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Autore: Ardespuffy    27/12/2007    4 recensioni
C’è qualcosa in più. In più a qualcosa che non c’è mai stato davvero. E avrei tanto voluto ci fosse. Anche solo per un attimo. Per dare un senso a tutto.
Deidara. La voce di chi non è solo Arte.
E forse non lo è mai stato.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori , Deidara
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Prima di iniziare solo un paio di

CHIAVI DI LETTURA:
- Deidara riflette. Eh già.
- Ha luogo dopo la [SPOILERSPOILERSPOILER] [Se non hai letto i primi volumi dello Shippuden sei ancora in tempo per tornare indietro!] morte di Sasori.
- Può essere letta sia in chiave shonen-ai, che è come l'ho originariamente concepita, sia in chiave Deide-centric.
- Infine, per portare almeno un minimo di chiarezza in questo pastiche ermetico: gli occhi cui si fa riferimento sono quelli di Itachi. L'episodio di cui si parla è quello - narrato sotto forma di flashback - de [SPOILERSPOILERSPOILER] [Io v'ho avvertito] l'arrivo di Didara all'Akatsuki, quando questi viene battuto dal Mangekyou dell'Uchiha. Il quale - sacrilegio - pare così svilire l'Arte del nostro biondino...
- Dimenticavo: il titolo. Kuru ° Kawaru. Dal giapponese (ma va??!), "gira e cambia". E' un verso di "Chikyugi", la sigla della serie Hades di Saint Seiya. Quanto amo quell'anime. E questa canzone.


Oh, insomma, non so quale sia effettivamente il significato di questa storia. Ero solo stanca, suppongo, di vedere Deidara ridotto ad un semplice fanatico delle esplosioni/kamikaze/uke...
Chissà se questo ingorgo mentale gli rende giustizia, però! '^^




~*~





C’è… qualcosa di più

C’è… qualcosa in più.

C’è sempre stato.

Solo che nessuno è mai stato capace di vederlo.

Nemmeno tu.

 

 

La solitudine è esplosione.

Esplosione di mille bolle d’aria che si espandono all’altezza del petto, fatte d’elio e di quell’insulsa piccola cosa…

Male.

Fa tanto male, Danna.

 

 

[[ Vidi quel passerotto e lessi la fine nei suoi occhi.

Pensai che meritava di andarsene degnamente.

Pensai di essere in grado di dargli un destino adeguato.

Pensai di essere dio, un onnipotente, magnifico dio. ]]

 

 

Cominciò così.

 

 

Da allora trovai uno scopo che salvasse le apparenze.

Con gli altri, prima.

Persino con me stesso, poi.

E ad ogni boato, e ad ogni incendio, e ad ogni voluta di fumo, mi convincevo sempre più.

 

 

Arte.

Mi sono sforzato di sentirla dentro.

Scorrere.

Perché è così che immagino ci si senta.

A sentirla davvero, intendo.

A sentirla.

 

 

E poi quegli occhi a svilire la mia incantevole, perfetta finzione.

Come una maschera in cui si apre una breccia.

E il colpevole arciere resta a fissarti compiaciuto, mentre tu lo avverti, lo sai.

Doloroso, ironico, assolutamente certo.

Sai che non te ne importa niente.

Tanto, era solo una maschera.

 

 

E allora hai una possibilità.

Puoi gettare la copertura e correre ai ripari, perché adesso sì che è la fine.

O puoi raccogliere i cocci.

Una mano di vernice a coprire l’ammaccatura, non troppo precisa così che il danno risulti degno d’esser mascherato.

 

 

Anche l’orgoglio è una maschera.

 

 

Puoi aprirvi un’infinità di brecce e nulla cambierà.

Uno sbuffo di pennello e di nuovo è intatto.

Ammaccato, naturalmente.

Com’è giusto, desiderato che sia.

 

 

C’è sempre stato qualcosa in più.

Perché nulla è mai stato realmente.

Vuoto di pieno, pieno di vuoto…

Come tagliare il centro di una sfera perfetta.

Mettere da parte il nucleo – e aspettarsi che sia estremamente caldo, o estremamente freddo, o estremamente qualcosa…

E scoprire che è solo insensibile.

 

 

Mettere da parte il nucleo, dicevo.

E prendere in esame tutto il resto.

E appiccicarci sopra un’etichetta, e scrivere.

“Ah, questo è Deidara.”

 

 

Ma con quale inchiostro?

 

 

Vuoto di pieno, pieno di vuoto…

Sono superficiale?

Me lo sono chiesto con disattenzione, nello stesso modo in cui ci si domanda, almeno una volta nella vita, se quel bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto.

Filastrocca.

 

 

Tu te lo sarai chiesto, come tutti gli altri.

Col tempo sarai arrivato a qualche risposta brillante, qualcosa di sofisticato.

Che rendesse onore alla tua personale etichetta, quella che è fiera di recare scritto.

“Ah, questo è Sasori.”

Qualcosa di brillante.

Come, che so.

 

 

“Nel bicchiere non c’è mai stata acqua.”

 

 

E magari avrai persino aspettato, aspettato che qualcuno….

Qualcuno.

Qualcuno s’interessasse abbastanza da chiedertelo sul serio.

Da chiederti cosa pensi di questo paradosso.

Per darti l’occasione di sfoggiare il frutto del tuo bel pensamento.

 

 

Mi ci è voluto un po’ per realizzarlo.

Ma infine ho capito.

Quanto volevo essere quel qualcuno, Danna.

 

 

Te ne sei andato, ed ora io sono qui a chiedermi.

L’avrai sentita scorrere?

La tua Arte?

Il suo eterno scorrere, dico bene?

Perché è questo che fa, giusto?

Scorre.

Scorre?

 

 

L’avrai sentita, tu?

Almeno tu?

 

 

C’è qualcosa in più.

C’è l’ostinarsi ad appiccicare l’etichetta al nucleo, e non a quell’immensa porzione di sfera – priva delle sensibili attrattive centrali – per il solo fatto che, ecco, ne è priva.

Perché decidiamo che è insensibile senza esserci dati pena di assaggiarla.

 

 

Il nucleo se ne sta lontano dalla superficie.

Se ne guarda bene.

Ma se squarciassimo la sfera a partire dal suo centro, e poi capovolgessimo il mondo…

Allora sì che l’etichetta starebbe al suo posto.

 

 

Adesso obietteresti che.

“Sei sempre esagerato. Che bisogno c’è di ruotare la Terra?”

Ti guarderei smarrito, forse fingendo di non capire.

Sospireresti: “Basterebbe solo girare la sfera, no?”

 

 

E io ti darei ragione, perché, per un istante solo, con la tua supponenza, saresti stato il mio qualcuno.

 

 

La verità è che è molto più semplice capovolgere il mondo che virare la sfera.

Sasori-danna.

Mi chiedo se tu l’avresti compreso sul serio, o l’avresti solo deciso.

 

 

L’avrai sentita scorrere, Danna?

La tua Arte?

Il suo eterno scorrere?

L’avrai sentita, tu?

Almeno tu?

 

 

C’è qualcosa in più.

In più a qualcosa che non c’è mai stato davvero.

E avrei tanto voluto ci fosse.

Anche solo per un attimo.

Per dare un senso a tutto.

 

 

 

 

~*~ 

 

 

 

Sasori-danna?”

Mph?”

“Ecco, so che è una domanda strana, ma… mi chiedevo…”

“…”

“Insomma, secondo lei, il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?”

 

 

Almeno non hai bisogno di chiedermi di che bicchiere parlo.

 

 

“Tu non saresti neppure capace di tenerlo in equilibrio, il bicchiere.

Ma, Sasori-danna…!”

“Quando ti cadrà di mano, Deidara, tutto ciò che saprai è che hai versato l’acqua.

 

 

Il lampo di un’illuminazione.

 

 

“Quindi lei dice che dovrei provare a capovolgerlo??

“… Smettila con queste idiozie.”

 

 

Sorrido, anche se tu non puoi vedermi.

Mi hai stupito, Danna.

Ci sei riuscito.

 

  
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