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Autore: despicableandri    10/06/2013    13 recensioni
STORIA COMPLETA - Niente è come sembra, e quasi sempre la prima impressione è sbagliata.
'non giudicare un libro dalla copertina' mi dicevano, ma non gli avevo mai dato peso. Si può passare davvero dalle famose 'stalle' alle 'stelle'? Si può amare qualcosa che ti ha già distrutto ma che ce la mette tutta a fare di te a persona più felice del mondo, ora?
probabilmente, si.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Justin Bieber, Kenny, Nuovo personaggio, Pattie Malette, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"non so come chiamarlo" s corner. (?)
merda. già, mi sa che sono ancora nella merda.
so bene di aver promesso di postare più spesso ma è stato un periodo abbastanza .. tormentato, ecco. e ho lasciato il capitolo a metà per settimane. fino a stamattina. finita la scuola, ho ripreso in mano le redini della mia vita sociale e ho cominciato a scrivere, e da quelle scarse 2000 parole che word gentilmente mi segnalava sono arrivata a 5000. non scherzo, sono davvero 5000. :')
sono cambiate tante cose da quando ho postato.. storie che nessuno consoceva hanno superato la mia in quasi tutte le liste, ho perso parecchi preferiti, quasi una trentina. ma sapete cosa? meglio pochi ma buoni.
ringrazio tutti quelli che nonostante la mia - odiosa - pausa continueranno a leggere la storia. e mi sa che è doveroso fare un riassunto.
quindi vi lascio al riassunto e poi al capitolo :)


grazie mille di tutto, davvero.

a prestissimo!
con amore,
-Andrea.
@swagonciastin su twitter e su instagram, seguitemi!) ♥



Abigail, detta Abby è nipote della guardia del corpo di Justin Bieber, cioè Kenny che decide di affidare lo stile della superstar alla nipote, in quanto brava nel campo della moda. I due finiscono quasi subito al letto, incastonati nel circolo vizioso dell'atrazione fisica ma lei, inguaribile romanticona, ci resta completamente immersa e ci si innamora soffrendo come un cane quando nelle loro vite compare una 'tizia', Dominique, capelli biondo ossigenato e gonne inguinali che diventerà un'altra amichetta di letto della superstar che però non riuscirà comunque a tenere le mani lontano da Abby che, a sua volta, innamorata si lascerà trasportare. Quando Abby decide che tutto ha un limite, torna dalla sua famiglia dopo aver confessato tutto a Justin e scopre, in contemporanea con Bieber, che in realtà Dominique era un'attrice ingaggiata dalla migliore amica di Abby, Sheeren e dai suoi due fratello, Tomhas e Derek. Quindi Bieber, credendo di averla persa per sempre, capsice in realtà quanto tenesse a lei e decide, sotto influsso dei suoi migliori amici, di organizzare una festa per distrarsi. Nel frattempo Abby, ormai a casa e intenzionata a levarsi dalla testa Justin, incontra Chris e crede di esserne attratta ma decide di tenersene lontana visti i precedenti. Quando Chris decide di portarla ad una festa, lei viene a scoprire che è proprio quel Chris tanto amico di Bieber e si ritrova sotto casa sua. I due fanno pace, cambiandosi un bacio dopo il quale Justin le dichiara fedeltà e le chiede scusa per tutto, lei lo perdona ma è ancora titubante. Il giorno seguente, Justin va a prende Abby a casa per portarla alle prove del suo nuovo disco ma la trova a baciarsi con Chris, che nel frattempo aveva preso una cotta per la sottoscritta. Chris confessa di aver baciato lui Abby, e che quest'ultima non c'entri niente. I due fanno ancora una volta pace e felici e contenti dichiareranno alla stama di stare finalmente insieme :)




Il passato riaffiora, il passato fa male. I ricordi, le foto, i tormenti. Ma infondo, tutto ciò che abbiamo fatto, abbiamo vissuto, abbiamo scelto, ci ha portato tra le mani ciò che oggi facciamo, viviamo e scegliamo. Come potremo dimenticare, come potremo scegliere qualcosa di diverso, amare qualcun altro? Come potrei io, tornare indietro e scappare via da Justin prima di restare scottata?
Ho sempre pensato che se avessi avuto la possibilità di tornare indietro avrei cancellato la possibilità di incontrare Justin dal mio destino ma ora, qui, tra le sue braccia e immersa nel suo amore, tra le sue lenzuola senza aver fatto l’amore… ora, come potrei dire lo stesso? Ora che il dolore per le bruciature sembra ovattato, quasi un piacevole brivido sottopelle? Come potrei?


 
16.


Abigail.


Alzarmi di prima mattina non era mai stato il mio forte, ho sempre odiato farlo. Quell’aria fresca che solletica facendoti venire la pelle d’ora, quel cielo chiaro, quasi incolore. Eppure questa volta qualcosa mi ha spinto fuori dal letto alle sei e mezza del mattino. In venti miseri minuti ho preparato la colazione a Justin alla bene e meglio, ma manca il pezzo forte. Guardo l’orologio per l’ultima volta. Le sette e sette. Si può andare, a passo lento.
Quasi a rallentatore, giro le chiavi nella toppa della porta di ingresso  e sento già nei polmoni l’odore della brina. Mi faccio coraggio e  stringendomi in un giubbino di jeans di Justin mi incammino verso l’edicola all’angolo.
Il signor Tingler mi accoglie con un sorriso silenzioso, allo scoccare delle sette e un quarto. In perfetto orario, Abby!
Ancora indaffarato ad ordinare i giornali del mattino, appena scaricati, mi chiede cosa mi interessi, con un tono che lascia intendere quante poche volte da sei mesi a questa parte ci siamo ritrovati insieme lì, per di più a quest’ora. In effetti, ci siamo visti davvero poche volte, e ricordo di aver comprato solo una volta in questo posto. Eppure il signor Tingler mi aveva presa a cuore, mi sorrideva come un padre che vede la propria bambina fuori scuola ogni volta che passo per l’edicola.
“Anzi, forse so bene perché sei qui. Diciamo che offre la casa” continua, sorridendo ancora – come diamine fa a quest’ora?! – e porgendomi una rivista, o megliola rivista completamente sigillata e immacolata. Con mani tremolanti l’afferro, ricambiando tutto quel buonumore.
“Ne potrei avere due? E comunque non vale, glielo devo!” affermo convinta poggiando le monete sul bancone dell’edicola. E di nuovo il gentil signore mi sorride passandomi un’altra rivista, come se potesse leggere la mia agitazione da quindicenne e prendersene gioco scherzosamente.
Non avevo ancora guardato la rivista. Non l’avevo analizzata, letto i titoli degli articoli, visto la foto in copertina. Per evitare reazioni, preferisco tornare prima a casa. Decisamente a passo svelto, ringrazio il signor Tingler e mi dirigo al mio appartamento.
E se son venuta con qualcosa fra i denti? E se il sorriso di Justin mi offusca? E se quel tizio della cena si è inventato tutta l’intervista scrivendo di me come una che vuole rubargli soldi e fama? E se invece al contrario sembrassi una deficiente?
Smettila Abby.
Quasi camminando sulle punte mi dirigo in cucina, con le due copie della rivista strette al petto manco fossero due preziosi tesori. Le poggio sul vassoio fingendomi distratta dai toast con la marmellata che avevo preparato per Justin; mi affretto a cacciare i croissant dal microonde dove li avevo lasciati per non farli freddare, insieme ai due caffellatte.
Da brava mammina, aggiungo anche una mela al tutto. Mi incammino verso la camera da letto in cui io e Justin avevamo dormito. Già, dormito. Senza preliminari, senza passione. Solo.. amore, ed è stato fantastico. Le lenzuola lo avvolgono fino a metà petto, lasciando intravedere la leggerissima peluria bionda del petto e qualche tatuaggio, un ormai quasi-scomparso succhiotto all’altezza del pettorale destro – avvampo – e quel viso angelico. Sorride leggermente anche mentre dorme.
Appoggio silenziosamente il vassoio sul ‘mio’ comodino. Lo definisco mio perché ci sono i miei occhiali da lettura che uso la notte, per leggere qualche riga prima di addormentarmi, Il Seggio Vacante della mia dea Rowling e una foto di Justin e me portata dalla mia ex camera.
Carponi, salgo sul letto fino ad arrivare a toccare con le ginocchia un suo fianco caldo coperto dal lenzuolo azzurrino. Datemi cinque minuti e gli salto addosso.  Sa essere così dannatamente sexy anche mentre dorme innocentemente. Lo accarezzo lentamente con i polpastrelli, dall’attaccatura dei capelli, alla punta del naso perfettamente dritto, alle labbra piene e morbide, il collo liscio e infine i pettorali leggermente scolpiti. Lascio la mano sul suo petto, ad ascoltare il suo battito. Tum tum. Tum tum. Tum tum.
“Buongiorno, paradiso” oh mio dio. Scattai ritta a sedere sul letto, con sguardo colpevole e il cuore a mille.
“Mi hai fatto spaventare a morte, Justin, diamine!” lo ammonisco, buttandomi poi su di lui che mi accoglie a braccia aperte, stringendomi contro il petto. Ci divideva solo il lenzuolo. Il suo corpo nudo, il lenzuolo, e il mio coperto ancora dai leggings neri, la canotta e il giubbotto di jeans.
Mi sfilo con non poca fatica quest’ultimo lanciandolo, o meglio, con l’intenzione di lanciarlo su una poltrona accanto la cabina armadio, ma con il risultato di un giubbotto sul pavimento.
“Che schiappa amore” oddio, il cuore, oggi vuole proprio uccidermi. Nascondo il viso contro il suo petto, sotterrando un ‘ti amo’ nella mia gola. La sua risata cristallina fa vibrare i miei timpani nella maniera più dolce possibile.
“Hai preparato questo per me Abby?” chiede, tra lo stupito, il divertito, e il felice.
“Nah, ho deciso di metter su qualche kilo” lo prendo in giro, alzandomi e prendendo il vassoio.
“Dai, sembro un malato se non lasci neanche che prenda un vassoio” risponde a tono, pizzicandomi un fianco. Anche lui ora siete dritto sul materasso che cigola leggermente e blocca per un minuto intero lo sguardo sulla rivista. Ah, me ne ero quasi dimenticata. È arrivato il momento.
Porto anche io lo sguardo su una delle copie, afferrandola per guardarla da vicino.
Io e Justin, a quel tavolo durante quella cena sorridiamo ai lettori con la felicità negli occhi. Nuova fiamma per il ragazzino di Baby. Quella nuova fiamma, ragazzi e ragazze, sono proprio io.
Mi passa per la testa l’immagine di me con i capelli bianchi, seduta in veranda a bere thé freddo e raccontare ai miei nipoti di questa storia, di come una tizia con qualche nozione sulla moda perse la testa per la pop star più famosa dell’epoca e se la portò a letto sfociando in una storia d’amore. Perché ormai è chiaro, è una storia d’amore quella tra me e Justin, vero?
Guardo la foto e noto che io e Justin abbiamo molte cose in comune. Gli occhi chiari, la carnagione da mozzarella, le labbra piene e un sorriso smagliante di felicità. Adoro quel sorriso.
“Siamo belli, eh?” sussurra, come se riuscisse a leggermi nel pensiero e sinceramente ultimamente lo sospetto.
“Tu lo sei, io sembro anemica e deficiente” sbotto, ricavandone un altro pizzico.
“Smettila di dire stronzate!” mi risponde, con una nota di sincero disappunto. Gli sorrido, per poi tornare alla rivista. Faccio scorrere l’indice sul titolo dell’articolo e cerco la pagina su cui continua. Pagina 6. Bel numero.  Mi ci fiondo come se fosse l’unica cosa per salvare l’umanità da una pioggia di meteoriti e con la coda dell’occhio vedo Justin avere comportamenti simili.
Tutto ciò che leggo è ciò che è uscito per davvero dalla bocca di Justin, mi definisce una ragazza radiosa e solare, romantica, dolce, buona, simpatica, affidabile e sincera, una perfetta coinquilina e cuoca. La ragazza perfetta. Un calore nuovo mi scalda completamente. Sapere che Justin mi vede così mi rende più felice del signor Tingler di prima mattina.
Dopo quasi una pagina intera prendo parola anche io. Dopo aver definito con solo tre parole Justin, sia a lavoro che nella vita privata – disordinato, infantile, bello – Justin parla della nostra storia. Ovviamente, non può dire tutta la verità. Afferma che la storia della cugina era tutta una bufala, che sono la nipote di zio Kenny e che sono la ragazza a cui tiene di più. Aiuto. Molto probabilmente rispose a questa domanda mentre ero in bagno altrimenti sarei svenuta lì, in quel ristorante.
“Hai visto, non sembri una deficiente!” mi canzona lui, finendo di leggere prima di me – ogni cinque righe venivo catturata dalle immagini di me e Justin proposte nelle pagine .
“Sono davvero la ragazza perfetta?” gli chiedo, avvicinandomi un po’ a lui. Solo ora realizzo che ancora devo baciarlo, il che mi manca da morire.
“Se non lo fossi non saresti qui con me, ora, dopo tutto” sussurra, come se si vergognasse e afferra uno dei toast alla marmellata. Mando giù come un boccone amaro i flash back senza dargli troppo peso e inizio a mangiare anche io.
“Hai spento gli occhi, fiorellino” prende il vassoio dalle mie ginocchia posandolo sul materasso – quel caffellatte ha davvero rischiato la vita – e mi prende per i fianchi. Mi avvicina a sé e appena ne ho la possibilità mi accoccolo contro il suo petto, sperando che il passato possa passarmi di mente.
“Mi affligge, Justin. E se un giorno ti innamorerai di un’altra? E se tornassi ad essere il Justin di una volta?” mormoro, come se avessi paura delle mie stesse parole. Si irrigidisce tra le mie braccia e non posso fare a meno di crollare.
“Mi sa che è arrivato il momento.. sono così teso, dio” farfuglia, incespicando con le parole. Ecco, ora mi dice che in questi tre giorni che stiamo insieme si è sentito con un’altra. O che una di quelle ochette è incinta, o che non vuole più vedermi. Aiuto.
“Aspettami qui, ok?” e mi lascia sola sul letto matrimoniale a guardare il caffellatte.
Lo sento armeggiare con i cassetti. Aprirli, chiuderli, imprecare contro il terzo della cassettiera dell’ingresso – è difettoso da sempre – e alla fine esultare. Ok, caro caffellatte, mio fedele  e taciturno compagno d’attesa, la cosa inizia a farsi interessante e inquietante al tempo stesso. Mi batte così forte il cuore, come quando manchi uno scalino, come quando hai l’esame più difficile della tua vita, come quando Justin Bieber entra dalla porta della vostra camera da letto con una scatolina rettangolare e sottile rossa, ben impacchettata. E se mi chiede di sposarlo?!
Non fare l’imbecille, Abby.
“Lo so, è una sciocchezza, ma mi sono reso conto che da quando ci conosciamo non ti ho mai fatto un regalo serio, e quindi..” e qui mi passa la scatola. Assomiglia così tanto a un bambino che confessa alla madre di aver fatto qualcosa di sbagliato che mi viene voglia di dirgli che è tutto ok, che non sono sua madre e lo coprirò.
Afferro la scatolina con mani tremanti, ma non pesa quasi per niente. Sembra vuota, o comunque qualsiasi cosa sia lì dentro sembra inconsistente, non pesa e non fa alcun rumore contro le pareti di cartone. Se è uno scherzo gli spezzo il collo come si fa con le galline.
“Oh avanti Abby, metti più ansia di Chi vuol esser milionario!” sbotta, sorridendomi contento. È contento. Quindi è qualcosa che non mi farà arrabbiare. Ok, basta, apro.
Sollevo il coperchio minuscolo e scarlatto, portando alla luce una di quelle bustine gialle della posta, quelle che puzzano e che bisogna leccare per chiuderle. Cos’è, una multa da pagare?
“Justin ma cosa diamine…” inizio, ma ovviamente mi blocca.
“Puoi aprirlo e basta, per favore?” mi supplica, prendendo da sé la busta delle poste e gettando in un qualche posto indefinito della stanza la povera scatolina. A questo punto la apro e basta.
Strappo via un bordo della busta – “Fai attenzione, fiorellino, potresti rovinarli!” – e ne escono quattro biglietti, due andata e due ritorno. Biglietti aerei. Biglietti aerei , per due persone, per Londra. Londra.
Insieme ci saremo stati probabilmente un miliardo di volte, ma quante volte ho potuto coronare il mio sogno di viverla senza chissà quante sfilate, premiazioni, prime d film, concerti. Quante volte ho sognato di baciarlo lì, d’avanti la folla, nel bel mezzo di Oxford Street? O fare con lui un giro sul London Eye? O semplicemente essere nel mio mondo con lui?
Mai. Ecco quante volte, mai.
“Come facevi a saperlo?” chiedo stupita, fissando i biglietti come se potessero parlarmi.
“Zio Kenny. Ma l’idea è stata mia!” si appresta a chiarire, proprio come un bambino che vuole farsi perdonare. L’impulso di abbracciarlo così forte da fargli male non è ancora arrivato neanche al cervello, quando sono stretta tra le sue braccia. Al sicuro. A casa. In paradiso.
“Ah, il mio ragazzo” sussurro, sprofondando nel suo petto come se non ci fosse un domani.
“Il tuo ragazzo” ripete, e il suono che esce dalla sua bocca è diecimila volte più armonico di quello uscito dalla mia, diecimila volte più bello, diecimila volte più suo e.. perfetto.
“Mio” ripeto a mia volta, guardandolo fisso negli occhi. Ti amo.
“Justin, io..” non so bene chi mi ha fatto aprire le labbra, ma ho sentito il bisogno di farlo, ed ora, qui, tra le sue braccia, non riesco a dirgli la verità. Non riesco a dirgli che lo amo, diamine, lo amo più di ogni altra cosa.
“Cosa, fiorellino?” mi incita, sfregando il suo naso contro il mio. Voglio morire così, lo giuro.
“Io.. ecco vedi, io mi stavo chiedendo dove alloggeremo, ecco” farfuglio. Nei suoi occhi si legge bene che ha capito tutto, che ha capito che sto mentendo ma, dopo avermi scrutato un po’, lascia perdere sorridendomi rassicurante.

 


Justin.

La conosco. Ormai sono anni che quasi viviamo assieme, che andiamo a letto insieme e tutto. Si vede che mente ma non voglio rovinare nulla.  Non voglio rovinare questa settimana da soli, questo nostro tutto. Non mi va.
Infondo che colpa posso darle? Io non riesco a dirle neanche ti amo..
Dio, quanto la amo. Come ho fatto a maltrattare qualcosa di così bello per tutto questo tempo?
Dentro di me non lo avrei mai ammesso, ma probabilmente l’ho sempre amata. Ero ancora condizionato dal mio essere una superstar mondiale, ho dovuto solo ritrovare il Justin che scrisse Never Let You Go. E grazie a lei, ce l’ho fatta. Lei è stata il mio ossigeno sotto l’immensa pressione dell’oceano. Mi ha salvato dalla melma in cui stavo sprofondando con il suo sorriso pieno.
Da quando Martha mi confessò la storiella della messa in scena, mi sono sentito sempre un verme nei suoi confronti, sempre in debito per tutto ciò che le ho fatto; e lei ha solo un enorme cuore per permettermi ancora di stare con lei. È un angelo, ecco cosa.
“Anzi sai cosa, non importa, basta che siamo insieme!” sbotta all’improvviso, sorridendo ora come una bambina e buttandosi sul vassoio ancora pieno per addentare il suo croissant.
Giusto, me ne ero quasi dimenticato.
“Mi darai una mano a fare la valigia, vero? Non ne sono capace, nonostante gli anni…” sussurro imbarazzato e la sento ridacchiare mentre mangia. Che suono melodioso e perfetto.
“A proposito quando partiamo?” chiede tornando con lo sguardo sui biglietti momentaneamente abbandonati in uno degli angoli del vassoio.
Ecco, ora verrà il panico.. tre, due, uno..
“Diamine Justin, ma è domani mattina alle sette!” e improvvisamente schizza giù dal letto facendo volare in aria i biglietti e le riviste – fortunatamente il vassoio e il suo contenuto restano saldamente ancorati al letto – e si precipita fuori dalla stanza.
Già la vedo lì, nel ripostiglio a pescare le valigie, fin troppo evidenti in quanto le usiamo più del dovuto. Sento le ruote di queste scricchiolare sul parquet del corridoio e poi finalmente torna nella stanza.
“Bene, uomo di casa. Iniziano i lavori forzati!” e finisce tutto con un sorriso abbastanza malefico.
 
“Ti prego, pietà!” sussurro stremato, poggiandomi sull’espositore degli assorbenti del centro commerciale. Qualcuno mi salvi.
“E se mi viene e non li ho? Sai che disastro girare per Londra tutta sporca di sangue mestruale?!” mi urla contro e qualcuno si gira verso di noi guardando prima lei, poi me. Cazzo. È successo già sei o sette volte.
Non solo siamo stati pressoché mezz’ora a scegliere qualche crema formato mini sia più adatta all’idratazione notturna della pelle di Abby (anche se per me è già perfetta così), a fare scorpacciata di medicinali vari, ora mi toccano anche gli assorbenti e per la decima volta qualche assalto di flash.
Ho cercato di mimetizzarmi. Ma fino a quanto posso mimetizzare una star mondiale?
Un signore grassoncello e dall’aria tutt’altro che contenta, mi si avvicina con una testolina bionda alle sue spalle. Avrà si e no tredici anni e mi guarda sognante dietro gli occhiali. Mi scappa un sorriso.
“Hei, Justin Bieber, ti ha riconosciuto subito, è molto timida. Potresti..?” il signore, con tono semi-supplichevole, mi passa quello che sembra il foglietto della lista della spesa.
“Certamente, come ti chiami piccola?” mi sporgo verso la ragazzina, che ora sorride ancora di più.
“Io.. io mi chiamo Angel” sussurra imbarazzata e sorride.
“E somigli anche ad un angioletto!” sbotta Abby, ricambiando il sorriso e porgendomi uno di quei pennarelli indelebili che ha sempre con se. Dove sarei io se non avessi te, amore mio?
Oh, ehm, grazie Abby” mormora rossa in viso Angel e vedo Abby spalancare gli occhi. È sorpresa, è contenta. È bellissima.
Scrivo velocemente sul foglietto e poi lo porgo alla ragazzina che lo stringe felice.
“Grazie mille, Bieber!” e se ne vanno, anche se sembra che la ragazzina cammini a un metro da terra, tanto  è felice.
“Mi ha riconosciuto!” sorride entusiasta Abby e, senza neanche pensarci o rendermi conto che siamo in mezzo alla folla e tutti potrebbero iniziare a scattare, a chiedermi e fare domande, l’afferro per i fianchi e la bacio.
“Le nostre immagini stanno già facendo il giro del mondo, siamo io e te, insieme” sussurro e lei non potrebbe essere più felice.
“Quanto suona bene..” si lascia scappare, abbracciandomi e poggiando la testa contro la mia spalla.
Ridacchio e la stringo forte: “Allora, piccola, scelti questi dannati aggeggi?”
“Oddio hai ragione!”
E per un’altra ora andiamo avanti così. Riusciamo a prendere gli assorbenti, il deodorante, il dentifricio e gli spazzolini nuovi. Se non ci fosse stata lei non avrei neanche saputo scegliere cosa portare.
“Bene, quale bagnoschiuma preferisci?” è di fronte ad una parete coperta da scaffali sommersi da mille diversi bagnoschiuma in formato viaggio.
“Quello che hai scelto per te va benissimo” affermo esausto, ma poi mi avvicino a lei “Tanto se ne prendessi uno diverso si mischierebbe lo stesso con il tuo, mentre faremo la doccia insieme” mormoro prendendola per i fianchi, da dietro, e baciandole quella porzione fin troppo sensibile che ha dietro l’orecchio. Rabbrividisce. Sorridendo, continuo, mordendole il lobo e la sento trattenere un gemito – invano – mordendosi le labbra. Sento tutto il sangue del mio corpo fluire verso il basso ventre e ringrazio Dio di essermi messo uno di quei pantaloni larghi sulla patta, altrimenti avremo avuto un serio problemino. Altro che sangue mestruale a Londra.
“Justin diamine, siamo al centro commerciale!” e purtroppo è già tornata in sé.
“Allora andiamo a pagare e fuggiamo via da questo inferno!” la supplico e, vedendo la malizia nei miei occhi mi sorride.
“Okay, andiamo alla cassa, ma tu calma – per ora- i bollenti spiriti” mi fa l’occhiolino per poi scendere con lo sguardo sul mio inguine. Cazzo, mi sa che i pantaloni larghi non sono serviti a niente. Comunque sia, colpa sua.

Quella mattina la sveglia mi sembra un martello pneumatico. Io e Abby avevamo passato l’intera giornata di ieri a selezionare qualsiasi cosa, anche ciò che sembrava meno utile possibile dopo di che siamo passati ai vestiti e qui Abby, come suo solito, ha dato il suo meglio. Distinti per quaranta cambi d’abito a testa, si era decisa che forse sarebbero bastati per una settimana e abbiamo iniziato a fare le valigie. Dio mio, è stato così difficile.
Far entrare tutto ciò che ti serve in una settimana che non sei a casa in uno spazio poco più grande di un cassetto è stata una delle imprese più dure della mia vita, ma per fortuna Abby era proprio accanto a me che, ogni qual volta infilassi qualcosa nella mia valigia, e puntualmente sbagliavo, era pronta a prendermi in giro e trattenendo una risata mi correggeva.
Durante le registrazioni o qualche spot pubblicitario a cui avevo partecipato mi era toccato anche svegliarmi prima e fare le ore ancora più piccole, ma un lavoro del genere è riuscito a sfinire sia me che Abby, facendoci crollare nel giro di una manciata di secondi.
Non avendo la forza fisica di alzare  un braccio dai fianchi di Abby, grugnisco, sperando che lei, come tutte le poche mattine che abbiamo passato insieme, facesse questo sforzo per me. La sento gemere ancora in dormiveglia, per poi alzare flebile una mano e colpire una sola volta in modo deciso la sveglia che smette immediatamente di torturare i nostri timpani.
“Ti dico un segreto, non odiarmi” mi sussurra, la voce ancora impastata dal sonno, girandosi lentamente verso di me e strofinando le labbra contro le mie. Mai più di ora, non troverei mai le forze di alzarmi da questo materasso.
“Spara” sbotto, assecondandola nei movimenti e cercando di attirarla sempre più a me. Le sue gambe tra lei mie, le nostre braccia incrociate e i respiri l’uno nell’altro. Più di così potremo diventare solo un’unica cosa.
“Ho messo la sveglia un’ora prima. Ieri abbiamo dovuto fare le cose di fretta e.. si, mi andava di provare quelle cose della doccia. Sai, bisogna allenarsi, si può scivolare, si può cedere” e dicendo queste parole rifugia il viso in quei pochi centri menti tra il mio collo e il materasso. Tipico di Abby, sfacciata ma al tempo stesso timida come una bambina. Quasi la posso vedere arrossire contro il copriletto chiaro e mi viene da sorridere.
“Mi sembra un’ottima idea, Abigail. Non sia mai succeda qualcosa di grave” dico in tono solenne sfuggendo alla sua presa e scivolando giù dal letto con un’energia nuova, fresca  e genuina uscita da chissà dove. Quella ragazza, che lo voglia o meno, che lo faccia in maniera provocante o no, riesce a svegliare il meglio di me,a  portare fuori un sorriso, la voglia di ridere e fare cose belle e piacevoli.
Caspita, se la amo.
Sento i suoi passi dietro ai miei mentre corro nel corridoio verso il bagno. So quanto Abby adori quel bagno. La luce che filtra dalle tendine dorate colora sempre la stanza di un giallino tenue, rilassante e eccitante allo stesso momento. Come se si fosse a lume di candela.
Quando apro la porta il suo piede la blocca prima che possa chiudersi alle sue spalle e l’afferro deciso con entrambi i palmi dietro la sua schiena, spingendola verso di me e facendole notare chi si era svegliato con noi quella mattina. Geme contro la mia clavicola e credo di impazzire.
“Fammi tua, anche nella vasca” sussurra e si, impazzisco.
“Siamo in ritardo, diamine!” sbotta Abby, trafficando da una stanza all’altra per vedere se abbiamo preso tutto, mentre si infila la tuta che aveva scelto per il viaggio.
Nonostante sia una cosa così semplice, pantaloni grigio chiaro, t-shirt aderente blu con un minuscolo scollo a v e una felpa dello stesso colore dei pantaloni, è sempre una dea.
“Colpa tua!” ammicco, sorridendo malizioso e lei arrossisce urlandomi un “Ne è valsa la pena!” mentre infila nella sua borsa i due kway.
“Tutto pronto, perfetto. Tu sei pronto?” mi dice guardandomi. Anche io indosso dei pantaloni larghi e una semplice t-shirt bianca, per stare comodo. Il viaggio è lungo e molto probabilmente io e Abby finiremo per aggrovigliarci sui sediolini come ogni volta.
Il volo è privato. Saremo in pochi su quell’aereo, si e no dieci persone. Nessuno si preoccuperà di noi, con molta probabilità nessuno farà neanche caso a Justin Bieber e alla sua nuova – bellissima – ragazza.
Annuisco sorridendole e prendo entrambi i bagagli. In silenzio li trascino nel corridoio seguito da Abby, sento la sua trepidazione e la sua eccitazione anche a metri di distanza.
“Sono così contenta, non mi sembra vero. Solo io e te, e  Londra!” sbotta tutta contenta, infatti, appena entriamo nell’auto e si allaccia la cintura. Sembra una bambina alla quale hanno promesso di andare al lunapark.
“Ed io sono contento che tu sia contenta” le sorrido, ingranando la marcia e partendo. La cittadina a quest’ora è ancora spenta. Non è aperto nessuno, i lampioni sono le uniche forme di vita, ancora accesi dalla notte precedente che riflettono la loro luce giallognola sull’asfalto umido di brina.
Per questo avevamo scelto questo posto come rifugio per registrare. Ormai sono anni che veniamo qui mentre registro e più di qualche autografo non è mai successo niente.
Se fossi andato ad un centro commerciale, per esempio, di Londra, molto probabilmente non ne sarei uscito vivo o comunque con tutte le ossa al loro posto. E poi si sta bene qui, l’aria fresca, le strade libere dal traffico, il sole quasi tutto l’anno. Si sta bene.
“A che pensi?” chiede Abby, guardando fisso una mappa di Londra che aveva scaricato e stampato quella mattina. Si, assomiglia proprio a una bambina a cui hanno promesso di andare al lunapark.
“A tutto il tempo durante il quale abbiamo convissuto in qualche hotel, o in questa casa” sussurro, guardando la strada. Mi fa strano parlare ad alta voce in questo silenzio mattutino.
“Basta pensare al passato, Justin. Conviviamo ora, viviamoci ora” mi risponde lei, sporgendosi per lasciare un bacio delicato e dolce sulla mia guancia.
“Devi essere un angelo per avermi perdonato tutto” il mio tono è di rimpianto, pieno di sensi di colpa. Non avrei mai dovuto trattarla come un oggetto. Lei è perfetta, in tutto. Ha un fisico mozzafiato, e un carattere così dolce e divertente che starei ora a guardarla vivere nel mondo senza stancarmi mai.
“Forse lo sono, ma non mi interessa. Tutto quello che voglio essere adesso è la tua ragazza. Fine” e il discorso finisce così, con me e lei che ci sorridiamo guardandoci negli occhi. Sono giorni che va avanti così e ancora non mi sembra vero. Poterla guardare così intensamente e provare tutto quell’uragano di emozioni nello stomaco. È fantastico.
 


Abigail.
 
“Siamo arrivati vero?” è l’ottava volta che lo dico, rannicchiata contro il petto di Justin. Da ormai ore avevo lasciato la mia postazione per sedermi con lui. Siamo otto persone nell’aereo, uno di quelli più piccoli che Justin ha quasi sempre usato per muoversi senza creare troppo scompiglio, almeno sull’aereo.
“No, piccola” mi sorride divertito “ appena sentirai gli altoparlanti dire di allacciarci di nuovo le cinture, allora si, saremo quasi arrivati” e mi accarezza dolcemente una guancia, quasi come se mi stesse cullando.
Di solito dormo mentre voliamo, non ho mai avuto paura dell’aereo, anzi, mi ha sempre rilassato. Ma questa volta non ho chiuso neanche mezzo occhio. Mi sono lasciata coccolare da Justin e dalle immagini di me e lui a Trafalgar Square, da soli, esattamente come due innamorati.
“Vuole un altro bicchiere di tè freddo alla pesca, signorina?” mi chiede l’assistente di volo, spingendo il carrello delle bevande per lo stretto corridoio tra le poltrone ampie e comode.
“Si, grazie” dico afferrando il bicchiere gelato che la bionda mi porge cordiale e iniziando a sorseggiare il contenuto, imbronciata proprio come una bambina stufa di aspettare.
“Meriti una foto” ridacchia Justin, infilando la macchina fotografica professionale che si porta un po’ ovunque intorno al collo e scattando due o tre volte l’immagine del mio viso, imbronciato, intento a bere.
“Voglio scendere e visitare Londra con te” dico, fingendo un tono da bambina viziata e scatenando in lui una risata melodiosa e viva.
“Sei troppo tenera, piccola. Mi viene voglia di mordere queste guancie piene che hai” mi sussurra imbambolato, giocherellando con la fossetta che mi si forma sulle guancie quando sorrido o aspiro dalla cannuccia. Lo ha sempre fatto. Anche quando andavamo semplicemente a letto, una volta soddisfatti iniziava ad accarezzarmi leggero con il polpastrello proprio nel punto preciso in cui, sorridendo, sarebbe poi uscita quella fossetta che ha sempre amato. Ho sempre pensato che abbia iniziato a tenere prima a lei e poi a me.
Mi lasci andare nei suoi occhi e sulle sue labbra, che delicate indugiano sulle mie facendomi impazzire.
“Ti prego” gemo, e – finalmente- ridacchiando le posa sulle mie iniziando le danze.
Ancora devo abituarmi al fatto che dopo un bacio non finiremo obbligatoriamente in un letto, che non finirò con il piangere al cellulare con Sheeren mentre Justin va a sbattersi qualcun altro.
“Ti amo” ecco, mi sono decis.. aspetta. Non l’ho detto da sola. Ho sentito anche la sua voce sussurrare quelle due semplici parole contro le mie labbra.
“Ridillo” sussurriamo ancora, insieme, scoppiando a ridere l’uno contro l’altro.
“Non ci credo..” fa lui, guardandomi come se fossi la cosa più bella del mondo, la luce del sole dopo una settimana di tempesta, il cioccolato dopo un mese di dieta.
“Credici, Justin. Ti amo, infinitamente. Da sempre” confesso, guardandolo fisso negli occhi. Ce l’ho fatta. Gliel’ho detto.
“Anche io, angioletto, lo giuro” mormora contro il mio orecchio e quasi dimentico di essere su di un aereo, aspettando di atterrare nella città dei miei sogni, mano a mano con lui- non importa più dove siamo, dove andremo, cosa faremo. Mi ama, ed io amo lui. Improvvisamente la voce metallica che fuoriesce dagli altoparlanti ci riporta alla realtà, facendoci allontanare l’uno dall’altro per scoprirci arrossati in volto ed emozionati.
Mi allaccio la cintura e vedo Justin fare lo stesso, più felice che mai; sapere che sono stata proprio io a procurargli quel sorriso mi fa stare dannatamente bene.
“Sei felice?” mi chiede, sincero. Come potrei non esserlo, ora che so che mi ami come io amo te?
“Mai stata più felice di così, Justin” e lo bacio ancora, sentendomi in pace con il mondo e con me stessa.

  
   
 
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