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Autore: Leopoldo    11/06/2013    3 recensioni
In un McKinley apparentemente diverso da quello che conosciamo, Quinn Fabray è una ragazza dell'ultimo anno non particolarmente popolare. Motivo? Scrive articoli di accusa nei confronti delle prepotenze che ogni giorno vengono perpetrate nei corridoi del liceo sul giornalino scolastico, 'L'Impiccione'.
Cosa succederà quando si troverà tra le mani un grande scoop? Che decisioni prenderà? E, in tutto questo, che ruolo avranno Brittany, studentessa con una media e un curriculum invidiabili, e Santana, una skank indolente che sembra avere un motivo per odiare tutto il mondo?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lezione 1. Dilemma morale.

 

Non avrebbe mai pensato, mentre il cellulare tremava appena tra le mani immortalando quei preziosi cinque minuti, che un semplice video avrebbe potuto farla sentire così potente ed al tempo stesso così ansiosa da non farla dormire la notte.

 

Per la prima volta in tre anni, non è riuscita a scrivere un articolo pur avendo tra le mani un materiale decisamente di qualità. Infatti ha rivisto quelle due clip almeno una decina di volte, senza considerare il centinaio di volte in cui si è messa a zumare le foto per controllare che si capisca bene di chi si tratti, e la risposta è sì, si capisce perfettamente. Nessuno potrebbe mettere in dubbio la veridicità delle sue immagini.

 

Il problema è un altro, ben più complesso.

Da un lato, quello irrazionale, c’è la paranoia che si è impossessata di lei non appena ha acceso la televisione, complice la tv via cavo che ha deciso di mandare in onda tutti i thriller d’azione e polizieschi mai prodotti, e l’ha costretta a dipingere nella sua mente scenari catastrofici in cui l’FBI fa irruzione in casa sua e la arresta, condannandola ad una ventina di anni di reclusione, o in cui viene assassinata a sangue freddo da spietati sicari reclutati da chissà chi.

Dall’altro, però, c’è qualcosa di più concreto.

È davvero disposta a sputtanare pubblicamente due ragazzi che probabilmente hanno un sincero legame sentimentale tra loro senza nemmeno la correttezza di avvisarli prima? Solo per vendicarsi su dei bulli che, tra l’altro, quei due non sono nemmeno?

 

Per non parlare del fatto che, pubblicando le immagini sul giornalino, andrebbe sicuramente incontro ad una denuncia per violazione della privacy, se non  peggio. E, senza quelle immagini, l’articolo sembrerebbe una mera calunnia, gossip da quattro soldi senza né capo né coda.

 

Da qui, poi, nasce un altro problema: è davvero questa la direzione che vuole imprimere a ‘L’Impiccione’? Dopo tutta la fatica che ha fatto per trasformalo nell’unico mezzo fornito agli studenti per denunciare gli atti di bullismo subiti?

 

 

“Terra chiama Quinn. Terra chiama Quinn

 

Sobbalza contro l’albero a cui è appoggiata, impiegando qualche secondo prima di rendersi conto che la mano appoggiata alla sua spalla non appartiene ad un’ex agente del KGB diventato mercenario ma alla sua migliore amica. 

“S-scusa … ero sovrappensiero” mormora, sistemandosi gli occhiali da vista meglio sul naso con apparente nonchalance.

 

“Già, l’ho notato” ridacchia divertita lei, giocherellando con la forchetta e il contenitore zeppo d’insalata che tiene appoggiato alle gambe scoperte. “Forse sbaglio, ma oggi sembri più strana del solito”

 

“Non so di cosa tu stia parlando” fa spallucce Quinn, simulando un tono tranquillo. “Sto mangiando il mio pranzo con la mia migliore amica, seduta sul prato della scuola, come ogni altro giorno”

 

Lei, una ragazza minuta con una coda da cavallo bruna, ridacchia, portandosi una forchettata alla bocca.

“Uh-uh …” borbotta dopo aver mandato giù il boccone “… certo, ci credo tantissimo. Sei nervosa. E agitata. E non fai altro che guardarti intorno. E in nome della Divina Barbra, credi davvero di poter mentire a me? Oh, signorinella, non so cosa-”

 

“Ok, Rach, rallenta” la interrompe Quinn, stringendole leggermente il polso per farsi dare retta. “Non ti sembra di esagerare?”

 

“Mi stai dando della bugiarda?”

 

Si passa una mano tra i corti capelli biondi, sospirando, perché sa perfettamente cosa succederebbe se rispondesse di sì.

“Dormo poco ultimante, sono solo un po’ stanca” tenta, buttando lì qualcosa che possa indurre l’amica a cambiare discorso.  

 

“Come mai?” chiede infatti lei, pigolando come si fa quando si parla ai bambini, facendolo pure sorridere.

 

“Dopo quasi tre anni di agguati con le granite, spinte ed insulti inizio ad essere stufa. Più passa il tempo più mi sento …” sospira, voltandosi appena per guardare il McKinley che si staglia alle loro spalle “… disarmata

 

La brunetta non dice niente. Il che, per Rachel Corcoran, è molto più che strano. Anche se le ha già detto tanto in diverse occasioni e apparentemente non ha senso tornare a ripetersi, lei non è una di quelle persone che rinuncia ad esporre il proprio punto di vista una volta di più.

 

Forse, per questa volta, non ha davvero nulla da dire.

Si limita ad avvolgerle le braccia intorno al corpo e a stringerlo a sé, appoggiando il capo sulla sua spalla.

 

E, sempre per questa volta, Quinn non potrebbe chiedere altro. Sorride letteralmente di cuore mentre il dolce ed indefinito miscuglio di odori dello shampoo e delle creme che Rachel usa nel suo quotidiano rito mattutino gli pizzica il naso, approfittando della posizione dell’amica per allacciare le mani sulla sua schiena, sopra la divisa rossa e bianca delle Cheerios.

 

Già, una cheerleader. È terribilmente ironico che la sua migliore amica appartenga proprio al gradino della scala sociale del McKinley che odia di più. Ma Rachel è diversa, l’aveva capito subito. È uno spirito affine al suo perché, come lei, sa perfettamente cosa voglia dire sentirsi sopraffatti e sperduti in un posto a cui non si appartiene.  

 

Lei era stata l’unica a dargli una mano quando la prima granita si era abbattuta inesorabile sulla sua faccia, l’unica a rivolgerle la parola e la prima a consigliarle come evitare certi posti e certe persone per non essere presa troppo di mira. Il tutto, nonostante la divisa che indossa.

 

Per questo mangiano fuori dalle mura scolastiche, evitando il luogo peggiore in cui trovarsi se si appartiene al gradino sbagliato della scala sociale: la mensa. Lo fanno da quando sono diventate amiche, il quinto o sesto giorno del loro primo anno. E ora sono entrambe senior.

 

“Ora ti va di dirmi cosa veramente ti innervosisce così tanto?”

 

Quinn sospira, strofinando la guancia sulla testa dell’unica persona che sembra conoscerla davvero a questo mondo. “Sto lavorando ad una cosa che … ecco … potrebbe rovinare la reputazione di una persona che sta sulla cima della piramide”  

 

Rachel abbandona la presa sull’amica e si allontana quel tanto che basta per permetterle di vedere quanto i suoi occhi nocciola siano sgranati per la sorpresa.

“Sei seria?”

 

“Ho detto potrebbe, condizionale” mormora incerta. Parlarne con lei sarebbe senz’altro d’aiuto perché la aiuterebbe a liberarsi di un peso. Tuttavia, c’è un grosso ma che la frena.

Mettersi contro uno qualsiasi della piramide e soverchiare la scala sociale, è l’ultima cosa che una persona sana di mente farebbe. Anzi, l’ultima a cui addirittura penserebbe. Non vorrebbe per alcun motivo mettere  una persona a cui vuole molto bene e che, tra l’altro, non c’entra, in una situazione così spiacevole.

 

“Allora? Che aspetti a dirmelo?”

 

“Uhm … io …” indugia, prendendo poi la decisione che in questo momento le sembra migliore “… è ancora in fase di stallo, ma ti prometto che appena sarà pronto te ne parlerò”

 

Rachel aggrotta le sopracciglia, mettendo il broncio confuso che anticipa di poco il nervoso e rabbioso restringimento delle labbra. “Da quando mi tieni nascosto qualcosa?”

 

“Non è così” si difende subito, sforzandosi e non poco di sostenere il suo sguardo terribilmente minaccioso. “È solo che … beh, non vedo il senso di parlarti di una cosa che al momento non è niente di più di una bozza, ecco”

 

La cheerleader non risponde subito. Si prende un paio di secondi per riflettere, annuendo con l’aria di chi non è minimamente intenzionato a lasciare la presa, prima di dimostrare una volta di più come per lei Quinn sia un libro aperto.

“Non è una cosa per cui potresti peggiore la tua situazione a scuola, vero? Perché vorrei ricordarti che non hai proprio bisogno di dar loro un altro pretesto per slushiarti. Basta il giornalino”

 

Lo so

 

“Avresti dovuto rispondermi no, tranquilla, non è così!” esclama indignata, pizzicandogli il braccio lasciato scoperto dalla maglietta a mezze maniche. “Sei impazzita?”

 

“Non è una cosa che avrei fatto se non mi fosse piombata addosso per caso, ok?” borbotta dolorante, massaggiandosi il punto arrossato dal pizzico. “E sto ancora valutando. Non ho la minima intenzione di peggiorare le cose”

 

“Ma-”

 

Quinn la interrompe subito, appoggiandole la mano sulla bocca per tappargliela. “Non farò alcuna stronzata. Sto … valutando” ripete per l’ennesima volta come se non riesca a dire altro, sforzandosi di non sorridere per il modo in cui sta cercando di proteggerla.

 

Lo sguardo di Rachel preannuncia ancora tempesta ma, per chissà quale miracolo, il cellulare della ragazza inizia vibrare e, pochi secondi dopo, le note di ‘Creep’ dei Radiohead  la obbligano ad rimandare un secondo le sue lamentele.

 

La voglia di sorridere di Quinn si spegne un secondo dopo. Non c’è bisogno che le dica chi è, può benissimo dedurlo dal modo in cui l’intera mimica facciale e corporea dell’amica cambi repentinamente. Qualsiasi traccia di combattività sparisce dal suo volto e il corpo si irrigidisce talmente tanto che può sentirlo pur non toccandola.

“Marley vuole che ci … uhm, troviamo subito. D-devo andare”

 

“Ci vediamo dopo, ok?” prova di tranquillizzarla, mordendosi un labbro mente la osserva raccogliere le sue cose alla bene e meglio, totalmente impacciata.

 

“S-sì, ok. Ti mando un messaggio io”

 

Più la figura di Rachel si allontana verso la scuola, più la rabbia cresce dentro Quinn. Le Cheerios sono veleno per la sua amica: la emarginano, la umiliano e la pungolano durante gli allenamenti, ben consapevoli che non può semplicemente andarsene dalle cheerleader. E perché questo trattamento? Perché è sua amica.

 

La mano scivola istantaneamente nella tasca dei jeans e le dita si stringono intorno al suo cellulare. Forse anche a questo la sua arma segreta potrebbe porre rimedio, molto meglio di quanto abbiano fatto fin’ora i suoi stupidi ed inutili articoli di denuncia. Ha solo bisogno di qualcuno di fidato con cui parlare.

 

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Solitamente, Brittany pranza in mensa con gli amici e i compagni di club, dispensando una parola e un sorriso a chiunque si avvicini al suo tavolo.

Oggi, però, non è assolutamente giornata. Troppo afflitta e cupamente pensierosa anche solo per far finta di essere contenta di non poter consumare un panino in tutta tranquillità.

 

Inutile nasconderlo, uno dei pensieri principali che le frullano nel cervello è quello che è successo con Santana il pomeriggio precedente. E non solo.

Ieri sera infatti, come fa sempre quando è triste per qualcosa, ha deciso di noleggiare un dvd dell’unico attore al mondo in grado di farle dimenticare persino il proprio nome: Ryan Gosling.

 

Il film di per sé non è stato male, forse non ha seguito la trama con la dovuta attenzione per evidenti distrazioni, ma una cosa le ha dato uno spunto di riflessione aggiuntivo che l’ha costretta a rigirarsi nel letto tutta la notte senza riuscire a prendere sonno.

Perché il film parla di una fantomatica campagna elettorale atta ad aggiudicarsi il posto di candidato alle elezioni presidenziali del partito Democratico e di cosa i due senatori in corsa siano disposti a concedere al senatore di uno stato chiavo pur di assicurarsene i voti.

Cosa c’entra questo con lei?

 

Detto così, praticamente nulla. Però, qualche anno fa, qualcuno di cui non ricorda il nome –o se fosse maschio o femmina, tra l’altro– le aveva detto, scherzando, che vederla in mezzo agli altri studenti gli –o le– dava l’idea di avere a che fare con un Presidente degli Stati Uniti in miniatura.

Lei aveva sorriso, come suo solito quando non le viene in mente nulla di gentile da dire, ma quel –o quella– tale aveva continuato dicendo che c’era la campagna elettorale, lo staff e persino gli stati chiave, che però al liceo sono quelli popolari e le rispettive compagnie. 

Aveva riso, tanto anche, dicendogli –o le– di smettere di guardare così tante serie tv.

 

Ci ha ripensato la scorsa notte, tra una giravolta e l’altra sotto le coperte, e la cosa l’ha fatta sentire ancora più colpevole.

Non solo chiude gli occhi sulle prepotenze perpetrate sui più deboli quotidianamente, accampando per sé stessa la scusa che succede in ogni scuola ed è colpa del modo di pensare americano in cui il più forte deve sempre e comunque ricordarlo agli altri, ma è realmente scesa a patti per ottenere le sue cariche e quei crediti necessari al suo percorso universitario.

 

Nessun club può usufruire degli spogliatoi femminili vicino al campo da football ad esclusione dei Cheerios; nessun club può utilizzare l’aula canto posta all’interno dell’edificio scolastico ad eccezione del Glee; tutti i club sono obbligati ad autofinanziarsi per mancanza di fondi, ad eccezione dei Cheerios, dei Titans e del Glee; tutti i club, in caso di necessità di un mezzo di trasporto per trasferte extrascolastiche, possono noleggiare il pulmino del liceo, ovviamente a pagamento, ad eccezione dei Cheerios, dei Titans e del Glee.

Ecco, questi sono i provvedimenti proposti da Figgins e che lei, di anno in anno, si è occupata di promuovere e votare.

D’altronde, se Parigi val bene una messa, un posto al MIT vale benissimo l’annullamento della propria coscienza morale per quattro anni, no?

No?

 

 

“Secondo te sono una brava persona?”

 

 Il ragazzo seduto di fronte a lei al tavolino del Lima Beans ridacchia, estremamente divertito, salvo poi smettere subito non appena Brittany lo fissa con i suoi occhioni azzurri e il broncio da cucciolo ferito che mette su quando è triste.

“Sei seria?” chiede, la voce particolarmente acuta, osservandola annuire mestamente. “Da quando ti fai di questi problemi?”

 

La ragazza sprofonda nella sedia, incrociando le braccia sul tavolo ed nascondendoci la testa in mezzo. Odia quando sembra una bambina spaurita.

 

“Che succede, B?” insiste, sfiorandole il braccio con un paio di carezze. “Sei preoccupata per le elezioni di quest’anno?”

 

“Oggi era il giorno dell’iniziazione delle Cheerios” borbotta, la voce ovattata dalla ‘gabbia’ in cui si è nascosta. Sbuffa, tirandosi su in modo da specchiarsi negli occhi cerulei del ragazzo. “Rubano i vestiti alle primine e li lanciarno nel campo da football per vedere chi ha il coraggio di andare a prenderli da nuda. Ti sembra normale, Kurt?” 

 

“No” conferma lui, serio. “Non mi sembra normale e non ne ho mai capito lo scopo. È per questo che sembra che ti abbiano rapito Lord Tubbington?”

 

Brittany annuisce, non riuscendo ad impedire al labbro inferiore di piegarsi verso il basso. È un gesto che non può controllare e che odia, perché la fa sembrare infantile, ma spesso non riesce nemmeno ad accorgersi che lo stia facendo, si imbroncia e basta.

“A volte mi chiedo perché nessuno faccia niente. Poi mi chiedo perché io non faccia niente. E alla fine mi trovo a pensare al perché gli studenti che non riesco ad aiutare continuino a votarmi invece che mandarmi a quel paese”

 

“Ho una teoria, a riguardo” mormora il ragazzo, sistemandosi il colletto della letterman dei Titans che si abbassa in continuazione e gli pizzica il collo. “Marley Rose, Nick Sheridan e la professoressa Corcoran hanno detto ai loro compagni di club, o studenti, di votarti. Gli altri lo fanno perché sono un branco di pecore senza capacità di pensiero autonomo”

 

“Brutalmente onesto” mormora colpita, non riuscendo ad impedire alle labbra di distendersi in un sorriso.

 

Andiamo, è per questo che mi ami” le fa l’occhiolino, buttando poi lo sguardo verso i camerieri per farsi dire a che punto è la loro ordinazione. “Io comunque voterei lo stesso per te. Forse gli altri no, però loro hanno la discriminante di non capire un cazzo” si prende una pausa per reprime una risata. “Saresti comunque la migliore lì in mezzo, lo so per certo”

 

La sua relazione con Kurt Hummel dura ormai da più di un anno e mezzo e nemmeno questa volta è stata una scelta priva di interesse. Lui, kicker dei Titans e figlio di uno dei membri della Camera dei Rappresentati per lo stato dell’Ohio, l’aveva pregata a lungo di mettersi insieme. Dopo aver valutato le varie opzioni, aveva accettato, e a conti fatti non è stata un’idea così malsana. Anzi, è di sicuro la migliore che abbia avuto da quanto ha varcato l’ingresso del McKinley.

 

“Avevo bisogno di sentirmelo dire” ammette, sorridendo per il modo piuttosto buffo in cui Kurt si pavoneggia. “Grazie”

 

“È la pura verità, tesoro” le sorride di rimando, allungando una mano sul tavolo per appoggiargliela sul braccio. “L’unica cosa su cui potrei avere qualcosa da ridire è che, non so, magari la prossima volta potresti dirmi cosa ti turba prima di finire … in un posto dove ci mettono un quarto d’ora a scaldarti un panino!” urla alla fine, attirando l’attenzione di un paio di camerieri e di praticamente tutti i clienti.

 

È quasi tentata di parlare con lui anche del suo incontro/scontro con Santana ma, se con la storia del voto le parole di Kurt sono state un efficace se pur breve palliativo, non lo possono essere in questo contesto.

Non gliene parlerà questa volta come non l’ha fatto fin’ora. Sa che erano amiche e ora non lo sono più, fine della storia.

Anche su questo punto, allo stesso modo in cui lo è su molti altri, Kurt si è dimostrato e si dimostra ancora migliore della maggior parte dei ragazzi con cui ha avuto a che fare. Lui, come Brittany ha imparato a sue spese, sa bene che spesso è meglio avere a che fare con una frase non detta che con una brutta realtà.

 

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“… è già la terza volta che i bagni dei maschi del secondo piano diventano terreno di caccia dei soliti idioti con la letterman dei Titans –al momento non sappiamo ancora se si tratti di giocatori veri e propri o di impostori” si prende una pausa, cercando di non ridere. “Fare qualcosa è troppo, signor Preside? Mettere un bidello nel bagno anziché lasciarne tre a ciondolare tutto il giorno in mensa è ‘un’altra spesa che sfora il budget della scuola’, come dice sempre quando non sa come giustificarsi?” il ragazzo muove la rotella del mouse verso il basso, ridacchiando. Si volta ad osservare Quinn, intenta a guardare qualcosa sul suo iPhone. “Sento puzza di convocazione nell’ufficio di Figgins” sorride, scuotendo il capo divertito quando la ragazza alza le spalle.

 

“Non lo farà mai, ha troppa paura di dire qualche cazzata come suo solito e di vedersela pubblicare il giorno dopo”

 

Mike Chang, il ragazzo dai tratti orientali intento a leggere l’ultima fatica giornalistica di Quinn sul computer della redazione de ‘L’impiccione’ –in realtà un angolino ricavato nell’aula di informatica–, annuisce sempre più deliziato dalla piega che sta prendendo la giornata.

Riprende a leggere mentalmente il resto dell’articolo e, una volta finito, lo copia dal documento di Word per sistemarlo nel programmino che usa per impostare le pagine del giornalino.

 

Non è propriamente uno dei componenti del gruppo che lavora con Quinn, gruppo che tra l’altro conta al suo attivo zero persone, ma è lui che ha dato a ‘L’impiccione’ la sua grafica accattivante ed è sempre lui che ne gestisce la tiratura.

 

La ragazza lo osserva silenziosa mentre usa la chiave che gli appartiene in quanto presidente del club d’informatica per accendere la stampante ed iniziare la stampa delle copie da distribuire domani.

Non ha un grande rapporto con questo ragazzo, pur collaborandoci da ormai due anni. Pochi interessi in comune, poca voglia di chiacchiere di entrambi … funziona così, no?

Per questo non ha mai capito perché Mike, uno dei ragazzi più intelligenti e rispettati del McKinley –dove rispettato sta per esente da lanci di granita–, abbia deciso di sua iniziativa di darle una mano ed effettivamente lei non ha mai sentito il bisogno di chiederlo. Fin’ora.

“Perché fai tutto questo?”

 

Mike si volta verso di lei, un’espressione sinceramente incuriosita dipinta sul volto. Si prende il suo tempo, appoggiandosi con il sedere su uno dei banchetti dell’aula più vicini a Quinn ed infilando le mani nei pantaloni della tuta.

“Come mai questa domanda così all’improvviso? Sono due anni che ti do una mano” ghigna furbescamente, osservandola con i suoi occhi a mandorla dalle iridi scure.

 

“Voglio solo capire cosa spinge uno degli studenti più apprezzati della scuola ad aiutare una delle meno … gradite, diciamo così, in assoluto” scrolla le spalle, fingendo di non essere rimasta colpita da come Mike abbia subito centrato il punto.

 

“Potrei risponderti in tanti modi, però mentirei” mormora lui, senza smettere per un secondo di sorridere. “La verità è che mi annoio”

Prima che Quinn possa rispondere, però, Mike riprende a parlare.

“Informatica, decatlon accademico, club di dibattito, per non parlare dei testi universitari che studio dal primo anno per entrare ad Harvard …” mormora, stavolta senza sorridere “… almeno dandoti una mano smuovo la mia routine. E le facce di quelli che sanno che sono io a stampare il giornalino ma non possono dire niente perché se no smetto di passare loro le soluzioni dei test? Sono impagabili

 

“Sei … sei completamente fuori di testa” farfuglia Quinn, a corto di parole e anche un po’ a disagio. D’altronde, cosa si poteva aspettare? Un filantropo? Un eroe silente?

 

“Disse quella a cui sembra piacere sguazzare nella granita” ridacchia Mike, ghignando ancora. Il suono della stampante che libera un’altra pagina del giornalino e l’accatasta sopra le altre fa da intermezzo, prima che il ragazzo parli di nuovo. “Allora, risolto questo tuo dubbio esistenziale, possiamo passare alla parte in cui mi dici quello che devi chiedermi?”

 

Quinn apre la bocca e poi la richiude, chiedendosi perché si stupisca ancora di fronte a quello che, a tutti gli effetti, è l’individuo più sagace della scuola. L’idea che aveva di lui è completamente svanita in un secondo, un misto di curiosità e di apprensione le aleggia intorno riguardo a quello che ha appena detto ma … ma non ha semplicemente altri a cui chiedere.

Prende il telefono dalla tasca, lo sblocca, apre la cartella immagini e glielo porge. “Faccio prima a fartelo vedere”

 

Se non sapesse cosa stia guardando Mike e dovesse indovinarlo dalle smorfie della sua faccia e dalle sue reazioni, probabilmente Quinn scommetterebbe su un documentario sulle formiche.

Persino mentre il rumore ovattato dalla registrazione dei due amanti approfitta di una pausa della stampante per riempire l’aula di informatica, l’espressione del ragazzo asiatico è terribilmente neutra, fredda, distaccata.

“Interessante” è l’unico commento che fa, porgendo il cellulare alla sua proprietaria, in un tono ancora più innaturalmente piatto. “Come te li sei procurata?”

 

“Per puro caso” risponde dopo qualche secondo di sbigottimento. “Mi stavo cambiando dopo un agguato a colpi di granita e mi ci sono … praticamente scontrata” spiega, picchiando i palmi uno sull’altro per simulare uno schianto. Gesticola parecchio quando è nervosa, sì.

 

“E cosa vorresti farne?”

 

“I-io …” tentenna, prendendo tempo ancora una volta per la sorpresa della fredda lucidità di Mike “… io pensavo di usare quelle cose per … insomma, Ryder Lynn è il ragazzo di Marley, quindi la sua immagine di perfetta cheerleader immacolata potrebbe-”

 

“Se il tuo intento è colpire la Rose …” la interrompe, incrociando le braccia al petto e massaggiandosi il mento con fare pensieroso “… sei completamente fuori strada. Rendendo noto a tutti che il suo ragazzo le mette le corna, ovviamente dopo un po’ di prese per il culo, otterresti esattamente l’effetto contrario. Finirebbe con il passare per una vittima, cosa che in questo particolare contesto effettivamente è”

 

Quinn inarca le sopracciglia, totalmente spiazzata dalle parole di Mike. Si aspettava sdegno, incredulità, consigli sul lasciar perdere. Invece la sta … consigliando su come agire?

Anche perché, da quello che dice, è evidente che abbia pensato a più conseguenze di quelle  a cui abbia pensato lei. A questo risvolto, per esempio, non aveva minimamente pensato.

 

“Senza considerare che, rendendo pubbliche quelle immagini, violeresti la privacy di due minorenni e staresti pure condividendo materiale pedopornografico”

 

“… oh

Se alla privacy aveva anche pensato, al resto proprio no. Lui però come cavolo fa a sapere queste cose senza nemmeno consultare un libro o Google?

 

Mike ghigna, ancora, e stavolta un brivido percorre la schiena di Quinn, un misto tra il terrore di cosa sarebbe potuto succedere se, anziché pensare prima di agire, avesse preparato il suo dannato articolo su quei due con tanto di foto, e alla inquietante lucidità di Mike.

 

“E se ti dicessi che, in linea puramente teorica, esiste un modo ancora più efficace per beccare Marley? Forse non solo lei, comunque”

 

“C-come?”

 

“Usando, invece che le foto e il video, il fatto stesso di sapere dell’esistenza della tresca di quei due per … beh, conoscere qualcosa su Marley & Co. che loro non vogliono si sappia in giro”

 

Quinn sbatte le palpebre un paio di volte, cercando di capire se quello che le sta capitando sia o meno frutto di qualche suo sogno strano. Ne ha fatti di molto peggio ad essere onesti, quindi non si meraviglierebbe troppo.

Questo, però, sembra parecchio realistico, anche se ha evidentemente qualcosa che non va: Mike Chang sembra completamente uscito di senno o, comunque, sembra essere un’altra persona rispetto al ragazzo taciturno e apparentemente timido che pensava fosse fino a dieci minuti fa.

“Mi stai proponendo di ricattare Ryder?”

 

“E anche Tina Cohen-Chang, se è per questo” scrolla le spalle, lo stesso tono di chi sta ordinando un caffè al bar. “È pur sempre una Cheerio, giusto? Chi meglio del ragazzo e di una compagna di squadra possono conoscere cose scabrose su di lei?”

 

“C’è un limite a tutto, cazzo! Sei impazzito?!”

 

“Senti, mettiamo le carte in tavola” sbotta lui, un po’ scocciato, ma sempre senza alzare troppo la voce. “Quello che fai per questa scuola è impagabile, forse nemmeno se lo meritano, però, diciamocelo francamente, è inutile. I bulli continuano ad imperversare e forse solo uno o due hanno smesso davvero. Questo è il momento in cui devi essere onesta con te stessa: cosa sei disposta a fare per aiutare gli studenti presi di mira?”

 

“Non questo! E il mio giornale non sarà perfetto, ma almeno faccio qualcosa di giusto senza rovinare le altre persone!”

 

“Questo è esattamente quello che farei io se fossi in te. Esiste un modo giusto, come dici tu, di fare le cose che non porta da nessuna parte. E uno sbagliato, o disonesto, che però porterebbe quasi certamente ad un risultato”

 

La stampante deposita l’ultimo foglio sul mucchio con inaspettato tempismo, permettendo a Quinn di uscire dall’aula d’informatica con l’aria sdegnata e le copie de ‘L’Impiccione’ nella tracolla. Certe proposte malsane non meritano nemmeno di essere degnate di una risposta.

 

Ricattare delle persone? Ma in che mondo crede di essere Mike Chang? A furia di annoiarsi, come dice lui, deve essersi calato qualcosa di pesante in infermeria.

Per quanto quello che aveva in mente di fare lei fosse una cosa abbastanza riprovevole, questo è di gran lunga peggio. E fuori da ogni legge, morale e non.

 

Si dirige a passo svelto verso l’uscita posteriore della scuola, quella che da sul campo da football, dove ormai Rachel dovrebbe aver terminato l’allenamento ed essere già pronta per tornare a casa.

 

Prende il cellulare –da cui, ormai ha deciso, cancellerà quelle foto e quei video buttandosi quella malsana idea alle spalle– per controllare l’ora, decidendo poi di aumentare il passo ancora di più quando si accorge di essere addirittura in ritardo. Di parecchio, anche.

 

Gira l’angolo, aggrottando le sopracciglia. È molto strano che Rachel non le abbia mandato alcun messaggio per dirle di muoversi o, in alternativa, non la sia venuta a prendere nell’aula d’informatica.

 

Le basta arrivare all’aperto, vedere decine di capi d’abbigliamento vari sparpagliati per il campo e due Cheerios sugli spalti intente ad armeggiare con una reflex per capire. È quel giorno dell’anno.

 

Usando la tracolla, le spalle e le braccia come stampelle e trasformandosi tra l’altro in una specie di appendiabiti ambulante, raccoglie uno dopo l’altro tutti gli indumenti, ignorando gli ululati che quelle stupide bamboccie in gonnellino rosso e bianco le rivolgono.

Quando in un groviglio di stoffa zuppo -si spera- d’acqua riconosce il vestito smanicato blu con la gonna fino la ginocchio che ha regalo a Rachel per lo scorso Hanukkah, qualcosa scatta dentro di lei.

 

Si infila, leggermente barcollante, le passaggio che conduce negli spogliatoi, incrociando alla fine una ragazzina del primo anno –non ha bisogno di chiederlo, lo sa è basta– avvolta in tre o quattro asciugami, probabilmente l’unica coraggiosa da girare nuda per la scuola o l’unica ad essersi stufata di aspettare.

 

Le scarica addosso un bel po’ del suo bagaglio, registrando a malapena il debole sorriso e l’ancora più debole “Grazie” che la ragazza le rivolge, prima di avviarsi verso lo spogliatoio femminile pestando i piedi.

 

Superata la soglia, i suoi occhi saettano da un angolo all’altro della stanza, passando oltre i corpi più o meno nudi di cinque o sei ragazzine del primo anno, finché non intravede quello che cerca.

 

Lascia andare a terra i vestiti –tranne il suo– e scatta immediatamente verso la figura minuta rannicchiata su una panchina e stretta attorno ad un borsone rosso per cercare evidentemente di coprirsi il più possibile, colpendo tra l’altro con la tracolla una ragazza. È decisamente troppo incazzata per farci caso.

Rach

 

“Oggi era il giorno del test delle matricole” mormora Rachel, abbozzando un sorriso mentre piega verso l’alto il viso per guardare Quinn negli occhi. “Credo che quella che è uscita con gli asciugamani, Allyson mi pare, abbia un futuro tra le Cheerios”

 

Quinn stringe i pugni più che può, evitando di dire qualcosa di sconveniente mordendosi il labbro inferiore.

“Il tuo vestito è fradicio” mormora digrignando i denti, la rabbia che sale incontrollata. Non è un caso che l’abbiano fatto proprio prima dell’uscita del giornalino. A lei, poi, che matricola non è più da tre anni.

“Vado a prenderti il cambio che tengo nell’armadietto e torno, ok? Tu aspettami qui”

 

È davvero sorprendente come a volte bastino dieci minuti e un attacco d'ira per cambiare completamente il nostro modo di vedere le cose. Perché esiste un limite a tutto, persino a quanta cattiveria gratuita si può sopportare prima di reagire.

Da questo momento in poi, per Quinn Fabray questo limite è stato ampiamente superato.

Da questo momento in poi, userà qualsiasi mezzo a sua disposizione per colpire chi si diverte a tortura psicologicamente e fisicamente il prossimo. Qualsiasi mezzo.

 

Non attende la risposta di Rachel per fiondarsi verso la porta e non aspetta nemmeno di essere fuori dallo spogliatoio per prendere fuori il cellulare e inviare un sms a Mike.

 

 

 

 

 

 

Note dell’autore.

 

Il titolo fa cagare, lo so, è che non sono proprio capace di trovarne di belli. Eh va beh …

 

Non ho molto da dire ad essere onesto. Ho introdotto altri tre personaggi che mi porterò sicuramente avanti fino all’ultimo capitolo e di cui impareremo molto di più già dal prossimo capitolo. Tra parentesi, sono curioso di sapere cosa ne pensate di Mike. Consiglio: non lasciatevi ingannare e aspettatevi l’inaspettato, solo così non avrete sorprese :)

Ah, quasi dimenticavo. Il film di cui parla Brittany è ‘Le idi di Marzo’, 2011, per la regia di George Clooney –che recita pure.

 

Se avete domande, obiezioni, consigli, dubbi o altro, sentitevi liberi di scriverlo in una recensione o per messaggio privato.

 

Ringrazio coloro che hanno letto lo scorso capitolo, che hanno lasciato un commento per dirmi le loro impressioni e hanno messo la storia tra le seguite.

In più, è doveroso per me rinnovare ancora il ringraziamento che ho scritto nelle note dello scorso capitolo! Ancora grazie!

 

E … nulla. Non so quando aggiornerò di nuovo, molto probabilmente non prima di un paio di settimane, per motivi vari di cui so che non vi interessa nulla, quindi evito di scriverli :)

Alla prossima!

Pace.

 

P.S.: se vi va, ditemi anche chi pensavate che fossero le persone in aula canto. Sono curioso! 

  
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