Trattenni un sorriso. “Sì, ma se vuoi posso sempre ripensarci...”

“No! Alle 8 alla fermata dei taxi? Ti verrei anche a prendere, ma non so dove abiti...”

“Non ci provare!” esclamai “Va bene alla fermata dei taxi.”

Lo sentii ridere. “A stasera, allora”

Marianne mi guardò. “Hai seriamente bisogno di un po’ di shopping!” sentenziò.

“Cosa? Non ci penso nemmeno! Non ho nessuna intenzione di vestirmi carina per uscire con..con...”

“Dillo pure.....devi uscire con Ville Valo. Sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto, me compresa?” sospirò.

“Vuoi andare tu? Guarda che per me non c’è mica problema, eh...”

“Ma per lui sì!” ridacchiò.

Marianne mi portò tutto il pomeriggio in giro per Helsinki, costringendomi a provare vestiti su vestiti.

“No, Marianne, io la gonna non me la metto, non esiste. E poi fa anche freddo!”

“Scommetto che Ville ti scalderebbe volentieri!” rise.

La guardai storto. “Ecco...meglio che non si faccia strane idee!”

Alla fine giungemmo ad un compromesso: comprai un paio di jeans scuri aderenti, un maglione viola lungo e un paio di stivali neri. Un quarto di stipendio andato per uscire con uno che nemmeno mi piaceva.

 

Decisi di prendermela comoda, arrivando qualche minuto in ritardo. Quando arrivai alla fermata dei taxi, ovviamente Ville era già lì, come al solito vestito di nero e con il cappellino calato sugli occhi. E io avrei dovuto vestirmi elegante?

Quando mi vide arrivare, sorrise.

“Pensavo che  ci avessi ripensato...” disse.

“Sono ancora in tempo, quindi attento a te!” risposi.

Ville aveva prenotato un tavolo al Lost and Found, un locale al centro di Helsinki. Ovviamente, nel privè, così ci ritrovammo io e lui da soli, lontani dai comuni mortali.

Senza il cappello, Ville era perfino carino.

Durante la cena, riuscimmo a chiacchierare senza litigare. La verità era che stavo cominciando a sentirmi a mio agio con lui, forse non era lo stronzo che mi era sembrato la sera del concerto.

Allungai il braccio a prendere la bottiglia d’acqua, e lui mi prese la mano. Già stavo per rispondergli male, quando mi accorsi che stava semplicemente guardando il tatuaggio che avevo all’interno del polso.

“Un labirinto a forma di cuore?” chiese, incuriosito.

Annuii.

“Perché?” chiese “Scusa, magari non ti va di dirmi il significato... ma i tatuaggi mi piacciono e questo è... beh, particolare.”

Sorrisi.

“Il mio cuore è fatto così” risposi, mentre Ville mi guardava incuriosito “Per arrivare in fondo, bisogna essere in grado di percorrere il labirinto, senza farsi spaventare dalle prove da affrontare.”

“Non è il tuo cuore ad essere fatto così” sussurrò, abbassando lo sguardo. “E’ l’amore che è un labirinto”.

Stavolta fu il mio turno di guardarlo incuriosita. La serata stava prendendo una piega che non avrei immaginato. Scoprii che parlare con lui mi piaceva più di quanto mi aspettassi.

“Senza saperlo, ti sei fatta tatuare un pezzo di una mia canzone. Il tuo tatuaggio mi ha incuriosito perchè rispecchia una cosa che ho scritto io. E poi ho anch’io un cuore tatuato all’interno del polso!” rise, mostrandomi il braccio.

“Scrivi tu le canzoni per la band?” chiesi.

“Testi e musica! Ma a te il metal fa schifo!” disse, strizzandomi l’occhio.

“D’accordo, scusa, ho esagerato...”

Spalancò gli occhi, incredibilmente verdi. Cominciavo vagamente a capire cosa diceva Marianne a proposito dello sguardo di Ville, ma non volevo lasciarmi incantare.

“Mi hai chiesto scusa?” chiese.

“Era così, per dire” corressi, sorridendo.

 

La serata si rivelò piacevole. Non l’avrei mai ammesso nemmeno a me stessa, ma con Ville stavo bene. Quando il taxi ci lasciò sulla piazza principale di Munkkiniemi, si offrì di accompagnarmi a casa. Arrivati davanti al portone, già mi preparavo a reagire male per un suo eventuale bacio.

Ma il suo comportamento mi spiazzò completamente. Mi fece una specie di inchino, sorridendo e ringraziandomi per la serata, lasciandomi come una cretina davanti alla porta.

Mi chiusi la porta alle spalle, scuotendo la testa. Ero davvero quasi dispiaciuta del fatto che non avesse tentato di baciarmi?

 

2 dicembre.

“Labyrinth in a shape of a heart, Love’s secret architecture I find myself to be lost in the arms of your fate. Grazie per ieri sera. Ville”

 

Da quel giorno,continuai a trovare la rosa sulla scrivania, ma iniziammo a sentirci e vederci quasi tutti i giorni. Sembrava incredibile perfino a me, ma io e Ville stavamo iniziando a diventare amici. Qualche volta ero anche andata con lui in sala prove, e avevo cominciato ad apprezzare la sua musica, incantandomi spesso ad ascoltarne i testi. Intanto, si avvicinava Natale. Avevo deciso di rimanere ad Helsinki, dal momento che i miei genitori avevano approfittato della mia assenza per organizzare un viaggio intorno al mondo. Avrei passato il Natale da sola, ma in fondo non mi dispiaceva. La Finlandia, nel periodo natalizio, era incantevole.

 

24 dicembre

Avevo passato la serata mangiando dolci e guardando dalla finestra la neve che scendeva silenziosa. Ad un certo punto suonarono alla porta. Chi poteva essere, la Vigilia di Natale a mezzanotte e un quarto? Aprii la porta , spalancando gli occhi quando vidi chi era.

“Ville!” esclamai.

“E chi ti aspettavi, Babbo Natale?” ridacchiò.

Il solito scemo. Sorrisi.  “Un po’ gli somigli, con la neve sul cappello! Entra” dissi, spostandomi di lato per farlo passare. “Credevo fossi dai tuoi, stasera...”

“Ero lì, infatti...ma poi ho cominciato a pensare a te, qui, da sola...”

“Oh, che pensiero gentile...quasi quasi mi commuovo!” dissi.

“Non riesci ad essere meno acida nemmeno a Natale, eh?”

“Mai” risposi, sorridendo “Anzi guarda, nella mia immensa bontà ti offrirò una tazza di the, visto che avevo intenzione di prepararlo per me.”

Mi avviai verso la cucina, e lui mi seguì. Ma mi ero dimenticata di un piccolo particolare.

“Aspetta, aspetta...” mi disse sulla soglia, trattenendomi per un braccio. “Guarda lì” disse, indicandomi il rametto di vischio che Marianne aveva attaccato alla porta.

“Oh no, non pensarci neanche!” protestai.

“E’ tradizione, Elizabeth... e le tradizioni vanno rispettate!” disse, ridacchiando. Alzai gli occhi al cielo. E va bene, Ellie, che sarà mai...un bacetto a stampo, e tutto finisce lì. Tradizione rispettata, tutti contenti. Ma quello che non avevo minimamente previsto, fu la mia reazione appena le labbra di Ville sfiorarono le mie. Una scossa elettrica, un brivido bollente che mi attraversò tutto il corpo. Ci guardammo negli occhi per un istante, poi le nostre labbra si cercarono di nuovo. Ma non era un innocuo bacetto a stampo, proprio no. Era un bacio profondo, sensuale, di quelli che lasciano senza fiato. Il mio cervello non esisteva più. Ero del tutto in balia del mio cuore impazzito e delle sensazioni che provavo. Ogni cellula del mio corpo voleva Ville, e io non ero in grado di oppormi. Si staccò da me, con mio grande disappunto, e scese a baciarmi languidamente il collo, mentre le sue mani si insinuavano sotto la maglia. Mi strappò un mugolio di piacere, a cui rispose con un sorrisetto soddisfatto.

“Quello non mi sembrava esattamente un *Ville, smettila*, o sbaglio?” chiese, sempre sorridendo.

“N...no” sussurrai. Non riuscii nemmeno a rispondergli male, stavolta. Mi guardò intensamente negli occhi, e senza dire nulla mi sfilò la maglietta, gesto a cui non opposi la minima resistenza. Feci la stessa cosa con la sua, l’unica cosa che volevo era sentire il contatto della mia pelle contro la sua, fare l’amore con lui, tutta la notte...tutta la vita.

Le mani di Ville su di me mi stavano facendo impazzire.

I nostri corpi si fusero in uno, mentre la stanza si riempiva dei nostri sospiri.

“Ville....”

“Shhh...”

E aveva ragione, a volte le parole non servono proprio a nulla. Non quando il silenzio riesce a dire molto di più. Restammo abbracciati, a scambiarci baci e carezze finchè non mi addormentai, tra le sue braccia.

 

25 dicembre

Quando aprii gli occhi, Ville non c’era. Al suo posto, sul cuscino trovai un biglietto.

“Non volevo svegliarti...sei troppo dolce, almeno quando dormi! Stai attenta...se fossi sempre così potrei innamorarmi di te! A più tardi. Buon Natale, Ville”

Rimasi quasi male a non trovarlo accanto a me. Da una parte non mi capacitavo di come fosse potuta accadere una cosa del genere, dall’altra...sì, strano ma vero, sentivo la sua mancanza.

Preparai velocemente qualcosa da mangiare, pranzai da sola e poi decisi di andare a fare una passeggiata in riva al mare. Il mare aveva il potere di rilassarmi, di farmi capire cose che io per prima non volevo accettare.

Ero da poco rientrata in casa, e mi stavo scaldando con una tazza di the bollente, quando suonarono al campanello. Ville, ovviamente. Sorrisi, la verità era che ero felice di vederlo.

“Buon Natale!” disse, mettendomi in mano un piatto.

“Cosa?..”

“Dolci! Mia madre ha un po’ esagerato in cucina... Non vorrai mica far ingrassare solo me?” disse, buttandosi sul divano.

“Grazie” dissi, assaggiando un dolcetto. Erano davvero buoni.

Nessuno dei due fece un accenno a cosa era successo la sera prima...meglio, pensai.

“Allora, che hai fatto oggi?” chiese.

“Uhm..” dissi, ancora a bocca piena “ho pranzato, poi sono andata a fare una passeggiata in spiaggia..”

“Non sono l’unico a cui piace andarsene in giro quando fa freddo, allora!”

Sorrisi. “A proposito...non sapevo ci fosse un castello, qui... è bellissimo” dissi.

Ville mi guardò, l’espressione interrogativa.

Annuii. “E’ un posto stupendo! Credo di essermi innamorata di quella torre coperta di edera, sarei rimasta lì per ore a guardarla! Ma ci vive qualcuno? Si può visitare?”

Ville fece un sorriso strano.

“Sì...ci vive qualcuno. Sentiamo un po’: come immagini il proprietario di quella torre?”

Lo guardai, perplessa.

“Come lo immagino?” chiesi.

Ville annuì.

“Ma tu lo conosci? Dammi qualche indizio...”

“Mmm... è abbastanza conosciuto, sì... è un uomo e vive da solo. Ora tocca a te.”

“Non mi è di grande aiuto, come indizio...” protestai.” Comunque... di sicuro è uno che ama la solitudine. Poi...gli piace leggere, non so perché ma immagino una stanza con le pareti piene di libri... e poi è un tipo romantico...magari compone anche poesie!”

“E ti piacerebbe, uno così?” chiese Ville, sorridendo.

Abbassai lo sguardo. “Ammesso che esista, uno così... sarebbe il mio uomo ideale! Senza offesa, eh, Ville...”

Scoppiò a ridere. “Senza offesa...” commentò “Bene...ora andiamo!”

“Dove?” chiesi.

“Hai detto di voler visitare la torre, no?”

Lo guardai, con gli occhi spalancati.

“Ma...si può visitare? Davvero?”

Ville ridacchiò. “Tutte le volte che vuoi. Puoi anche passarci la notte, volendo!”

“Mi stai prendendo in giro?”

“Assolutamente no” disse, serio, mentre mi aiutava ad infilarmi la giacca.

Camminammo in silenzio, e rimasi di sasso quando vidi Ville tirare fuori un mazzo di chiavi dalla tasca della giacca e aprire la porta della torre, con un sorrisetto furbo sul viso.

Spalancai gli occhi. “Ville...non dirmi che questa è...?”

“Casa mia!” rise “Ma credevo lo avessi capito! Oddio Ellie, hai una faccia! Dovresti vederti!”

“Smettila di ridere!” protestai, dandogli una manata sulla spalla. Lui rise ancora di più.

“E’ evidente che il proprietario non è come l’ho descritto...” dissi, sorridendo e scuotendo la testa.

Mi lanciò un’occhiataccia.

 

Ma c’era davvero una stanza con le pareti coperte di libri, e l’arredamento era proprio come lo immaginavo. Mi avvicinai a una delle librerie.

“Davvero leggi Poe?” dissi, guardando le decine di libri sistemati con cura sullo scaffale.

“E’ uno dei miei autori preferiti. Scommetto che non l’avresti mai detto, eh?”

“No, infatti...” risposi, sorpresa. “Considerando che è anche uno dei miei autori preferiti”.

“Devi rassegnarti” mi sussurrò all’orecchio. Era dietro di me, a pochi centimetri di distanza... e mi tremavano le gambe. Questo non era un buon segno. Non andava proprio per niente bene.

“A cosa dovrei rassegnarmi?” chiesi, la voce un po’ troppo bassa rispetto a ciò che avrei voluto.

“Al fatto che abbiamo più cose in comune di quanto tu voglia far credere a te stessa...e al fatto che sono innamorato di te...” disse, cingendomi la vita con un braccio.

Il mio cuore impazzì . Feci per allontanarmi da lui, o meglio... il mio cervello lanciò l’impulso, ma il mio corpo si rifiutò categoricamente di ubbidirgli. Esattamente come la sera prima. Mi fece voltare verso di lui.

“Qui non ho la scusa del vischio, ma...”

Non gli feci concludere la frase. Mi sollevai sulle punte dei piedi, a sfiorare le sue labbra.

Ci baciammo a lungo dolcemente, finchè lo abbracciai, mormorando un “Ti amo” che forse avrei dovuto dire da tempo.

Mi guardò, sorridendo. Ville non aveva solo superato il labirinto, l’aveva completamente distrutto. Quell’anno, il Natale mi aveva portato il regalo più dolce che potessi desiderare. L’Amore.

 

I dream what you're dreaming

And feel what you're feeling

Love's our shadow on the wall

With the face of god

HIM – The face of God

 

 ..... Sì lo so...magari come one-shot è un pò lunghina, ma è nata così e non volevo dividerla!^^

Grazie in anticipo a chiunque la leggerà, spero vi piaccia e.... Buon Natale!!

Dimenticavo: questa ff non è scritta a scopo di lucro nè per offendere i personaggi citati!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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