Capitolo 7
«S-scusami…io…io
non so che mi è preso…»
Non
poteva vederlo chiaramente, era troppo buio nella camera, ma riusciva
facilmente a figurarsi il panico dipinto sul volto di Chris che gli aveva
lasciato la mano e non era più steso ma seduto sul pavimento.
Se
avesse dovuto spiegare a parole quello che stava provando in quel momento non
ci sarebbe mai riuscito. Non era nemmeno sicuro del numero di sensazioni che
stava provando contemporaneamente, di una sola era certo: felicità. Eppure
anche definirla solo come felicità gli sarebbe sembrato riduttivo, per pochi
secondi si era sentito completo, si sentiva come in un sogno, non avrebbe mai
voluto lasciare quella camera perché fuori c’era la realtà, c’erano persone che
si fidavano di loro, persone che li amavano e che loro amavano, persone che non
meritavano di essere prese in giro, tradite, fuori da quella camera non c’era nessun
loro.
Eccoli,
il panico, il senso di colpa, il dolore, avevano preso piede anche dentro di
lui.
Nonostante
tutto, in quel momento, nemmeno quelle cose contavano. Forse era egoista, forse
faceva davvero schifo come essere umano, forse non meritava nulla di quello che
aveva, ma in quel momento per lui contava solo Chris. I pensieri, le
sensazioni, erano tutti tabula rasa, c’era solo il forte bisogno di stringere
l’uomo davanti a lui, dirgli che sarebbe andato tutto bene, che in qualche modo
si sarebbe aggiustato tutto, che potevano essere felici. Ci credeva davvero. Si
sentiva frastornato, inebriato, euforico, come l’aver riassaporato una droga
dopo anni di astinenza, non esistevano più il passato, il futuro, il resto del
mondo, c’erano solo quel momento e loro due.
«Non
scusarti…va tutto bene» allungò la mano per prendere quella di Chris.
Tutte
le sue percezioni erano amplificate, così quando Chris scostò la mano fu come
ricevere un pugno nello stomaco.
«Hai
ragione, non significa nulla, non ha voluto dire nulla per nessuno dei due, è
stata solo colpa dell’alcol» disse con voce decisa.
«Lo
sai che non è vero» sentiva dolore, come se qualcuno avesse preso in mano il
suo cuore e lo stesse strizzando come una spugna, come poteva dire questo?
«E’
così, abbiamo solo bevuto troppo»
«No…»
era un incubo, doveva essere un incubo, non poteva star succedendo di nuovo «lo
sappiamo entrambi cosa voleva dire»
«Nulla,
per me non ha significato nulla.»
E
allora lo sentì, per la seconda volta nella sua vita, come un crack nella testa e un dolore acuto nel
petto. Era stato così anche anni prima, l’aveva sentito il suono del suo cuore
che si spezzava. Il suo mondo stava andando in frantumi, di nuovo.
Avrebbe
voluto dirsi che gli uomini non piangono, avrebbe voluto almeno questa volta
conservare la sua dignità, non mostrare a Chris quanto potere aveva su di lui.
«N-non
ti credo» la sua voce era strozzata nel tentativo di combattere le lacrime che
incuranti dei suoi sforzi continuavano a scendere.
«Che
cosa vuoi che ti dica?» non poteva vederlo ma dal tono di voce era chiaro che
anche Chris stava piangendo «Che non importa quanti anni passino, non importa se
abbiamo sposato altre persone, messo al mondo dei figli, non importa quanto mi
auto convinca che possiamo scherzarci e giocarci su, io ti amerò sempre? E’
questo quello che vuoi Jonathan?»
L’aveva
chiamato per nome. L’aveva chiamato per nome con una voce che rendeva chiaro
quanto stesse soffrendo, era il tono di una persona stremata dal dolore, che non
sopportava più quella situazione.
Jonny
non riusciva a dire nulla, si sentiva solo soffocare dal dolore, il dolore che
provava nel vedere Chris ridotto così.
«Vuoi
che ti dica che sono uno stupido che credeva di poter avere la botte piena e la
moglie ubriaca? Che sono anni che mi giustifico con me stesso per quello che
provo per te dicendomi che il nostro è un amore diverso e che non devo sentirmi
in colpa verso la donna che ho giurato di amare per tutta la vita?» la voce di
Chris era rotta dal dolore «E’ così, lo ammetto.» il tono di voce più pacato «Ma
sai cosa? Questo non cambia nulla. Abbiamo fatto delle scelte tanti anni fa,
abbiamo delle responsabilità verso altre persone, le nostre famiglie, Will,
Guy, non siamo più i ragazzini che non avevano nulla da perdere a scambiarsi
gesti affettuosi su un palco…»
Ad
ogni parola Jonny sentiva una parte di se morire, sapeva che Chris aveva
ragione e sapeva che dopo quella notte avrebbe perso anche tutto quello che gli
aveva dato la forza di non crollare in tutti quegli anni. Era vero, si erano
presi in giro da soli, parati dietro muri di scuse ed ora che la vita aveva
voluto sbatterglielo in faccia era tutto rovinato, sarebbe tutto cambiato, com’era
già cambiato negli anni.
Eppure,
anche se sovrastato da tutto quel dolore, Jonny sentiva un senso di rabbia crescere
dentro di se, Chris aveva ragione, non potevano più essere quelli che si
abbracciavano davanti a migliaia di persone fregandosene del pensiero degli
altri, ma la verità era che non lo erano più già da molto tempo. Quelle, oramai
rare, volte in cui l’amico si lasciava andare a degli slanci d’affetto verso di
lui, bastava il rumoreggiare della folla per farlo pentire tanto da non
ripetere il gesto la volta successiva. Certo, sul palco Chris la prendeva a
ridere, ed anche Jonny, ma c’era un motivo per cui oramai anche durante il
finale di In My Place erano tanto distanti sul palco: Chris era sempre stato
terrorizzato dall’opinione degli altri, l’aveva sempre anteposta a quello che
c’era tra di loro. L’aveva fatto il giorno in cui avevano, o meglio aveva, deciso
che non poteva esistere alcun futuro per loro due insieme e lo faceva ogni sera
sotto quei dannati riflettori che erano sempre stati l’ostacolo più grande. Se
fossero rimasti i ragazzini sfigati del college, se non fossero mai diventati i
Coldplay, allora forse le cose non sarebbero mai precipitate fino a quel punto.
E
poi Chris lo fece, pigiò l’unico tasto dolente del ragazzo con gli occhi verdi.
«Non
smetterò mai di scrivere quello che provo per te, del nostro amore, sei in più
canzoni di quante credi…»
Il
dolore cedette il posto alla rabbia, alla frustrazione, ai pensieri che per
anni aveva tenuto dentro di se e incurante delle lacrime, di che ora fosse e di
chi potesse sentirlo, sputò fuori tutto quello che provava.
«Dovrei
esserne felice? E’ questo il futuro che mi aspetta? Vivrò il resto della mia
vita ad ascoltare cosa hai da dirmi attraverso delle canzoni perché sei troppo
vigliacco per dirmelo in faccia, perché sei stato e sarai sempre troppo vigliacco
per ammettere apertamente quello che provi ed essere felice? Che farai? Mi
dedicherai un intero album questa volta? Inciderai una canzone in cui dici che per te è stato difficile lasciarmi
andare, che io ti ho spezzato il
cuore e poi la rinnegherai sostenendo che tu la odi? Oppure non so lo so, scriverai
una canzone per me, dirai a tutti che è dedicata a me e poi smetterai di
cantarla perché è per la persona sbagliata rimpiazzandola con una scritta per Gwyneth?»
«Jonny…io…mi
dispiace così tanto…»
Jonny
si alzò in piedi, sapeva come chiudere quel discorso, sapeva di doverlo fare
per il proprio bene, anche se la voce gli sarebbe tremata.
«Perdonami
Chris ma no, io non sarò quello che aspetterà ogni tua nuova canzone sperando
parli di noi, magari illudendosi che un giorno tutto si risolverà, non sarò
quello che accompagnerà con la chitarra dei versi che finirebbero solo per
consumarmi dentro»
«Che
intendi…?»
«Lascio
il gruppo.»
E
così dicendo, nonostante il buio, si diresse verso la porta della camera e ne
uscì lasciando Chris lì, immobile e senza parole, ancora seduto sul pavimento.