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Autore: Nonna Minerva    27/12/2007    6 recensioni
E' quasi Natale, e quest'anno i Lupin ricevono un regalo che non si può impacchettare e mettere sotto l'albero...
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Unexpected surprise

Sì, lo so… in questi giorni sto postando un sacco di cose, spero non siate tutti in vacanza…

Questa storia è nata da una conversazione con Cucciola_83, dopo essere finalmente riuscita a convincerla ad inserire il terzo Baby Lupin nella sua saga.

 

La shot che segue, è un po’ una continuazione delle sue dolcissime fic, ma per chi non le ha lette, vi basta sapere che Alexis e Maximilian sono i primi due figli di Remus e Tonks; Sirius è vivo ed è sposato con una strega che si chiama Silphie.

 

 

Essendo un regalo di Natale, non ho potuto rivelare la trama a Cucciola e ci siamo ritrovate a scrivere due storie simili.

Le abbiamo tenute entrambe, due versioni dello stesso evento.

Quindi, se volete andare a leggere un altro punto di vista sull’arrivo del terzo erede dei Lupin, vi consiglio caldamente “The perfect number”.

 

Grazie a Cucciola per avermi prestato i suoi dolcissimi bimbi.

 

BUONE FESTE.

 

 

 

Unexpected surprise

 

A Cucciola,

per avermi fatto contenta

ed aver finalmente

inventato

il Numero Tre.

 

 

 

Quando i primi raggi di sole invernale fecero timidamente capolino nella stanza, Remus allungò le braccia sopra la testa, stiracchiandosi pigramente.

Era una domenica mattina di metà dicembre, e quel giorno avevano in programma di addobbare l’albero e decorare la casa.

Girandosi di lato, cercò con la mano l’altra occupante del letto, con l’intenzione di indugiare ancora un po’ sotto le coperte, magari impegnati in qualche piacevole passatempo, ma scoprì che Tonks, stranamente, si era già alzata.

 

Leggermente allarmato, si alzò per cercarla e la trovò nel corridoio, mentre chiudeva dietro di sé la porta del bagno, pallida in viso e gli occhi lievemente arrossati.

“Stai bene?” chiese Remus, sempre più preoccupato, coprendo in pochi passi la distanza che li separava ed andando a tastarle la fronte, per assicurarsi che non avesse la febbre.

“Sto bene,” lo rassicurò lei, forzando un sorriso. “E’ solo che stanotte non ho dormito molto.”

“Perché non torni a letto ancora un po’, allora?” suggerì. “Ci penso io ai bambini.”

“D’accordo,” acconsentì debolmente la ragazza, lasciandosi stringere in un lieve abbraccio, abbandonandosi al caldo e confortante profumo di lui.

Prima di lasciarla andare, Remus chinò il capo e sfiorò appena le labbra della moglie in un tenero bacio.

“Dormi tranquilla, tesoro.”

 

***

 

Riaprì gli occhi un paio d’ore dopo, ma la sensazione di malessere che l’aveva svegliata quella mattina non se n’era andata.

Le girava ancora la testa e, anche se il suo stomaco aveva smesso di fare le bizze, restava sempre il martellante sospetto di una eventualità con cui non credeva di essere pronta a confrontarsi, non in quel momento.

 

Stropicciandosi gli occhi, scese in cucina, dove i bambini avevano ormai quasi finito di fare colazione.

La tavola era peggio di un campo di battaglia, i resti di qualche povero biscotto morto per una giusta causa, giacevano inerti sulla liscia superficie di legno, alcuni frantumati, altri inzuppati dal latte che Max aveva appena rovesciato.

 

“Buongiorno di nuovo,” la salutò Remus, vedendola entrare. “Va un po’ meglio?”

“Abbastanza,” sorrise lei, dando un bacio ad Alexis e pulendo le manine di suo fratello, mentre Remus con un colpo di bacchetta ripuliva il tavolo e raddrizzava la tazza di Maximilian.

 

“Siediti, ti preparo subito il caffè,” si offrì Remus, sapendo che la moglie non combinava niente, se prima non aveva consumato la sua dose giornaliera di caffeina.

“No, grazie,” declinò Tonks, con enorme sorpresa di lui. “Bevo solo un po’ di tè, se ne è rimasto.”

Remus rimase a fissarla con gli occhi sgranati.

“Chi sei, e che ne hai fatto della mia Dora?”

La ragazza si limitò a sorridere ed iniziò a sgranocchiare un biscotto, mentre lui le metteva davanti una tazza di tè bollente, sempre perplesso per la sua insolita richiesta.

 

A Remus non sfuggì il fatto che tutta la colazione di sua moglie quel giorno consistette in due biscotti e mezza tazza di tè, soprattutto quando di solito la mattina faceva fuori mezza confezione di biscotti e due fette di pane imburrato, il tutto accompagnato da litri di caffè.

Tuttavia non disse niente. Probabilmente stava solo covando l’influenza.

 

***

 

Verso la fine della mattinata, la casa scintillava sotto l’effetto di mille luci colorate, e l’albero era stato addobbato.

Remus si era offerto di dedicarsi al pranzo e Tonks, sfinita, osservava i bambini giocare, restandosene accoccolata sul divano.

 

Momenti come questi, quando la casa è immersa in un silenzio quasi perfetto, permettono alla mente di vagare, perdendosi nei meandri più nascosti della nostra mente.

Sono attimi, durante i quali, tutti i pensieri, anche quelli tristi, trovano il modo di intrufolarsi nella tua testa e di imporsi con prepotenza sugli altri, soprattutto quel sospetto che da tutto il giorno cercava di allontanare, nella speranza che, se solo non ci avesse pensato, magari non sarebbe divenuto realtà.

 

Alexis la chiamò, esortandola a partecipare ai loro giochi, e Tonks scivolò sul tappeto, andando a sedersi accanto a loro e scacciando di nuovo quell’insistente pensiero in un angolino della sua mente.

 

***

 

Si erano seduti sul divano, godendosi la quiete del primo pomeriggio.

Restarono in silenzio, ammaliati dai giochi di luce delle fiamme che si rincorrevano allegre nel caminetto e quando Remus le passò un braccio attorno alle spalle, attirandola a sé, Tonks si appoggiò a lui, affondando il viso nel suo maglione.

“Che ti succede, Dora?” mormorò il mago, posandole un bacio sulla testa.

 

La ragazza tacque, soppesando le parole del marito. Quello sarebbe stato il momento giusto per rivelargli ciò che la preoccupava, ma se si fosse sbagliata? Se fosse stato un falso allarme? Non voleva preoccuparlo inutilmente, doveva esserne sicura, prima di parlargliene.

“Non adesso, Rem. Non roviniamo questo momento.”

Lui non insistette oltre. Sapeva che al momento giusto, si sarebbe confidata.

 

Con un lieve mormorio d’assenso, Tonks si sistemò meglio contro il petto del marito, le palpebre che iniziavano a farsi pesanti.

Remus prese a sfiorarle i capelli in una rilassante carezza.

Prima di potersene accorgere, Tonks si era addormentata.

 

***

 

Sussultò al suono trillante del campanello e al baccano che facevano i bambini correndo alla porta per vedere chi era.

Si guardò attorno, cercando di mettere a fuoco la stanza.

Riconobbe il divano,  il caminetto, l’albero e il resto dell’arredamento del loro soggiorno.

Si era addormentata di nuovo. Maledizione.

Della serie, non facciamo notare che qualcosa non va...

Si raddrizzò e appoggiò la coperta al bracciolo del divano, iniziando ad avviarsi verso l’entrata per vedere chi avesse suonato, quando Remus apparve sulla porta, seguito da Sirius e Silphie.

“Oh, ti sei svegliata,”sorrise, trovandola in piedi.

 

Sirius fece il suo ingresso nella stanza, scompigliandole affettuosamente i capelli.

Silphie invece rimase a fissarla incuriosita, chinando lievemente la testa di lato.

“Stai male?” chiese sospettosa.

“No, tranquilla,” rispose esitante Tonks.

“Sicura? Hai una faccia...”

“Solo un po’ di malessere.”

Silphie non disse altro, ma continuò a fissarla perplessa, come se ci fosse qualcosa di estremamente ovvio che le svolazzava davanti al naso, ma non riusciva ad afferrare.

Poi, all’improvviso, Tonks vide l’espressione della ragazza cambiare. Sul volto le si dipinse un ampio sorriso di comprensione mista ad una buona dose di sorpresa.

 

“Però,” esordì Ninfadora, colta dall’improvviso timore che, inavvertitamente, l’amica si lasciasse sfuggire qualche parola di troppo, “Forse mi farebbe bene prendere un po’ d’aria... ti va di accompagnarmi?”

“Ehm, certo,” acconsentì Silphie, lievemente disorientata.

 

***

 

“Ne sei sicura?” chiese Silphie, affondando i piedi sulla neve fresca che copriva il sentiero verso il paese, ascoltando le parole di Tonks, parole che confermavano i suoi precedenti sospetti.

“Sicura sicura no, ma ci vado vicino,” mormorò la giovane, stringendosi nel suo morbido cappotto rosso, il respiro che andava a formare piccole nuvolette azzurrine di fronte a lei, “Non mi ammalo mai... e l’ultima volta che sono stata poco bene... è nato Max.”

 

Camminarono in silenzio per un po’, la pungente aria invernale che tingeva di rosso le gote delle due ragazze.

“Perché non l’hai detto a Remus?”

Tonks abbassò lo sguardo.

“Voglio esserne sicura, prima di farlo.”

“Bene,” annunciò Silphie pratica, allungando il passo. “L’unica cosa da fare, allora, è accertarsene. Andiamo.”

 

***

 

Era ormai buio quando Silphie raggiunse Sirius e Remus in soggiorno, trovando i due uomini occupati in una infinita discussione sulla partita di Quidditch della sera prima, e i bambini che giocherellavano tranquilli.

 

"Ciao, Sil," la salutò sirius, facendole cenno di andare a sedersi accanto a lui.

"Dov'è Dora?" chiese Remus, perplesso.

"Ehm," esordì Silphie, incerta sul come procedere, ""E' andata un attimo di sopra."

"Va tutto bene?" intervenne Sirius.

"Sì, certo."

Remus la guardò, poco convinto. Era tutto il giorno che Tonks si comportava in modo strano.

Si alzò di scatto e si avviò verso la porta.

“Torno subito,” disse, congedandosi dai due amici.

 

***

 

Poggiò la schiena contro la porta del bagno che aveva appena richiuso dietro di sé e scivolò sul legno lucido fino a sedersi per terra.

Sollevò il sacchetto che stringeva in mano, cercando di trovare il coraggio per fare quello che doveva.

Silphie aveva ragione, non aveva senso rimandare, prima o poi avrebbe dovuto comunque farci i conti. Meglio togliersi il dubbio, quindi.

“Forza,” mormorò, aprendo il sacchetto ed estraendone con mano tremante una scatola bianca.

Esitante, si mise a seguire le istruzioni.

 

Ora non le restava che aspettare.

Pochi minuti e avrebbe avuto la conferma di ciò che il suo corpo tentava di comunicarle da giorni.

A quel punto non avrebbe più avuto scuse, sarebbe stata costretta a dirglielo.

Proprio in quel momento, Remus aprì la porta – che lei era convinta di avere chiuso a chiave – e Tonks si fermò, come pietrificata, in piedi in mezzo al bagno.

“Dora, che stai facendo?” capendo sempre meno di quello che stava accadendo. Poi, il suo sguardo cadde sulla scatola appoggiata vicino al lavandino e al bastoncino di plastica che Tonks teneva in mano.

“E’... è quello che penso che sia?”

 

La ragazza sembrò aver perso l’uso della parola, quindi si limitò ad annuire e ad abbassare lo sguardo.

Seguirono lunghi secondi di teso silenzio in cui lui probabilmente metabolizzò la notizia, poi le scarpe di Remus entrarono all’improvviso nel suo campo visivo.

Portandole una mano sotto al mento, la costrinse ad alzare il volto e a guardarlo negli occhi.

“Perché non me l’hai detto?” chiese il mago con dolcezza, senza spostare la mano, accarezzandole piano il viso.

La ragazza si lasciò sfuggire una lacrima che lui si apprestò ad asciugare.

“Io... non lo so,” mormorò lei, “Ho avuto paura, credo.”

“Paura? Di me?”

“No!” si affrettò a rassicurarlo. “Non di te. A dire la verità, non so perché non te l’ho detto, so solo che quando ho capito che c’era la possibilità che lo fossi, ho avuto paura... di come avresti reagito, di quello che avresti detto, non so neanche come sia potuto succedere...”

“Oh, io un paio di idee a riguardo le ho,” commentò Remus malizioso, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Ninfadora sorrise, lievemente rincuorata.

“E’ che non ne avevamo mai parlato. Era come se, dopo Max e Alexis, non sarebbe più potuto succedere, ma poteva succedere, perché... beh, gli anni passano, ma non siamo mica morti, ed è successo, e... oh, Merlino, sto dando di matto, tutti questi discorsi e non so nemmeno se lo sono davvero, che diavolo ci fai ancora con una come me, non lo so proprio, sono un disastro, rompo tutto e...”

Fu costretta ad interrompersi, perché Remus le aveva posato una mano sulle labbra.

 

“Ascolta, tu non sei un disastro, sei adorabile, una madre perfetta e una moglie stupenda. Nessuno mi ha mai reso felice come tu hai fatto in questi ultimi anni. Ti amo, e non mi importa se avremo cinque figli o venti, li amerò tutti, per il semplice fatto che me li hai dati tu,” disse Remus. “Ecco, venti magari è esagerato,” aggiunse, facendola ridere.

Tonks lo guardò con gli occhi lucidi.

“Allora non sei arrabbiato?”

“Arrabbiato? Scherzi? Mi hai appena dato una notizia bellissima. Certo, è inaspettato, ma credo di essere la persona più felice di questo pianeta.”

“Ti amo,” sussurrò la giovane, chiedendosi di cosa mai avesse avuto paura.

“Mostrami quanto.”

 

Ninfadora si sporse verso di lui e lo baciò sulla guancia. Prima che potesse protestare, lo afferrò per il maglione, attirandolo a sé. Sfiorò le sue labbra con tenerezza e si aggrappò a lui, come se temesse che potesse scapparle via. Con il desidero di sentirlo più vicino, gli gettò le braccia al collo e approfondì il bacio.

 

Remus socchiuse le labbra, soccombendo, come sempre, alla dolcezza dei baci della donna che amava e, nel momento stesso in cui le loro lingue si incontrarono, nella sua mente non ci fu spazio per nient’altro che non fosse lei, i loro corpi premuti l’uno contro l’altro e le sensazioni che gli stava facendo provare.

 

Le mani del mago scivolarono lentamente lungo i fianchi di Tonks, fermandosi ad accarezzarle la pelle morbida alla base della schiena e lei si lasciò sfuggire un mormorio si approvazione contro le sue labbra.

 

Prima che quell’inebriante contatto suscitasse in lui desideri che non avevano il tempo di soddisfare, Remus mise fine al bacio e si scostò lievemente da lei, appoggiando la fronte contro quella di Tonks.

Cercando pian piano di riprendere fiato, cercò lo sguardo di Tonks, che però teneva gli occhi chiusi e le labbra arricciate in un sorriso appagato.

 

All’improvviso, un dettaglio colto con la coda dell’occhio lo riportò coi piedi per terra, ricordandogli che erano in piedi nel loro bagno, in attesa di scoprire se nella loro vita ci sarebbe stato presto un altro stupendo cambiamento.

“Dora... è rosa.”

La ragazza si allontanò e lo fisso con lo sguardo ancora sognante.

“Scusa?” chiese, disorientata.

“Il test... è rosa.”

Tonks abbassò lo sguardo sull’asticella di plastica che aveva scordato di avere in mano. Negli ultimi minuti, mentre erano distratti, aveva cambiato colore, passando da blu a rosa.

 

“Sono incinta,” mormorò la ragazza.

Remus annuì e sorrise, commosso.

Rimasero per qualche istante a guardarsi negli occhi, l’emozione troppo intensa perché si potessero trovare parole per esprimerle.

Ci era già passata due volte, eppure il mistero di una nuova vita che cresceva dentro di lei, la lasciava sempre senza fiato.

Appoggiò una mano sul ventre che presto avrebbe ospitato il loro terzo bimbo e sorrise quando Remus appoggiò la sua su quella di lei.

 

“Forza, torniamo dagli altri,” sussurrò Remus, abbracciandola e baciandole delicatamente le labbra, “Credo che abbiamo una comunicazione da fare.”

 

Tenendosi per mano, si avviarono lungo il corridoio verso le scale, ancora lievemente storditi per tutto quello che era successo quel giorno.

“Se è una bimba,” fantasticò Tonks, “Mi piacerebbe chiamarla Andy. E’ il diminutivo di Andromeda, ma è molto più carino e penso che a mia madre farebbe piacere... Remus, che ti prende?”

Il mago si era fermato tre passi dietro di lei, improvvisamente preoccupato.

“Niente,” disse lui, scuotendo lievemente il capo. “Stavo solo pensando che dovremo anche dirlo a tua madre...”

  
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