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Autore: Ridichetifabene    10/06/2013    1 recensioni
Un amore forte come quello di nessun altro, ostacoli, passione e tanto altro...
Tratto dal capitolo:
quando rialzo lo sguardo verso il suo viso noto che si è tolto gli occhiali da sole, ma non appena i miei occhi incrociano i suoi mi blocco, rimango letteralmente paralizzata, non riesco a fare ne dire niente, non è possibile, quegli occhi azzurri e così profondi, ne sono sicura, sono gli stessi che sogno tutte le notti, tutto ciò è troppo surreale.
Questo è solo una piccola anticipazione, spero passerete a leggere e recensire la storia :)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CHAPTER 1

Due occhi azzurri, limpidi e cristallini come il mare, tanto profondi da farmi annegare al loro interno, più li guardavo più affondavo, fino ad arrivare ad un punto di non ritorno.
Questo è tutto ciò che vedevo, tutto intorno il buio, e poi una voce che mi chiamava da lontano, un bambino in lacrime che mi diceva di non andarmene, di rimanere con lui.
Improvvisamente mi sveglio tutta sudata, con quel senso di vuoto che mi attanaglia lo stomaco, al quale, dopotutto non mi sono ancora abituata anche se è perennemente lì con me sin dalla prima volta che ho fatto questo sogno, quando ancora ero una bambina.
Mi alzo dal letto per andare ad aprire la finestra e in seguito scendo in cucina per prendere un bicchiere d'acqua.
Come al solito mi aspetta una notte in bianco, perché ogni volta che mi sveglio non riesco più a prendere sonno, quindi mi rannicchio sulla mia poltrona con l'Ipod in mano, le cuffie nelle orecchie, la musica a tutto volume e il pensiero fisso su quegli occhi azzurri impressi nella mia mente come una fotografia su un rullino e sul perché continuo a sognarli
Più ci penso e più capisco che per ora non riuscirò a rispondere a questa domanda, quindi mi addormento piano piano cullata dalla musica.
-Giada!- sento qualcuno che mi chiama e poco dopo una mano che mi scuote lievemente, ma ho troppo sonno quindi decido di dare retta al mio cervello che mi dice di ignorare chiunque voglia svegliarmi e di riprendere a dormire, quindi mi rigiro sulla poltrona per accoccolarmi meglio al mio morbido cuscino.
-Giadaa! Svegliati, adesso!- di nuovo quell'odiosa voce, possibile che non si possa dormire in pace?
-mmmmh no- detto questo mi rotolo nuovamente sulla poltrona, ma questa volta ho fatto un movimento troppo brusco, quindi, invece di ritrovarmi la faccia immersa nel cuscino, finisco per terra come un sacco di patate.
-oooh! Finalmente ti sei alzata- alzo lo sguardo e mi stropiccio un po' gli occhi per poi aprirli definitivamente, trovandomi davanti la figura snella di mia mamma già compressa nel suo tailleur nero che mi guarda con un aria mista tra il divertito e il soddisfatto.
-oh no non mi sono fatta male,sto bene, grazie per l'interessamento- grugnisco alzandomi in piedi e stiracchiandomi, cavoli, ora che ci penso dormire sulla poltrona non è stata una grande idea, adesso la mia schiena è un dolore unico.
-ma si, lo so che stai bene,con la testa dura che hai è impossibile che tu ti sia fatta male,su su, comunque volevo dirti che io sto andando a lavoro e che prima delle 20 Non sono a casa, e lo stesso vale per tuo padre-
-ah ah ah ma quanto sei simpatica di prima mattina, comunque va bene, ci vediamo stasera- le dico avvicinandomi a lei e schioccandole un bacio sulla guancia.
-certo, ciao tesoro, buona giornata- detto ciò uscì dalla mia stanza e io la seguì, dopotutto dovevo fare colazione,no?
Una volta in cucina tiro fuori dalla dispensa la mia tazza preferita sulla quale vi sono scritti tutti i paesi e le città che voglio visitare, ci verso dentro un po' di latte e una quantità industriale di cereali al cioccolato.
Finito il tutto, torno in camera mia e vado in bagno a farmi una doccia gelata, che con questo caldo è la cosa migliore di tutta la giornata.
Uscita dalla doccia, torno in camera per vestirmi: canottiera verde dei Celtics, pantaloncini di jeans, convers nere e il mio immancabile cappellino nero con sopra disegnato un trifoglio, beh direi che sono pronta, quindi esco di casa diretta ad Hide park.
Saranno 10 minuti che cammino quando improvvisamente mi vibra la tasca dei pantaloni, tiro fuori il cellulare e ovviamente è Louis: hey rossaaa! Le Hawaii sono fantastiche! Sono riuscito a rimanere sulla tavola da surf per più di un minuto! Se non dovessi ritornare domani lì a Londra potrei diventare un surfista professionista per poi trasformarmi in un vecchio saggio del surf e diventare come il maestro Miaghi e trovarmi un mio Daniel-san. Mi ci vedresti con la barba?
Scoppio a ridere battendo le mani come una foca scema facendo quasi cadere il cellulare al pensiero di Louis, il mio migliore amico sin dai tempi delle elementari, quello tutto matto che non riesce a stare serio per più di 20 minuti, quello energico e iperattivo che insegna ad un povero ragazzo a stare in equilibrio su una tavola da surf! Quando ho smesso di tremare per le troppe risate, gli rispondo: Naaaaaah la barba non ti donerebbe, fatti crescere due bei baffoni lunghi e spinosi e poi tingili di fucsia!
Fatto ciò continuo la mia camminata, ma mentre percorro la via principale noto un piccolo vicolo alla mia destra, è stretto e poco illuminato, non lo avevo mai visto, quindi la mia insana curiosità mi costringe a percorrerlo.
Ho sempre pensato che questa mia caratteristica mi avrebbe trascinato in qualche guaio ma io sono fatta così, e perché no, magari questa volto mi porterà a qualcosa di buono.
Sta di fatto che arrivata alla fine del vicolo mi trovo davanti una specie di spiazzo enorme che da sul Tamigi, allora piano piano mi avvicino, ho sempre adorato guardare l'acqua che si muove, mi trasmette un senso di calma incredibile.
Mi affaccio e rimango ipnotizzata dal fiume che si trova sotto di me e sono così incantata da non accorgermi che la catenina, la mia catenina preferita con appeso un trifoglio d'argento, quella che ho sin da quando ero piccolissima e a cui tengo in una maniera incredibile (anche se non ne so il motivo) mi cade dal collo, probabilmente l'avevo allacciata male.
Quando mi accorgo di non averla più al collo inizio ad agitarmi e mi giro da tutte le parti, sperando di ritrovarla, e non appena vedo qualcosa di luccicante impigliato a delle pietre che si trovano sotto il parapetto che da sul Tamigi.
Mi impongo di stare calma. Giada niente panico, ora scavalchi e te la riprendi, semplice no?
Semplice un corno! Devo issarmi sul parapetto uffa, quel cavolo di vicolo non mi ha portato nessuna fortuna....
Ormai rassegnata faccio leva con le braccia e mi alzo sul parapetto appoggiando il ginocchio su di esso, così da riuscire ad alzarmi, ma appena lo sto per fare sento una voce, una voce maschile, calda e morbida, ma dalla quale traspira preoccupazione. è una voce così famigliare. Tento di ricordare dove posso averla sentita ma niente, quindi riemergo dalle mie fantasie e capisco che si sta rivolgendo a me
-non lo fare! Scendi da lì, non so che problemi tu abbia, ma sei giovane e a tutto si può rimediare, non sprecare così la tua vita!-
Ma che diamine sta blaterando? Porre rimedio a cosa? sono proprio curiosa di sapere a cosa si stia riferendo, quindi scendo dal parapetto,mi giro e noto un ragazzo che indossa un cappellino proprio come il mio dal quale spunta qualche ciuffo di capelli biondi e un paio di occhiali da sole neri. è alto e slanciato, la maglietta nera a maniche corte che indossa è abbastanza attillata da mostrare il profilo dei suoi pettorali ben definiti che si muovono ad un ritmo irregolare probabilmente a causa della corsa che ha fatto per raggiungermi. Indossa dei pantaloncini da Basket verdi che gli arrivano fino al ginocchio e delle supra bianche.
Quando rialzo lo sguardo verso il suo viso noto che si è tolto gli occhiali da sole, ma non appena i miei occhi incrociano i suoi mi blocco, rimango letteralmente paralizzata, non riesco a fare ne dire niente, non è possibile, quegli occhi azzurri e così profondi, ne sono sicura, sono gli stessi che sogno tutte le notti, tutto ciò è troppo surreale.
 
  
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