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Autore: Christine02    10/06/2013    7 recensioni
Magari all'apparenza può sembrare una storia come le altre, ma non è così: Christine è figlia unica, una ragazza timida e molto riservata il cui unico sfogo è la musica.
Suo padre è un musicista e, infatti, grazie a lui e a sua madre ha conosciuto quest'arma di sfogo. Christine è una sedicenne che per un attimo cerca di mettere da parte la sua timidezza, senza riuscirci. Purtroppo la sua parte sensibile prevalerà sempre. Riuscirà mai a sentirsi accettata nella nuova scuola? Conoscerà, finalmente, degli amici?
Bhe, basta una letta per scoprirlo.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo cinque.




19 Ottobre 1988.


Berkeley, California.


10.30 




- … Allen e Mitchell, interrogati.-
Christine sospirò di sollievo per non aver sentito pronunciare il suo cognome dalla trepidante professoressa di storia; prese un foglio di carta e cominciò a disegnare cose incomprensibili, mentre il suo pensiero era altrove. 
La scuola era iniziata da quasi un mese e doveva ancora iscriversi a uno dei tanti corsi offerti dalla scuola: scrittura creativa, teatro, cucina, cheerleader, lingue oppure iscriversi a uno dei molteplici club studenteschi (solitamente frequentati da nerd.)
Insomma, quella scuola non era poi così male: rispetto a quella di Santa Rosa si potevano fare molte più attività ed i ragazzi erano molto socievoli e disponibili (ad eccezione del personale scolastico..).
A scuola aveva iniziato con il piede giusto: una sufficiente C al compito di matematica e una splendida B in quello in Letteratura Americana.
Mentre la matita danzava sul foglio formando lettere, intrecci e così via, sentì qualcosa colpirle la spalla, suscitando la risata di alcuni compagni.
Sentì chiamarsi da una voce familiare così si girò, con uno sguardo totalmente perso.
- Chris, quaaa! – Jennifer, la ragazza che le aveva chiesto disperatamente delle lezioni di Letteratura, la stava chiamando in un modo piuttosto esagerato, facendo gesti alquanto strani e improbabili.
- Cosa c’è? -  Bisbigliò, cercando di non farsi notare.
- Puoi venire in biblioteca dopo? Devi aiutarmi! -
Il fatto che una coetanea le stava chiedendo una mano in una materia, la rendeva orgogliosa di sé stessa.
Aveva fatto enormi progressi e finalmente, aveva allargato notevolmente la cerchia dei suoi amici.
Christine le sorrise, annuendole – Però mi devi offrire il pranzo. -
- Sarà fatto.-



-



13.50


- ..Uhm, secondo me devi iniziare così. -  Christine si portò una mano al mento, guardando nel vuoto, in cerca d’ispirazione.
Nel frattempo Jennifer la guardava con occhi speranzosi e colmi di curiosità. – Ti ascolto. -
- Allora … potresti iniziare con una sorta di riassunto, che ne dici? -
- Tipo? -
- Ad esempio … potresti dire che gli autori americani si sono ispirati a dei modelli inglesi ed infine citi due grandi scrittori, come Olson o Stevens. -
Jennifer la guardava un po’, come se stesse cercando di mettere insieme le parole che la sua amica aveva appena pronunciato.
- Posso chiederti una cosa? -
- Certo che puoi..-
- Perché hai quella cicatrice sul braccio? -
Tutto si fermò.



3 Marzo 1978.

Santa Rosa, California.

14.45

Uno sguardo sincero e terribilmente dolce, guardava fiero il capolavoro che aveva appena dato al mondo. Le due piccole mani stringevano quel disegno che aveva creato per l’amata maestra di italiano che nelle sue due ore aveva assegnato ai suoi alunni un compito su “Come vedi la mamma e il papà.” 

La bambina era fiera di sé stessa.
- Maestra, maestra!!! – Senza esitazione corse verso la cattedra, mostrando alla Signorina Matchell il suo disegno.
Christine per l’imbarazzo si portò un dito alla bocca, sorridendo.
- Christine è bellissimo! Ti  meriti una stellina! Sei contenta? -
La bambina lo riprese fra le mani saltellando, avvicinandosi alla maestra che le aveva appena appiccicato un adesivo nel grembiulino rosa.
I suoi genitori sarebbero stati orgogliosi della loro bambina.
Pochi secondi dopo la campanella suonò e la piccola Christine si precipitò verso la sua cartella, avvicinandosi poi, agli altri bambini.
Quel giorno però, suo padre stava tardando più del dovuto.
Erano già passati quindici minuti e Christine era seduta a terra, contando i quadrettini del suo grembiule.
- Uno … cinque … due..otto … - O almeno, ci provava.
“ Dove è finito papà? “ Si domandava di tanto in tanto, guardando il corridoio vuoto.
Poi ad un tratto sentì dei passi avvicinarsi a lei.
La bambina alzò il viso fiduciosa di trovarsi il gran sorriso che suo padre aveva sempre stampato in bocca, ma non fu così.
Due ragazzi, che avevano più o meno l’età di quindici anni si avvicinarono a lei, parlando sotto voce.
Christine era incuriosita dai due e soprattutto ignara di quello che le sarebbe successo poco dopo.
- Cos’è questa merda? – Urlò il ragazzo più robusto, strappandole dalle delicate mani il disegno che aveva accuratamente disegnato per l’unica ragione della sua vita: mamma e papà.
Christine non capì subito e soprattutto fu colpita dal gesto di quello.
- Non rispondi? – Domandò l’altro.
La piccolina cominciò ad impaurirsi e bisbigliò sotto voce.
- Non ti ho sentito! -
- .. P..per mamma e..e papà. – Sperava che il suo unico eroe sarebbe giunto lì  come nelle storie che le narrava sua madre prima di andare a dormire; sperava che quello fosse solo un capitolo interminabile di un libro che conteneva miliardi di parole.
I ragazzi alla risposta della bambina risero di gusto ed il più snello, con uno sguardo compiaciuto, fece l’occhiolino all’altro.
-


La bambina si ritrovò a terra coperta di lividi sul braccio, sdraiata fra i mille puzzle di disegno.
Era distrutta.
Piangeva come non aveva mai fatto prima d’ora, rannicchiata su se stessa.
Poggiò con delicatezza la mano al braccio che le doleva di più, continuando ad urlare disperatamente.
Ma niente.
Era tutto completamente inutile.
- C- Christine! – Poi arrivò.
Ma ella era talmente distrutta che non riusciva nemmeno a pronunciare il nome del suo eroe.
- Oh mio Dio! -
Due forti braccia la accolsero e lei strinse con una mano il bordo della maglietta di suo padre.





-




- Non è niente … Dicevamo? -
La compagna sembrò pensarci, piegando leggermente il viso da un lato.
- HO UN’IDEA! -
La ragazza spalancò gli occhi e fece segno all’amica che erano all’interno della biblioteca e che, in quel preciso istante, la stavano osservando tutti.
- Ho un’idea! – Esclamò, questa volta, a bassa voce.
Christine le sorrise per incoraggiarla a parlare.
- Potrei descrivere TUTTI i romanzi di Charles Dickens, che ne pensi? Dai, è il mio autore preferito! -
Christine scoppiò in una risata, mentre l’amica la guardava storto.
- Dickens è inglese! Non Americano ! -
- Cazzo, me ne ero dimenticata.. - Jennifer, per niente scoraggiata dal suo errore, fece un grosso sorriso continuando a pensare.
Anche Christine stava pensando intensamente a cosa far scrivere all'amica e, proprio mentre stava per dire a Jennifer di aver avuto un'altra idea, la sua visuale fu occupata completamente da un volantino verde scolorito, su cui capeggiava la scritta a caratteri cubitali Green Day.
Allora, ci verrai? -
D’istinto Christine si voltò verso il  proprietario di quella voce maschile, piuttosto comune.
- Mike! –
- .. Hey. –
Spesso, quando i due si incontravano in corridoio si fermavano a parlare.. e presto la ragazza era venuta a sapere che lui suonava in una band.
- Quando ci sarà? -
Michael si accomodò nella sedia affianco, guardandola fiero.
- Questa sera, ore 21, Gilman. -
- Dove ci siamo..? -
- Sì, dove ci siamo incontrati. -
Mike le sorrise, sperando di convincere un’altra persona a partecipare all’evento.
- Spero di esserci..-
- Lo spero, dobbiamo fare il botto! -
Michael sorrise alla ragazza, per poi voltarsi verso l’altra accorgendosi che il loro tavolo che pieno di libri.
- Ah, cazzo.. forse è meglio se io vada. -
Jennifer tirò un sospiro di sollievo e continuò a guardare lo sguardo gioioso della sua amica.
- .. Ciao Michael, a stasera forse .-
- A stasera. -





Berkeley, California.


20.47


Era da quindici minuti che Christine stava cercando disperatamente le chiavi della macchina mentre gironzolava per  casa.
- Mamma, dove hai messo le chiavi della macchina? -
Ma non ci fu nessuna risposta.
- Mamma! -
Christine sbuffò e scese velocemente le scale di casa, ansiosa di fare tardi.
- .. Mamma? -
Il passo della sedicenne si fece sempre più veloce e iniziò a camminare verso la cucina, sempre più ansiosa.


Tre respiri.
Due respiri.
Un respiro.


- MAMMA! -
Il corpo di una donna giaceva a terra.
Un corpo bianco, pallido.
Il colore che spaventa sempre un po’.
Il colore del vuoto, della paura.
Forse era proprio quello il sentimento che provava Christine: paura.
I secondi scorrevano e la paura la stava divorando.
Tutto intorno a lei era crollato.
Ogni singola parete.
Ogni singolo oggetto.
Ogni singolo ricordo.
La osservò per un tempo indefinibile, si buttò addosso a lei, cominciò ad urlare disperatamente.
Le lacrime scorrevano come cascate, la paura era sempre più incolmabile.
In quel momento era sola.


- MAMMA, MAMMA! COSA STAI FACENDO?! SVEGLIATI, MAMMA! -

Ma tutto ciò non occorreva a niente, era tutto completamente inutile.
Le urla erano suoni completamente sordi.

- CHRISTINE! CHIAMA SUBITO UN’AMBULANZA! -
Il padre era corso dalla moglie, stringendole la mano, mentre la ragazzina era corsa al telefono.


Le lacrime continuavano a scendere, la paura continuava ad aumentare.
Era diventato tutto incontrollabile.



___________________________
Mi scuso per il ritardo ma ho avuto da fare!
Inoltre ho partecipato anche al concerto dei Green Day a Roma, è stato bellissimo!
Anyway, nel "pezzo" in cui Christine ricorda un frammento della sua infazia, capiamo il motivo per cui lei è una ragazza "chiusa".

Ho cercato di rendere il fatto della madre più tragico possibile, e questo non sarà niente in confronto ai prossimi capitoli..

xx.
  
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