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Autore: Shannonwriter    09/06/2013    2 recensioni
La mia è una specie di rivisitazione della storia di Alice In Wonderland in chiave moderna che però non segue necessariamente gli avvenimenti narrati nei libri o nel cartone. Alice ha diciassette anni e vive a New York. Apparentemente ha tutto quello che le serve, è stata ammessa alla Juilliard e potrebbe diventare una grande pianista un giorno, allora perché non è contenta? L'unico a stare sempre dalla sua parte è Hartley, il suo migliore amico. è buffo, uno spirito libero e un giorno si presenta con un cilindro in testa che, sostiene, potrebbe aiutarla perché è magico. Ma sarà vero? E c'è qualcosa di più di una semplice amicizia tra Alice e Hartley? Scopritelo leggendo (è la mia prima originale, omg!).
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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La pregiata carta da lettere arricchita da ghirigori e caratteri in rilievo sembrava essere stata appoggiata lì sul bancone della cucina apposta perché Alice la vedesse, come un promemoria. O una minaccia incombente. Per la ragazza la seconda era l'opzione più giusta. Per tutto il pomeriggio si era scervellata chiedendosi per quale motivo le fosse arrivato l'invito alla festa di Justin Van Horten via posta, cartaceo e non via mail come al solito. Alice era abituata a fingere che quelle e-mail non esistessero e a cestinarle come avrebbe fatto con lo spam, in questo modo sua madre non poteva intromettersi e costringerla a partecipare. Quindi perché quella volta doveva essere diversa? Justin Van Horten proprio non poteva fare a meno di pagare chissà quanti soldi un tipografo per far consegnare quelle stupide buste? Nella sua disperazione Alice esagerò convincendosi che l'universo stava cospirando contro di lei. La ragione era semplice, una volta visto l'invito sua madre si era entusiasmata e ovviamente l'aveva trascinata a fare shopping per scovare un vestito adeguato da indossare alla festa. Si, ora doveva andarci obbligatoriamente perché non ci sarebbe stata scusa o supplica in grado di salvarla.
Così dopo un pomeriggio in boutique Alice si ritrovava con un abito blu luccicante ricoperto di paillettes
, un paio di scarpe decisamente più alte di quelle che usava di solito per gli eventi e un appuntamento con il parrucchiere per quel sabato. Il temuto sabato della festa di Justin Van Horten. L'assurdità nel solo fatto che avrebbe dovuto presentarsi a casa sua stava nel fatto che di sicuro non era la benvenuta. Ecco come funzionava nella scuola di Alice: tutti sapevano che lei era parte di una famiglia molto ricca e rispettata ma d'altra parte era anche al limite dell'essere asociale quindi ogni qual volta che c'era un evento le veniva mandato un invito ma si trattava di cortesia o di apparenza per meglio dire; nessuno si aspettava veramente di vedere Alice. E a lei andava bene così, una serata senza gli studenti con la puzza sotto il naso della sua scuola equivaleva a una serata in più da passare con Hartley.
A proposito di Hartley, Alice ebbe un idea. Saltò giù dal letto e sollevò la trapunta. Infilò un braccio sotto al materasso e cercò tra le doghe quella che arrivata a quel punto era la sua ultima speranza per tirarsi fuori dalla festa di Van Horten. Sorrise quando le sue dita afferrarono quello che cercava. Era un piccolo cerca-persone nascosto col nastro adesivo sotto il suo letto. Glielo aveva dato Hartley dopo un po' che si erano conosciuti e lui ne aveva uno uguale. Avevano sempre comunicato così visto che lui non aveva un cellulare, 'troppo costoso da tenere in vita' aveva detto, e quindi si arrangiavano. Era divertente, non troppo pratico ma pur sempre divertente per Alice. Quell'aggeggio nero e rotondo con lo schermo alto due centimetri poteva fare ben poco, solo inviare dei messaggi in codice tra di loro, ma era meglio di niente. Alice premette uno dei due grandi tasti sul cerca-persone e fece comparire sullo schermo il simbolo di una tazza di caffè, seguito da un orologio. Significava 'tra un'ora al cafè.'
Alice inventò la scusa più banale di tutte con sua madre, disse che voleva uscire per comprare anche un paio di orecchini da abbinare al vestito nuovo e la donna non fece obiezioni. Se si trattava della festa poteva fare ciò che voleva. Il lato negativo era che sarebbe tornata a mani vuote e a comprare gli stramaledetti orecchini ci sarebbe dovuta andare per forza prima o poi. Dopo aver preso la metropolitana Alice camminò fino al Wondercafè. Lei e Hartley si incontravano spesso lì, era il loro posto preferito. Quando Alice entrò dalla porta il suo arrivo fu annunciato dal suono del campanello e da dietro il bancone si voltò subito il proprietario.

“Oh, la piccola Alice! È un po' che non ti si vede in giro!” la accolse l'uomo con un sorriso amichevole.

“Ciao Jeff” ricambiò il saluto la ragazza raggiungendolo su un alto sgabello.

Il locale era vuoto, cosa che rattristava Alice. Era così per la maggior parte del tempo, i clienti che passavano di lì bastavano a mala pena per far guadagnare a Jeff abbastanza soldi da tenere il Wondercafè aperto, il che era insensato. Quel cafè era un posto magnifico, Jeff era un uomo simpatico e affabile che regalava sempre un biscotto al cioccolato sia ad Alice sia ad Hartley e in generale li faceva sentire di famiglia. “Giornata fiacca?” chiese Alice con una smorfia.

“Nah” rispose Jeff passando un panno sul bancone “era pieno fino a due minuti prima che entrassi tu”.

Jeff faceva sempre così, non voleva mai pensare a quello che non andava e preferiva comportarsi come se fosse tutto ok. Non era uno che si compativa e questo ad Alice piaceva. L'uomo mise il menù davanti ad Alice, anche se lei lo conosceva già a memoria, non c'era molto tra cui scegliere; caffè, cappuccino, latte, caffè alla cannella, tè classico o tè verde. A quanto pare ai vecchi tempi c'erano molti più gusti e altre bevande, lo si capiva anche dalla pagina strappata del menù ma ora Jeff era costretto a tenere il minimo indispensabile. Poi c'erano i biscotti, quelli li faceva lui di tanto in tanto, come offerta speciale della settimana. Una volta Hartley era rimasto così colpito da quanto erano buoni che aveva chiesto a Jeff perché non apriva una pasticceria invece o perché non li inseriva semplicemente nel menù dato che secondo lui avrebbero attirato più clienti. Jeff aveva sorriso, le piccole rughe a contornargli gli angoli degli occhi azzurri 'non sono biscotti per tutti' aveva detto. A volte diceva cose criptiche così.

“La canaglia ti raggiunge?” chiese Jeff a Alice.

“Si, sarà qui tra poco” rispose subito lei. Non aveva mai mancato un appuntamento, era questione di minuti prima che comparisse alla porta.

“Aspetti a ordinare allora?”

“Si” disse Alice.

Mentre aspettava la ragazza pensò a cosa dire a Hartley e a come se la sarebbero potuta cavare la sera della festa. Una volta che la sua macchina fosse ripartita lei avrebbe potuto svignarsela con Hartley e forse sarebbero tornati in quel magazzino abbandonato a suonare. Il pianoforte sarebbe stato ancora lì? Non era riuscita a tirare fuori nessuna informazione dal suo amico, svicolava attorno all'argomento con estrema maestria ma Alice rimaneva curiosa. Sperava con tutto il cuore che sua madre non l'avrebbe mai scoperta in caso di fuga e che sarebbe tornata in tempo per mezzanotte per farsi riprendere.
Passarono dieci minuti, poi venti fino a che dando uno sguardo all'orologio appeso alla parete dietro di lei Alice si accorse che era lì già da mezz'ora e di Hartley neanche l'ombra. Era parecchio strano che ritardasse così tanto. Si era ritrovata a ordinare il caffè senza di lui e forse non era stata una grandissima idea visto che non aveva fatto altro che renderla più ansiosa. Il campanello attaccato alla porta trillò e Alice si voltò all'istante ma non era Hartley, era un cliente qualsiasi. Buon per Jeff pensò, ma male per lei. Iniziava a chiedersi cosa potesse essere successo e se il suo migliore amico si sarebbe fatto vivo o meno. Forse non aveva visto il messaggio sul cerca-persone, forse era scarico e doveva cambiare la pila, magari non aveva tempo di raggiungerla ma allora perché non risponderle?

“Hartley è in ritardo?” chiese Jeff spuntando dalla cucina con una tazzina da tè poggiata sul piattino per il cliente.

“Già” rispose Alice demoralizzata passandosi una mano tra i lisci capelli biondi.

Jeff le offrì un'espressione rassicurante. “Non stare a preoccuparti per lui. È uno tosto, sono sicuro che c'è una spiegazione.”

Già una spiegazione. Jeff doveva avere ragione ma d'altra parte non era mai, mai successo che Hartley ritardasse così tanto a un appuntamento. Dopo un'altra mezz'ora Alice lasciò il café pregando Jeff di dire a Hartley che era passata di lì e che aveva bisogno di parlargli nel caso l'avesse visto. Mentre usciva facendo suonare il campanellino per l'ultima volta Alice si rese conto che ora non c'era più dubbio su dove avrebbe trascorso il suo sabato sera. Si infilò le mani nelle tasche dei jeans e procedendo spedita verso l'entrata della metro diventava più irritata ad ogni passo, perché se fino a poche ore prima la sua sola preoccupazione era quella stupida festa adesso c'era qualcos'altro che le premeva di più: dove diavolo era Hartley?


Note: ben due persone seguono questa storia! *sibatteilcinquedasola* Mi accontento con poco, ok? A parte questo, un paio di cose; il prossimo capitolo si intitola "party" e rappresenterà l'inizio di qualche cambiamento e l'entrata di un nuovo personaggio e ce ne saranno anche degli altri proseguendo. Ho chiamato Van Horten Justin perché ultimamente sono troppo obsessed con Justin Timberlake e quindi ho dovuto omaggiarlo! Detto ciò credo che toglierò la tag fantasy fino a che non uscirà effettivamente fuori qualcosa di quel genere (presto, presto) se no è fuorviante. Stay tuned :)

   
 
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