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Autore: arthursheart    10/06/2013    2 recensioni
Si trovavano in una stanza quadrata non molto grande e poco illuminata, le pareti erano blu scure e c'erano due sedie. Justin si sedette su una di queste invece la ragazza, che era molto agitata, iniziò a camminare avanti e indietro. Aveva paura, era terrorizzata e non capiva cosa volesse da lei quell’uomo.
"Justin avevi detto che non stava succedendo niente! Perché mi hai portato qui? Chi erano quei tizi e cosa vogliono da me?" disse la ragazza con la voce tremolante.
"Jennifer non avere paura. Stai calma! Hai detto che ti fidavi di me, no?!"
"Adesso non so più se mi fido di te!” disse la ragazza continuando a fare su e giù nella stanza.
“Jennifer è già abbastanza complicato, non ti ci mettere anche tu!” disse il ragazzo alzando la voce.
La ragazza si fermò e rivolse lo sguardo all’amico, poi disse:
“Bene, allora mi fiderò di te quando mi dirai tutto! Voglio sapere perché sono qui!"
"Certo, adesso se per favore ti siedi ti dirò tutto ciò che so e che mi hanno detto devo dirti!" aspettò che la ragazza si sedeva accanto a lui e poi iniziò a parlare di nuovo.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 27
« You have to learn to repress your feelings »
Jennifer
Non riusciva a credere ai suoi occhi.
Si era immobilizzata a circa un passo avanti l’uscio che aveva appena varcato, e osservava la stanza con gli occhi sbarrati dall’incredulità, e la bocca dischiusa, sorpresa aumentata dal fatto che la stanza era nella semioscurità.
Era sicura che il caro Joseph nascondeva qualcosa di grosso, qualcosa bisognoso di una copertura grande quando tutto l’edificio della palestra, ma quella stanza, e tutto ciò che conteneva, era al di là delle sue aspettative.
Aveva iniziato ad avere sospetti sulla natura del luogo in cui Oliver la stava portando nel momento in cui era stata costretta a voltarsi per permettere al ragazzo di immettere il codice di ingresso, ma anche prima, quando aveva attraversato quei corridoi scuri che avevano risvegliato in lei ricordi che avrebbe preferito non rivivere.
E proprio a causa dei ricordi della giornata in cui tutto iniziò, nacque in lei la paura di rincontrare un qualche agente della CIA, vestito in nero.
Fortunatamente, però, l’unica cosa sorprendente che si era ritrovata davanti era quel paradiso tecnologico, sorpresa da non sottovalutare.
Una parete della stanza era occupata da fin troppi display, tre più grandi erano posti al centro e i due laterali erano stati posizionati in modo trasversale così che fosse più comodo per la persona seduta a quella postazione di consultarli.
Ripresasi dalla sorpresa iniziale, scrutò con più attenzione le immagini che trasmettevano, e con qualche secondo di ritardo capì che provenivano da telecamere, la cui esistenza le era ignota.
I tre display grandi erano divisi in alcuni quadrati, che trasmettevano diverse immagini, e Jennifer scoprì il modo in cui Joseph riuscisse a controllare sia lei che Justin: dallo schermo centrale provenivano immagini della sua scuola, quello a destra di casa sua, e quello a sinistra riprendeva immagini di un luogo a lei sconosciuto ma capì che era legato a Justin perché c’era il suo nome su una targhetta posta sotto il display.
Fu distratta dalle sue riflessione da un rumore alla sua destra, che la fece sobbalzare, costringendola ad allontanare lo sguardo dalle immagini.
Oliver era rimasto accanto a lei, in realtà aspettava sempre l’arrivo di Joseph in piedi a causa della professionalità e del rispetto delle regole che il suo severo addestramento gli aveva impartito, anche se lo stesso Joseph lo avevano invitato numerose volte ad abbandonare il tono formale.
Era silenzioso e consapevole di aver agito contro le regole portando Jennifer alla ‘base’, e solo in quel momento riuscì a pensare alle conseguenze e alla reazione di Joseph, e quando sentì il rumore della porta dell’appartamento in cui Joseph viveva, avvertì tutti i muscoli tendersi, e capì che si era appena guadagnato una bella punizione, oltre al fatto che avrebbe dovuto sopportare la rabbia di Joseph e le sue frecciatine, che non erano mai poche.
“Oliver, come mai sei qui a quest’ora?” la voce di Joseph era solo un sussurro, poiché proveniva da una porta alla destra degli schermi, nascosta proprio da questi ultimi.
Oliver fissava il punto in cui Joseph sarebbe comparso nella stanza nel giro di pochi secondi, incapace di nascondere il nervosismo che gli stava mangiando l’anima; Jennifer, invece, era semplicemente curiosa e scrutava il punto da cui proveniva la voce.
Un improvviso fascio di luce si riversò nella stanza, ma fu questione di pochi secondi poiché la porta aperta per permettere a Joseph di entrare, era stata subito chiusa.
Nel momento in cui stava per ripetere la domanda, le parole gli morirono sulle labbra, e rimase a fissare prima Oliver e poi Jennifer, poi chiuse gli occhi e li riaprì, convinto di aver avuto una visione.
“Che ci fa lei qui?” urlò, poi, constatata la veridicità di ciò che gli occhi gli mostravano.
“Mi ha costretto” sussurrò Oliver, senza abbassare lo sguardo, ma con un’espressione dispiaciuta disegnata sul volto.
“Tu..” urlò ancora l’uomo, rivolto a Oliver, concedendosi una pausa per riflettere sulle giuste parole da usare “è troppo presto, dovresti saperlo!”
“Avrebbe compromesso l’addestramento se non l’avessi portata qui, ho fatto solo ciò che ritenevo giusto per portarlo al termine al più presto!” esclamò Oliver, alzando di poco la voce per poter farsi sentire da Joseph.
L’uomo sembrò calmarsi un po’, ma continuava ad avere un’espressione contrariata.
“Che è successo?” chiese, dopo qualche istante, caricando le sue parole di, fin troppo evidente, finta gentilezza, come se volesse sottolineare che non era affatto d’accordo con quella decisione.
“A quanto pare non si hanno più notizie di Trevor” rispose prontamente Oliver, ritornato ad assumere il solito tono e la solita postura professionale.
“E tu hai disobbedito agli ordini perché un semplice ragazzo non da sue notizie?” chiese Joseph, urlando, per poi andare a sedersi sulla sedia di fronte agli schermi.
“Dovrei sollevarti dall’incarico solo per questo” borbottò dopo qualche istante.
“È stata colpa mia, speravo potessi aiutarmi a capire dov’è” sussurrò Jennifer, con lo sguardo basso.
Aveva agito seguendo l’istinto, come ormai le stava capitando troppo spesso, e non aveva pensato alle conseguenze, e non le sembrava più una buona idea perché non voleva che Oliver avesse dei guai a causa sua. Ormai, però, erano lì, e l’unica cosa che poteva fare era cercare di indirizzare la colpa su se stessa e non sul ragazzo.
Joseph si alzò improvvisamente e le si avvicinò nel giro di pochi secondi, iniziando a parlare fissandola negli occhi, per il gusto di osservare tutte le espressioni della ragazza.
“Per quale motivo dovrei farlo? Non fa parte della missione, e da quando è entrato nella tua vita non ha fatto altro che causarti dolore”
Come una freccia che arriva dritta nel bersaglio, così le parole di Joseph la colpirono nel petto, ma, più di tutto, fu colpita dalla loro veridicità.
Ricambiò lo sguardo di Joseph, cercando di mascherare al meglio le sue emozioni. Capì che non ci era riuscita a causa del sorriso vittorioso dell’uomo, e del suo sguardo di sfida.
E, improvvisamente, si ritrovò a pensare che avesse sottovalutato il suo addestratore, e le cose che egli conoscesse sulla sua vita.
Un lampo di paura le attraverso lo sguardo al pensiero che conoscesse e potesse rinfacciarle davanti a Oliver il suo più grande segreto, quello che cercava di nascondere con cura e che solo Matt conosceva.
Una sola volta, prima di quel momento, aveva avuto paura di quello che Joseph conosceva, ed era stata la prima volta che l’aveva visto, quando aveva deciso di sottoporre lei e Justin a un questionario, e quella volta Joseph le fece solo poche domande su informazioni superflue.
L’uomo notò la paura che trasmettevano gli occhi della ragazza e la sua espressione intimorita, e il sorriso sparì dal suo volto.
“E controlliamo che fine ha fatto quel bastardo” esclamò, poi, passandosi una mano sul volto e poi nei capelli.
Andò a sedersi in una delle due poltrone, che Jennifer non aveva notato fino a quel momento, quella di fronte ai tre display grandi, e fu subito affiancato da Oliver che occupò quella alla sua destra.
Jennifer restò immobile, registrando lentamente l’improvviso cambiamento di Joseph, e i suoi pensieri furono interrotti proprio dalla voce dell’uomo.
“Allora, quali sono le ultime cose che sappiamo di lui?”
La ragazza scosse la testa, per allontanare tutti i pensieri che le affollavano la mente, e si avvicinò, posizionandosi dietro Joseph.
“I suoi amici mi hanno detto che ieri, come ogni domenica, sono andati a casa sua e la madre li ha cacciati, quindi sono andati alla finestra della sua stanza e hanno avuto l’impressione che quella stanza fosse vuota da anni”
Joseph annuì, e accese un display collegato a un computer, e iniziò a scrivere e aprire pagine.
Infine sul display grande centrale cambiarono immagini e Jennifer riconobbe, in uno dei piccoli quadrati di nuove immagini, la strada e il prato in cui il giorno prima si era fermata con Justin, dove aveva visto Ashley; gli altri otto quadrati riprendevano un palazzoe una strada.
Impallidì, non riuscendo a capire il motivo di quelle immagini.
“Qui è dove Trevor vive” disse Joseph, girando la poltrona per poter osservare l’espressione di Jennifer.
L’uomo sapeva cosa il giorno prima i suoi allievi avessero visto, e in quel momento stava capendo anche il motivo per il quale Ashley fosse, in pieno giorno, impegnata in quella parte della città.
“Adesso controllo se ci sono registrazioni di ieri mattina” aggiunse, ritornando a scrivere.
Qualche istante dopo, la schermata del display divenne un’unica immagine, e i nove quadrati di immagini registrate si erano trasferiti sul display del computer, così da permettere a Joseph di controllare meglio le registrazioni e offrire una migliore dinamica della registrazione.
Le immagini partirono dall’entrata del palazzo, che dopo qualche istante si aprì e un ragazzo, Trevor, uscì; indossava una tuta e una felpa, e aveva gli auricolari nelle orecchie.
“Quindi verso le nove, Trevor è uscito per fare ginnastica” la voce di Joseph risuonò nella stanza.
La scena cambiò, e Jennifer rivide il prato e l’arrivo di un fuoristrada dal quale scese una ragazza bionda, che riconobbe essere Ashley, e cinque uomini vestiti di nero.
Vide la mascella di Ashley muoversi e gli uomini che di disperdevano alla ricerca di qualcosa.
“Vediamo la stronza che dice”
Jennifer guardò Joseph, sorpresa di sentirlo parlare in quel modo.
“Non ci far caso, quando lavora e c’è di mezzo la squadra infernale dice sempre parolacce” la rassicurò Oliver, sorridendo divertito.
“La squadra infernale?!” ripeté lei.
“Sì, non ve ne ha parlato? La squadra di spie che negli ultimi anni ha provocato un bel po’ di danni alla CIA” spiegò Oliver, alzando le spalle e tornando a osservare le immagini.
Jennifer ricordò il racconto di Joseph riguardo ciò per cui erano stati scelti, e per cui la CIA aveva registrato numerosi fallimenti e perso numerosi validi agenti.
“Ecco!” esclamò Joseph.
Jennifer guardò il display, su cui c’erano alcune parole.


Trovate il ragazzo

“Non arriviamo a conclusioni affrettate, continuiamo a guardare” aggiunse Oliver, lanciando un’occhiata preoccupata verso Jennifer.
Continuarono a osservare le immagini, e arrivò il momento in cui sul display comparve l’auto di Justin, e Jennifer rivisse, da spettatrice esterna, tutti i momenti che conosceva fin troppo bene.
Poi, quando sia l’auto di Justin sia Ashley e i suoi uomini erano fuori dalla visuale della telecamera, sul limite del prato arrivò Trevor intento a continuare la sua corsa mattutina.
Seguirono le immagini di Trevor, e nel momento in cui lui era arrivato sull’uscio del palazzo e stava per entrare, due uomini lo bloccarono e lo voltarono.
Arrivò Ashley, che iniziò a parlargli.
Joseph riattivò il dispositivo che permetteva la lettura delle labbra e appena finì la conversazione tra Ashley e Trevor, quando entrambi bussarono alla porta di casa del ragazzo, Joseph fermò le immagini e riapparvero alcune parole sul display.


- Ciao, Trevor. Io sono Ashley.
- Cosa volete da me?
- Solo parlare. Sei un amico di Jennifer, vero?
- Non conosco nessuna Jennifer!
- Oh davvero? Se non collabori, le farò molto male. Allora? La conosci?
- Sì, la conosco.
- Devi venire con me.
- Dove vuoi portarmi? Io devo restare qui con mia madre!
- Parlerò anche con lei. Le diremo che ti abbiamo proposto un addestramento militare, che tu hai accettato. Non abbiamo tempo da perdere.

“Ha rapito Trevor” sussurrò Jennifer, incredula “Non posso credere che sia arrivata a tanto”
“L’ha fatto sicuramente per colpire te, ma userà Trevor soprattutto contro di te” disse Joseph.
“Che intendi?” chiese Jennifer, massaggiandosi gli occhi.
“Intendo dire che farà in modo che ti odi, così tu avrai paura a batterlo perché non vuoi fargli del male, e lui, invece, non si farà nessuno scrupolo a farti male” spiegò, con un sospiro, per poi alzarsi e dirigersi verso la porta dalla quale Jennifer era arrivata con Oliver.
La aprì, e fece cenno a Oliver e a Jennifer di seguirlo.
Una volta arrivati nella loro palestra, Oliver si allontanò, iniziando a preparare la palestra per l’addestramento giornaliero, Joseph, invece, si accomodò a terra e aspettò che Jennifer lo affiancasse per iniziare a parlare.
“Il tuo problema è che ti fai condizionare troppo dai tuoi sentimenti”
“Era un mio amico, è normale che mi faccio condizionare” esclamò lei, senza pensare a quello che diceva.
“Hai ragione: era un tuo amico. Adesso dimentica Trevor e tutto ciò che conoscevi riguardo a lui, non esiste più la persona che conoscevi.”
Jennifer annuì debolmente, deglutendo la poca saliva che aveva in bocca.
“Una cosa che devi imparare a fare al più presto, per essere una brava spia, è reprimere tutti i sentimenti positivi che provi. Non puoi farti condizionare”
La ragazza lo guardò mentre si alzava e le tendeva la mano per aiutarla a fare la stessa cosa.
“Adesso inizia a riscaldarti, poi mi fai vedere come te la cavi a combattere contro Oliver.”
 
Justin
 
“Va bene, Justin, per oggi basta, sei stanco e non riesci a cantare al massimo” esclamò
Scooter, dall’altra parte del vetro.
Justin sospirò rumorosamente, passandosi una mano sul volto, mentre si alzava e usciva dalla stanza di registrazione.
Era tornato a Los Angeles durante la notte, e la mattina successiva Scooter l’aveva buttato giù dal letto e costretto a stare l’intera giornata nella sala di registrazione, con il risultato di sole due nuove canzoni completate, più circa una decina che aveva già registrato nelle due settimane precedenti al ritorno a Stratford.
Raggiunse, con Scooter, l’auto nel parcheggio in silenzio, scortato dalla sua fedele guardia del corpo che, però, non lo seguì in macchina.
Scooter si diresse al loro hotel, e durante tutto il tragitto restarono in silenzio, entrambi troppo stanchi per parlare, ma entrambi consapevoli che non potevano ritardare il momento delle ‘chiacchiere’.
Arrivati nella camera, che in realtà era simile a un appartamento, che dividevano, Justin si precipitò sul letto, sprofondando la testa nel cuscino, Scooter invece andò a sedersi sul divano e accese la tv.
“Hai visto le prime pagine dei giornali di oggi?”
“No, sono stato tutto il tempo chiuso nello studio, se l’hai dimenticato”
“Siete davvero carini tu e Jennifer! Non mi avevi detto della gita al parco” continuò Scooter.
Justin si alzò velocemente e lo raggiunse nel salotto, trovandolo a osservare un paio di riviste sparse sul tavolino.
“Non penso di doverti riferire tutti i miei spostamenti” esclamò il ragazzo.
“Penso che la situazione ti sia sfuggita di mano” disse Scooter, alzando gli occhi per osservarlo.
“Non mi è sfuggito niente di mano!” urlò Justin, ne aveva abbastanza degli ordini di quell’uomo.
“Invece credo di sì! Guarda qui come la guardi!” esclamò, lanciandogli una delle riviste.
Justin la prese al volo e iniziò a sfogliare le pagine e a guardare le numerose foto che i paparazzi avevano scattato il giorno prima.
“Ti avevo avvisato”
“Sì, e io ricordo perfettamente quello che mi hai detto” lo interruppe Justin, sospirando rumorosamente.
“C’è qualcos’altro che devi dirmi riguardo ieri?”
“No, sai tutto, l’unica cosa che avevo omesso l’hai scoperta grazie ai paparazzi”
Justin andò a sedersi sul divano accanto a Scooter, che non aveva mai distolto lo sguardo dalla figura del ragazzo.
“Se l’hai baciata per i paparazzi, mi congratulo con te” esclamò all’improvviso l’uomo, con l’intenzione di alleggerire l’atmosfera.
“Sappiamo entrambi che non è per questo” sussurrò il ragazzo, prendendosi la testa tra le mani.
“Non ti e sfuggito niente di mano? Ma davvero?” chiese Scooter, ma era una domanda retorica, anche se Justin si affrettò a dargli ragione.
“Lo so, lo so. Ho sbagliato tutto”
“Stai mettendo in pericolo sia te stesso che Jennifer”
“Ti ho detto che lo so! Non voglio metterla in pericolo, altrimenti le avrei confessato tutto ieri! L’ho baciata per questo, perché stavo per metterla a corrente dei sentimenti che provo!”
“Che ti avevo detto riguardo i sentimenti?” chiese l’uomo, passandosi una mano nei capelli.
“Ti ho detto che lo ricordo!” esclamò ancora Justin.
“Non posso farmi condizionare dai sentimenti positivi che provo, e quindi devo reprimerli”

Spazio autrice:
no, non sono fuggita in una qualche isola caraibica, sono ancora qui dopo quasi due mesi.
mi dispiace tantissimo per il gran ritardo, ma ho avuto un bel po' di materie da recuperare, quindi non sapevo dove trovare il tempo.
ma dato che adesso è finita la scuola, penso di ridure i tempi di scrittura dei capitoli.
ho deciso di non scrivere più i dialoghi in grassetto, non chiedetemi il motivo perché non lo so, e aggiusterò tutti i capitoli precedenti man mano che li riscrivo.
dato che nel capitolo precedene Justin è mancato a qualcuno, ho pensato di dividere il capitolo in due parti.
Spero che nessuno di voi mi odierà per il ritardo, tanto meno per questo capitolo.
In realtà spero che ci sia ancora qualcuno che ricordi questa storia, e quindi continuare a seguirla e recensirla.
Aspetto qualche vostro parere!
alla prossima!

baci, simo.
  
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